venerdì 5 luglio 2024

Led Zeppelin al Vigorelli: era il 5 luglio del 1971




Led Zeppelin, Velodromo Vigorelli, Milano, 5 luglio 1971

Ripercorrendo le antiche vicende legate alla musica e dintorni, si “cade” ripetutamente su avvenimenti nefasti che, al solo accenno, identificano immediatamente protagonisti e contesto: il Festival di Altamont o la Family di Charles Manson, tanto per parlare di fatti di oltreoceano. Anche a casa nostra, in Italia, abbiamo qualche ricordo negativo. Mark Paytress ci ha raccontato così, nel libro “Io c’ero”, la sua versione dei fatti avvenuti a Milano, 53 anni fa.


Un tremendissimo e sciagurato inciucio andò in onda una sera di prima estate del 1971 sul prato del glorioso Velodromo Vigorelli, aprendo e chiudendo in un amen la storia dei Led Zeppelin in Italia. Con una decisione strana e infelice, gli organizzatori del Cantagiro avevano deciso quell’anno di invitare alcune grandi star della musica internazionale al loro show nazionalpopolare: la scelta era caduta su Aretha Franklin, Donovan, Moustaki, Leo Ferrè, Charles Aznavour e, per la sola data di Milano, i Led Zeppelin. Pensavano forse di rilanciare così una manifestazione in evidente declino; in realtà andarono a cercarsi dei guai, e questo soprattutto a Milano, al Vigorelli, quando in fondo alla scaletta venne aggiunto il set dei più caldi, eccitanti re del rock di quella stagione. I 12.000 o 15.000 convenuti quella sera (a seconda delle stime) erano li tutti per il “Dirigibile”, e non avevano alcuna intenzione di sorbirsi la lunga anteprima del Cantagiro, con l’esibizione prevista di una quindicina di artisti. Si possono immaginare le reazioni del pubblico alle prime uscite sul palco: fischi, bùu, slogan sarcastici. Vista la mala parata, la maggior parte degli interpreti si rifiutò di esibirsi. Gianni Morandi tentò la sortita con una canzone “impegnata” (Al Bar si Muore), ma venne scorticato dai fischi; un po’ meglio andò ai New Trolls, considerati tollerabili cugini rock. Il problema in realtà non era sul palco, ma intorno e fuori, con un esagerato dispositivo di forze dell’ordine (2000 uomini fra polizia e carabinieri, a leggere le cronache del giorno dopo). Quella Grande Armèe doveva fronteggiare alcune decine di autoriduttori e “agitatori politici più mestatori a vario titolo”, per usare le parole del Corriere della Sera, e lo fece con grande impeto, impegnandosi con ripetute cariche e lancio di candelotti lacrimogeni mentre i manifestanti, sempre secondo il Corriere, iniziavano una fitta sassaiola, erigevano barricate di automobili nelle strade adiacenti e preparavano bombe molotov. Alle 22.40, scorciando di molto la scaletta, i Led Zeppelin salirono sul palco accolti dal boato della folla. Era fresco il ricordo del terzo album, uscito da pochi mesi, e si parlava di pezzi nuovi dal quarto, previsto per l’autunno (una di queste novità era Stairway to Heaven, regolarmente in scaletta nel tour primaverile). In un clima di palpabile tensione, la band attaccò Black Dog. Dopo una versione ridotta di Dazed And Confused, passò a I’ve Been Starting Loving You e lì si udirono distintamente dei botti violenti: non era Bonham in azione, ma la polizia che sparava fumogeni, e non fuori dal Velodromo, bensì dentro, sul prato e nei dintorni del palco (un cancello aveva ceduto sotto la pressione di una ventina di autoriduttori e gli agenti si erano lanciati con foga al loro inseguimento). Robert Plant cercò di metterla sul teatrale e invitò i ragazzi a soffiare contro quell’aria viziata, ma era vento cattivo, e non c’era nessuna risposta dylaniana che potesse aggiustare le cose. Per sedare gli spiriti, il gruppo attaccò Whole Lotta Love, in medley con il celebre assolo di Bonham, Moby Dick. A quel punto però l’aria si era fatta irrespirabile, il pubblico ondeggiava pericolosamente tra le gradinate e il prato, e il manager Peter Grant salì sul palco imponendo ai suoi ragazzi lo stop. Gli Zeppelin filarono dietro le quinte in una nuvola di gas irritante e pensarono bene di rifugiarsi in infermeria, dove si barricarono assediati da decine di persone che stazionavano intorno al palco, alla ricerca anch’essi di un riparo. Intanto i roadies cercavano di protegger l’impianto, con esiti alterni: alcuni strumenti furono danneggiati e l’addetto alla batteria di Bonham, Mick Hinton, finì all’ospedale con la testa squarciata dal lancio di una bottiglia.Il pubblico sfollò con pericolosa lentezza, lacrimando e tossendo, da una porticina di due metri per uno e venti. All’esterno impazzavano altre cariche, anche con le jeep, che si protrassero fino alla mezzanotte. Finì con il più drammatico e triste “show interruptus” della storia rock italiana. Quella stessa sera, con gli occhi ancora arrossati per i lacrimogeni, Robert Plant confessò la sua delusione ad Armando Gallo, inviato per Ciao 2001: “ Abbiamo girato mezzo mondo e non ho mai visto nulla di simile. E’ la prima volta che siamo stati costretti ad abbandonare un nostro concerto. Venendo al Vigorelli avevamo scherzato tra noi, vedendo tutte quelle forze dell’ordine: sembravano schierate più per un congresso politico che per un concerto. Ancora non capisco come possa succedere che la polizia intervenga su 10.000 persone che hanno pagato un biglietto”. 

