E all’improvviso ricompare Marcello Chiaraluce,
di mestiere chitarrista, attivo nella zona di Alessandria, ma conosciuto al grande
pubblico del prog per le sue frequentazioni da palco nobili e stratosferiche.
Quando penso a Marcello mi viene
in mente sempre lo stesso aneddoto, quello che mi ha permesso di conoscerlo,
attimo indimenticabile, per lui, certamente, ma per qualunque appassionato di
musica si trovasse a passare per caso a Novi Ligure un sabato di settembre del
2006, una delle tante Convention dedicate ai Jethro Tull (quanto ci mancano!):
lui, giovanetto poco più che ventenne, catapultato sul palco a duettare con Ian
Anderson sulle trame di “Aqualung”,
come se nulla fosse. Pazzesco!
Il tempo è passato, e Marcello si
è messo a disposizione dell’artistocrazia del prog italico e internazionale…
infinita la lista!
Ma i suoi progetti personali non
sono mai mancati, magari più basati sul pop e sul rock tradizionale, o più banalmente su
ciò che in quel momento era il vestito
più confortevole.
Gli antichi amori musicali, però, non
passano mai, soprattutto se sono legati all’estrema qualità; e cosa c'è di meglio della musica progressiva per sottolineare l’idea di eccellenza musicale?
Beh, resta sempre produzione di
nicchia, qualcuno dice da dinosauri, come se, ad esempio, si potesse declassare
la musica classica solo perché nata secoli fa!
Marcello Chiaraluce - e la sua
band - riappare, come dicevo prima, e mi propone un ascolto, un paio di video
sorprendenti e mi chiede cosa ne penso. La
mia risposta:
“Ho ascoltato con attenzioni i due brani e devo dirti che il progetto mi
sembra davvero da portare avanti, e spero che oltre alle situazioni live che
andate cercando ci sia tempo e spazio per un album. Mi piace molto il mix che
proponente, con l’inusuale chitarra acustica usata non come accompagnamento,
come quasi sempre accade, e un cantato italiano che permette di uscire dai
canoni tradizionali del prog. E’ anche
musica molto piacevole e di impatto immediato, nonostante la complicazioni dei
tempi composti e le trame tutt’altro che semplici. Sono ragazzi che non
conosco, a parte Grosso, e che suppongo facciano parte del tuo entourage
didattico… davvero bravi! Di te non dico niente… non hai bisogno di elogi
tecnici, che in questo caso sono più diretti all’idea che proponi.”
Seguendo l’istinto vorrei subito
condividere i brani, una boccata di aria fresca in un mondo spesso ingessato da
stereotipi, ma pare non sia ancora il momento e Marcello aggiunge:
“Questo è il mio nuovo progetto, si chiama Diaspro. I brani che hai
visto/sentito sono una specie di Live in The Studios suonato in diretta, senza
ritocchi. È un progetto che per ora non ha finalità discografiche... il nostro
scopo è raccontare una storia e farlo possibilmente dal vivo. Ci piacerebbe
tornare a suonare per il piacere di farlo, coinvolgendo più generazioni che
magari possono raccogliere un testimone, in un contesto immortale come quello del
Prog Italiano.”
Quindi, per adesso, musica ancora
top secret, ma Chiaraluce, rispondendo a qualche mia domanda, ha svelato le
linee guida del progetto, lasciandosi andare nel commento del suo recente
passato…
Da un pò di tempo non avevo tue notizie musicali, progetti live o
discografici: sono io che sono stato poco attento o ti sei… nascosto?
Caro Athos, sai bene che purtroppo con le mie fattezze per me è
davvero difficile nascondersi! Però è vero che dal 2016 ho preso una pausa di
riflessione. Salivo sul palco e non mi divertivo più. Ho capito che se fossi
andato avanti per quella strada, la mia musica sarebbe diventata pian piano un
terreno arido da cui non sarebbe nato più nulla. Anche se mi è pesato
parecchio, oggi so di aver fatto la scelta giusta.
So che sei molto impegnato nell’insegnamento del tuo strumento, la
chitarra: che cosa rappresenta questa attività, oltre ad essere un lavoro?
