lunedì 23 giugno 2008

Country Joe McDonald



Oggi do spazio ad un musicista....
che ho sempre collegato a Woodstock , per una performance coinvolgente,che ho rispolverato nel filmato a seguire.

Country Joe McDonald (Elmonte ,California, 1 gennaio 1942) è un cantautore americano impegnato, esponente di spicco della contestazione alla guerra del Vietnam.
Viene immortalato dalla canzone "I feel like i am fixin to die rag", presente nella colonna sonora del film sul festival di Woodstock, e che lui cantò persino all'udienza sui fatti di Chicago del 1968.
La sua fama sfiorisce presto anche se manterrà alta sino ai giorni nostri, la memoria di quegli anni, attraverso continue tourneè specialmente in club, ma anche davanti a platee più grandi, soprattutto in Europa.

Ripropongo un'intervista del 2005 , dove racconta qualcosa di quei giorni.

"Venite, uomini grandi e forti, lo Zio Sam ha ancora bisogno del vostro aiuto, si è cacciato in un grosso guaio, laggiù in Vietnam": e giù mezzo milione di persone a cantare e battere le mani contro l'intervento militare americano, in un tripudio di pace, amore e musica.
Quella di Country Joe Mc Donald, con la sua "I feel like I'm fixin' to die rag", rimane una delle memorabili performance di Woodstock, il festival della contro-cultura tenuto dal 21 al 23 agosto 1969.

Cosa ricorda di Woodstock?
L'inizio e la fine, con le esibizioni di Richie Havens e Jimi Hendrix che ho seguito dal palco. E poi la gente, oltre mezzo milione di persone: quello fu il vero spettacolo, furono loro, non gli organizzatori, a creare la dimensione dell'evento.

Cos'è rimasto dello spirito di allora?
Qualcosa che si respira nei piccoli concerti, e non nei mega show da stadi. Certi spettacoli all'aperto, non tutti, ricordano un po' il clima di Woodstock.

"We can change the world" cantavano i giovani di allora. Lo crede ancora?
La musica può aggregare persone, convogliare opinioni e quindi portare cambiamenti. È sempre stato così e lo sarà sempre. Perché la musica è una forma d'arte magica, la si fa con niente e la si può trasmettere ovunque.

Nixon e il Vietnam, Bush e l'Iraq: ci sono analogie quarant'anni dopo?
Parecchie: sono entrambi egocentrici, bugiardi, lontani dalla gente comune e, quel che più conta, pericolosi.

Cosa pensa del rinnovato impegno politico di artisti come Springsteen, REM, Crosby & Nash?
Senza essere irrispettoso verso nessuno, credo che prima di esprimere un'opinione politica bisogna saper bene ciò di cui si sta parlando. Personaggi come Joe Hill o Victor Jara hanno pagato sulla propria pelle le scelte compiute: è facile invece schierarsi se si rischia poco o nulla.

"Support the troops"è la sua ultima canzone sulla guerra in Iraq.
Volevo scrivere un pezzo ironico, tipo I feel like I'm fixin'to die rag, e per un anno mi è frullato in testa "chicken hawk", espressione americana per dire quando si vuole una cosa, in questo caso la guerra, senza averla mai fatta veramente.

Stesso sarcasmo del Vietnam?
Non risparmio nulla a Bush e dico che questa guerra non è stata fatta in mio nome e che è una vergogna.

Si è mai sentito un reduce?
Artisticamente, potrebbe anche essere un merito. Politicamente invece no, perché sarebbe un errore mitizzare il passato: gli anni '60 sono stati importanti, ma non bisogna dimenticare che le condizioni di vita delle donne e dei neri erano allora ben peggiori di adesso.

A Woodstock lei incitò la folla a urlare un colossale "vaffan...".
Fu un atto liberatorio e al tempo stesso di frustrazione verso il sistema. Ancora oggi è considerata un'espressione trasgressiva e quasi blasfema, figuratevi quarant'anni fa. Roba da Guinness dei primati: il più grande "vaffa" della storia.

Lei fu chiamato Joseph in onore di Stalin. Le è mai pesato questo nome?
Se mi avessero chiamato Richard, in onore di Nixon, mi sarebbe andata peggio.

Intervista di Paolo Battifora – IL SECOLO XIX – 20/03/2005



Ascoltiamolo





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