I Led Zeppelin, per inciso, non avrebbero mai più messo piede dalle nostre parti.



Photo gallery by kind permission of Wazza








































Rolling Stones: il concerto di Hyde Park del 5 luglio 1969 raccontato da Michael Pergolani


Un evento storico ricordato da chi era presente, Michael Pergolani (https://it.wikipedia.org/wiki/Michael_Pergolani)

5 LUGLIO 1969-Concerto di Hyde Park in ricordo di Brian Jones

È una splendida giornata, il sole è caldo e rassicurante, Brian Jones è morto. Sgomento, incredulità... Per noi era morto il nostro poeta maledetto e per moltissimi il simbolo vivente degli Stones, l'espressione più estrema, più intrigante e più ribelle della band. Il suo volto da bambino, i suoi occhi sempre gonfi erano da tempo diventati il segno iconico della dissolutezza degli Stones stessi.

Molta gente era convinta che senza Brian il gruppo non sarebbe più stato lo stesso. Chissà… Il fatto è che la sua morte, tragica ed effimera al contempo, era stata strumentalizzata e venduta dai quotidiani popolari come estrema prova di depravazione e facili costumi. “Ecco a cosa porta il loro scellerato stile di vita!” Questo il succo degli articoli.

Quel 5 luglio 1969 gli Stones ci avevano chiesto di andare tutti ad Hyde Park per commemorare Brian e noi avevamo risposto in tanti, forse 200.000, forse di più, una giornata storica.


Un forte odore di hashish permea la Serpentine di Hyde Park. Molta gente s'è buttata nel laghetto. L'acqua è gelida ma gli inglesi probabilmente pensano che tutta l'acqua del mondo sia gelida. Tra i ragazzi gira di tutto, LSD californiano, funghi e mescalina del Messico, oppio, pillole colorate di ogni genere e grandezza (Love pills, Take-It-Easy, etc.) e poi il potente hash afgano, il libanese rosso, il marocchino zero-zero, i thay-sticks, l’agapulco gold. I bobbies ci circondano fin dall’inizio ma rimangono ai margini, fermi nelle loro divise estive come soldatini di piombo.

