Nasceva il 10 gennaio del 1943 a Philadelphia Jim Croce.
Croce fu un folksinger che divenne una rarità nel
circuito folk di New York, dal momento che cantava semplici ballate
"blues" che raggiungevano il cuore più che il cervello.
Dopo un album incerto registrato con la moglie, "Jim &
Ingrid Croce" (1969), il suo talento sbocciò su “You Don't
Mess Around with Jim” (1972) e con i singoli “You Don't
MessAround with Jim” e “Operator”.
Con "Life
And Times" (1973) continuò su quella strada.
Croce ha scritto alcune delle più belle melodie dell’epoca e la sua maturazione era ancora in corso quando morì in un incidente aereo, in fase di decollo, il 20 settembre del 1973.
Una scomparsa prematura (assieme al suo
amico chitarrista Maury Muehliesen, con lui nel filmato a seguire), gli impedì
di diventare ciò che Simon e Garfunkel erano stati per la generazione
precedente.
Subito furono rilasciati “I've got a name” - che, registrato durante l'estate
diventò disco d'oro - e la raccolta “Photographs and Memories”.
Moltissime le operazioni discografiche dopo l’uscita di scena, per cui non è
possibile stilare una sua discografia completa.
Jim Croce resta uno degli ultimi menestrelli vagabondi che racconta storie di
gente e di emozioni, e sa dividersi tra una melodica vena di malinconia ed il
vecchio sogno americano. Resta ancora oggi una vera e propria "icona" del panorama musicale americano e vanta una lunghissima schiera di affezionatissimi estimatori,
Italia compresa.
Mi occupo da sempre di musica e sono molto critico, direi
intransigente, rispetto a gran parte delle proposte “giovani” con cui avviene il
bombardamento quotidiano.
Ma so riconoscere rapidamente dove risiede la qualità, anche
se proposta da ragazzi, ovvero anime appartenenti a generazioni lontane dalla
mia.
Non è quindi la diversità di età che apre il solco tra me e
la musica del Festival di Sanremo, tanto per accennare ad un evento importante,
ma il tutto si riduce alla piacevolezza di ascolto, e a quel punto gli aspetti
meramente tecnici perdono ogni significato.
È il 21 dicembre e i miei figli organizzano a mia insaputa -
e di mia moglie - un week end in Alto Adige, per vivere la giusta atmosfera
natalizia nei noti mercatini.
Siamo a Merano, città di cui ricordavo poco, e incontro Marco
Pantozzi, amico e musicista, che colgo di sorpresa ma che si presta per fare da
guida turistica nella sua città in una splendida mattina di pieno sole.
Tra vicoli, piazze e bancarelle, vengo colpito dalla musica:
un palco qualche giovane, probabilmente una sorta di intrattenimento attraverso
brani conosciuti.
E invece no… sonorità acustiche e una voce non comune
attirano la mia attenzione, così come un notevole tecnica chitarristica.
Ma ciò che conta è la fusione tra ambiente e trame musicali, e
i Timbreroots - ho scoperto il loro nome
attraverso un QR Code bene in vista, quello che conduce a tutte le informazioni
possibili - sciorinano con naturalezza un sound davvero accattivante.
Non posso dare giudizi completi dopo aver ascoltato un solo
brano live e poco altro, e mi riserbo di approfondire, ma nel frattempo pubblicizzo la loro arte
catturando le parti oggettive inserite nel loro sito. Cliccare sui titoli in blu a seguire potrebbe essere il prima passo verso la loro conoscenza!
Questo il “pezzo” che ho ripreso, e spero possa spingere a
curiosare e a scoprire meglio i Timbreroots!
Ogni essere umano è un unico tono di
timbri e radici diverse. Quando questi toni si uniscono in una sinfonia
armoniosa, ognuno può ritrovarsi su una lunghezza d'onda benevola, dove ognuno
può trovare il suo posto dove sentirsi a proprio agio in una comunità pacifica.
Benedikt Sanoll
Questa filosofia è alla base dei "Timbreroots" e dà
forma alla loro musica, quella di una band indie folk dell'Alto Adige. Combina
ambient indie folk, rock alternativo e pop britannico per creare un'esperienza
sonora emozionante che delizierà i fan di Mumford & Sons, The Lumineers,
Ben Howard, Coldplay e Bon Iver.
