domenica 31 ottobre 2010

"La Locanda del Vento"- Lingalad




La Locanda del Vento “ è il nuovo album dei Lingalad.
La sintesi del disco è riassunta nelle note interne di copertina con poche parole, da cui estrapolo le righe iniziali: “La Locanda del Vento è un luogo dove puoi udire storie”.
Sto scoprendo, giorno dopo giorno, nuovi gruppi che stanno cambiando il mio modo di vivere la musica.
Nel personale “pacchetto emozionale” fornito da un brano o da un pugno di melodie, non ha mai trovato posto il messaggio, il testo che deve portare alla riflessione e magari a un conseguente cambiamento. Anche la voce, preferibilmente in inglese, è spesso stata uno strumento tra i tanti. E questa è l’ammissione dei miei limiti.
Ultimamente, come dicevo, i giovani mi conducono verso nuove strade, sentieri affascinanti come un giro di blues con una Stratocaster che svisa. Questa è la peculiarità della musica e di tutti quegli esseri umani che hanno la sensibilità giusta per lasciarsi modellare, dondolando tra diverse situazioni, in funzione del momento e dello stato d’animo: non ci sono regole ferree, e con poche note, così come con sequenze fiume, si possono raggiungere gli stessi fantastici risultati. Non me ne vogliano i Lingalad, ma la musica che ho sentito ne ”La Locanda del Vento”, non prevale, ma è totalmente al servizio della storia che si vuole raccontare. Di per se sembrerebbe una banalità, una frase costruita apposta per sottolineare l’ovvio, ma in questo preciso caso occorre invece evidenziare che l’album mi ha.. fatto riflettere e ricordare, e in un caso particolare mi ha aperto una piccola finestra che ha lasciato passare un po’ di luce chiarificatrice. E non mi sembra cosa da poco. Ma ne farò accenno dopo.
Quindici brani, quindici storie musicate utilizzando i ricordi, la nostra tradizione, le leggende e le mezze verità che ci appartengono, che arrivano dai nostri ”vecchi” o da uomini e donne che troviamo nel nostro percorso quotidiano.
Magia, tristezza, amore, dolore e felicità, ingredienti comuni a tutti, ma riuniti in un inusuale libro delle fiabe. Ed è proprio questa l’ immagine che ho afferrato al primo ascolto. Un libro musicato, capace di sostituire quello con cui ci addormentavamo e con cui abbiamo fatto addormentare i nostri figli, con suoni soft a completare il momento più bello della giornata.

Questo concetto è rafforzato dai disegni di Alessandra Simonini, che non si limitano al “commento” del testo, ma da soli, presi singolarmente o uniti in sequenza, diventano un altro modo efficace per raccontare vicende del passato, ed è questo uno di quei casi in cui il “vecchio” vinile, con le ampie copertine e la possibilità di inserti, riceverebbe grande valore aggiunto da tutto ciò che è visivo.



Ma bambini e adulti hanno bisogno di eroi positivi, di racconti a lieto fine, e la vita non va quasi mai in quella direzione. “La Locanda del Vento” racconta tutto questo, perché nelle quindici storie proposte ognuno di noi potrà ritrovare un pezzo di se.
Per ogni racconto antico occorre trovare lo strumento musicale adatto, e quelli etnici utilizzati dal chitarrista Claudio Morlotti, unitamente ai flauti di Giuseppe Festa, garantiscono le atmosfere d’altri tempi, fornendo quadretti che mi hanno portato su un lungo sentiero di emozioni.
Per ognuno dei brani potrei scrivere paginate di commento, perché mi inducono a scavare nella mente, riportando alla superficie frammenti di ricordi.
Ne scelgo uno come simbolo, perché ciò che ne ho tratto sarà da ora in poi regolarmente utilizzato come esempio.
Mi capita spesso di ricavare grandi verità da piccole frasi, che mi arrivano nei modi più disparati. Sentenze che riconosco valide e che mi forniscono la spiegazione di qualcosa che avevo dentro, ma non sapevo come esprimere a parole.
Nel brano “I Boschi della Luna”, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Festa, è presente il dialogo tra un saggio e un uomo giovane, dubbioso davanti al mistero, come spesso i giovani sono, incapace di credere a ciò che non si può toccare con mano. Ma è vero che esistono i sentimenti? Non è forse vero che ci lasciamo spesso condizionare dalle emozioni? Ma allora i sentimenti e le emozioni esistono!? Eppure non possiamo toccarli e vederli! Da rifletterci su, giovani e meno giovani.