I cellulari e le camionette sono concentrati in alcune traverse di Bayswater e, a sud, lungo la strada che da Queen's Gate porta all’Hyde Park Corner. Siamo veramente in tanti. C'è gente che balla, intere famiglie di hippies che suonano e cantano, gli hare krishna coi santoni magrimagri in arancione e i guru vestiti di bianco nonchè tanti aquiloni su nel cielo e tanto colore intorno come in un quadro di Pollock.


Aspettiamo gli Stones. Sul palco, per la prima volta sento i King Crimson di Robert Fripp e i Family di Roger Chapman. Ottimo, davvero un ottimo inizio. Poi arrivano loro, gli Stones, poi il discorso di Mick tutto vestito di bianco, poi i bei versi del poeta Shelley e le migliaia di farfalle che, in una nube leggera e tremolante, si alzano verso il cielo. L'emozione è forte, intensa, indimenticabile.





giovedì 4 luglio 2024

The Ramones-The Roundhouse, Londra, 4 luglio 1976



The Ramones
The Roundhouse, Londra, 4 luglio 1976

Insieme hanno dato vita a un’ispirata esibizione di arte minimalista”.
Michael Watts, Melody Maker

Patty Smith, astro nascente di una ribellione a base di reggae e Rimbaud, aveva fatto il suo esordio londinese poche settimane prima. Per i Ramones invece, niente letture di poesie o magliette dedicate a Keith Richards. Fracassoni e foruncolosi, i quatto newyorkesi urlarono come ossessi, snocciolando i loro pezzi a velocità supersonica (fermandosi solo per togliere i giubbotti di pelle) e lasciarono il palco dopo mezz’ora salutati dall’ovazione di una folla carica di birra. La settimana successiva, Max Bell di Melody Maker definì quella musica “rockoglione”, descrivendola tuttavia come capace di riscuotere la sua inconndizionata approvazione e quella di quasi tutti i 15000 spettatori presenti. Il termine non attecchì, ma lo stile e il suono portati alla ribalta dai Ramones sì.

Praticamente tutti coloro che avrebbero formato i principali gruppi punk inglesi quella sera erano al Roundhouse e osservavano attoniti come si potesse mettere in piazza senza paura la propria condizione di emarginati urbani bianchi. La chiava stava nella semplicità: nomi da finti fratelli (Joey Ramone, Dee Dee Ramone, e così via), abbigliamento da teppisti, canzoni che si confondevano una con l’altra. Jeans a tubo strappati, magliette attillate e scarpe da tennis da pochi dollari, i Ramones assunsero immediatamente la loro tipica posa a gambe aperte e ginocchia piegate, mentre le loro facce smunte e serissime non mostrarono alcuna emozione per tutto il concerto. Con il suo taglio di capelli a scodella, il bassista Dee Dee parve a Max Bell “ l’esemplare umano meno intelligente” mai visto su un palco, capace però di suonare con tanta forza da ferirsi a un dito. In mezzo alla folla, ubriaco e ingestibile, c’era il futuro bassista dei Sex Pistols Sid Vicious, e Dee Dee era il suo musicista preferito.

Sid adorava i Ramones” spiega Marco Pirroni, che sarebbe diventato chitarrista di Adam Ant The Ants, “anche se odiava il loro taglio di capelli. Sid aveva un taglio di capelli splendido, loro no. Ma da loro prese a prestito l’idea del giubbotto di pelle e dei jeans strappati.”
Il suono senza fronzoli di Joey e compagni ebbe dunque un impatto istantaneo sulla nascente scena punk.

Quando i Sex Pistols entrarono in studio insieme al produttore Chris Spedding, portarono con sé l’album di debutto dei Ramones dicendo: 
"E’ così che vogliamo suonare!”
(Mark Paytress . "Io C'ero")




mercoledì 3 luglio 2024

Brian Jones, Jim Morrison e... NICO


Il 3 Luglio è un giorno che accomuna due morti celebri nel mondo del Rock, quella di Brian Jones, nel 1969 e quella di Jim Morrison, esattamente due anni dopo.
Per ricordarli entrambi ricorro a… una terza persona, altrettanto importante, Nico, che li conobbe bene, da molto vicino.
La vita di Nico fu un po’ più lunga di quella di Brian e Jim, ma abbastanza complicata.
Morti premature, morti eccellenti, morti di cui rimarrà traccia, per sempre!


