martedì 17 aprile 2012

Cumino-Tomorrow in the battle think of me


Luca Vicenzi è il musicista che ha gettato il seme del progetto “Cumino”. Ho conosciuto virtualmente Luca qualche mese fa, in occasione del commento ad un album dell’Orchestra Panica. Il suo  percorso successivo arriva al progetto citato, che ha prodotto “Tomorrow in the battle think of me”, disco di cui mi occupo oggi.
I disegni musicali vanno spiegati, almeno nelle linee principali. Le musiche e le canzoni in genere possono vivere in modo autonomo e trovare una sorta di auto alimentazione che la tecnologia attuale favorisce, ma questa sopravvivenza può trasformarsi in qualcosa di molto più completo se si riesce ad unire il feeling immediato a ciò che può averlo generato, e l’ascolto potrà trasformarsi in arricchimento culturale e stimolo a pensare. Nessuno sarà interessato alle ore di sudore, lacrime e divertimento che hanno accompagnato “Cumino”, ma la conoscenza della volontà degli autori -Hellzapop assieme a Luca- permette di arrivare ad uno stato che va oltre la musica.
Tomorrow in the battle think of me”, è totalmente strumentale, e per chi si trovasse ad ascoltarlo senza nessuna preparazione e nessuna lettura di titolo e testi-come ho fatto io inizialmente- la valutazione sarebbe monca, qualunque fosse il feeling derivante.
E quale è stato il mio feeling? Musica minimalista, basata su trame chitarristiche che ricercano la melodia, il tutto dominato e gestito dall’elettronica e dalla sperimentazione. Un perfetto equilibrio, un commento continuo a situazioni e sentimenti, con atmosfere che ben si adattano ai differenti stati d’animo che possiamo incontrare nell’arco di una giornata. Lasciarsi andare significa rivivere un dei tanti personali film del passato, o magari idealizzare un viaggio nel futuro, con le numerose incognite conseguenti. Non è richiesta eccessiva concentrazione, non ci sono intrecci cervellotici, ma l’abbandonarsi senza resistenza alcuna può portare molto lontano, anche se personalmente ha prevalso un mood color grigio, che è la tonalità che associo ai momenti di tristezza interiore.
Dopo aver realizzato l’intervista con Luca ho capito qualcosa di più e mi sono avvicinato ai veri significati dell’album, ispirato da un racconto dello spagnolo Javier Marias, la cui trama è sintetizzata a fine post.
Dalla rete ho estrapolato un giudizio sintetico della storia: Il risultato finale è di una grande e tragica beffa in cui gli uomini, nella vita e nella morte, rappresentano delle pedine di un gioco oscuro, di cui non possono e non sanno capire il senso”.
A questo punto è doveroso sottolineare che esistono persone, musicisti, artisti, che creano innanzitutto per rispondere ad un esigenza personale -fatto assolutamente non scontato-, la stessa esigenza che poi li porta a condividere il loro frutto. Dietro alle dieci tracce proposte, c’è un disegno concettuale, ispirato dalle riflessioni di altri fatte proprie, realizzando una picture che racchiude un dramma di vita ed uno più grande, di carattere esistenziale.
Ma il valore aggiunto è dato dal fatto che possedere la corretta chiave di lettura genera l’interattività, o forse sarebbe meglio dire una necessità di appropriarsi di fatti e filosofie altrui ed elaborarle in prima persona, creando una sorta di ramificazione del pensiero di Marias, Luca e chissà quanti altri.
Questa mia descrizione, magari troppo ricamata ma oggettiva, non sarebbe mai stata scritta se mi fossi limitato al mero ascolto, e occorre riflettere su quanto incida negativamente la mancanza di tempo e la poca voglia di approfondire, o su quanto sarebbe corretto utilizzare il giusto grado di curiosità, che spesso si è portati a limitare.
Tomorrow in the battle think of me” si presta, nel suo insieme, al coinvolgimento più totale, e la cosa che maggiormente apprezzo è il superamento delle barriere, dei canoni stabiliti da altri, in una forma di base assolutamente semplice  non pretenziosa, che può da sola dare soddisfazioni enormi, ma che trova il naturale completamento nella sollecitazione e nello stimolo alla riflessione.
Questo è tutto quello che ognuno di noi, nella nostra sfera di competenza, dovrebbe fare per svolgere una funzione educativa: avere la coscienza a posto determina una situazione di serenità e credo che Luca Vicenzi e i suoi compagni di viaggio abbiano intrapreso un ‘ottima strada, sull’infinita via che non prevede tappe che si chiamano “successo”, ma un capolinea che a lettere cubitali riporta la frase “Qualità della Musica”.
Da ascoltare… assolutamente, le possibilità non mancano (vedere link a fondo pagina).



