venerdì 10 gennaio 2025

Ricordando Jim Croce


Nasceva il 10 gennaio del 1943 a  Philadelphia Jim Croce.
Croce fu un folksinger che divenne una rarità nel circuito folk di New York, dal momento che cantava semplici ballate "blues" che raggiungevano il cuore più che il cervello.
Dopo un album incerto registrato con la moglie, "Jim & Ingrid Croce" (1969), il suo talento sbocciò su “You Don't Mess Around with Jim” (1972) e con i singoli “You Don't Mess Around with Jim” e “Operator”.

Con "Life And Times" (1973) continuò su quella strada.
Croce ha scritto alcune delle più belle melodie dell’epoca e la sua maturazione era ancora in corso quando morì in un incidente aereo, in fase di decollo, il 20 settembre del 1973.
Una scomparsa prematura  (assieme al suo amico chitarrista Maury Muehliesen, con lui nel filmato a seguire), gli impedì di diventare ciò che Simon e Garfunkel erano stati per la generazione precedente.

Subito furono rilasciati “I've got a name” - che, registrato durante l'estate diventò disco d'oro -
 e la raccolta “Photographs and Memories”.

Moltissime le operazioni discografiche dopo l’uscita di scena, per cui non è possibile stilare una sua discografia completa.

Jim Croce resta uno degli ultimi menestrelli vagabondi che racconta storie di gente e di emozioni, e sa dividersi tra una melodica vena di malinconia ed il vecchio sogno americano.
Resta ancora oggi una vera e propria "icona" del panorama musicale americano e vanta una lunghissima schiera di affezionatissimi estimatori, Italia compresa.

I'v got a Name




giovedì 9 gennaio 2025

Alla scoperta dei Timbreroots


Mi occupo da sempre di musica e sono molto critico, direi intransigente, rispetto a gran parte delle proposte “giovani” con cui avviene il bombardamento quotidiano.

Ma so riconoscere rapidamente dove risiede la qualità, anche se proposta da ragazzi, ovvero anime appartenenti a generazioni lontane dalla mia.

Non è quindi la diversità di età che apre il solco tra me e la musica del Festival di Sanremo, tanto per accennare ad un evento importante, ma il tutto si riduce alla piacevolezza di ascolto, e a quel punto gli aspetti meramente tecnici perdono ogni significato.

È il 21 dicembre e i miei figli organizzano a mia insaputa - e di mia moglie - un week end in Alto Adige, per vivere la giusta atmosfera natalizia nei noti mercatini.

Siamo a Merano, città di cui ricordavo poco, e incontro Marco Pantozzi, amico e musicista, che colgo di sorpresa ma che si presta per fare da guida turistica nella sua città in una splendida mattina di pieno sole.

Tra vicoli, piazze e bancarelle, vengo colpito dalla musica: un palco qualche giovane, probabilmente una sorta di intrattenimento attraverso brani conosciuti.

E invece no… sonorità acustiche e una voce non comune attirano la mia attenzione, così come un notevole tecnica chitarristica.

Ma ciò che conta è la fusione tra ambiente e trame musicali, e i Timbreroots - ho scoperto il loro nome attraverso un QR Code bene in vista, quello che conduce a tutte le informazioni possibili - sciorinano con naturalezza un sound davvero accattivante.

https://linktr.ee/Timbreroots?utm_source=linktree_profile_share&ltsid=27ffa02c-42d3-46b9-9419-8c65e9dfcd73

Non posso dare giudizi completi dopo aver ascoltato un solo brano live e poco altro, e mi riserbo di approfondire, ma nel frattempo pubblicizzo la loro arte catturando le parti oggettive inserite nel loro sito. Cliccare sui titoli in blu a seguire potrebbe essere il prima passo verso la loro conoscenza!

Questo il “pezzo” che ho ripreso, e spero possa spingere a curiosare e a scoprire meglio i Timbreroots!


Ogni essere umano è un unico tono di timbri e radici diverse. Quando questi toni si uniscono in una sinfonia armoniosa, ognuno può ritrovarsi su una lunghezza d'onda benevola, dove ognuno può trovare il suo posto dove sentirsi a proprio agio in una comunità pacifica.

Benedikt Sanoll


Questa filosofia è alla base dei "Timbreroots" e dà forma alla loro musica, quella di una band indie folk dell'Alto Adige. Combina ambient indie folk, rock alternativo e pop britannico per creare un'esperienza sonora emozionante che delizierà i fan di Mumford & Sons, The Lumineers, Ben Howard, Coldplay e Bon Iver.

