venerdì 9 gennaio 2015

Facciamo il punto... con Franco Piccolini



Intervista già pubblicata sul web magazine UNPROGGED (http://www.unprogged.com)

Il Cerchio d’Oro è una band prog nata a Savona tanti anni fa, che ha seguito l’iter di molti altri gruppi coevi: una buona attività giovanile, una sosta quasi forzata e la reunion della maturità, che per molti rappresenta il momento della vera soddisfazione. Eh sì, in cinque anni sono nati due album che ripropongono gli stilemi del genere, dall’idea della trama concettuale all’art work, con una produzione in vinile che riporta indietro nel tempo, ed un aggancio con la storia del prog attraverso il coinvolgimento di alcuni mostri sacri del genere.
La peculiarità della band è la creazione di un sound riconoscibile immediatamente, un marchio di fabbrica che si può definire… quello del Cerchio.
La mia chiacchierata con Franco Piccolini, tastierista e cofondatore della band, fa scaturire l’immagine di un gruppo di amici che, divertendosi, hanno realizzato qualche sogno e lasciato il segno sul sentiero della musica progressiva.


L’INTERVISTA

Partiamo dalla storia e quindi dagli elementi oggettivi: come si può sintetizzare la storia de Il Cerchio d’Oro?

Il Cerchio d’Oro nasce in quanto tale nel 1975, sulle ceneri di altre formazioni che vedevano comunque alla base Gino e Giuseppe Terribile e Franco Piccolini (legati da interessi musicali e da amicizia fin dall'adolescenza); un percorso comune a tanti gruppi di quegli anni, prove, live, cambiamenti di line up, qualche composizione in saletta e il desiderio di spingersi un pò oltre, obbiettivo solo in parte raggiunto con i tre 45 giri pubblicati allora: Quattro Mura/Futuro Prossimo, con Giordana alle chitarre e Pagnacco co-tastierista), Funky Dream/L’Amore Mio e Too Many Nights/Dolce Strega con Maurizio Bocchino alla chitarra e Pradal alla voce, dopodiché l'inevitabile scioglimento della formazione causato da demotivazione musicale (soprattutto da parte mia). I musicisti rimasti (I gemelli Terribile, Pradal e Pagnacco, insieme a due ottimi chitarristi, diedero origine a una rock band, I Black Out che ebbe un discreto successo per un paio d'anni (è uscito proprio in questi giorni un loro album che ripropone il loro percorso musicale). Dopo questa esperienza, un cambio drastico, gli eclettici fratelli Terribile, insieme a Roberto Giordana e altri validissimi personaggi, diedero vita ai Cavern, una delle prime tribute band italiane dei Beatles, che ebbe modo di affermarsi in un contesto internazionale. Alcuni anni dopo, nel 2006, avviene il ricongiungimento del Cerchio d'Oro potendo contare sugli elementi di allora che risposero all’appello, e cioè Roberto Giordana, Piuccio Pradal, i gemelli Terribile e il sottoscritto. Decisione scaturita non per nostalgia, ma perché pensavamo di aver interrotto un discorso e volevamo vedere se a distanza di anni, più maturi, con diverse esperienze di vita alle spalle e in un momento musicale nuovamente interessato ad un certo tipo di sonorità, fosse possibile riprenderlo. Una sfida insomma, come quella di Cristoforo Colombo e direi che con qualche “aggiustamento di tiro” siamo riusciti a vincerla. Mi fa piacere ricordare comunque che in questi anni, nelle nostre produzioni e nei live ci hanno affiancato dando il loro prezioso contributo, anche altri notevoli amici-musicisti; oltre a Pino Paolino che ha sempre curato buona parte dei testi (compresa tutta la produzione Black Out), Bruno Govone alle chitarre, i giovani Simone Piccolini alle tastiere e Daniele Ferro virtuoso chitarrista, oltre a Diego Bertone, tastiere e storia recentissima, Massimo Spica alle chitarre... dimenticavo... Athos Enrile al mandolino! Lo conosci?

La vostra reunion vi ha permesso di realizzare un percorso - difficile - fatto di concretezza e segni tangibili, due album (CD e vinile) e concerti significativi: possibile tirare le somme dell’ultimo vostro lustro musicale?

Un lustro molto soddisfacente e ricco di gratificazioni; i due album sono piaciuti molto, sia agli appassionati che alla critica e in questo periodo siamo riusciti ad incontrare molti personaggi musicali importanti di ieri e di oggi con i quali abbiamo sviluppato amicizia, interessi e confronto. Devo dire che anche il rapporto con il pubblico è bellissimo e caloroso e trovare e provare tutto questo alla nostra non più verde età ci restituisce entusiasmo e voglia di proseguire.