L’INTERVISTA

Ho conosciuto i tuoi progetti precedenti, Zita Ensemble e Orchestra Panica... in cosa si differisce “Cumino”?
Dunque, Zita Ensemble è stato un gruppo che in tre album cercava di sperimentare e spaziare tra il jazz-rock, il post-rock e un certo gusto progressive/canterburiano, era l'esperienza anche di un gruppo di amici che suonavano molte ore insieme, e dopo tre album e un po' di anni passati stupendamente, avevamo dato ciò che avevamo da dare. Durante le registrazioni del terzo disco degli Zita (Volume 2) è nata la mia voglia di esplorare l'ambito della musica minimale e contemporanea usando loops, campionamenti, archi, certa elettronica e ambienti più coesi, pensando sempre meno al concetto di “band”, e sempre di più all' idea di “collettivo”, sia in senso musicale che artistico. Da quel momento in avanti sapevo di essermi lasciato alle spalle alcuni “modi” di fare le cose in studio, alcune note, persino stilisticamente molte cose fatte fin lì, avevo davvero voglia di andare oltre. Dopo l'uscita del primo disco di Orchestra Panica (Journey to Devotion) stavo registrando alcuni provini per chitarra, con sovraincisioni che nella mia testa erano molto vicine a i provini di “Sketches for my Sweetheart the Drunk”, di Buckley o a certe cose di Gustavo Santaolalla; in realtà la voglia di provare davvero a sviscerare i miei ascolti degli ultimi anni che viravano più  su Flying Lotus o Jan Jelinek o Apparat, mi ha fatto fare un ulteriore salto artistico. Ho affidato inizialmente la produzione di un ipotetico nuovo lavoro, con un nuovo nome, a Davide Cappelletti alias Hellzapop, che è musicista e produttore elettronico di grande gusto, oltre che un amico, spiegandogli un po' le mie idee e inaugurando quello che è stato un “cantiere aperto” durato un anno, in cui lui stesso poi è rimasto coinvolto in maniera tanto profonda nella produzione, negli arrangiamenti e in quello che veniva fuori, che abbiamo deciso di portarlo avanti come progetto comune.  Io alle chitarre e ambienti, lui dietro a tutta l'elettronica; qualcosa di relativamente scarno, essenziale, io continuo a pensarlo come approccio a una “Modalità molto punk”, poi c'è stato nel disco anche il sax stupendo di Riccardo Canta, altro amico e musicista che appare e scompare come una meteora. E' stato un percorso molto reale, molto strano, ed è totalmente diverso da tutto quello che ho fatto prima di ora, ne sono felice.