Il canto epico, fino a cinque parti e strumenti speciali come la marimba conferiscono ai loro testi profondi vivacità e profondità. La band ha già vinto numerosi premi con il loro album di debutto “Numen's Dreams” e canzoni come “Let's Give Them A Chance”.

Con le loro canzoni più recenti “My Own Bubble” e “Colorful Timbres” hanno dato le prime informazioni sul prossimo tour dell’album nel 2025.

 


COMPONENTI 

Bene (Benedikt Sanoll)-voce, fingerstyle - chitarra, pianoforte 

Philipp Sanoll-percussioni, marimba, voce 

Vinci-basso elettrico, sassofono, voce 

Sebi-chitarra elettrica, banjo, voce 

​Simone-pianoforte, fisarmonica, sintetizzatore, voce


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Curved Air: riscopriamo l'album "Air Cut" del 1973

 


Air Cut è il quarto album in studio della band rock inglese Curved Air, pubblicato nel 1973. L'album è stato prodotto da Chris Thomas e registrato presso gli studi Morgan di Londra.

Air Cut segna l'inizio di un nuovo capitolo nella carriera del gruppo, che abbandona l'approccio più sperimentale e barocco dei primi album per abbracciare un suono più diretto e rock. Il risultato è un album più accessibile e radiofonico, ma che non rinuncia alla complessità e alla raffinatezza della musica dei Curved Air.

Il disco si apre con "The Purple Speed Queen", un'energica canzone pop, e termina con "Easy", un'intima ballata folk. "Two Three Two" è un altro brano rock potente, mentre "Metamorphosis" è un'elaborata suite che spazia da elementi rock ad altri  classici. Da segnalare "Elfin Boy", una dolce e sognante ballata folk.

Air Cut è un album ben riuscito che dimostra la maturità artistica dei Curved Air. La band ha trovato un equilibrio tra la sperimentazione e la semplicità, creando un album che è sia accessibile che stimolante, un must have per tutti gli amanti del rock progressivo e della musica degli anni '70.

 

Brani (cliccare sul titolo per ascoltare)

Lato 1

1.       The Purple Speed Queen- 3:20

2.       Elfin Boy- 4:20

3.       Metamorphosis - 10:30

4.       World - 1:32 

Lato 2

5.       Armin (Instrumental) - 3:16

6.       U.H.F.-6:06

7.       Two-Three-Two- 4:10

8.       Easy- 6:45

 


Musicisti

Curved Air

Sonja Kristina – voce (1-4, 6, 8) e cori (7) voce, chitarra acustica (2)

Eddie Jobson – violin elettrico, cori (6), sintetizzatore VCS3, mellotron, piano, organo, harpsichord (2)

Kirby Gregory – chitarra, basso (4), cori

Mike Wedgwood – basso (tutto tranne 4), chitarra acustica (4), cori e voce (7, 8)

Jim Russell – batteria


Crediti supplementari

Artwork-Modula

Illustrazioni basate su disegni di Ian Fink

Ingegnere suono – Paul "The Rock" Hardiman

Fotografia – Mal Linwood-Ross & Mike Putland







Il Balletto di Bronzo e... la Coca Cola: era l'8 gennaio 1971

Il Balletto di Bronzo fu protagonista del “Carosello della Coca Cola”, andato in onda l'8 gennaio 1971 con la band introdotta da Gianni Boncompagni.

Il brano eseguito è "Sì mama mama".





mercoledì 8 gennaio 2025

Alla UniSavona arriva il momento dei Genesis

 


Al ritorno dalle vacanze la prima lezione del corso sul prog alla UniSavona (8 gennaio) è dedicata ai Genesis.

Dopo una parentesi iniziale dedicata ad un esempio di contaminazione tra rock e musica classica - Gary Brooker (Procol Harum) e band con la Danish National Concert Orchestra in un parco danese - si parte con “Watcher of the sky”, nel ricordo dello start del concerto genovese del Teatro Alcione, nel 1972.

È questa l’occasione per ritornare su di un paio di aspetti:

1-La teatralità di Peter Gabriel (si dice, anche, influenzato dalle maschere napoletane portate in scena dagli Osanna, con loro in quel tour);

2-Il massiccio utilizzo del Mellotron, scambiato da giovani increduli per una vera orchestra.

Dopo qualche ricordo del concerto torinese del 3 febbraio del 1974 - il tour di “Selling England By The Pound” - Fabrizio ha sintetizzato la storia della band, una narrazione che ha fornito l’occasione per l’ascolto di molti brani, tutti riferiti alla prima parte di vita, quella in cui era presente Peter Gabriel, la cui uscita dal gruppo è avvenuta dopo l’album “The lamb lies down on Broadway”, a fine 1974.

Arduo il racconto sintetico della vita di un ensemble come quello dei Genesis, una storia spaccata in due, un prima e un dopo Gabriel.