Premetto che ho iniziato a insegnare più per far quadrare i conti
che per vocazione. Forse questa è stata la mia fortuna: la noia causata dalla
classica lezioncina di un’ora mi ha portato a sviluppare sempre di più tecniche
di insegnamento diverse, cercare nuove sfide e superare i limiti imposti dal
classico “Si è sempre fatto così”.
Oggi ho una mia scuola che si chiama “Belli da Morire”, ad Acqui Terme, e oltre a insegnare chitarra
scrivo musical, spettacoli teatrali e, soprattutto, produco giovani artisti,
partendo dalla didattica fino alla realizzazione del prodotto finale.
In realtà le mie prime domande sono il preludio allo stupore e
alla curiosità conseguente all’ascolto - e visione - di due nuovi brani che ti
vedono protagonista assieme a un gruppo di amici, musicisti per me inusuali: di
cosa si tratta? Solo una reunion casuale o nuovo progetto in divenire?
In realtà è un progetto che finalmente è salpato dalla costa, dopo
anni di gestazione. La band si chiama DIASPRO, e a noi piace definirci in modo
ironico “OldFashioneditalian Prog Band”, ovvero una band di prog italiano alla
“vecchia maniera”.
Dopo anni di frequentazione, come tu sai, con il mondo del prog,
non ero mai riuscito a catalizzare tutto quello che avevo visto con i miei
occhi, e soprattutto con le mie mani, in un progetto vero e proprio.
Affascinato da quello che per me è il disco prog perfetto, “Per un amico” della P.F.M., ho iniziato
nel 2016 circa, in solitaria, a scrivere del materiale cercando di ispirarmi a
quel tipo di fare musica, dove la melodia era coniugata al rock, dove si
sentivano ancora i muscoli del musicista, oltre che la sua anima. Pensa ad “Appena un po’”, dove dopo un intro neo
classico, esplode un riff quasi metal, oppure all’incipit nervoso e incisivo di
Franz di Cioccio su “Generale”. Ero
così invidioso, in senso buono e rispettoso, che sentivo sgorgare in me la
voglia di tentare un approccio di quel tipo.
In contemporanea a questo desiderio musicale, ho vissuto una
situazione personale non grave ma abbastanza deludente, tanto da farmi
incontrare una leggera depressione. Quando me ne sono accorto, il mio inconscio
mi ha auto-psicanalizzato attraverso l’attività onirica. Ho fatto una serie di
sogni molto lucidi che mi hanno raccontato una storia vivida, reale, allegorica,
ma allo stesso tempo precisa.
Unendo le due cose è nato il progetto “Diaspro”, che racconta
appunto, sia musicalmente che attraverso le liriche, questo viaggio
introspettivo.
Nulla di noioso però o di troppo intimo, ho promesso i muscoli e
muscoli saranno!
Mi parli dei tuoi compagni di viaggio, che non conosco - eccetto
Luca Grosso, batterista di lungo corso in ambito, anche, prog -, mi sembrano
molto giovani e, ipotizzo, del giro dei tuoi allievi… o sbaglio?
I miei compagni di viaggio uniscono, come appunto hai notato,
diverse generazioni. Da didatta e da uomo direi formato (spero), lo vedo come
un valore aggiunto.
Luca Grosso suona al mio fianco da anni, e ormai è difficile che
io faccia qualcosa senza interpellarlo, e viceversa. Ormai siamo una macchina
ben rodata. Stesso dicasi per Riccardo Campagno, tastierista eccezionale, che
ha fatto parte dell’ultima formazione della Marcello Chiaraluce Band e con cui
ho suonato spesso insieme a Giorgio “Fico” Piazza.
Giovanni Giordano, chitarra acustica e Giuseppe Nisticò, basso,
invece sono esattamente due miei allievi: li ho conosciuti che avevano 12-13
anni e oggi sono freschi di patente.
