lunedì 19 aprile 2010

ANGLAGARD



Utilizzo una recensione di Michele Dicuonzo per raccontare qualcosa di ANGLAGARD

ANGLAGARD
Epilog
(Exergy Music - 1994)
Attivi dai primi anni Novanta, gli svedesi Anglagard fanno parte della notevole triade (al pari di Anekdoten e Landberk) di progster scandinavi che hanno contribuito a rilanciare il genere in una fase di stanca. Partendo da basi crimsoniane, una delle referenze più spiccate nel loro tessuto sinfonico, i nostri hanno peraltro saputo reinterpretare in chiave moderna le partiture sognanti dei primi Genesis, giungendo in scioltezza al successo meritatamente riscontrato nei ProgFest americani.
Nella loro musica risulta comunque palese la componente puramente 'nordica', che si evince negli spaccati maestosi che si stagliano con forza nei brani del platter di debutto, "Hybrid", dato alle stampe nel 1992. "Epilog" é per certi versi più ricercato, cerebrale, elusivo, e si caratterizza per i suoi scenari spiritati, nervosi, che albergano un sentore di minaccia incombente: siamo all'opposto della leggerezza armonica del quarto tassello, quello più noto al grande publico, del progressive rock svedese, rappresentato dai gioviali Flower Kings (più prossimi alla solarità degli Yes). Gli Anglagard assemblano un mosaico misterico, ontologicamente legato alle manifestazioni (sopran)naturali della loro terra, tale da sprigionare un vortice fiabesco/stregonesco che ben si esplicita nello splendido artwork che accompagna questa loro ultima release.
Episodi del calibro di "Höstsejd" e "Sista Somrar", articolate suite di oltre quindici primi, illustrano a dovere tale modus operandi: inquietanti fraseggi di Hammond emersoniano (cfr. il classico "Tarkus", ma anche la lezione dei primissimi Goblin) si alternano ad aperture intimiste struggenti e trasognate, appena increspate da un soffio di flauto, oppure dolcemente ricamate per tramite di nostalgici fraseggi pianistici. Pieni e vuoti che fluiscono ineffabilmente in un affresco umorale ed impressionista, laddove la dolcezza infinita dei silenzi crepuscolari impalma la drammaticità dei cataclismi atmosferici: il disco é interamente strumentale, e tanto basta per lasciar viaggiare la mente verso territori surreali ed inusitati.
Gli ascoltatori più smaliziati riconosceranno ambientazioni analoghe nelle parentesi acustiche dei connazionali Opeth (cfr. l'ultimo "Damnation", nello specifico), ma é innegabile che la componente classico/sinfonica resti quella dominante negli Anglagard: "Prolog" e la toccante "Saknadens Fullhet" altro non sono, in fondo, che soffusi quadretti 'da camera', ricercati tasselli di un ambizioso disegno complessivo. Il supporto incondizionato dei fan, esaltati da tale talento visionario, non basterà ad evitare l'inopinato split del gruppo nel 1995. "Epilog" diventa preda dei collezionisti accaniti, platter favoleggiato ed introvabile. Corre oggi voce, a quasi dieci anni di distanza, di un'insperata reunion dei nostri: ed ecco che i loro due mitizzati dischi vengono (finalmente) ristampati in un elegante digipack, per la gioia di tutti gli amanti della buona musica. Musica, come si diceva, ricca di mille emozioni. Suoni leggiadri, cibo per l'anima e per la mente.
Michele Dicuonzo