NICO modella

Nico conobbe i primi successi personali come modella apparendo su numerose pubblicazioni di moda a diffusione internazionale. Ancora molto giovane si trasferì a Parigi, dove ebbe modo di incontrare il famoso fotografo Tobias che la ribattezzò Nico, dal nome del suo ex boy-friend, il regista Nico Papatakis.
Nella sua carriera di modella, Nico - divenuta pupilla della famosa stilista Coco Chanel - lavorò fino alla fine degli anni '50 per riviste prestigiose come Vogue, Tempo, Vie Nuove, ed altre ancora.
Come attrice ebbe anche un ruolo minore nel film "La dolce Vita", di Fellini e interpretò alcuni film di Andy Warhol.


Con i Velvet Underground.

Dopo aver incontrato Andy Warhol ed essere divenuta un'assidua frequentatrice della sua "Factory", fu da questi incoraggiata a partecipare, come voce solista, al primo disco dei Velvet Underground, intitolato appunto "The Velvet Underground & Nico", con l'inconfondibile banana warholiana in copertina.

Il gruppo dei Velvet, anche loro frequentatori della Factory, ebbe il periodo di massima notorietà dopo la pubblicazione del disco d'esordio (1967): i loro primi concerti erano vere e proprie performance totali, comprendenti incontri di teatro, suoni e cinema in cui con la musica venivano proiettate immagini psichedeliche; un ballerino, Gerard Malanga, accompagnava canzoni come Heroin e Sunday Morning. Lo spettacolo, chiamato Exploding Plastic Inevitable o EPI, era in realtà una creazione di Warhol. Ma la presenza di Nico all'interno della band è sempre stata problematica: forzata dallo stesso Warhol, inizialmente non era stata accettata dagli altri componenti; solo John Cale maturerà con la "chanteuse" un forte legame duraturo nel tempo (sarà infatti il produttore dei suoi più importanti lavori da solista).

Nonostante ciò "The Velvet Underground e Nico" è divenuto uno dei migliori album della storia del rock, carico di innovazione e spinte targate east coast, momenti suggestivi ed espressioni metropolitane. In quest'opera s'inserisce la voce di Nico che - dotata di un timbro rauco e assolutamente personale - viene tuttora considerata una delle più belle della musica rock
La canzone Sunday Morning interpretata da Lou Reed con voce effeminata, è ritenuta un vero capolavoro, che il suo particolare modo di cantare ha reso indimenticabile.


Con Andy Warhol

Solista

Verso la fine degli anni Sessanta decide di abbandonare i Velvet proseguendo la propria attività di mannequin e registrando diversi album da solista (Cale sarà un suo importante collaboratore) ma senza mai ripetere il successo riscosso con i Velvet Underground. 
Anni più tardi dichiarò: "I Velvet volevano sbarazzarsi di me perché ricevevo più attenzione di loro da parte della stampa", a testimonianza di una collaborazione forzata anche se ben riuscita.
Questo è, però, il periodo più prolifico della sua carriera: preso in mano l'harmonium che Cale le aveva regalato, Nico inaugura un modo del tutto nuovo di concepire la canzone diventando punto di riferimento e anticipatrice della corrente dark di fine anni 70.
Dagli arrangiamenti ipnotici alle melodie pungenti e inquietanti della sua voce, a volte anche a cappella, la valkiria dai tratti perfetti butta le basi del dark: gusto per l'occulto, ambientazioni gotiche e mistero si fondono in uno con senso d'angoscia, alienazione, decadenza e mestizia: "Non so bene come faccia a vivere. È una continua lotta tra me e me. È un dramma sentirmi come aliena a me stessa. Non ho alcun riferimento per capire chi io sia. Vivo come in un perenne esilio" dichiarerà una volta l'artista. 