La copertina scelta per l’analisi grafica è quella di “Nursery Cryme”, ancora una volta affidata a Renata, ormai a suo agio con un lavoro davvero complicato.

Elementi oggettivi si sposano a commenti tecnici ed emerge la grande importanza del giudizio artistico, inscindibile dai contenuti narrativi e sonori.

Un po' di spazio per un paio di brani di “Selling…” e apoteosi con una “The Cinema Show” del ’76, col doppio batterista, Phil Collins (ovviamente anche alla voce) e Bill Bruford (già incontrato nelle lezioni dedicate ai King Crimson e YES).

Il tempo a disposizione è sempre limitato rispetto all’argomento e nasce spesso in chi scrive la frustrazione d’ascolto, ma la buona partecipazione appare come segnale di gradimento generale.

Ecco pillole video di quanto accaduto…


E la prossima volta ci attendono i… Jethro Tull!





martedì 7 gennaio 2025

L'amicizia di Mick Rock e Syd Barrett


 

Spesso definito "l'uomo che ha fotografato gli anni '70", Mick Rock vissuto momenti indimenticabili con i Pink Floyd, Kevin Ayers, Arthur Brown, Genesis e altri

 

Mick Rock si è guadagnato la nomea di "uomo che ha fotografato gli anni '70" attraverso il suo lavoro di fotografo per David Bowie, Queen, Lou Reed e altri. Nel 2014, sette anni prima della sua morte, ha ricordato come la sua carriera fosse iniziata con la prima generazione di artisti prog negli anni '60.

<<Dovevo iniziare con gli Everly Brothers e Buddy Holly And The Crickets, poi mi sono appassionato ai Beatles, agli Stones e fin dal primo album, a Bob Dylan e ai suoi testi.

Ho studiato poesia a Cambridge e ho letto di tutti quei poeti assolutamente banzai del XIX secolo che prendevano Dio solo sa cosa, restavano svegli per mesi e mesi, sesso, niente cibo, niente sonno. Ho pensato: “Posso fare tutto questo e diventare un grande artista?

Ma cosa collega questi artisti e le mie cose più progressive? La risposta è semplice: l'LSD. Ho preso un po' di LSD e ho preso una macchina fotografica. Era il 1966 e un interruttore culturale è scattato. Un mio amico mi ha fatto conoscere l'acido e andavamo a Londra a trovare questo tizio che viveva in Cromwell Road.

Era un pittore, e ovviamente era fuori di testa. Aveva una boccetta e un contagocce e mi diceva: "Prendi questo, questa è la tua dose". Sotto l'effetto ho visto l'intero universo dispiegarsi. E tutto ciò può avere un effetto profondo, soprattutto quando hai 18, 19 anni. I miei gusti musicali riflettevano il tempo: mi sono sono proprio nel mezzo di una rivoluzione culturale.

Comunque, alcuni capi chiamati Viz, Emo e Pip mi hanno detto che conoscevano questo tizio in una band chiamata Pink Floyd e hanno aggiunto: "Vieni alla festa di Natale al college d'arte e ascoltali". Per prima cosa ho incontrato la ragazza di Syd Barrett, Lindsay Korner, e ho pensato, "That is my up of tea!". Poi l'ho visto suonare e sembrava lo facesse in modo straordinario. Era musica che non avevo mai sentito prima. E poi c'era questo fantastico spettacolo di luci: ho scoperto più tardi che il loro tecnico era stato a San Francisco e aveva visto cosa stavano facendo lì e ne era rimasto influenzato.

I Floyd non avevano ancora pubblicato alcun disco, e nemmeno i Soft Machine o Arthur Brown, che amavo molto e con cui in seguito ebbi modo di lavorare per i Kingdom Come, ma nel Natale del '66 uscì “Hey Joe” di Hendrix e questo mi distrusse completamente.>>

 

Ma chi era realmente Mick Rock?

L’uomo che eternò gli anni ‘70 era un fotografo britannico che ha lasciato un'impronta indelebile nel mondo della musica rock. Nato nel 1948 e scomparso nel 2021, ha immortalato alcuni dei più grandi artisti della sua generazione, contribuendo a definire l'estetica e l'immagine di icone come David Bowie, Queen, Lou Reed e molti altri.

Non è stato solo un fotografo, ma un vero e proprio testimone oculare di un'epoca di grandi cambiamenti culturali. Le sue immagini, spesso caratterizzate da un'atmosfera dark e glam, catturavano l'essenza ribelle e provocatoria del rock degli anni '70.