Il titolo dell’album -e quello dei singoli brani- riporta all’album a tema, cosa difficile da afferrare in un disco strumentale. Che cosa vuoi raccontare in questa occasione e che cosa pensi, in senso generale,  dell’efficacia dei messaggi proposti da una musica senza liriche?
E' un album a tema, il titolo è pienamente ispirato a Javier Marias, scrittore spagnolo che a sua volta citava Shakespeare nel Riccardo III; era stupendo sia questo rimando nel citare e contro-citare la frase, sia il senso della frase, che per me ha un significato rispetto a tutto l'anno passato, sia sul piano personale che sul piano musical; c'era in progetto addirittura un lavoro meraviglioso con Paolo Marasca, scrittore di cui mi sono innamorato leggendo il suo primo libro e con cui siamo rimasti in contatto. Lui aveva scritto dieci storie sui dieci pezzi del disco. Le cose si sono complicate di molto a causa del lungo lascito delle mie esperienze precedenti; mi spiego, l'idea di dover tornare a pubblicare in ambienti che non avrebbero saputo o potuto apprezzare e sostenere questo disco, di rimettermi a firmare contratti di distribuzione e parlare di soldi, impegni e numero di copie per la solita guerra dei poveri, mi atterriva; quando abbiamo optato per la scelta del free download di tutto il disco, pareva sensato non bruciare il lavoro grandioso (credimi) di Paolo, lasciando che venisse inteso come un disco strumentale con una serie di riferimenti intendibili dai titoli. E' forse l'unico rimpianto che ho in questa produzione;  si era parlato molto di Joseph Beuys, di Alighiero Boetti e del modo in cui pensavo ad alcuni loro lavori, delle frasi di Paolo Marasca in relazione ai tanti discorsi fatti e questo effettivamente non si coglie a disco finito. Succede. Sull' efficacia di una musica senza liriche, beh devo dire che per i miei ascolti negli anni la musica strumentale mi accontenta sempre meno, o meglio, deve davvero impattare emotivamente nelle mie orecchie e spaccarmi il cuore, per riuscire a spiegare senza usar parole, che poi è la vera sfida dell' assenza di testi in musica a mio modo di vedere. Sicuramente lo stesso discorso vale per la parte testuale, in assoluto è meraviglioso sentire un connubio davvero ficcante di musica e parole, e quando funziona è disarmante, in Italia il gruppo che da sempre ha saputo rapirmi in maniera profonda in questo senso sono i Massimo Volume senza ombra di dubbio, e il loro ritorno è per me fonte di grande gioia, anche se qui entriamo in un altro ambito ancora, il recitato, il declamato, il reading; sono forme affascinanti se davvero come si dovrebbe secondo me sempre fare, diamo peso alle parole che spendiamo.

Chi sono i tuoi compagni di viaggio in questo tuo nuovo percorso?
In questo giro solo Hellzapop (Davide Cappelletti), e ha partecipato alle registrazioni del disco anche Riccardo Canta ai sax. Durante la mia fase casalinga di registrazione provini e sgrezzamento di alcune idee che avevo, ho passato diverso tempo in jam sessions , vizio antico che fatico a perdere per fortuna, con altri amici, con alcuni dei quali  avevo già fatto altre cose, ma per tanti motivi aveva davvero senso questo cum/in/o o cumino che dir si voglia, come si è poi sviluppato, sostanzialmente in due.

Conosco perfettamente il beneficio derivante dall’ascolto delle musica che si ama, e quindi la potenza di mitigazione, almeno nel breve periodo, delle frustrazioni quotidiane. Quanto può incidere l’attuale momento sociale su di un artista che nel 90% dei casi deve affrontare problemi lavorativi e altri paralleli legati alla difficoltà di proporre la propria musica? Quanto c’è della probabile delusione e rabbia nelle tue creazioni?
Direi nulla, non c'è e non c'è mai stata né delusione né rabbia, io rimango convinto che sia necessaria l'alternanza musica-altro, che l'artista e/o il musicista debba da diverse decadi convivere con questo dualismo, e saperlo fare in maniera sempre più naturale e positiva. La situazione è complessa e per nulla felice sul piano sociale, economico e morale; ma continuo a credere molto al piano culturale, vedo nonostante tutto tante, tante persone che fanno rete, che collaborano, che ci provano anche quando le cose non vanno come vorresti, che si mettono in gioco con cooperative, associazioni, iniziative, nuovi modelli editoriali e tanto altro (non solo necessariamente legato alla rete). I problemi, anche lavorativi li hanno in tanti, troppi; ma nonostante tutto vale sempre la pena di provare a fare ciò che ci piace fare, quando però sento ancora persone che, a maggior ragione in questi tempi, pretendono di campare di dischi o di musica indipendente devo dire che non posso che essere in disaccordo sotto diversi punti di vista.