Il canto epico, fino a cinque parti e strumenti speciali come
la marimba conferiscono ai loro testi profondi vivacità e profondità. La band
ha già vinto numerosi premi con il loro album di debutto “Numen's Dreams” e
canzoni come “Let's Give Them A Chance”.
Con le loro canzoni più recenti “My Own Bubble” e “Colorful Timbres” hanno dato le prime informazioni sul prossimo tour dell’album nel
2025.
COMPONENTI
Bene (Benedikt Sanoll)-voce,
fingerstyle - chitarra, pianoforte
Air Cutè il quarto album in studio della
band rock inglese Curved Air, pubblicato
nel 1973. L'album è stato prodotto da Chris Thomas e registrato presso
gli studi Morgan di Londra.
Air Cut segna l'inizio di un nuovo capitolo
nella carriera del gruppo, che abbandona l'approccio più
sperimentale e barocco dei primi album per abbracciare un suono più diretto e
rock. Il risultato è un album più accessibile e radiofonico, ma che non
rinuncia alla complessità e alla raffinatezza della musica dei Curved Air.
Il disco si apre con "The Purple Speed Queen", un'energica canzone pop, e termina con "Easy", un'intima ballata folk. "Two Three Two"
è un altro brano rock potente, mentre "Metamorphosis" è
un'elaborata suite che spazia da elementi rock ad altri classici. Da segnalare "Elfin Boy", una dolce e sognante ballata folk.
Air Cut è un album ben riuscito che
dimostra la maturità artistica dei Curved Air. La band ha trovato un equilibrio
tra la sperimentazione e la semplicità, creando un album che è sia accessibile
che stimolante, un must have per tutti gli amanti del rock
progressivo e della musica degli anni '70.
Al ritorno dalle vacanze la prima lezione del corso sul
prog alla UniSavona (8 gennaio) è dedicata ai Genesis.
Dopo una parentesi iniziale dedicata ad un esempio di contaminazione
tra rock e musica classica - Gary Brooker (Procol Harum) e band con la Danish National Concert
Orchestra in un parco danese - si parte con “Watcher of the sky”, nel
ricordo dello start del concerto genovese del Teatro Alcione, nel 1972.
È questa l’occasione per ritornare su di un paio di aspetti:
1-La teatralità di Peter Gabriel (si dice, anche, influenzato
dalle maschere napoletane portate in scena dagli Osanna, con loro in quel tour);
2-Il massiccio utilizzo del Mellotron, scambiato da giovani
increduli per una vera orchestra.
Dopo qualche ricordo del concerto torinese del 3 febbraio del
1974 - il tour di “Selling England By The Pound” - Fabrizio ha
sintetizzato la storia della band, una narrazione che ha fornito l’occasione
per l’ascolto di molti brani, tutti riferiti alla prima parte di vita, quella
in cui era presente Peter Gabriel, la cui uscita dal gruppo è avvenuta dopo l’album
“The lamb lies down on Broadway”, a fine 1974.
Arduo il racconto sintetico della vita di un ensemble come
quello dei Genesis, una storia spaccata in due, un prima e un dopo Gabriel.
La copertina scelta per l’analisi grafica è quella di “Nursery Cryme”, ancora una volta affidata a Renata, ormai a suo agio con un lavoro
davvero complicato.
Elementi oggettivi si sposano a commenti tecnici ed emerge la
grande importanza del giudizio artistico, inscindibile dai contenuti narrativi
e sonori.
Un po' di spazio per un paio di brani di “Selling…” e
apoteosi con una “The Cinema Show” del ’76, col doppio batterista, Phil
Collins (ovviamente anche alla voce) e Bill Bruford (già incontrato nelle
lezioni dedicate ai King Crimson e YES).
Il tempo a disposizione è sempre limitato rispetto all’argomento
e nasce spesso in chi scrive la frustrazione d’ascolto, ma la buona
partecipazione appare come segnale di gradimento generale.
Spesso definito "l'uomo che ha
fotografato gli anni '70", Mick Rock vissuto momenti indimenticabili
con i Pink Floyd, Kevin Ayers, Arthur Brown, Genesis e altri
Mick Rock si è guadagnato la nomea di "uomo che ha
fotografato gli anni '70" attraverso il suo lavoro di fotografo per
David Bowie, Queen, Lou Reed e altri. Nel 2014, sette anni prima della sua
morte, ha ricordato come la sua carriera fosse iniziata con la prima
generazione di artisti prog negli anni '60.
