"Grazie per avermi accolto tra
di voi. Questa serà dormirò vicino al mare e domani canterò per voi"
Era
il 6 luglio, quando nello splendido scenario della Fortezza del Priamar
ascoltavo, per la prima volta dal vivo, Patti Smith…
Ecco un po’ di commento…
Da due ore è terminato il concerto di Patti Smith e di
getto butto giù le mie impressioni.
Inizio dalla fine, dal primo bis, da
quel “A Perfect Day” del di lei amico Lou Reed, una canzone che da un paio di
mesi è diventata per me l’esemplificazione di come l’apparente semplicità di
quattro accordi, una bella melodia ed un testo importante, possano dare il
senso ad una giornata mediocre.
“La giornata perfetta “è quella che
Patti racconta di aver passato a Savona, accarezzando il mare e assaggiando del
buon pesce.
Sembra quasi innamorata della nostra
città, anche se nelle parole del presentatore c’è uno strano abbinamento tra
l’impressione positiva ricevuta e il giro nel nostro Comune (inteso come
palazzo di chi governa il sito).
Bizzarie della comunicazione… o
cattiva predisposizione all’ascolto.
Lo stesso presentatore cita una
vecchia frase raccolta dal chitarrista di Janis Joplin il quale asseriva che
Janis, una volta ascoltata, non si sarebbe mai più dimenticata.
Tale concetto era ora trasportato su
Patti, ed io mi sono trovato a sperare fermamente che fosse vero.
Ci sono ancora posti vuoti quando il
gruppo entra e lei appare con grande semplicità.
Sono abbastanza lontano per
distinguere i particolari e dalla mia posizione lei appare molto… molto più
giovane.
Il fisico è sempre asciutto e i
capelli sembrano meno bianchi di qualche anno fa.
Si muove come se il tempo non fosse
passato e dalle prime note rilevo un fatto che mi soddisfa appieno.
Le vecchie star che si riuniscono o
che comunque proseguono da molti anni, quelle dell’età della Smith intendo,
presentano forti lacune proprio dal punto di vista vocale.
Lei no, è sicura, chiara nel timbro, e
per un attimo, chiudendo gli occhi, ho risentito quella stessa identica voce
che mi aveva colpito negli anni ‘80, quando Patti era catalogata nella sezione
punk.
Il gruppo che la accompagna mi sembra
inizialmente un mero contorno.
In realtà ho assistito ad un
interscambio continuo di strumenti come mai avevo visto.
In tre hanno ruotato più volte
chitarre, basso e tastiere, mentre il batterista, nell’ultimissimo pezzo,
“Helpless” di Neil Young, ha sfoderato la sua competenza su una piccola
fisarmonica.
Lei ha preso per mano il pubblico…
quasi da sola.
Ha presentato i suoi pezzi più
conosciuti, “Because the Night”, “Dancing Barefoot”, “People have the Power”
nel penultimo bis e ha trascinato con alcune cover.
Ho captato il riff di “Voodo chile” di
Hendrix, un paio di volte “Gloria” di Van Morrison, cantata assieme al pubblico
e… “Gimme Shelter” degli Stones.
Con quest’ultima, suonata più o meno a
metà performance, il pubblico ha cambiato assetto e la cosa non mi ha
entusiasmato.
Mi riferisco al fatto che non è più’
stato possibile seguire da seduti un concerto non certo a buon prezzo.
La voglia di muoversi e staccarsi
dalla comoda postazione è un buon segno, apprezzabile e condivisibile, ma… non
ho più visto niente.
Mi piace seguire i movimenti sul
palco, ricercare gli sguardi, i gesti tecnici, le sfumature, la completa
dinamica del concerto.
Questa sera tutto questo mi è un po’
mancato.
Non mi sono mancate però le forti
emozioni, le atmosfere rarefatte, il ritmo marcato tipico del rock ed una voce
incredibile.
Lo smalto è intatto e alla fine mi è
risultato chiaro il motivo per cui l’aspetto giovanile di Patti Smith mi abbia
colpito così tanto: la sua voce inossidabile, unitamente alla sua immagine così
fresca, rappresentano la speranza che io possa godere ancora per molto tempo
questo rock che nessuno riesce a proporre come i “vecchi” miti della mia
giovinezza, ancora sulla cresta dell’onda.
Lei saltella sul palco, sputa come
solo in Corea mi è capitato di vedere, strappa le corde della stratocaster e
distribuisce poesie e pensieri, dialogando col pubblico e sorridendo
dolcemente.
Ricorda a tutti, ripetutamente, che
“il potere è nelle mani della gente”, e il suo messaggio antico si interseca
con la proposta della serata, col tema della solidarietà, con il ruolo “delle
donne nel mondo”.
“People have the power… è questo
l’ultimo pensiero, dapprima sussurrato e poi urlato a tutta voce.
Il concerto mi ha toccato pancia e
cuore… forse nervi, ma poca testa, e questo urlo finale, questo evidenziare il
ruolo e l’importanza della gente, ha rappresentato per me l’apice della
performance che niente aveva da spartire col vero messaggio di Patti.
Questo è il mio modo di vivere i
concerti, con trasporto e autocritica.
Però è stato un sollievo osservare
tanti personaggi autorevoli davanti a me, dapprima super composti e via via che
il tempo passava trasformati, scalmanati, col sorriso vero dipinto sulle
labbra.
Sto parlando di autorità locali,
ingessate dal ruolo istituzionale, ma disinvolte tra il buio imperante.
Magia della musica, magia del rock. Stasera,
magia di Patti Smith.
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