“Il Viaggio di Colombo” e “Dedalo e Icaro” sono due dischi concettuali, tratto tipico della Musica Progressiva, ma non obbligatorio: che cosa amate di più del racconto legato da un unico filo conduttore?

Intanto posso dire che, personalmente, da buon lettore di narrativa, sono sempre stato attratto dai racconti “concettuali” della musica prog, d’altronde è una delle caratteristiche di questo genere, ma mi capita spesso di affermare che a noi tutti piace l’idea di trasmettere a chi ascolta qualcosa che non sia solo musica; le vibrazioni, le emozioni di un brano, di un disco sono rafforzate e amplificate dal filo conduttore che unisce i vari pezzi; noi raccontiamo delle storie e il “concept“ le racchiude, le unisce e le esalta facendo sì che il risultato sia maggiore della somma delle singole parti… per me e per noi questo è il valore aggiunto!

Come nasce - e come è proseguita - la collaborazione con la Black Widow, etichetta dedita principalmente alla Musica Progressiva?

Tutti noi che ascoltiamo buona musica, non solo prog ovviamente, conosciamo l’incredibile Black Widow Records. Gino e Giuseppe, che oltre ad essere musicisti sono anche grandi appassionati del settore, ebbero l’idea, agli albori della reunion, di proporre alla Psych Out Records una collezione di nostre vecchie incisioni, prove in saletta, cover, tutte “Live” e realizzate negli “anni d’oro”. Fu così prodotto “La quadratura del Cerchio” un CD e soprattutto un vinile per appassionati, piuttosto grezzo e di scarsa qualità sonora, ma decisamente attrattivo in quanto testimonianza musicale e con una copertina completamente autoprodotta, a mio avviso, bellissima. Alcune copie di quel disco finirono alla Black Widow (e furono vendute), e il patron Massimo Gasperini, dopo averci contattato telefonicamente ci chiese se c’era la possibilità di dare un seguito a tale produzione.  Appena il disco nuovo (Il Viaggio di Colombo) prese una forma ben definita fu proposto a tutto lo staff Black Widow che gradì molto il lavoro e così entrammo con molta soddisfazione a far parte della “scuderia”. Apprezziamo sinceramente questa collaborazione sia per la serietà che per la capillare distribuzione internazionale delle loro produzioni; speriamo di continuare a meritare la loro fiducia e considerazione e di proseguire su questo binario. Grazie Black Widow.

”Dedalo e Icaro”, uscito a Maggio 2013, rappresenta un vero collegamento con la genesi del prog, perché avete scelto alcuni compagni di viaggio - amici e non solo nomi di rilievo - che hanno lasciato un segno tangibile nella storia musicale, Giorgio “Fico” Piazza, Ettore Vigo, Martin Grice e Pino Sinnone, ovvero… PFM, Delirium e Trip: quale è stato il vero valore aggiunto, escludendo le ovvie competenze “professionali”?

Hai detto bene, amici! Con queste persone si è creato non solo un rapporto di collaborazione; ci sentiamo spesso, ci troviamo, si ride e si scherza e davanti ad un buon piatto e ad un buon bicchiere, ascoltiamo le “storie” di un passato musicale irripetibile narrato in prima persona dai protagonisti. Questo rapporto ci arricchisce e ci convince ad andare avanti nella nostra direzione perché lì sono le nostre origini ed in qualche modo si cerca di proseguire, pur con i nostri limiti, la strada creata e percorsa da quei musicisti che, per una manciata di anni, non sono stati nostri contemporanei; però proprio in quei pochi anni è successo (musicalmente) di tutto. Il valore aggiunto credo che consista nel far comprendere a chi ascolta la nostra musica, che ci può essere una continuità tra ieri e oggi, rispettando lo stile e le sonorità, creando tuttavia canzoni nuove, senza limitarsi a proporre cover. Il fatto che i nostri “amici musicisti” abbiano accettato di contribuire al nostro lavoro e si siano ben amalgamati al nostro sound, evidenzia a mio avviso la validità di questa affermazione.

La musica de Il Cerchio d’Oro è facilmente riconoscibile, perché è costituita da tratti caratterizzanti che la distinguono da altre proposte: come definiresti oggettivamente il vostro sound?