Il legame più profondo di Mick Rock è stato senza dubbio quello con David Bowie. I due si sono incontrati all'inizio della carriera di Bowie e Rock ha documentato la metamorfosi del Duca Bianco, dalle prime incarnazioni glam rock fino ai personaggi più sperimentali. Le loro immagini insieme sono diventate iconiche, come quelle di Ziggy Stardust.

L'opera di Mick Rock va ben oltre le fotografie. Ha diretto videoclip, realizzato documentari e scritto libri, lasciandoci un'eredità ricca e variegata. Le sue immagini continuano a ispirare artisti e appassionati di musica di tutto il mondo, e il suo nome rimarrà per sempre legato alla storia del rock.

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 6 gennaio 2025

“Who Knows Where The Time Goes?”, il capolavoro di Sandy Denny

 


Ma dove va il tempo?

Ognuno di noi crea la sua visione, spesso dinamica, variabile a seconda del momento di vita.

Certo è che ascoltare una canzone come “Who Knows Where The Time Goes?” dalla voce di Sandy Denny induce a serie riflessioni e spinge verso attimi di malinconia acuta; fa altresì pensare che una ragazza di 20 anni si sia potuta porre certi quesiti esistenziali in una età in cui dovrebbe trovare largo spazio la spensieratezza e magari un po' di sana superficialità giovanile, giacché il tempo delle preoccupazioni, oggi come allora, è dietro l'angolo, probabile compagno per il resto della vita.

La canzone fu scritta dalla cantante folk-rock inglese, che originariamente la registrò come demo, nel 1967, cantando e suonando la chitarra nel brano. Nello stesso anno si unì brevemente alla band folk The Strawbs e la registrò nuovamente, ancora una volta solo voce e chitarra, per quello che divenne l'album All Our Own Work, che non fu pubblicato fino al 1973.

La cantante folk americana Judy Collins ascoltò un nastro della registrazione demo originale nel 1968 e decise di reinterpretare la canzone, pubblicandola prima come B-side della sua versione di "Both Sides, Now", e poi come title track del suo album “Who Knows Where the Time Goes”, entrambi pubblicati nel 1968. La sua fu la prima registrazione ampiamente disponibile della canzone.

Nel 1968 Denny si unì alla band folk-rock dei Fairport Convention e il brano venne ripreso nel loro secondo album rilasciato nel 1969, Unhalfbricking, una versione decisamente influenzata dal rock.

I Fairport Convention diedero l’avvio alla corrente folk rock inglese, realizzando la fusione tra musica tradizionale e sonorità rock. La band è tutt’ora attiva nonostante le molteplici mutazioni, ma certo è che la versione con la Denny risulta una delle migliori, per via di una vocalità unica, cupa e dolce a seconda delle occasioni: non è un caso che la vocalist sia stata l’unica interprete femminile a collaborare con i Led Zeppelin, nella celebre The Battle of Evermore.

Con Robert Plant

Con la scomparsa prematura della Denny, avvenuta nel 1978 a causa di un incidente domestico - ma la storia dell’epilogo è in realtà un po' più complicata - la sua fama postuma è cresciuta smisuratamente, tanto da farla entrare di diritto nella storia della musica inglese.

Proviamo a descrivere il pensiero di Sandy Danny contenuto nel brano, prendendo in prestito il pensiero di Ivan Cenzi

La meditazione sull’inevitabile scorrere del tempo trova spunto dalla contemplazione di una spiaggia deserta e degli stormi di uccelli che stanno prendendo il largo, iniziando l’annuale migrazione.  Sostenuta dalla delicata progressione di accordi della chitarra, l’autrice si stupisce dell’enigmatica ed innata conoscenza che gli animali sembrano possedere delle stagioni; eppure, tutto, nel quadro dipinto dalle parole della canzone, è immerso nello stesso senso di meraviglia e di sospeso incanto. Perfino la costa solitaria pare a suo modo vivere e respirare, tanto che l’autrice si rivolge direttamente ad essa, per confortarla; e su tutto domina il tempo, che scandisce i mutamenti della natura in modo inconoscibile.

Anche per Sandy Denny siamo circondati da misteri più grandi di noi che ci governano, ma sono misteri colmi di bellezza e, suggerisce il testo, di amore: perché ostinarsi a volerli controllare? Il segreto è sotto gli occhi di tutti, sembra dire l’autrice. È nella resa e nell’abbandono all’incessante fluire delle cose. Si tratta di accordarsi in modo semplice e istintivo al ritmo universale, che dissolve ogni dubbio, qualsiasi timore e tutte le nostre sterili domande sul futuro e sull’inevitabile fine: la morte è simile alla partenza degli stormi di uccelli, un movimento naturale che avviene quando deve avvenire (until it’s time to go); non vi è più angoscia, soltanto un commosso e sognante abbandono.