Forse i Langalad volevano solo raccontare alcune storie, utilizzando la musica che amano, facendo forse tesoro dei loro viaggi e magari fornendo un primo bilancio della loro vita.
Io non posso far altro che raccontare cosa mi hanno regalato.

Comunicato ufficiale:




L'INTERVISTA

Mi capita sempre più spesso di ascoltare gruppi che propongono album che sono una sintesi di differenti discipline. Oltre alla musica e alle storie da raccontare, trovano spazio il teatro, la pittura, e anche gli argomenti tradizionali, solitamente trattati in modo semplice( prendo l’amore come unico e sfruttato esempio) diventano l’occasione per creare qualcosa di più complesso di un semplice album musicale, cosa che non accadeva nemmeno negli anni 70, con i concept album caratteristici del prog. Siamo davanti ad un nuovo corso? Sono mutate le esigenze di chi propone le proprie idee musicali?

Forse qualcuno potrebbe ridurre questa nuova tendenza ad uno dei tanti corsi e ricorsi ai quali assistiamo da decenni nell’universo della musica. In realtà, io credo che nei momenti in cui si avverte maggiormente una certa uniformità e omologazione nel panorama musicale, emerga la voglia di creare qualcosa di più strutturato, armonico e, se vogliamo, complesso. Per quanto riguarda i Lingalad, abbiamo sempre preferito sviluppare in ogni cd un tema principale, del quale le diverse canzoni potevano rappresentare sfumature e declinazioni.

Sono convinto che i lavori a cui accennavo nella domanda precedente sarebbero un importante “aiuto didascalico” se proposti in determinati contesti. Penso ad esempio a scuole di tipo artistico o umanistico, ma è probabile che ogni ragazzo sensibile, indipendentemente dall’indirizzo scolastico, possa trarre giovamento e stimolo dal vostro lavoro. E’ utopistico il mio ragionamento? Sarebbe un’esperienza interessante( e utile) dal vostro punto di vista?

In verità abbiamo avuto più volte l’occasione di confrontarci col mondo della scuola e ogni volta è stata un’esperienza ricca di fascino. Per esempio, l’anno scorso le classi terze della scuola media di Chiuduno, vicino a Bergamo, hanno portato i Lingalad all’esame di maturità. Il professore di musica Pasquale Scarpato ha invitato me e Donato Zoppo, il curatore della nostra biografia, ad un incontro durante il quale ci siamo confrontati con le domande dei ragazzi e abbiamo suonato dei brani dal vivo. Mi ha sorpreso il loro livello di coinvolgimento e la capacità di emozionarsi, anche di fronte ad un’esibizione unplugged, senza troppi fronzoli o effetti speciali, ai quali la tv li ha purtroppo abituati. Molti di quei ragazzini ci scrivono ancora email e vengono ai nostri concerti.

Mi rifaccio spesso ad un libro di Riccardo Storti, “Rock Map” che stabilisce le differenti scuole musicali del passato in funzione della regione/città di appartenenza. E’ ancora valido secondo voi un concetto simile? Esistono “filoni” omogenei collegati al luogo in cui si vive?

Credo che la propria terra consegni ad ognuno un bagaglio di emozioni e sonorità unico, che si trasforma naturalmente in musica. E meno male, altrimenti che piattezza!

Nei miei scambi con Loris Furlan mi sono fatto l’idea che alla Lizard ci sia spazio solo per la qualità e l’impegno, senza concessioni alle ferree esigenze di mercato. Ma un artista, una band, possono di questi tempi vivere di musica facendo solo ciò che sentono nelle proprie corde?