Il lavoro che porta a maturazione queste sue tendenze è Desertshore, in cui gli embrioni contenuti nel precedente album (The Marble Index) vengono sviluppati a pieno con risultati grandiosi. 
Nel 1974, partecipa al concerto collettivo June 1, 1974, organizzato dall'etichetta Island per promuovere la figura di Kevin Ayers. In esso, appare la sua famosa versione di The End dei Doors, incisa da Nico un anno prima nell'omonimo disco.

Con Brian Jones

La morte

Dopo circa cinquant'anni passati fra il lavoro di precoce modella, attrice, cantante e musicista, fra la tossicodipendenza e il continuo senso d'inquietudine, arriva la fine, e come la vita, è avvolta nel mistero: morì a Ibiza, nel 1988 per emorragia cerebrale, pare a seguito di una banale caduta con la bicicletta.
Con John Cale

Commento di Gabriele Lunati

Nico è una figura tragica, controversa, sfuggente, una delle personalità più sconcertanti della storia del rock, bellissima, a tal punto da odiare lei stessa la propria bellezza e proiettare il suo fisico in un tunnel di autodistruzione che la rese più simile a un puzzle in procinto di disgregarsi in mille pezzi che a una musa o a una dea di un culto pagano suo malgrado vivo e profondo. Una donna sola, apolide per scelta, imperscrutabile, con un volto enigmatico da tragedia greca e il fascino ambiguo di una vita intensa. 
Ex modella, attrice principiante, musa della Factory di Andy Warhol, chanteuse dei Velvet Underground quindi artista solista e ancora attrice impegnata in pellicole non commerciali, è diventata un'icona tragica e silenziosa che non si annovera tra le leggende del rock perché ha vissuto buona parte della sua vita artistica lontano dai clamori e dal music business. Cinica, egoista, eroinomane, incompresa. La sua fu un'esistenza oscura sul precipizio di un abisso interiore e come la sua arte, anche la morte di Nico, sacerdotessa sepolcrale del rock, resterà per sempre avvolta nel mistero.






L'ultima di Ziggy Stardust: era il 3 luglio 1973


David Bowie And The Spiders From Mars
Hammersmith Odeon, Londra, 3 luglio 1973

Il drammatico annuncio:

“Questa è stata una delle più belle tournèe della nostra vita. Vorrei ringraziare il gruppo. Vorrei ringraziare chi ha lavorato per noi. Vorrei ringraziare gli addetti alle luci… Quello di stasera è il concerto di cui ci ricorderemo più a lungo… perché non solo è l’ultimo della tournèe, ma è il nostro ultimo concerto in assoluto. Grazie.”

Quando, nell’estate precedente, David Bowie aveva raggiunto il grande successo commerciale, si era subito scatenato il dibattito sulla sua identità sessuale. Nessun dubbio poteva invece esserci quella artistica. 

Il 3 luglio 1973 la sua tournèe nei panni di Ziggy Stardust era approdata all’Hammersmith Odeon dopo 18 mesi di concerti. A quel punto, la straordinaria vividezza del personaggio aveva conquistato i fan, gli amici e persino il suo creatore che, tempo dopo, avrebbe spiegato: “Era molto più facile vivere dentro Ziggy che dentro Bowie.” 

Dunque Ziggy doveva uscire di scena e, all’insaputa di tutti (tranne il manager Tony Defries e il chitarrista Mick Ronson), l’annuncio sarebbe stato dato dal palco. In un periodo in cui i gesti plateali non mancavano, una decisione tanto sorprendente, comunicata subito prima di un pezzo dal titolo emblematico quale Rock’n’Roll Suicide, era destinata a lasciare il segno: all’apice della notorietà ecco David Bowie annunciare il suo clamoroso ritiro suscitando gli stupiti “no-o-o-o!” della folla. 

