sabato 30 luglio 2011

J.C. Cinel-"The light of a new sun"


The light of a new sun è il nuovo album di JC Cinel.
Un paio di anni fa, in questo spazio, avevo “raccontato” Before my eyes, un “disco” strettamente correlato a quello attuale, pur mantenendo un’identità propria, come JC racconta nell’intervista a seguire.
Ed oggi arriva una nuova proposta, undici brani che sanno di consapevolezza e maturità, e in questa affermazione potrei condensare il mio giudizio generale.
La consapevolezza è legata alla presa di coscienza del proprio valore artistico. JC Cinel è molto “americano”, non per la necessità di allinearsi a una “nave scuola”, ma esclusivamente per DNA. Non ci sono sentori di emulazione forzata, tutto sgorga spontaneo, e di fatto è praticamente impossibile, se non lo si sa, catalogare J.C. come musicista italiano. L’accettazione della sua musica, in America, ne ha aumentato la “sicurezza” e tutto ciò traspare in questo nuovo lavoro.
La maturità invece è legata all’autorevolezza che normalmente si acquisisce quando non occorrono forzature per essere riconosciuti musicisti, in questo caso “musicisti cittadini del mondo”.
Sono infatti i viaggi, i tours e le collaborazioni importanti che hanno permesso di accumulare esperienza e spessore espressivo. E quando si raggiunge un certo status anche le collaborazioni viaggiano sulla stessa onda. La prova, in questo caso, è la partecipazione, in quattro tracce, di Johnny Neel, ex tastierista degli Allman Brothers e Gov't Mule.
Parlando del precedente Before my eyes ricordo di averlo “bollato” col termine … “musica da viaggio”, laddove il viaggio, abbinato a certi suoni d’oltreoceano, è sinonimo di libertà e vita vissuta. Tutto ciò non significa superficialità, ma dietro ad ogni canzone, in viaggio tra Nashville e Memphis, così come tra Columbus e Miami, si possono nascondere momenti di estremo dolore o lunghe riflessioni, stati d’animo che parole musicate esprimono con estrema efficacia, attimi che è facile ritrovare in The light of a new sun.
E questo è forse il “new sun” che JC Cinel intravede da lontano… la possibilità di coniugare il quotidiano e il passato, con la musica della vita, quel misto tra rock, blues e country dal quale non si può proprio prescindere.
E poi il tocco finale, quella voce dal timbro particolarissimo che rende JC riconoscibile, senza indugio, dopo pochi secondi di ascolto.
Davvero un gran album.
TRACK LIST:
1.THINK OF MYSELF
2.WHEELS OF TIME
3.LIVING OF A HIGHWAY
4.THE LIGHT OF A NEW SUN
5.SWEET AND WILD
6.ISLANDS
7.NASHWILLE NIGHTS
8.CALIFORNIA SUNSETS
9.WHITE SOLDIER
10.FALLEN ANGEL
11.A PLACE IN THE SUN

Andromeda relix / Black Widow Records 2011

L’INTERVISTA

Era il 2009 quando scrivevo del tuo album “Before My Eyes”. Che cosa ti è accaduto, musicalmente parlando, in questi due anni?

Mi sono accadute un sacco di cose. Pur continuando a scrivere i miei brani, che poi sono finiti su “The light of a new sun”, ho iniziato la collaborazione col chitarrista Jimi Barbini; abbiamo scritto insieme i brani che sono andati a fare parte di “Back on the tracks”, l’album uscito a Dicembre 2010. Da li è incominciato un nuovo tour, in Olanda Germania, e la partecipazione a Festival importanti, come Osoppo Ameno Bleus , dove abbiamo condiviso il palco con Buddy Widdingtone ex chitarrista di John Mayall, Nistoc Festival, prima del bluesman Andy J.Forest e recentemente al Burg Herzberg Festival in Germania, dove ci siamo esibita davanti a migliaia di persone.