<<Dovevo iniziare con gli Everly Brothers e Buddy Holly
And The Crickets, poi mi sono appassionato ai Beatles, agli Stones e fin dal
primo album, a Bob Dylan e ai suoi testi.
Ho studiato poesia a Cambridge e ho letto di tutti quei poeti
assolutamente banzai del XIX secolo che prendevano Dio solo sa cosa, restavano
svegli per mesi e mesi, sesso, niente cibo, niente sonno. Ho pensato: “Posso
fare tutto questo e diventare un grande artista?
Ma cosa collega questi artisti e le mie cose più progressive?
La risposta è semplice: l'LSD. Ho preso un po' di LSD e ho preso una macchina
fotografica. Era il 1966 e un interruttore culturale è scattato. Un mio amico
mi ha fatto conoscere l'acido e andavamo a Londra a trovare questo tizio che
viveva in Cromwell Road.
Era un pittore, e ovviamente era fuori di testa. Aveva una
boccetta e un contagocce e mi diceva: "Prendi questo, questa è la tua
dose". Sotto l'effetto ho visto l'intero universo dispiegarsi. E tutto ciò
può avere un effetto profondo, soprattutto quando hai 18, 19 anni. I miei gusti
musicali riflettevano il tempo: mi sono sono proprio nel mezzo di una
rivoluzione culturale.
Comunque, alcuni capi chiamati Viz, Emo e Pip mi hanno detto
che conoscevano questo tizio in una band chiamata Pink Floyd e hanno aggiunto: "Vieni
alla festa di Natale al college d'arte e ascoltali". Per prima cosa ho
incontrato la ragazza di Syd Barrett, Lindsay Korner, e ho pensato, "That
is my up of tea!". Poi l'ho visto suonare e sembrava lo facesse in modo
straordinario. Era musica che non avevo mai sentito prima. E poi c'era questo
fantastico spettacolo di luci: ho scoperto più tardi che il loro tecnico era
stato a San Francisco e aveva visto cosa stavano facendo lì e ne era rimasto
influenzato.
I Floyd non avevano ancora pubblicato alcun disco, e nemmeno
i Soft Machine o Arthur Brown, che amavo molto e con cui in seguito ebbi modo
di lavorare per i Kingdom Come, ma nel Natale del '66 uscì “Hey Joe” di Hendrix
e questo mi distrusse completamente.>>
Ma chi era realmente Mick Rock?
L’uomo che eternò gli anni ‘70 era un fotografo britannico
che ha lasciato un'impronta indelebile nel mondo della musica rock. Nato nel
1948 e scomparso nel 2021, ha immortalato alcuni dei più grandi artisti della
sua generazione, contribuendo a definire l'estetica e l'immagine di icone come
David Bowie, Queen, Lou Reed e molti altri.
Non è stato solo un fotografo, ma un vero e proprio testimone
oculare di un'epoca di grandi cambiamenti culturali. Le sue immagini, spesso
caratterizzate da un'atmosfera dark e glam, catturavano l'essenza ribelle e
provocatoria del rock degli anni '70.
Il legame più profondo di Mick Rock è stato senza dubbio
quello con David Bowie. I due si sono incontrati all'inizio della carriera di
Bowie e Rock ha documentato la metamorfosi del Duca Bianco, dalle prime
incarnazioni glam rock fino ai personaggi più sperimentali. Le loro immagini
insieme sono diventate iconiche, come quelle di Ziggy Stardust.
L'opera di Mick Rock va ben oltre le fotografie. Ha diretto
videoclip, realizzato documentari e scritto libri, lasciandoci un'eredità ricca
e variegata. Le sue immagini continuano a ispirare artisti e appassionati di
musica di tutto il mondo, e il suo nome rimarrà per sempre legato alla storia
del rock.
Ognuno di noi crea la sua visione,
spesso dinamica, variabile a seconda del momento di vita.
Certo è che ascoltare una canzone
come “Who Knows Where The Time Goes?”
dalla voce di Sandy Dennyinduce a serie riflessioni e spinge verso attimi di malinconia
acuta; fa altresì pensare che una ragazza di 20 anni si sia potuta porre certi quesiti esistenziali in una età in cui dovrebbe trovare largo spazio la spensieratezza e magari un po' di sana superficialità giovanile, giacché il tempo delle preoccupazioni, oggi come allora, è dietro l'angolo, probabile compagno per il resto della vita.