Nonostante la giovane età, hanno fatto diverse esperienze musicali
insieme alle loro rispettive band, e hanno dimostrato nel tempo quella maturità
che spesso manca anche a tanti colleghi adulti: impararsi i brani. Credimi il
prog è una brutta bestia e molti pensano di poter salire su un palco dopo aver
jammato due volte. Purtroppo non funziona così e per bravo che uno possa
essere, se manca la testa, manca il prog. Così ho preferito coinvolgere persone
mentalmente e tecnicamente pronte ad affrontare un percorso di quel tipo.
La voce invece è di Tiziano Spigno, vocalist degli Extrema, band
metal italiana storica che non ha bisogno di presentazioni. Spigno ed io ci
conosciamo da tanti anni ma non avevamo mai lavorato insieme. Quando mi ha
confessato il desiderio di avere anche un progetto in italiano, ho colto la
palla al balzo e gli ho fatto sentire i brani, che lo hanno subito convinto.
E dunque oggi siamo i Diaspro – oldfashioneditalian prog band.
La musica che avete preparato è solo quella che ho sentito o avete
altro già pronto nel cassetto?
Quello che hai sentito, sono due estratti da un concept che ha un
taglio quasi cinematografico. Mi piacciono i dischi prog che hanno un filo
conduttore, come “A Passion Play” o “Thick as A Brick”, con temi ripresi e
sviluppati, quasi fosse una piccola opera.
Come definiresti la musica che avete assemblato, tanto per dare
un’idea a parole?
Riassumerei dicendo che qualche volta abbiamo qualcosa da dire, altre
volte abbiamo un brivido da suonare. Mi piace avere dei momenti durante il
concerto dove si crea l’atmosfera, si gioca con la parola, ma allo stesso tempo
adoro anche quel passaggio che fa stare tutti dritti con la schiena. Molti
vedono il virtuosismo come mera esibizione. Personalmente trovo che una strada
tutta in piano, prima o poi faccia addormentare. Oppure se voglio godermi il
panorama, suono un bel blues, non credi?
Ci sarà un album? Ci saranno dei live?
Caro Athos, ammetto di essere molto riluttante a fare album nel
2019. Perché la domanda che mi sono fatto negli ultimi anni è: perché qualcuno
dovrebbe acquistare/ascoltare il mio album? Oggi la tecnologia ha permesso a
tutti di registrare e pubblicare con poche centinaia di euro e così riversiamo
pacchi su pacchi di album sul mercato che poi nessuno compra. La gente non ha
nemmeno tempo o modo di sapere che esiste quel prodotto. Col crollo delle
etichette discografiche, che oggi mettono una sorta di bollino, ma ti paghi
tutto tu, esistono i social media manager. E allora per vendere un CD (forse),
devi fare 30-40 storie sui social al giorno in cui racconti cosa hai mangiato o
se sei andato in palestra. Ma chi se ne frega?
Anche perché magari hai la botta di un anno/due di migliaia di K,
come si dice oggi, ma poi? Il risultato è che appena vedono la tua faccia
scrollano veloce perché non ti sopporta più nessuno. Se mi permetti un
paragone, oggi costa tutto poco: aereo, albergo, all you can eat… vedi gente al
Louvre che si fa i selfie con la Monnalisa sullo sfondo. Cosa serve un nostro
album ora? A niente.
Così vorrei, e sottolineo vorrei, e non voglio, tenere lontano i
Diaspro dai social.
Avranno un loro spazio dedicato per chi vorrà davvero ascoltare la
loro musica e conoscere la loro storia. Uno spazio dove le canzoni potranno
essere non solo ascoltate, ma vissute a 360°.
Mentre per quanto riguarda il live il discorso cambia, credo che
la forma migliore di promozione della propria musica sia un bel concerto dal
vivo. Per tanto cercheremo di suonare nei principali avvenimenti prog per farci
conoscere, sperando che quello che abbiamo da proporre possa piacere,
interessare, incuriosire e appassionare.
A proposito, da dove nasce il vostro nome?
DIASPRO: un giorno, entrando in un negozio di pietre magiche,
acquistai un piccolo orsetto fatto di diaspro rosso, un quarzo molto bello.
Aspettiamo fiduciosi!