“Cut the
Tongue” è un progetto di Julius Project che
ho già commentato nel dicembre scorso:
https://athosenrile.blogspot.com/2020/12/julius-project-cut-tongue.html
Propongo l’intervista completa realizzata con la band, già pubblicata su MAT2020
Julius Project, inteso come progetto specifico e denominato, è
per me una novità: mi sintetizzate la genesi e l’iter del vostro “disegno
musicale”?
Fra il 1978 e il 1981 Giuseppe “Julius” Chiriatti ha scritto
17 dei 18 brani che compongono “Cut The Tongue”. La sua intenzione era quella
di suonarli con la propria band dell’epoca, ma alcuni membri li ritennero
superati e poco interessanti e il progetto fu così abbandonato. Nel 2014 la
figlia maggiore di Julius, Bianca, che impersona il protagonista del disco,
scopre le vecchie carte e i provini registrati su musicassetta e convince il
padre a riprendere il tutto. Nel 2019 Julius completa infine l’opera scrivendo
la title track su propri testi dell’epoca.
Accade con una certa frequenza che brani del passato, rimasti
nel cassetto per lustri, vengano recuperati dagli autori e riammodernati, ma le
sonorità che proponete in “Cut the Tongue” non hanno nulla di “antico”: quanto
vi ha aiutato la tecnologia in questa trasformazione?
Tutti i pezzi sono stati ripresi solo nel 2014, dopo 33 anni
di “sonno” nel cassetto. Subito si è posto un problema di ordine concettuale,
se rispettare lo stile originale del 1978/81 oppure adattarlo all’attualità. Abbiamo
scelto la prima soluzione e anche gli arrangiamenti hanno rispettato i brani
originali senza stravolgerli; sono stati usati moltissimi strumenti vintage e
il missaggio finale è stato fatto utilizzando apparecchiature analogiche.
Quindi la tecnologia non ha contribuito granché da questo punto di vista: la
risposta più corretta è che i brani di “Cut The Tongue” sono comunque attuali e
forse sono nati già proiettati nel futuro. Ciò probabilmente spiega anche il rifiuto
degli altri componenti della band dell’epoca ad abbracciare il progetto.
Veniamo ai contenuti e alla storia che proponete: quale
messaggio racchiude il vostro concept album?
“Cut The Tongue” è un viaggio, difficile e a tratti doloroso,
che Boy, il protagonista, affronta per trovare il senso della propria vita e per
sconfiggere la nebbia che è calata nella sua mente. Dapprima si chiude in sé
stesso, poi, su indicazione di un amico di famiglia, si affida a un “profeta”
che gli decanta le meraviglie della ricchezza e l’importanza dell’apparenza,
fino a quando, la notte di San Silvestro, Boy non si rende conto che si tratta
solo di false illusioni. All’alba, in una dimensione onirica, ascolta la voce
di uno spirito guida che gli raccomanda di “tagliare la lingua” (“Cut the
tongue”) ai falsi profeti. Dopo varie vicissitudini, affrontando le tempeste
nel mare della vita, dove si troverà anche a naufragare, alla fine Boy troverà
il significato della sua esistenza, accettando la solitudine come virtù. L’autore
però, come è scritto nel booklet stesso, preferisce non dare una chiave di
lettura univoca, in modo che ognuno, ascoltando questo disco, trovi la sua
interpretazione secondo il proprio vissuto e le proprie emozioni.