A mio giudizio una delle più belle canzoni mai scritte, capace di rappresentare il mix perfetto tra atmosfera musicale e importanza della lirica.

"Who Knows Where the Time Goes?" è diventata una canzone simbolo, sia per Denny che per i Fairport Convention, ed è stata reinterpretata da molti artisti.

Nel 2007, la versione “Unhalfbricking” è stata votata "Favorite Folk Track Of All Time" dagli ascoltatori di BBC Radio 2.

Non resta che ascoltarla…



Who knows where the time goes?

Tutti gli uccelli stanno andando via nel cielo della sera,

ma come fanno a sapere che è il momento di partire?

Prima del fuoco d’inverno, starò ancora sognando.

Non ho pensiero del tempo

Perché chi sa in che direzione va il tempo?

Chi lo sa dove va il tempo?

Coste deserte e tristi, i tuoi volubili amici stanno andando via

Ah, ma stavolta sai che è tempo che vadano

Ma io sarò ancora qui, non ho intenzione di partire

Io non faccio conto sul tempo.

Perché chi sa in che direzione va il tempo?

Chi lo sa dove va il tempo?

Ed io non sono sola mentre il mio amore è vicino a me

so che sarà così finché sarà il tempo di andare,

per questo vengono le tempeste in inverno e ritornano gli uccelli a primavera

Io non ho paura del tempo.

Perché chi sa come cresce il mio amore?

Chi lo sa dove va il tempo?”







Quando i Balaam And The Angel provarono a emulare ELP… non andò molto bene!


 

"Dovemmo affrettarci a coprire quella cacofonia di suonatori di ottoni che non riuscivano a vedere cosa stavano facendo, provando e fallendo miseramente"


Da studente di musica e aspirante chitarrista classico, Jim Morris dei Balaam And The Angel scoprì l'album Pictures At An Exhibition di Emerson, Lake And Palmer e non lo dimenticò mai più, anche se, come ha raccontato, il tentativo della sua band di emulare gli ELP si concluse con un  momento da dimenticare.

"Pictures At An Exhibition degli ELP è stato un album importante nei miei anni da adolescente. Io e i miei fratelli mettevamo insieme i nostri soldi per comprare gli album e questo disco è nato dall'interesse di mio fratello Des.

È un pezzo incredibile, un esempio di combinazione tra rock e musica classica, e quel virtuosismo, all'epoca, era una cosa unica da vedere e a cui aspirare. In quei giorni ho iniziato lo studio della chitarra  e sono andato al London College Of Music per conseguire una laurea in musica classica.

L'importanza dell'album degli ELP tornò a galla in seguito. I Balaam stavano facendo un concerto all'Hammersmith Clarendon Ballroom intorno al 1984, e poiché avevamo usato degli ottoni nell'album The Greatest Story Ever Told, chiamammo una sezione di ottoni di quattro elementi per suonare con noi. Erano piazzati su di un palco supplementare a lato del locale. Suonarono la intro, Promenade, da Pictures At An Exhibition, e andò molto bene.

Facciamo un salto in avanti di circa sei mesi. Stavamo suonando a ULU e pensammo di riprovarci. Non c'era uno spazio dedicato per gli ottoni, quindi il quartetto era posizionato in fondo al palco. Ciò che non capimmo è che avevano bisogno di un po’ di illuminazione per poter leggere la musica, visto che a memoria conoscevano solo Promenade.

Le luci si abbassarono e loro iniziarono, ma poi tutto crollò. Ed è stata dura coprire la confusione e la cacofonia totale prodotta da quattro suonatori di ottoni che non riuscivano a leggere lo spartito, andando quindi per tentativi … fallendo miseramente!

Conoscevo l'originale di Mussorgsky; è stato interessante come gli ELP l'hanno affrontato. È una vera interpretazione con tutti i pezzi chiave. E poi ho ascoltato le altre cose che avevano pubblicato, come Brain Salad Surgery; poi un po' più tardi è uscito Fanfare For The Common Man. Erano una band che tenevo d'occhio.

Ciò che a mio giudizio rende Pictures At An Exhibition così interessante è che gli ELP lo suonavano dal vivo, senza alcuna lettura, mostrando il loro alto tasso di virtuosismo ed un elevatissimo grado di memoria, quello richiesto da un simile progetto.




domenica 5 gennaio 2025

David Crosby: "Guinnevere", un “Ode a Tre Donne”

 


Guinnevere, un “Ode a Tre Donne”


Guinnevere è una canzone scritta da David Crosby nel 1968 e appare nell'omonimo album di debutto di Crosby, Stills & Nash, acclamato dalla critica.