Ma se Bowie pensava di aver chiuso Ziggy fuori dalla porta si sbagliava di grosso: “Non mi stavo liberando di lui, anzi, mi stavo alleando con lui. Il mio doppio e io stavamo diventando una persona sola. E’ una strada che porta al caos e alla distruzione della psiche.”

BOWIE SI RITIRA!”, strillarono il giorno dopo i quotidiani. In realtà il concerto segnò solo la fine di un’epoca, visto che, nemmeno due mesi dopo, David Bowie era sul palco del Marquee Club per le riprese di uno special televisivo a lui dedicato.

Tratto da “Io c’ero”, di Mark Paytress


Uno Spider from Mars racconta…
Ecco come il batterista Woody Woodmansey ricordava la sua ultima serata sul palco con Bowie:

Vi aspettavate qualcosa al di fuori del normale?
No, non particolarmente.

Il pubblico fu più isterico del solito?
Il pubblico era sempre isterico!

Il concerto?
Molto emozionante. Era l’ultimo della tournèe.

Sentisti l’annuncio di David?
Sì.

I commenti nei camerini a fine concerto?
Irriferibili.

Il tuo stato d’animo il giorno dopo?
Ottimo, mi sono sposato!

Quando capiste che gli Spiders erano finiti?
Quando sul palco la mia bacchetta mancò la testa di David!



martedì 2 luglio 2024

Nel ricordo di Jim Morrison (Miami,1 marzo 1969)


Qualcuno ha scritto: “Era il 3 luglio del 1971 quando James Marshall Morrison, cantante dei Doors e icona pop dei tardi anni Sessanta, fu ritrovato morto dopo una breve vita di folli eccessi, nella vasca da bagno del suo appartamento di Parigi. E nessuno come lui si può dire che viva ancora nella memoria dei suoi fan, la maggior parte dei quali non era ancora nata quando morì.

Io lo ricordo con uno dei momenti più “caldi” della sua purtroppo breve carriera. Quattro mesi dopo sarebbe scomparso per sempre!

Ciò che accadde il 1º marzo del 1969 è rimasto nella storia del rock...

The Doors erano impegnati in un concerto a Miami quando, stordito dagli stupefacenti e con spirito provocatorio, Jim Morrison “avrebbe” mostrato i genitali al pubblico. 
Sia i Doors superstiti che numerosi fan presenti al concerto testimoniarono di non aver visto nulla, seppure il tasso alcolico di Morrison fosse effettivamente molto alto e giustificasse un comportamento del genere, a tal punto che gli altri della band gli chiesero se fosse effettivamente in grado di salire sul palco. Quella notte Jim interruppe lo show a metà concerto e iniziò una specie di discorso contro l’autorità, rubando anche un cappello di un poliziotto per lanciarlo sulla folla. Successivamente Morrison arrivò al culmine citato. Nessuno saprà mai la verità sino in fondo, forse neanche Morrison lo sapeva. A seguito di ciò, tuttavia, Jim subì un processo e venne liberato su cauzione, ma l’immagine della band ne uscì gravemente macchiata, al punto che furono annullati tutti i concerti che i Doors avevano iniziato in quel periodo. In seguito a ciò decisero di comune accordo di non partecipare al Festival di Woodstock ritenuto dalla band uno spazio molto vasto per la loro esibizione e che diminuiva notevolmente l’energia e l’intimità che ambienti più raccolti sono invece in grado di dare !
Jim Morrison fu condannato500 dollari e sei mesi di prigione, ma non andò mai in carcere. Si trasferì infatti a Parigi quando la sentenza era in appello e mori nel 1971.

A distanza di 41 anni Jim Morrison fu graziato dallo stato della Florida dalle accuse di esibizionismo; il governatore democratico uscente dello stato della Florida, Charlie Crist insieme ai membri del consiglio di grazia dello stato, considerarono decadute le accuse mosse ai tempi a Morrison. 
Secondo fonti ben informate il Governatore da tempo aveva dubbi sul fatto che Morrison avesse effettivamente commesso reato e aveva in mente sin dal 2007 di concedergli la grazia, dopo che i fan si erano messi in moto per sottoporre il caso all’ufficio del Governatore.




lunedì 1 luglio 2024

Consortium e Nomadi: quale il legame?