Proviamo
a ricordare i componenti della band e dei vari collaboratori…
Oltre a Julius (Hammond, Mellotron, Moog Voyager, tastiere e
voce) e Paolo Dolfini (Piano, Moog model D, Korg Lambda, tastiere e cori),
Julius Project ha una base ritmica possente, costituita dal figlio di Paolo,
Filippo, alla batteria e dal bassista Marco Croci (ex-Maxophone) che ha anche
interpretato un personaggio dell’opera. Alle chitarre ci sono i salentini Francesco
Marra e Mario Manfreda e al flauto e voce l’ex Jumbo Dario Guidotti. La voce
del protagonista, Boy, è invece affidata alla figlia di Julius, Bianca (in arte
Bianca Berry). Successivamente sono stati chiamati a partecipare grandi nomi
del Prog italiano, quali l’ex-Jumbo Daniele Bianchini (chitarre) nonché Flavio
Scansani (chitarre) e, sul fronte salentino, Egidio Presicce al sax e l’altra
figlia di Julius, Martina, che interpreta la voce del “profeta”. La title track
è cantata dal grande Richard Sinclair, ex membro di gruppi storici come i
Caravan, i Camel, Hatfield and the North.
Decisivo appare l’intervento di Paolo Dolfini: come è
avvenuto l’incontro e quale ruolo ha avuto l’ex Jumbo?
Paolo Dolfini e Giuseppe Chiriatti si sono conosciuti intorno
al 2004 in occasione di un raduno di appassionati dell’organo Hammond, a
Frosinone. Ne è nata una forte amicizia nonostante la distanza e i due hanno
continuato sempre a frequentarsi, specialmente in occasione di varie edizioni
del Festival di Veruno. Quando nel 2014 Giuseppe ha deciso di rimettere mano al
vecchio progetto, ha subito contattato Paolo, il quale ha entusiasticamente
abbracciato il progetto, curando gli arrangiamenti e dando il via alla
realizzazione, pur consapevole che coordinare un progetto musicale interamente
realizzato a distanza tra Lecce e Milano non sarebbe stato semplice; Paolo ha
inoltre suonato il pianoforte e altre tastiere in diversi brani.
La chicca, dal punto di vista delle partecipazioni, è
rappresentata dalla presenza di Richard Sinclair, che presta la voce nella
title track: come è entrato nel progetto?
Nelle intenzioni iniziali, la title-track del disco doveva
essere semplicemente un brano recitato, poiché ne esisteva solo il testo,
scritto all’epoca. Nel 2017, in occasione di un concerto organizzato
dall’Associazione musicale leccese “Prog On”, Giuseppe conobbe Richard Sinclair
e in tale circostanza suonò l’organo in alcuni suoi brani. Da lì nacque l’idea
di musicare il testo di “Cut The Tongue” modellandolo sulla voce di Sinclair,
cosa avvenuta nel 2019. Richard, con il quale Giuseppe collabora alle tastiere
in diverse occasioni, fu lieto di cantare il brano ed è così che il disco si è arricchito
di questa prestigiosa presenza.
Quali
sono state le prime reazioni di chi ha ascoltato l’album?
Siamo molto felici! “Cut The Tongue” è stato accolto con
grande interesse e con un entusiasmo che è andato oltre le aspettative.
L’apprezzamento maggiore è stato per le linee melodiche di immediata presa, gli
arrangiamenti curatissimi, l’intensità degli interventi cantati e l’atmosfera che
riesce a creare, sempre sospesa fra il crudo realismo e il sogno fantastico. Ci
sono stati poi apprezzamenti particolari per la bravura dei musicisti coinvolti
e le loro performance.
Ipotizzando/sperando
di uscire rapidamente dal tunnel sanitario che ci ha immobilizzato, avete
pensato ad una possibile fase live?
Indubbiamente non sarà un’impresa semplice! Tredici tra
membri della band e ospiti, sparsi fra la Lombardia e il Salento complicano un
po’ le cose, ma l’intenzione di tutti è quella di suonare “Cut The Tongue” dal
vivo almeno una volta. Il quando è difficile dirlo, sia a causa della
situazione attuale che per le difficoltà logistiche legate alla necessità di
provare l’opera tutti insieme. Tuttavia stiamo lavorando per rendere possibile
questa cosa nella prossima primavera.
È troppo presto
per immaginare una continuazione e una stabilità del Julius Project?