La canzone fu scritta dalla cantante
folk-rock inglese, che originariamente la registrò come demo, nel 1967,
cantando e suonando la chitarra nel brano. Nello stesso anno si unì brevemente
alla band folk The Strawbs e la registrò nuovamente, ancora una volta solo voce
e chitarra, per quello che divenne l'album “All Our Own Work”,
che non fu pubblicato fino al 1973.
La cantante folk americana Judy
Collins ascoltò un nastro della registrazione demo originale nel 1968 e decise
di reinterpretare la canzone, pubblicandola prima come B-side della sua
versione di "Both Sides, Now", e poi come title track del suo album “Who Knows Where the Time Goes”, entrambi pubblicati nel 1968. La sua fu la
prima registrazione ampiamente disponibile della canzone.
Nel 1968 Denny si unì alla band
folk-rock dei Fairport Convention e il brano venne ripreso nel loro secondo album rilasciato nel 1969, “Unhalfbricking”, una versione
decisamente influenzata dal rock.
I Fairport Convention diedero l’avvio
alla corrente folk rock inglese, realizzando la fusione tra musica tradizionale
e sonorità rock. La band è tutt’ora attiva nonostante le molteplici mutazioni,
ma certo è che la versione con la Denny risulta una delle migliori, per via di una
vocalità unica, cupa e dolce a seconda delle occasioni: non è un caso che la vocalist sia stata l’unica interprete femminile a collaborare con i Led Zeppelin,
nella celebre The Battle of Evermore.
Con Robert Plant
Con la scomparsa prematura della
Denny, avvenuta nel 1978 a causa di un incidente domestico - ma la storia dell’epilogo
è in realtà un po' più complicata - la sua fama postuma è cresciuta smisuratamente,
tanto da farla entrare di diritto nella storia della musica inglese.
Proviamo a descrivere il pensiero di
Sandy Danny contenuto nel brano, prendendo in prestito il pensiero di Ivan
Cenzi…
La meditazione sull’inevitabile
scorrere del tempo trova spunto dalla contemplazione di una spiaggia deserta e degli
stormi di uccelli che stanno prendendo il largo, iniziando l’annuale
migrazione. Sostenuta dalla delicata
progressione di accordi della chitarra, l’autrice si stupisce dell’enigmatica
ed innata conoscenza che gli animali sembrano possedere delle stagioni; eppure,
tutto, nel quadro dipinto dalle parole della canzone, è immerso nello stesso
senso di meraviglia e di sospeso incanto. Perfino la costa solitaria pare a suo
modo vivere e respirare, tanto che l’autrice si rivolge direttamente ad essa,
per confortarla; e su tutto domina il tempo, che scandisce i mutamenti della
natura in modo inconoscibile.
Anche per Sandy Denny siamo
circondati da misteri più grandi di noi che ci governano, ma sono misteri colmi
di bellezza e, suggerisce il testo, di amore: perché ostinarsi a volerli
controllare? Il segreto è sotto gli occhi di tutti, sembra dire l’autrice. È
nella resa e nell’abbandono all’incessante fluire delle cose. Si tratta di
accordarsi in modo semplice e istintivo al ritmo universale, che dissolve ogni
dubbio, qualsiasi timore e tutte le nostre sterili domande sul futuro e
sull’inevitabile fine: la morte è simile alla partenza degli stormi di uccelli,
un movimento naturale che avviene quando deve avvenire (until it’s time to go);
non vi è più angoscia, soltanto un commosso e sognante abbandono.
A mio giudizio una delle più belle
canzoni mai scritte, capace di rappresentare il mix perfetto tra atmosfera
musicale e importanza della lirica.
"Who Knows Where the Time
Goes?" è diventata una canzone simbolo, sia per Denny che per i
Fairport Convention, ed è stata reinterpretata da molti artisti.
Nel 2007, la versione
“Unhalfbricking” è stata votata "Favorite Folk Track Of All Time"
dagli ascoltatori di BBC Radio 2.
Non resta che ascoltarla…
Who
knows where the time goes?
Tutti gli uccelli stanno andando via
nel cielo della sera,
ma come fanno a sapere che è il
momento di partire?
