lunedì 12 aprile 2010

Beardfish


Un nuovo amico, Mauro Selis, mi scrive di questo gruppo, i Beardfish e io mi informo.
Non sono neonati, ma non ne ho mai sentito parlare, anche se probabilmente sono conosciuti dai seguaci del prog. Ma anche io sono un amante del genere eppure... quante lacune!
Sono convinto che esiste un mondo inesplorato, di cui non conosciamo i confini, qualunque sia il genere che amiamo. Eh sì, perché ascoltando il primo brano che trovo, "The Hunter", ne rimango subito colpito e mi viene voglia di riascoltarlo subito, e ancora e ancora. A me basta un primo ascolto per dare un giudizio, non certo teso a dare dei voti simbolici, ma a farmi capire se è il caso di approfondire ( e condividere) o... lasciare stare.
Per raccontare qualcosa di loro ho "saccheggiato" una recensione trovata in rete, relativa a "Destined Solitaire".

I Beardfish sono una delle poche band in circolazione a poter vantare un sound originale, talmente ricco di spunti e variazioni stilistiche da renderne ardua persino una precisa descrizione. Il gruppo svedese viene giustamente collocato in ambito progressive rock, grazie a composizioni dalla struttura libera con continui cambi di tempo perfettamente incastrati fra loro, che includono svariate ritmiche d’impostazione jazz ed una serie di riferimenti riconducibili a gruppi della scena prog anni '70 come i Genesis. Reduci dal successo (perlomeno critico) dei precedenti “Sleeping In The Traffic Pt. I e II”, i Beardfish mantengono intatto il loro approccio dinamico e camaleontico alla musica anche in questo quinto capitolo in studio, aggiungendo un pizzico di rabbia in più come dimostrano le comparse di growl nella title-track ed i riferimenti hard rock '70 accennati di tanto in tanto. Immancabili i frangenti sognanti e soprattutto le influenze '60 dai connotati quasi folk, inserite un po’ ovunque fra le canzoni, creando un suggestivo gusto retrò, vero e proprio marchio di fabbrica della band. Talvolta inafferrabili, con i Beardfish non si corre mai il rischio di annoiarsi, il gruppo scandinavo non ripete all’interno della canzone lo stesso giro per più di due volte e, detto questo, l’ascolto di questo disco è consigliato solo ai pazienti che non si stancano di consumare un album svelandone i segreti col tempo. “Destined Solitaire” rappresenta l’ideale prosecuzione di un percorso evolutivo incominciato nel 2003 con il presto dimenticato “Fran En Plats Du Ej Kan Se...”, le canzoni non concedono cali di tensione, mantenendo una strana connessione fra loro. Per farvi un’idea della straordinaria creatività della band svedese vi rimandiamo alla delirante “Until You Comply Including Entropy”, alle melodie d’altri tempi di “Coup De Grâce” o alla strana normalità di “At Home...Watching Movies”, la scelta azzardata di iniziare questo “Destined Solitaire” con un pezzo ostico, interamente strumentale come “Awaken The Sleeping”, non è altro che il sigillo di integrità artistica, che fa rima con libertà assoluta, dei Beardfish.
(Matteo Cereda)
E... grazie Mauro...