mercoledì 3 febbraio 2021

Intervista ai Julius Project


Cut the Tongue” è un progetto di Julius Project che ho già commentato nel dicembre scorso:

https://athosenrile.blogspot.com/2020/12/julius-project-cut-tongue.html

 Propongo l’intervista completa realizzata con la band, già pubblicata su MAT2020


Julius Project, inteso come progetto specifico e denominato, è per me una novità: mi sintetizzate la genesi e l’iter del vostro “disegno musicale”?

Fra il 1978 e il 1981 Giuseppe “Julius” Chiriatti ha scritto 17 dei 18 brani che compongono “Cut The Tongue”. La sua intenzione era quella di suonarli con la propria band dell’epoca, ma alcuni membri li ritennero superati e poco interessanti e il progetto fu così abbandonato. Nel 2014 la figlia maggiore di Julius, Bianca, che impersona il protagonista del disco, scopre le vecchie carte e i provini registrati su musicassetta e convince il padre a riprendere il tutto. Nel 2019 Julius completa infine l’opera scrivendo la title track su propri testi dell’epoca.

Accade con una certa frequenza che brani del passato, rimasti nel cassetto per lustri, vengano recuperati dagli autori e riammodernati, ma le sonorità che proponete in “Cut the Tongue” non hanno nulla di “antico”: quanto vi ha aiutato la tecnologia in questa trasformazione?

Tutti i pezzi sono stati ripresi solo nel 2014, dopo 33 anni di “sonno” nel cassetto. Subito si è posto un problema di ordine concettuale, se rispettare lo stile originale del 1978/81 oppure adattarlo all’attualità. Abbiamo scelto la prima soluzione e anche gli arrangiamenti hanno rispettato i brani originali senza stravolgerli; sono stati usati moltissimi strumenti vintage e il missaggio finale è stato fatto utilizzando apparecchiature analogiche. Quindi la tecnologia non ha contribuito granché da questo punto di vista: la risposta più corretta è che i brani di “Cut The Tongue” sono comunque attuali e forse sono nati già proiettati nel futuro. Ciò probabilmente spiega anche il rifiuto degli altri componenti della band dell’epoca ad abbracciare il progetto.  

Veniamo ai contenuti e alla storia che proponete: quale messaggio racchiude il vostro concept album?

“Cut The Tongue” è un viaggio, difficile e a tratti doloroso, che Boy, il protagonista, affronta per trovare il senso della propria vita e per sconfiggere la nebbia che è calata nella sua mente. Dapprima si chiude in sé stesso, poi, su indicazione di un amico di famiglia, si affida a un “profeta” che gli decanta le meraviglie della ricchezza e l’importanza dell’apparenza, fino a quando, la notte di San Silvestro, Boy non si rende conto che si tratta solo di false illusioni. All’alba, in una dimensione onirica, ascolta la voce di uno spirito guida che gli raccomanda di “tagliare la lingua” (“Cut the tongue”) ai falsi profeti. Dopo varie vicissitudini, affrontando le tempeste nel mare della vita, dove si troverà anche a naufragare, alla fine Boy troverà il significato della sua esistenza, accettando la solitudine come virtù. L’autore però, come è scritto nel booklet stesso, preferisce non dare una chiave di lettura univoca, in modo che ognuno, ascoltando questo disco, trovi la sua interpretazione secondo il proprio vissuto e le proprie emozioni.

Proviamo a ricordare i componenti della band e dei vari collaboratori…

Oltre a Julius (Hammond, Mellotron, Moog Voyager, tastiere e voce) e Paolo Dolfini (Piano, Moog model D, Korg Lambda, tastiere e cori), Julius Project ha una base ritmica possente, costituita dal figlio di Paolo, Filippo, alla batteria e dal bassista Marco Croci (ex-Maxophone) che ha anche interpretato un personaggio dell’opera. Alle chitarre ci sono i salentini Francesco Marra e Mario Manfreda e al flauto e voce l’ex Jumbo Dario Guidotti. La voce del protagonista, Boy, è invece affidata alla figlia di Julius, Bianca (in arte Bianca Berry). Successivamente sono stati chiamati a partecipare grandi nomi del Prog italiano, quali l’ex-Jumbo Daniele Bianchini (chitarre) nonché Flavio Scansani (chitarre) e, sul fronte salentino, Egidio Presicce al sax e l’altra figlia di Julius, Martina, che interpreta la voce del “profeta”. La title track è cantata dal grande Richard Sinclair, ex membro di gruppi storici come i Caravan, i Camel, Hatfield and the North.