Guinnevere non è solo un nome, ma rappresenta una figura femminile complessa e sfaccettata, che in realtà racchiude in sé tre donne che hanno segnato la vita di David Crosby:

-Nancy Ross, la prima musa ispiratrice, che lasciò Crosby per legarsi a Gram Parsons.

-Joni Mitchell, un'altra grande storia d'amore, che ha portato alla nascita di una delle coppie più iconiche della musica folk.

-Christine Hinton, un amore tragico, interrotto prematuramente dalla morte di Christine in un incidente stradale.

Crosby, quasi come un moderno Lancillotto, canta il suo amore per questa "triplice Ginevra" con una delicatezza e una profondità che hanno reso "Guinnevere" un classico senza tempo.

La melodia di "Guinnevere" è un capolavoro di semplicità ed eleganza. Ispirata da "Sketches of Spain" di Miles Davis, la canzone presenta un giro di accordi aperto e avvolgente, che crea un'atmosfera intima e sognante.

Per chi volesse confrontarsi con una riproduzione chitarristica, anche casalinga, l’accordatura corretta, che permette di riproporre le esatte sonorità create da Crosby è lontano dalla standard (EADGBE) e va impostata con una sequenza inusuale: EBDGAD; i tutorial presenti in rete saranno di molto aiuto.

La voce di Crosby, calda e intensa, trasmette tutta la passione e la malinconia del testo, ma l’accoppiata perfetta è quella che lo vede insieme a Graham Nash, e anche se i due musicisti scherzavano col pubblico sul fatto che non avessero mai presentato la stessa versione (perché dicevano di non ricordare l’originale), qualunque sia il modo proposto la magia è assicurata.

Il titolo "Guinnevere" richiama immediatamente la leggenda arturiana, dove la regina è simbolo di bellezza, amore e desiderio. In questo caso, il riferimento è chiaro: Crosby si sente come un cavaliere errante alla ricerca del suo amore perduto.

Ma "Guinnevere" è molto più di una semplice canzone d'amore, è un'esplorazione dell'anima, un viaggio introspettivo che tocca temi universali come la perdita di un affetto e la nostalgia del passato. La sua bellezza e la sua profondità emotiva l'hanno resa un classico senza tempo, capace di emozionare generazioni di ascoltatori, forse perché David Crosby mette a nudo i suoi sentimenti, creando un legame profondo con l'ascoltatore.

"Guinnevere" è considerata una delle più belle canzoni folk rock di sempre, e ha ispirato molti artisti successivi e il minimo che si possa fare è ascoltarla!


Ma anche la versione più aggiornata si fa ascoltare con piacere!







sabato 4 gennaio 2025

I Beatles e Fausto Leali + I Novelty


Il mio primo impatto con la musica, quando avevo ancora i pantaloni corti, riporta a brani musicali per me all’epoca sorprendenti, eseguiti dai gruppi italiani allora in voga che esercitavano in modo assolutamente libero l’esercizio di “copiatura” sonora, modificando e adattando il testo, che da inglese diventava italiano, cambiando completamente significato.
Non era una grande perdita, a quei tempi le liriche non presentavano ancora nulla di serio, nemmeno al di fuori dei nostri confini, anche se qualcosa, soprattutto in America, stava cambiando, con l’impegno sociale di Dylan e Baez.

La tecnologia fu di grande aiuto per la diffusione capillare della musica, attraverso prodotti e supporti sempre più alla portata di tutti, che permettevano peraltro la socializzazione, i quei primi anni Sessanta: rock’n roll, il twist, il folk, il beat, il rythm & blues, il funky… musica da ascoltare, musica per ballare.


L’Italia era ben predisposta al cambiamento, ma la cosa che risultò più rapida e semplice per i giovani musicisti e i loro "gestori" fu quella di pescare a man bassa nella produzione anglosassone e farla propria, in tempi in cui non si guardava molto ai diritti d’autore.
In pochissimi parlavano e cantavano in inglese, e spesso i grandi nomi stranieri si prestavano a mettere da parte il loro idioma naturale a favore dell’italico verbo, diventando loro stessi “cantanti italiani”.
Due le alternative per i gruppi e i cantanti: prendere brani di riconosciuto successo facendoli diventare la copia nostrana, oppure pescare nel mare magnum britannico, appropriandosi di canzoni sconosciute, rendendole “nuove” per il pubblico italiano. E attraverso questo modus il brano originale prendeva luce anche entro i nostri confini.

Di lì a poco, come è noto, tutto sarebbe cambiato, ma restano dei gioiellini che credo non siano conosciuti da tutti, per cui a partire da oggi, sporadicamente, proporrò un brano originale e la cover corrispondente, e sono certo che qualche cosa di inaspettato verrà a galla.