Difficilissimo. Per quanto ci riguarda, abbiamo avuto la fortuna di godere del sostegno di molti canali alternativi, soprattutto nel web, e la stima di radio e giornali stranieri. Un esempio di come sia difficile emergere in Italia? Il brano Toni il Matto è stato trasmesso a Radio Live, un’importante radio neozelandese. Il conduttore del programma ci ha telefonato in diretta e ci ha fatto una lunga intervista radiofonica affinché spiegassimo in inglese il nostro progetto. Per rendere l’idea di quanto sia difficile esprimersi nel nostro paese, basti pensare che Radio Life Gate, al cui concorso Talenti per Natura siamo arrivati primi (!!!), non si è degnata nemmeno di annunciare l’uscita del nuovo album, né di trasmettere mezzo pezzo, nonostante le nostre ripetute richieste. E Radio LifeGate è conosciuta come una radio libera e vicina a certe tematiche. Figuratevi le altre!

Raccogliere e raccontare differenti storie, come nell’album “La Locanda del Vento”, può rappresentare il sunto di un viaggio che, in questo modo diventerà immortale, e non solo per chi lo ha intrapreso. Escludendo l’ovvia soddisfazione derivante dall’eventuale gradimento del pubblico, che cosa si prova alla fine di “quel viaggio”, quando si passa da un rilassamento generico alla consapevolezza dell’arricchimento personale?

E’ davvero arduo spiegarlo. La cosa più bella è vedere che i personaggi delle storie che hai raccontato prendono vita nelle menti di chi ascolta i brani.

Le storie che raccontate, per vostra stessa ammissione sono quelle che chiunque può afferrare, di passaggio, in qualche piccolo villaggio disseminato per l’Italia. Leggende, mezze verità, certezze verificabili. Solitamente sopravvivono ai lustri che passano e si tramandano di generazione in generazione. Esiste secondo voi un denominatore comune che le lega? Riesce la musica ad aumentare la loro efficacia?

La musica agisce in sinergia con le parole, anche se, a mio parere, il modello espressivo dei versi e delle prosa, non possono essere paragonati. Il significato che lega queste storie? Il viaggio dell’eroe, direi. Un insieme di archetipi umani che da sempre affascina e incanta, e nel quale ognuno può riconoscere la propria storia personale.

Mi sono segnato la vostra affermazione “… ci siamo accorti che nel mondo reale esistono personaggi altrettanto magici e affascinanti di quelli descritti nei libri di Tolkien…” . I libri di Tolkien, a oltre 30 anni dalla sua morte, sono sempre campioni di vendite. La mia idea è che spesso l’essere umano abbia bisogno dell’elemento magico per illudersi di trasformare, o almeno migliorare la realtà, spesso poco soddisfacente. E la musica.. quale alchimia può concretamente compiere?

Per me è stato un veicolo espressivo fondamentale. Raggiunge tutti, ovunque. Supera ogni barriera culturale, ogni dogana. Quando ho iniziato a cantare i brani di Voci della Terra di Mezzo, come solista (prima che nascessero ufficialmente i Lingalad) li suonavo con gli amici, davanti ad un fuoco, sul limitare di una radura. Dopo qualche anno, gli stessi pezzi li suonavamo in Canada, negli Stati Uniti, in tutta Europa. Questa è l’alchimia della musica. Parole sconosciute che si trasformano in emozioni e trasmettono significati comuni, trasversali.

Se doveste scegliere un solo strumento come simbolo della vostra filosofia musicale, capace di mettere d’accordo tutti i componenti la band, riuscireste a trovare il compromesso?

Sicuramente la chitarra. Lo strumento irrinunciabile di un cantastorie.

… ma nei momenti di libertà assoluta… esce fuori qualche giro di blues, senza pensieri nella testa?


Assolutamente sì! Devo confessare che, a parte i brevi periodi di pura composizione, i Lingalad sono e rimarranno costantemente incorreggibili Hobbit, molto poco elfici.