Prima del fuoco d’inverno, starò
ancora sognando.
Non ho pensiero del tempo
Perché chi sa in che direzione va il
tempo?
Chi lo sa dove va il tempo?
Coste deserte e tristi, i tuoi
volubili amici stanno andando via
Ah, ma stavolta sai che è tempo che
vadano
Ma io sarò ancora qui, non ho
intenzione di partire
Io non faccio conto sul tempo.
Perché chi sa in che direzione va il
tempo?
Chi lo sa dove va il tempo?
Ed io non sono sola mentre il mio
amore è vicino a me
so che sarà così finché sarà il tempo
di andare,
per questo vengono le tempeste in
inverno e ritornano gli uccelli a primavera
"Dovemmo affrettarci a coprire
quella cacofonia di suonatori di ottoni che non riuscivano a vedere cosa
stavano facendo, provando e fallendo miseramente"
Da studente di musica e aspirante chitarrista classico, Jim
Morris dei Balaam And The Angelscoprì l'album Pictures At An
Exhibition di Emerson, Lake And Palmer e non lo dimenticò mai più, anche se, come ha raccontato, il tentativo della sua band di emulare
gli ELP si concluse con un momento da dimenticare.
"Pictures At An Exhibition degli ELP è stato un album
importante nei miei anni da adolescente. Io e i miei fratelli mettevamo insieme
i nostri soldi per comprare gli album e questo disco è nato dall'interesse di mio fratello Des.
È un pezzo incredibile, un esempio di combinazione tra rock e
musica classica, e quel virtuosismo, all'epoca, era una cosa unica da vedere e a cui
aspirare. In quei giorni ho iniziato lo studio della chitarra e
sono andato al London College Of Music per conseguire una laurea in musica
classica.
L'importanza dell'album degli ELP tornò a galla in seguito. I
Balaam stavano facendo un concerto all'Hammersmith Clarendon Ballroom intorno
al 1984, e poiché avevamo usato degli ottoni nell'album The Greatest Story Ever
Told, chiamammo una sezione di ottoni di quattro elementi per suonare con noi. Erano
piazzati su di un palco supplementare a lato del locale. Suonarono la intro,
Promenade, da Pictures At An Exhibition, e andò molto bene.
Facciamo un salto in avanti di circa sei mesi. Stavamo
suonando a ULU e pensammo di riprovarci. Non c'era uno spazio dedicato per gli ottoni,
quindi il quartetto era posizionato in fondo al palco. Ciò che non capimmo è
che avevano bisogno di un po’ di illuminazione per poter leggere la musica,
visto che a memoria conoscevano solo Promenade.
Le luci si abbassarono e loro iniziarono, ma poi tutto crollò.
Ed è stata dura coprire la confusione e la cacofonia totale prodotta da quattro
suonatori di ottoni che non riuscivano a leggere lo spartito, andando quindi
per tentativi … fallendo miseramente!
Conoscevo l'originale di Mussorgsky; è stato interessante
come gli ELP l'hanno affrontato. È una vera interpretazione con tutti i pezzi
chiave. E poi ho ascoltato le altre cose che avevano pubblicato, come Brain
Salad Surgery; poi un po' più tardi è uscito Fanfare For The Common Man. Erano
una band che tenevo d'occhio.
Ciò che a mio giudizio rende Pictures At An Exhibition così
interessante è che gli ELP lo suonavano dal vivo, senza alcuna lettura,
mostrando il loro alto tasso di virtuosismo ed un elevatissimo grado di
memoria, quello richiesto da un simile progetto.
Guinnevere è una canzone scritta da David Crosby nel 1968 e appare
nell'omonimo album di debutto di Crosby, Stills & Nash, acclamato dalla
critica.
Guinnevere non è solo un nome, ma rappresenta
una figura femminile complessa e sfaccettata, che in realtà racchiude in sé tre
donne che hanno segnato la vita di David Crosby:
-Nancy Ross, la prima musa ispiratrice, che lasciò
Crosby per legarsi a Gram Parsons.
-Joni Mitchell, un'altra grande storia d'amore, che ha
portato alla nascita di una delle coppie più iconiche della musica folk.
-Christine Hinton, un amore tragico, interrotto
prematuramente dalla morte di Christine in un incidente stradale.