Dopo aver proposto i QUELLI/Tommy Roe, Michel Delpeche/ Dik Dik e Manfred Mann e Tony Mark e i Markmen, oggi ho scelto  i Beatles e il corrispettivo gruppo de I Novelty e Fausto Leali.

Il brano, del 1963, non cambia nome nelle due versioni, ed è il famosissimo "Please, Please me".

I Novelty erano il gruppo formato da un giovanissimo Fausto Leali nel 1960, uno dei primi complessi italiani dell'era beat. Fu anche grazie alla loro versione del classico dei Beatles che “Please Please Me” divenne il primo successo dei Beatles in Italia.

Leali e I Novelty incideranno anche “She Loves You” e nel 1965 parteciperanno, come gruppo “spalla” alle tre date dell’unico tour italiani dei Beatles.

Ascoltiamo entrambe le versioni...





La leggenda del basso Tony Levin rivela quale sessione in studio è stata la più significativa della sua leggendaria carriera

Il bassista Tony Levin ha suonato con John Lennon, Pink Floyd, King Crimson, Peter Gabriel, David Bowie e altri, ma una sessione in studio è stata più significativa delle altre


Il CV di Tony Levin è ridicolo, nel senso migliore del termine. Il bassista 78enne, nato a Boston, ha suonato con alcuni dei musicisti più leggendari del mondo - John Lennon, David Bowie, Pink Floyd, Tom Waits e Lou Reed tra loro - ma recentemente ha rivelato quale sessione musicale è stata la più significativa della sua carriera.

Questo onore va al suo lavoro sull'omonimo album di debutto da solista di Peter Gabriel, pubblicato dalla Charisma il 25 febbraio 1977. "Peter aveva appena lasciato i Genesis", spiega Levin. "Non sapevo chi fosse o cosa rappresentassero i Genesis. Sono stato fortunato nel senso che, per prima cosa, ho potuto suonare con Peter, e ho ancora un rapporto musicale e di amicizia con lui. E due, uno dei chitarristi di quella sessione, Robert Fripp, è il fondatore dei King Crimson, a cui mi sono unito in seguito. Quanto è significativo nella carriera di una persona, nella carriera di chiunque, creare due connessioni come queste, che durano così tanti anni e coinvolgono tale musica?

Era una formazione formidabile per Peter Gabriel", aggiunge. "Il produttore, Bob Ezrin, era responsabile della mia presenza lì, e aveva usato la stessa sezione ritmica per alcuni dischi di Alice Cooper e Lou Reed.

Peter era diverso da chiunque avessi mai sentito", continua Levin. "La musica si è rivelata molto diversa da quella dei Genesis, quindi anche se avessi fatto i compiti a casa, sarei stato sorpreso e contento che il nuovo sound andasse in una direzione completamente diversa. Era così energico, giovane e in forma... Poco dopo, ero in tour con lui e ho visto l'altro lato di Peter. Non direi che Peter è timido, ma è una persona tranquilla, umile e gentile. E poi sono salito sul palco con lui e mi ha svelato Rael, il personaggio di Genesis che interpreta. È fondamentalmente un delinquente minorenne fuori controllo. Ho pensato, chi diavolo è questo?"

Nella stessa occasione, Levin ha rivelato che gli fu offerta la possibilità di andare in tour con i Pink Floyd dopo aver suonato il basso in “A Momentary Lapse of Reason”, ma rifiutò l'offerta perché il loro tour si sovrapponeva alle date di Peter Gabriel, a cui era già impegnato.




venerdì 3 gennaio 2025

I Gentle Giant annunciano la versione rivisitata, remixata e rimasterizzata dell'album live del 1977 “Playing The Fool”


 

I Gentle Giant pubblicheranno in primavera “Playing The Fool: The Complete Live Experience”

 

Le leggende del prog britannico Gentle Giant hanno annunciato che pubblicheranno una versione rivisitata, rimasterizzata e remixata del loro primo album live del 1977 “Playing The Fool in the Spring”.

Playing The Fool: The Complete Live Experience” presenterà l'intero set del concerto della band di quel periodo e includerà tre tracce aggiuntive, “Interview”, “Timing” e “Ray Shulman's Violin Feature”. La nuova uscita, che è stata mixata e prodotta da Dan Bornemark, sarà disponibile anche in Stereo (96/24), 5.1 Surround Sound e Dolby Atmos.

"Questa release definitiva offre la performance live completa dei Gentle Giant così come era stata originariamente concepita", afferma la band. "Completa di commenti restaurati tra le canzoni, introduzioni della band e l'atmosfera autentica di ogni locale. Include anche la scaletta originale completa e tre tracce inedite.