Che cosa lega “The light of a new sun” al tuo album precedente? Esiste un filo conduttore che unisce i significati?

Beh si,”Before my eyes” era un album sognante, un album positivista, legato ai temi del viaggio, della scoperta dell’esigenza di intraprendere e agire, della necessità di spingersi sempre avanti senza pensare all’arrivo, al traguardo, ma amando la consapevolezza del percorso del presente. ”The light of a new sun”è meno spensierato… a volte la corsa folle riserva dei cambi di rotta inaspettati, degli incroci dove non sempre si sceglie la strada più conveniente, più vantaggiosa; il sogno a volte si incrina e la corsa non è più cosi leggera, ma dubbiosa e troppo analitica, ma alla fine la luce torna con un colore diverso ma sempre pronta a delineare la strada, la rotta da seguire. Musicalmente è più energico, più articolato, più suonato e pensato da band live… forse più immediato.

I tuoi album sono sempre molto “americani”, e non mi riferisco all’utilizzo della lingua inglese. Come sono accolte le tue performance in America? Hai mai trovato una sorta di diffidenza che spesso colpisce stranieri che propongono rock blues laddove il genere è nato?

Guarda, questa è la cosa che più mi ha sorpreso dell’America; la curiosità e soprattutto la disponibilità e l’apertura mentale degli americani mi ha sempre fatto sentire a mio agio. La non c’è alcun pregiudizio musicale ne tantomeno di nazionalità, anzi, la mia musica è piaciuta moltissimo, e soprattutto il mio essere europeo ha fatto notare e apprezzare delle caratteristiche sonore e melodiche molto presenti nel mio sound che nemmeno io pensavo di avere così evidenti. Se in Italia sono l’artista col sound americano in America vengono riscontrate nelle mie canzoni sonorità e melodie molto europee che miscelate rendono il genere molto particolare e accattivante. Questo è quello che mi diceva la maggior parte dei promoters, ascoltatori e musicisti che ho avuto la fortuna di conoscere.

Mi pare di aver letto che dovevi “aprire” per Alvin Lee. Esibirsi prima di una leggenda di Woodstock non può diventare stimolante per tracciare un primo bilancio di una vita dedicata alla musica?

Purtroppo non abbiamo aperto per Alvin che è stato spostato alla sera prima, ma ai Creedence Clearwater Revived. I miei riscontri con gli artisti americani però sono legati alla permanenza a Nashville, dove come sai ho avuto la possibilità di conoscere vere e proprie leggende del rock americano, come Johnny Neel( ex Allman Brothers e Gov’t Mule)che è presente sul mio disco in quattro brani, ma anche fantastici musicisti come Mike Stergis ex chitarrista di Crosby Stills and Nash. La frequentazione di tutta la comunità di songwriters di Nashville e promoters mi ha fatto capire che la strada che ho seguito è quella giusta, la mia musica è sempre piaciuta in America, dove gli artisti hanno a disposizione una struttura sia culturale che oggettiva che li supporta e incentiva in maniera incredibile. Purtroppo essere senza carta verde è l’unico vero limite che ridimensiona progetti e collaborazioni, ma va bene ugualmente.

Quale degli undici brani di “The light of a new sun” ti emoziona maggiormente? Perché?

Beh sicuramente la title track che penso abbia un pathos particolare. E’ strutturata in maniera molto articolata, e include sicuramente molti dei miei trademarks prediletti per un buon song writing. Ci sono le armonie vocali, le chitarre aggressive nei soli, ma anche una linea melodica trascinante ed evocativa. Insomma, un viaggio nel viaggio, ma sono molto contento di tutto l’album che alterna differenti moods sonori e lirici; le canzoni che ho scelto sono le migliori che avevo e come sempre scelgo solo i brani migliori che ho per fare un album. Ecco perche ci impiego cosi tanto per concludere una nuova avventura artistica! E’ come se dovessi sentire ogni brano dissociato dall’altro … devono piacermi tutti, singolarmente.