Circa un anno e mezzo fa, in un’occasione come questa, avevi risposto così ad una mia domanda sui tuoi desideri nell’immediato: “Sarebbe già molto continuare a fare musica, se poi dovessi sognare, poter fare altri dischi consolidando una mia piccola realtà personale in cui assume sempre più senso il percorso fatto, collaborare, vivere”. A che punto siamo ad aprile 2012?
Che confermo le stesse parole, sono felice di proseguire, come sta accadendo, in un percorso totalmente personale dove riesco a suonare, a fare dischi, a collaborare e a vivere nella maniera che trovo migliore per il mio benessere e il mio modo di vedere e vivere le cose, la musica e le strade per cui ci si infila suonandola e condividendo.  Durante quest'anno mi è stato proposto da un altro carissimo amico, Emanuele Rozzoni, filmaker delicatissimo e persona a modo, la sonorizzazione di un documentario, “cosi' semplice, cosi antico”, che vede come soggetto il fotografo bergamasco Danilo Pedruzzi e la sua fotografia, seguendolo per fiumi e piazze fino al suo laboratorio artigianale in cui costruisce da sé mezzi fotografici rari. E' stato un lavoro molto bello e spontaneo per me da sviluppare, e anche qui c'è tutto un racconto di viaggio di come sono andate le cose, il documentario è credo pronto, ma abbiamo parlato e condiviso cosi tante idee mentre lui lo stava girando che in realtà tante note per Emanuele, le devo ancora suonare, e spero di farlo nell' anno che abbiamo di fronte, insieme anche a Hellzapop. Ho sempre in programma un seguito di Orchestra Panica, ma chissà se prima o dopo troverò lo spirito giusto per farlo e se avrò senso farlo; sicuramente con Davide (Cappelletti dei Cumino) abbiamo in cantiere un po' di idee in cui ci troveremmo a nostro agio e saremmo felici di poter sviluppare. Come un anno e mezzo fa Athos, vedremo!





Qualche nota…

Il progetto “Cumino”  è nato in Italia nel 2010 come un esperimento sonoro, dall’incontro di due amici e musicisti provenienti da differenti scene musicali: Luca Vicenzi e Hellzapop. Luca Vicenzi è un chitarrista ed esploratore musicale, già Zita Ensemblee Orchestra Panica. Hellzapop è un musicista elettronico e produttore.
Cumino è un viaggio in un paesaggio musicale fatto di silenzi, melodie di chitarra
e suoni elettronici. Ogni elemento inserito nelle canzoni è dosato in modo dolce e minimale per poter  tradurre al meglio le sensazioni che hanno ispirato le canzoni.
Il risultato è una zuppa calda piccante  da mangiare in una fredda notte d'inverno.

Da una recensione di Rai News 24
L'inizio e la fine di questa storia sono sorprendenti come accade raramente in un'opera di narrativa, oltretutto di natura filosofica; nel senso che, più che dei fatti, vi è raffigurato (ossessivamente) il pensiero, quello del protagonista che, immerso in un suo interiore monologo, spesso si chiede cosa sarebbe potuto succedere, se non fosse successo quello che è successo, disperdendo la realtà in un pulviscolo di possibilità che dà a ogni cosa la consistenza di un sogno, sospeso tra verosomiglianza e inverosimiglianza, illusione e disillusione.
La storia scritta da  Javier Marias ( Domani nella battaglia pensa a me)
Una donna muore naturalmente, mentre l'uomo, che conosce appena, da lei invitato a cena per un imprevisto convegno amoroso in occasione dell'assenza del marito, vi assiste con assoluta passività; mentre un bambino di due anni dorme finalmente in un'altra stanza, e mentre la televisione trasmette un famoso film in bianco e nero che l'uomo conosce perfettamente e segue senz'audio, disteso accanto alla donna agonizzante. Da questa iniziale scena di morte, con le riflessioni sui modi in cui essa può manifestarsi, e sulle conseguenze sui vivi, il protagonista esce lentamente e faticosamente, comincia a raccontarla, ed un fatto casuale, seppur importante, la morte, diventa l’occasione per riflessioni di carattere universale. Dice lo stesso Marias: <<… in “Domani nella battaglia pensa a me”,  il tema è relativo alla consapevolezza di dover convivere con l'inganno. E' faticoso non poter essere mai la stessa persona: spesso non è questione di grandi inganni, ma del fatto che nessuno di noi si presenta a persone diverse nello stesso identico modo. Tra l'altro, è necessaria una grande memoria per essere coerenti con noi stessi, per ricordare cosa abbiamo trasmesso di noi alle diverse persone con le quali siamo entrati in contatto».
Questa storia non si dimentica tanto presto. Resta la sua frase/memento e leit motiv, tratta dal Riccardo III di Shakespeare, Tomorrow in the battle think on me, maledizione del fantasma della regina Anna sul re che l'ha fatta uccidere.


Cumino – Tomorrow in the battle think of me
  
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Email: cuminomusic@gmail.com