The Complete Live Experience conferisce un nuovo livello di chiarezza e profondità alle registrazioni dal vivo dei Gentle Giant, catturando l'intera portata artistica della band così come era stata concepita per essere ascoltata."

Il nuovo progetto sarà disponibile in vinile, CD, Blu-ray e digitale. La band non ha ancora rilasciato informazioni sulle preordinazioni.







giovedì 2 gennaio 2025

"Che uomo! Che vita! Che perdita!": Peter Gabriel rende un sentito omaggio al "presidente del rock'n'roll" Jimmy Carter



L'ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter è morto all'età di 100 anni

 

Peter Gabriel è tra i musicisti che rendono omaggio all'ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, scomparso all'età di 100 anni.

In un post intitolato "Che uomo! Che vita! Che perdita!", Gabriel dice: "Il presidente Jimmy Carter era un uomo davvero straordinario e un politico raro che si è sempre fatto avanti e ha parlato a favore dell'idealismo, della compassione e dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne e di coloro che hanno sofferto una vera oppressione. È sempre stato lì per sostenere coloro le cui lotte erano passate inosservate o inascoltate, un paladino dei senzatetto con visite annuali per la costruzione di case con Habitat for Humanity, ed è stato il portabandiera di tante minoranze.

Ha sostenuto coloro che soffrivano di malattie rare le cui cure non avrebbero mai fatto guadagnare molti soldi alle grandi aziende farmaceutiche. malattie mortali, come il” verme della Guinea” e la cecità fluviale. Il Carter Centre ha avuto un ruolo fondamentale nell'eradicazione in molti paesi di alcune malattie mortali, come il” verme della Guinea” e la cecità fluviale.

Ha anche fatto una campagna senza sosta per il diritto a una rappresentanza adeguata, a elezioni libere ed eque in tante democrazie nascenti e, più vicino a casa, ha sostenuto con orgoglio tutto il lavoro di Rosalyn (la defunta moglie di Carter), dando priorità alla salute mentale e facendola uscire dall'ombra".

Gabriel ha continuato parlando di The Elders, l'organizzazione non governativa di leader globali fondata da Nelson Mandela nel 2007. La ONG, inizialmente guidata da Gabriel e dall'imprenditore Richard Branson, ha beneficiato dell'influenza di Carter e della sua capacità di aprire le porte.

"Divenne poi uno degli Anziani più attivi e influenti dalla sua creazione, viaggiando in Darfur, Israele e Palestina, Corea del Nord, Costa d'Avorio e Sudan del Sud", dice Gabriel. "A tutti gli incontri, per quanti anni avesse alle spalle, era sempre uno dei primi a fare esercizio e manteneva la sua mente straordinariamente acuta, piena di fatti, esperienza e storia, con la passione di un ingegnere per la precisione".

Tra gli altri musicisti che hanno reso omaggio a Carter ci sono Nancy Wilson degli Heart, che lo ha definito "un incredibile ponte tra la politica e la nostra umanità", e i Drive-by Truckers, che hanno affermato: "Tutto il nostro amore e i nostri pensieri più affettuosi sono rivolti al grande Jimmy Carter e alla sua meravigliosa famiglia e a tutti coloro che amano e ammirano il più grande dei grandi uomini. Oltre 98 anni dedicati a rendere questo mondo un posto migliore".

L'amore di Jimmy Carter per la musica è stato catturato nel documentario del 2020 “Jimmy Carter: Rock & Roll President”, che ha esplorato come questa passione gli abbia dato un improbabile vantaggio come candidato alla presidenza, quando chiamava band come gli Allman Brothers, Marshall Tucker, James Brown, Jimmy Buffet e la Charlie Daniels Band per raccogliere fondi per la campagna elettorale durante spettacoli di beneficenza.

Il chitarrista della Marshall Tucker Band Toy Caldwell, il governatore della Georgia Jimmy Carter e il chitarrista della Marshall Tucker Band George McCorkle durante un ricevimento prima del concerto per il governatore allo Stouffer's Hotel il 31 ottobre 1975 ad Atlanta

"Sono stati gli Allman Brothers ad aiutarmi ad arrivare alla Casa Bianca", ha detto Carter, "raccogliendo fondi quando non ne avevo".

Una volta eletto, Carter invitò regolarmente musicisti alla Casa Bianca per esibirsi, tra cui Crosby, Stills e Nash, Dolly Parton, Charles Mingus e Willie Nelson (che notoriamente affermò di aver fumato marijuana sul tetto dell'edificio), così come Loretta Lynn, Conway Twitty, Dizzy Gillespie e Herbie Hancock.