Credo che definire il sound o il genere di un gruppo, specie dall’interno, sia una cosa estremamente difficile… noi seguiamo, come già detto, il percorso di un prog italiano classico, spesso legato alla melodia, come talvolta facevano le Orme o i New Trolls, ma non mancano spunti rock alla Deep Purple o accenni alle discografie internazionali degli anni 70; cerchiamo di evitare eccessivi virtuosismi che spesso sono solo ostentazioni gratuite e puntiamo ad un amalgama di suoni, colori e voci… a volte anche con costruzioni sinfoniche; ognuno di noi ha i suoi riferimenti musicali e si possono notare tutti. Alla fin fine, insomma, direi che il nostro è il “Prog italiano” de Il Cerchio d’Oro, no?

Mi dai una tua definizione di Musica Prog?

Se la domanda la giriamo ad ognuno dei componenti della band, credo che potremo trovare molte differenze. Non sono un teorico e mi guardo bene dal fare affermazioni assolute, che peraltro non mi piacciono. Qualcuno dice che la musica non può avere generi, al massimo la si può dividere in due famiglie: quella buona e quella non buona. Personalmente credo che ci sia musica che piace e musica che non piace, ma volendo parlare di prog (e mi piace, si capisce bene...) lo considero un genere dove vengono proposte basi che attingono ai repertori “classici e sinfonici”, mescolati con rock, applicazioni di tempi o accenti dispari, limitato ricorso a ritornelli o bridge, alternanza di momenti veloci ad altri più riflessivi, sperimentazioni più o meno gradevoli, e ovviamente, trattandosi di commistioni, le radici “pop” e “rock” Inglesi o anglofoni e le melodie Italiane hanno dato origine a correnti diverse e fortemente caratterizzate; in ogni caso un genere che deve soddisfare l'orecchio ma anche la mente.

I vostri live, sono stati pochi, ma tutti di spessore, e mi piace ricordare l’esibizione al FIM 2013, sezione Prog, e lo storico concerto dei Trip, ad Alassio, celebrativo del loro quarantennale e della scomparsa di Wegg Andersen: che valutazione dai delle vostre performance live?

Non siamo professionisti anche se cerchiamo di essere professionali, e dedichiamo alla musica il tempo che riusciamo a rubare alle nostre famiglie e alle varie esigenze personali e lavorative, quindi non pretendiamo di arrivare sul palco e produrre spettacoli impeccabili. Per quanto mi riguarda, ho “appeso le tastiere al chiodo” per più di vent’anni e mi mancano le malizie che altri musicisti hanno acquisito con il tempo nel gestire sul palco inconvenienti tecnici e panico da esibizione; situazione simile per Piuccio, ma entrambi stiamo recuperando con molta soddisfazione e determinazione. Sono però sicuro che dai nostri spettacoli, proprio perché non si tratta di routine, traspaia la voglia di comunicare con il pubblico e di condividere le nostre emozioni di compositori ed esecutori con chi ci ascolta. Per fortuna Gino e Giuseppe, pur avendo avuto esperienze musicali diverse, non hanno mai smesso, e la loro base ritmica, unita alle voci ben armonizzate, ci sostiene e ci assicura forza e grinta. I concerti che hai menzionato sono stati per noi molto intensi, sia per il contesto, per il pubblico, per le location e per gli ospiti che ci hanno onorato della loro presenza. Indimenticabili e possibilmente da ripetere!

L’evoluzione tecnologica disponibile è spesso additata come una delle cause dell’imbarbarimento di un mercato dove tutto appare disponibile e i dischi non si comprano più; esiste poi il rovescio della medaglia e credo di poter dire che una trentina di anni fa, quando iniziaste la vostra attività, sarebbe stato complicato arrivare ai mercati mondiali, come invece è accaduto per i vostri due ultimi lavori: qual è il tuo bilancio personale?

L’evoluzione tecnologica è un’arma a doppio taglio, credo che ne siamo tutti consapevoli. Un certo tipo di mercato, legato ad un consumo veloce e che comunque una volta “faceva i numeri” è completamente scomparso, molto facile trovare tutto o quasi con velocità ed in economia. La tecnologia, la rete, i social, hanno permesso però una immediata condivisione dei prodotti musicali ed una loro diffusione capillare. Sicuramente trent’anni fa non avremmo raggiunto i mercati mondiali, quindi dobbiamo solo che ringraziare questa opportunità. C'è ovviamente un rovescio della medaglia (c'è stato in verità ed era una bellissima band progressiva...) che per onestà devo ammettere; chi segue la nostra musica, chi ama il prog Italiano o Internazionale, è un pubblico di nicchia e come tale, fa numeri ridotti, ma cerca il vinile, magari in tiratura limitata o il CD particolare, e quindi sfrutta la tecnologia che gli consente di conoscere velocemente i prodotti e di essere aggiornato sulle novità, magari le “assaggia” con i download, però poi acquista il prodotto “classico” e, quando possibile, partecipa ai concerti. Tutta la musica che non è di nicchia, invece, non è baciata da questa fortuna e lì la situazione è tragica. La gente si vede solo ai concerti, che devono essere necessariamente super e costano cari per rifarsi delle spese che la vendita dei dischi non ripaga più, presentano personaggi creati ad hoc, belli, fotogenici, spesso trash, che siano in grado di tenere la scena; se poi sappiano cantare o suonare, non fa molta differenza; la “massa” è pilotata e impedisce il nascere di affermazioni “spontanee”. Questo è triste, ma rispecchia un po’ la nostra società attuale.