Crosby, quasi come un moderno Lancillotto, canta il suo amore
per questa "triplice Ginevra" con una delicatezza e una profondità
che hanno reso "Guinnevere" un classico senza tempo.
La melodia di "Guinnevere" è un capolavoro di
semplicità ed eleganza. Ispirata da "Sketches of Spain" di Miles
Davis, la canzone presenta un giro di accordi aperto e avvolgente, che crea
un'atmosfera intima e sognante.
Per chi volesse confrontarsi con una riproduzione
chitarristica, anche casalinga, l’accordatura corretta, che permette di
riproporre le esatte sonorità create da Crosby è lontano dalla standard (EADGBE)
e va impostata con una sequenza inusuale: EBDGAD; i tutorial presenti in rete
saranno di molto aiuto.
La voce di Crosby, calda e intensa, trasmette tutta la
passione e la malinconia del testo, ma l’accoppiata perfetta è quella che lo vede
insieme a Graham Nash, e anche se i due musicisti scherzavano col pubblico sul
fatto che non avessero mai presentato la stessa versione (perché dicevano di
non ricordare l’originale), qualunque sia il modo proposto la magia è
assicurata.
Il titolo "Guinnevere" richiama immediatamente la
leggenda arturiana, dove la regina è simbolo di bellezza, amore e desiderio. In
questo caso, il riferimento è chiaro: Crosby si sente come un cavaliere errante
alla ricerca del suo amore perduto.
Ma "Guinnevere" è molto più di una semplice canzone
d'amore, è un'esplorazione dell'anima, un viaggio introspettivo che tocca temi
universali come la perdita di un affetto e la nostalgia del passato. La sua bellezza e la sua
profondità emotiva l'hanno resa un classico senza tempo, capace di emozionare
generazioni di ascoltatori, forse perché David Crosby mette a nudo i suoi
sentimenti, creando un legame profondo con l'ascoltatore.
"Guinnevere" è considerata una delle più belle
canzoni folk rock di sempre, e ha ispirato molti artisti successivi e il minimo
che si possa fare è ascoltarla!
Ma anche la versione più aggiornata
si fa ascoltare con piacere!
Il mio primo impatto con la musica,
quando avevo ancora i pantaloni corti, riporta a brani musicali per me all’epoca
sorprendenti, eseguiti dai gruppi italiani allora in voga che esercitavano in
modo assolutamente libero l’esercizio di “copiatura” sonora, modificando e adattando
il testo, che da inglese diventava italiano, cambiando completamente
significato.
Non era una grande perdita, a quei
tempi le liriche non presentavano ancora nulla di serio, nemmeno al di fuori dei
nostri confini, anche se qualcosa, soprattutto in America, stava cambiando, con
l’impegno sociale di Dylan e Baez.
La tecnologia fu di grande aiuto per
la diffusione capillare della musica, attraverso prodotti e supporti sempre più
alla portata di tutti, che permettevano peraltro la socializzazione, i quei
primi anni Sessanta: rock’n roll, il twist, il folk, il beat, il rythm &
blues, il funky… musica da ascoltare, musica per ballare.
L’Italia era ben predisposta al cambiamento, ma la cosa che risultò più rapida e semplice per i giovani musicisti e i loro "gestori" fu quella di pescare a man bassa nella produzione anglosassone e farla propria, in tempi in cui non si guardava
molto ai diritti d’autore.
In pochissimi parlavano e cantavano
in inglese, e spesso i grandi nomi stranieri si prestavano a mettere da parte
il loro idioma naturale a favore dell’italico verbo, diventando loro stessi “cantanti
italiani”.
Due le alternative per i gruppi e i cantanti: prendere brani di
riconosciuto successo facendoli diventare la copia nostrana, oppure pescare nel mare magnum britannico, appropriandosi di canzoni sconosciute, rendendole “nuove”
per il pubblico italiano. E attraverso questo modus il brano originale prendeva
luce anche entro i nostri confini.
Di lì a poco, come è noto, tutto sarebbe cambiato,
ma restano dei gioiellini che credo non siano conosciuti da tutti, per cui a
partire da oggi, sporadicamente, proporrò un brano originale e la cover corrispondente,
e sono certo che qualche cosa di inaspettato verrà a galla.
Il brano, del 1963, non cambia nome nelle due versioni, ed è il famosissimo "Please, Please me".