Decisivo appare l’intervento di Paolo Dolfini: come è avvenuto l’incontro e quale ruolo ha avuto l’ex Jumbo?

Paolo Dolfini e Giuseppe Chiriatti si sono conosciuti intorno al 2004 in occasione di un raduno di appassionati dell’organo Hammond, a Frosinone. Ne è nata una forte amicizia nonostante la distanza e i due hanno continuato sempre a frequentarsi, specialmente in occasione di varie edizioni del Festival di Veruno. Quando nel 2014 Giuseppe ha deciso di rimettere mano al vecchio progetto, ha subito contattato Paolo, il quale ha entusiasticamente abbracciato il progetto, curando gli arrangiamenti e dando il via alla realizzazione, pur consapevole che coordinare un progetto musicale interamente realizzato a distanza tra Lecce e Milano non sarebbe stato semplice; Paolo ha inoltre suonato il pianoforte e altre tastiere in diversi brani.

La chicca, dal punto di vista delle partecipazioni, è rappresentata dalla presenza di Richard Sinclair, che presta la voce nella title track: come è entrato nel progetto?

Nelle intenzioni iniziali, la title-track del disco doveva essere semplicemente un brano recitato, poiché ne esisteva solo il testo, scritto all’epoca. Nel 2017, in occasione di un concerto organizzato dall’Associazione musicale leccese “Prog On”, Giuseppe conobbe Richard Sinclair e in tale circostanza suonò l’organo in alcuni suoi brani. Da lì nacque l’idea di musicare il testo di “Cut The Tongue” modellandolo sulla voce di Sinclair, cosa avvenuta nel 2019. Richard, con il quale Giuseppe collabora alle tastiere in diverse occasioni, fu lieto di cantare il brano ed è così che il disco si è arricchito di questa prestigiosa presenza.

Quali sono state le prime reazioni di chi ha ascoltato l’album?

Siamo molto felici! “Cut The Tongue” è stato accolto con grande interesse e con un entusiasmo che è andato oltre le aspettative. L’apprezzamento maggiore è stato per le linee melodiche di immediata presa, gli arrangiamenti curatissimi, l’intensità degli interventi cantati e l’atmosfera che riesce a creare, sempre sospesa fra il crudo realismo e il sogno fantastico. Ci sono stati poi apprezzamenti particolari per la bravura dei musicisti coinvolti e le loro performance.

Ipotizzando/sperando di uscire rapidamente dal tunnel sanitario che ci ha immobilizzato, avete pensato ad una possibile fase live?

Indubbiamente non sarà un’impresa semplice! Tredici tra membri della band e ospiti, sparsi fra la Lombardia e il Salento complicano un po’ le cose, ma l’intenzione di tutti è quella di suonare “Cut The Tongue” dal vivo almeno una volta. Il quando è difficile dirlo, sia a causa della situazione attuale che per le difficoltà logistiche legate alla necessità di provare l’opera tutti insieme. Tuttavia stiamo lavorando per rendere possibile questa cosa nella prossima primavera.

È troppo presto per immaginare una continuazione e una stabilità del Julius Project?

Julius Project non è una band in senso tradizionale, ma un collettivo di musicisti coinvolti intorno ad un progetto. Tutti i contributi musicali sono stati registrati a distanza dal 2015 in poi, ognuno per conto proprio. La speranza è senz’altro quella di continuare su questa strada e Giuseppe è già al lavoro per un possibile “sequel” della storia.