A proposito di album, i vostri ultimi due artwork, fruibili anche nella classica versione vinile, sono spettacolari e appagano sia i “nostalgici” sia chi si avvicina a voi per curiosità: come e chi cura, in casa vostra, questi aspetti fondamentali per il genere proposto?

Ti ringrazio per apprezzare i nostri album anche dal punto di vista grafico! Quando si tratta di copertine e di comporre la parte grafica ed artistica, si chiede un po’ in giro, magari in famiglia... e qualche buona idea viene sempre fuori. In questo modo c'è chi sceglie l’immagine di copertina, qualcuno cura la selezione delle foto, altri si dedicano alla parte descrittiva o disegnano le bozze e così l’idea di uno diventa l’idea di molti, che poi viene proposta alla Black Widow (sempre molto attenta all'artwork di un album) e successivamente al nostro grafico di fiducia, Stefano Scagni, illustratore formidabile e affermato, ben apprezzato anche in molti capolavori targati BWR. Pure questo alla fine, può essere considerato  un lavoro d’equipe, come certi brani che sono scritti e ideati da uno di noi, ma poi tutti concorriamo a personalizzarli ed arrangiarli.

Mi dai la tua opinione sullo stato della Musica Prog, in linea generale, ma, soprattutto, nel nostro paese?

Mi pare di vedere che, soprattutto in Italia, ci sia molto fermento intorno alla musica prog, un po’ per sfruttare il momento, un pò perchè il vintage ha sempre il suo fascino, un pò per vocazione. Tengo però a sottolineare, sempre come opinione personale, che il termine progressivo, nato in tempi successivi per definire il “progresso” nel realizzare musica, oggi di “progressivo” non ha più nulla. Mi spiego meglio: quel genere è come cristallizzato; i pochi gruppi storici che nonostante le scissioni, i ricongiungimenti “strategici” o, purtroppo, i decessi, calcano ancora le scene, non creano quasi mai nulla di nuovo e comunque il loro seguito e gradimento è legato principalmente al riproponimento del repertorio “classico”. Forse la colpa è nostra che vogliamo sentire sempre quelle determinate canzoni... Tranne rare eccezioni, le sperimentazioni o gli svecchiamenti offerti da nuove band (preparatissime e tecnicamente ineccepibili) e che sarebbero per definizione “progressive” creano prodotti pregiati, ricorrono all'uso intenso di alcuni strumenti tipici dell'epoca, cercano di tornare all'analogico, anche nelle registrazioni, ma coloro che si sono innamorati di quelle atmosfere, come me, li trovano poco veritieri, forzati. Mi pare che questo sia “Regressive” (non in senso dispregiativo, ma inteso etimologicamente come ritorno alle origini)... un pò come in architettura parlare di neo classicismo: opere incredibili, basate sulla rivisitazione e il riproporsi di concetti stilistici preesistenti. Esistono comunque capolavori anche in quell'ambito! Di conseguenza  questo non esclude che le giovani band, per loro fortuna, trovino nuovo, attento ed affezionato uditorio, specie presso i giovani e magari domani si farà riferimento al loro stile come ad un classico, un “neo prog” volendo definirlo in qualche modo! Questo succede in Italia, ma all'estero, pur potendo contare su molte validissime band, giovani o meno, su di un pubblico molto più sensibile del nostro e su di un management più attento, non mi pare che il discorso cambi molto.

In che modo Il Cerchio D’Oro sta pianificando il futuro prossimo?

Bello il “Futuro Prossimo”… beh, stiamo lavorando, con calma, sistemando la line-up che aveva bisogno di essere un pochino rivista, preparandoci per nuovi spettacoli e… sì… lo confermo, scrivendo qualcosa di nuovo che, appena possibile si concretizzerà in un nuovo album. Interessa? Spero di si, ma ti/vi terremo sulle spine ancora per un pò… dateci tempo, d'altronde abbiamo una certa età…!