I Novelty erano il gruppo formato da un
giovanissimo Fausto Leali nel 1960, uno dei primi complessi italiani
dell'era beat. Fu anche grazie alla loro versione del classico dei Beatles che “Please Please Me” divenne
il primo successo dei Beatles in Italia.
Leali e I Novelty incideranno anche “She
Loves You” e nel 1965 parteciperanno, come gruppo “spalla” alle tre date dell’unico
tour italiani dei Beatles.
Il bassista Tony Levin ha suonato con
John Lennon, Pink Floyd, King Crimson, Peter Gabriel, David Bowie e altri, ma
una sessione in studio è stata più significativa delle altre
Il CV di Tony Levinè ridicolo, nel senso migliore del termine. Il
bassista 78enne, nato a Boston, ha suonato con alcuni dei musicisti più
leggendari del mondo - John Lennon, David Bowie, Pink Floyd, Tom Waits e Lou
Reed tra loro - ma recentemente ha rivelato quale sessione musicale è stata la
più significativa della sua carriera.
Questo onore va al suo lavoro sull'omonimo album di debutto
da solista di Peter Gabriel, pubblicato dalla Charisma il 25 febbraio
1977. "Peter aveva appena lasciato i Genesis", spiega Levin.
"Non sapevo chi fosse o cosa rappresentassero i Genesis. Sono stato
fortunato nel senso che, per prima cosa, ho potuto suonare con Peter, e ho
ancora un rapporto musicale e di amicizia con lui. E due, uno dei chitarristi
di quella sessione, Robert Fripp, è il fondatore dei King Crimson, a cui mi
sono unito in seguito. Quanto è significativo nella carriera di una persona,
nella carriera di chiunque, creare due connessioni come queste, che durano così
tanti anni e coinvolgono tale musica?
Era una formazione formidabile per Peter Gabriel", aggiunge. "Il
produttore, Bob Ezrin, era responsabile della mia presenza lì, e aveva usato la
stessa sezione ritmica per alcuni dischi di Alice Cooper e Lou Reed.
Peter era diverso da chiunque avessi mai sentito", continua Levin. "La
musica si è rivelata molto diversa da quella dei Genesis, quindi anche se
avessi fatto i compiti a casa, sarei stato sorpreso e contento che il nuovo
sound andasse in una direzione completamente diversa. Era così energico,
giovane e in forma... Poco dopo, ero in tour con lui e ho visto l'altro lato di
Peter. Non direi che Peter è timido, ma è una persona tranquilla, umile e
gentile. E poi sono salito sul palco con lui e mi ha svelato Rael, il
personaggio di Genesis che interpreta. È fondamentalmente un delinquente
minorenne fuori controllo. Ho pensato, chi diavolo è questo?"
Nella stessa occasione, Levin ha rivelato che gli fu offerta
la possibilità di andare in tour con i Pink Floyd dopo aver suonato il basso in
“A Momentary Lapse of Reason”, ma rifiutò l'offerta perché il loro tour si
sovrapponeva alle date di Peter Gabriel, a cui era già impegnato.
I Gentle Giant pubblicheranno in
primavera “Playing The Fool: The Complete Live Experience”
Le leggende del prog britannico Gentle
Gianthanno annunciato che
pubblicheranno una versione rivisitata, rimasterizzata e remixata del loro primo album live del 1977 “Playing The Fool in the
Spring”.
“Playing The Fool: The Complete Live Experience”
presenterà l'intero set del concerto della band di quel periodo e includerà tre
tracce aggiuntive, “Interview”, “Timing” e “Ray Shulman's Violin
Feature”. La nuova uscita, che è stata mixata e prodotta da Dan Bornemark, sarà
disponibile anche in Stereo (96/24), 5.1 Surround Sound e Dolby Atmos.
"Questa release definitiva offre la performance live completa
dei Gentle Giant così come era stata originariamente concepita",
afferma la band. "Completa di commenti restaurati tra le canzoni,
introduzioni della band e l'atmosfera autentica di ogni locale. Include anche
la scaletta originale completa e tre tracce inedite.
The Complete Live Experienceconferisce un nuovo livello di
chiarezza e profondità alle registrazioni dal vivo dei Gentle Giant, catturando
l'intera portata artistica della band così come era stata concepita per essere
ascoltata."
Il nuovo progetto sarà disponibile in vinile, CD, Blu-ray e
digitale. La band non ha ancora rilasciato informazioni sulle preordinazioni.