Solo ora mi sono accorto dell’esistenza di un gruppo inglese di nome Consortium, e anche se non mi pare siano stati fondamentali all’interno del mondo musicale, realizzarono un brano significativo, che imparai ad amare da bambino, quando i Nomadi facevano parte di quel pugno di band italiane in grado di regalarci, anche, la trasposizione italiana di celebri brani d’oltremanica o d’oltreoceano.

Il titolo era “Vai Via, Cosa Vuoi” (del 1971): mi piaceva tantissimo, e il mio apprezzamento non è mutato.



E allora scopriamo qualcosa in più di questo “complesso”, termine appropriato se si fa riferimento al gergo di quei giorni…

 

I West Coast Consortium, o semplicemente Consortium, sono stati un gruppo pop psichedelico britannico che ha registrato per la Pye Records tra il 1967 e il 1970, e che divennero popolari grazie al singolo "All the Love in the World".

La band si formò originariamente come Gruppo 66, composto da Robbie Fair (chiamato anche Robbie Leggat, voce), Geoff Simpson (chitarra solista, cori), Brian Bronson (chitarra ritmica), John Barker (basso) e John Podbury (batteria).

Iniziarono facendo cover, ma in seguito si misero in proprio, dal punto di vista creativo.

Partirono come gruppo di canto armonico, nello stile dei Beach Boys e dei Four Seasons, e furono inizialmente rinominati XIT; dopo aver firmato per la Pye Records cambiarono nuovamente il nome in West Coast Consortium. 

La band pubblicò "All the Love in the World" sotto il nome abbreviato di Consortium nel 1969, canzone che raggiunse il numero 22 nella UK Singles Chart e il numero 11 nella classifica olandese.



Pubblicarono poi altri singoli, ma non entrarono in classifica. Sebbene Pye avesse offerto alla band la possibilità di registrare un album, non si arrivò mai ad una conclusione. Nel 1970 i Consortium passarono all'etichetta Trend. 

In quell’anno la formazione subì una serie di cambiamenti: Simpson se ne andò perché non era disposto a lasciare la sua famiglia per andare in tour in Italia, e fu sostituito da Billy Mangham. Anche il tastierista John Caley fu aggiunto alla formazione. Più tardi anche Brian Bronson e John Barker se ne andarono e così Mangham. La band arruolò i nuovi membri Brian Parker (chitarra) e Ken Brown (basso), ma Podbury e Caley lasciarono il gruppo per essere sostituiti da John Albert Parker (fratello di Brian) alla batteria, mentre Mick Ware si unì come secondo chitarrista solista.

La band continuò con uno stile molto più pesante, quasi psichedelico, e nel 1975 registrò un album, “Rebirth”, ma all’epoca non fu pubblicato e la band si sciolse. 

Nel 2003 verrà rilasciata un'antologia di 27 tracce delle loro registrazioni.

L'unico album registrato in carriera, “Rebirth” (1975), prese vita nel 2006.

Da allora sono state pubblicate ulteriori raccolte di materiale inedito.

 

Discografia

Album

Looking Back: The Pye Anthology (2003)

Rebirth (2006)

Mr. Umbrella Man (A Collection Of Demos 1967-1969) (2008)

13th Hour (2010) 

Singoli

"Some Other Someday" (1967)

"Colour Sergeant Lilywhite" (1968)

"All the Love in the World" b/w "Spending My Life Saying Goodbye" (1969)

"When the Day Breaks" b/w "The Day the Train Never Came" (1969)

"Beggar Man" b/w "Cynthia Serenity" (1969)

"I Don't Want Her Anymore" (1969)

"Melanie Cries Alone" (1970)

"Annabella" (1971)

"Sunday In The Park" (1972)