L'ex presidente degli Stati Uniti
Jimmy Carter è morto all'età di 100 anni
Peter Gabrielè tra i musicisti che rendono omaggio all'ex presidente degli
Stati Uniti Jimmy Carter, scomparso all'età di 100 anni.
In un post intitolato "Che uomo! Che vita! Che
perdita!", Gabriel dice: "Il presidente Jimmy Carter era un
uomo davvero straordinario e un politico raro che si è sempre fatto avanti e ha
parlato a favore dell'idealismo, della compassione e dei diritti umani e in
particolare dei diritti delle donne e di coloro che hanno sofferto una vera
oppressione.È sempre stato lì per sostenere coloro le cui lotte erano
passate inosservate o inascoltate, un paladino dei senzatetto con visite
annuali per la costruzione di case con Habitat for Humanity, ed è stato il
portabandiera di tante minoranze.
Ha sostenuto coloro che soffrivano di malattie rare le cui
cure non avrebbero mai fatto guadagnare molti soldi alle grandi aziende
farmaceutiche. malattie mortali, come il” verme della Guinea” e la cecità
fluviale. Il Carter Centre ha avuto un ruolo fondamentale nell'eradicazione in
molti paesi di alcune malattie mortali, come il” verme della Guinea” e la
cecità fluviale.
Ha anche fatto una campagna senza sosta per il diritto a una
rappresentanza adeguata, a elezioni libere ed eque in tante democrazie nascenti
e, più vicino a casa, ha sostenuto con orgoglio tutto il lavoro di Rosalyn (la
defunta moglie di Carter), dando priorità alla salute mentale e facendola
uscire dall'ombra".
Gabriel ha continuato parlando di The Elders,
l'organizzazione non governativa di leader globali fondata da Nelson Mandela
nel 2007. La ONG, inizialmente guidata da Gabriel e dall'imprenditore Richard
Branson, ha beneficiato dell'influenza di Carter e della sua capacità di aprire
le porte.
"Divenne poi uno degli Anziani più attivi e influenti
dalla sua creazione, viaggiando in Darfur, Israele e Palestina, Corea del Nord,
Costa d'Avorio e Sudan del Sud", dice Gabriel. "A tutti gli
incontri, per quanti anni avesse alle spalle, era sempre uno dei primi a fare
esercizio e manteneva la sua mente straordinariamente acuta, piena di fatti,
esperienza e storia, con la passione di un ingegnere per la precisione".
Tra gli altri musicisti che hanno reso omaggio a Carter ci
sono Nancy Wilson degli Heart, che lo ha definito "un incredibile ponte
tra la politica e la nostra umanità", e i Drive-by Truckers, che hanno
affermato: "Tutto il nostro amore e i nostri pensieri più affettuosi
sono rivolti al grande Jimmy Carter e alla sua meravigliosa famiglia e a tutti
coloro che amano e ammirano il più grande dei grandi uomini. Oltre 98 anni
dedicati a rendere questo mondo un posto migliore".
L'amore di Jimmy Carter per la musica è stato catturato nel
documentario del 2020 “Jimmy Carter: Rock & Roll President”, che ha
esplorato come questa passione gli abbia dato un improbabile vantaggio come
candidato alla presidenza, quando chiamava band come gli Allman Brothers, Marshall
Tucker, James Brown, Jimmy Buffet e la Charlie Daniels Band per raccogliere
fondi per la campagna elettorale durante spettacoli di beneficenza.
Il chitarrista della Marshall Tucker Band Toy Caldwell, il governatore della Georgia Jimmy Carter e il chitarrista della Marshall Tucker Band George McCorkle durante un ricevimento prima del concerto per il governatore allo Stouffer's Hotel il 31 ottobre 1975 ad Atlanta
"Sono stati gli Allman Brothers ad aiutarmi ad
arrivare alla Casa Bianca", ha detto Carter, "raccogliendo
fondi quando non ne avevo".
Una volta eletto, Carter invitò regolarmente musicisti alla
Casa Bianca per esibirsi, tra cui Crosby, Stills e Nash, Dolly Parton, Charles
Mingus e Willie Nelson (che notoriamente affermò di aver fumato marijuana sul
tetto dell'edificio), così come Loretta Lynn, Conway Twitty, Dizzy Gillespie e
Herbie Hancock.