mercoledì 21 febbraio 2018

Una chiacchierata con gli Ubi Maior...


Gli Ubi Maior sono una band giovane, ma non troppo, nel senso che l’esperienza è davvero significativa e si snoda su una ventina di anni di attività, periodo considerevole per poter tirare qualche somma.
Non ho mai avuto la possibilità di vederli in azione, anche se recentemente ho potuto apprezzare le caratteristiche della chitarrista Marcella Arganese, impegnata in un progetto parallelo. Ed è stata proprio Marcella il mio tramite con il gruppo, musicisti a cui ho posto qualche domanda, in un momento in cui sono già pianificati live importanti ed esistono le basi per la preparazione di un nuovo album, il quarto della loro carriera.



Ecco che cosa mi hanno raccontato…

Quest'anno gli Ubi Maior festeggeranno i 20 anni di attività: possibile riassumere la storia della band.
I primi 5-6 anni sono stati di apprendistato, passati tra lo studio delle cover e la creazione dei primi segmenti che faranno parte del nostro primo CD, “Nostos”, qualche anno più tardi. L'avvio è stato abbastanza blando. Non avevamo la fretta che intravedo oggi di mettersi subito a registrare un CD per inserirsi nel giro "giusto".
A cavallo fra i due millenni internet stava giusto decollando, i social così come oggi li vediamo non esistevano ancora. Ci si affidava ancora un pò alle gloriose fanzine di settore che tanto, e forse meglio, hanno fatto per il genere. Mandavi il CD-demo, iniziavano le prime recensioni, c'era il passa parola. Oggi è tutto più veloce. Devi registrare, avere un CD, martellare, millantare tirature impossibili, proporti in qualsiasi modo.
Fra il nostro primo CD e il secondo, “Senza tempo”, del 2010, c'è stato proprio il passaggio decisivo. Finite le fanzine si è passato ai social, ai portali prog, alla velocità di consumo e di produzione.
Dal canto nostro abbiamo continuato a fare le cose per bene e con calma, contando solo sulle nostre forze e sulla produzione chiara e corretta della nostra casa discografica AMS. Noi non compriamo i like su facebook e non abbiamo mecenati alle spalle.
La prima parte della storia della band si è conclusa nel 2010 con l'abbandono del nostro primo chitarrista, Stefano Mancarella, e l'avvento di Marcella Arganese. Marcella è un vulcano d'energia ed è impegnata oltre che con noi con i Mr. Punch (tribute band dei Marillion “epoca Fish”) e con gli Hostsonaten di Fabio Zuffanti. “Incanti bio meccanici”, il nostro terzo lavoro, ha segnato un interessante, quanto lieve, cambio di direzione a livello sonoro: un pò meno sanguigno hard-prog italico e più attenzione alle atmosfere e agli arrangiamenti.
Un lavoro più maturo.

Prima di affrontare il futuro vorrei soffermarmi sul vostro ultimo atto, "Incanti bio meccanici", album inusuale per i contenuti: me ne parlate?
Incanti bio meccanici è un album decisamente progressivo sinfonico. Meno debitore del glorioso rock progressivo italiano rispetto agli album precedenti. Sfruttando una forma compositiva comunque ben radicata negli anni settanta, come la suite, abbiamo però sviluppato armonie e melodie più originali e più attuali. Abbiamo stratificato maggiormente i brani, lasciando più spazio al lirismo del singoli strumenti, come su “I cancelli del tempo” e in “Lo specchio di mogano”. A livello lirico abbiamo incrociato l'arte onirica del teatro cinetico di Sharmanka con gli approfondimenti letterari del nostro cantante Mario Moi. I testi sono decisamente unici nel panorama attuale italiano, di un livello altissimo.


Che tipo di riscontri di pubblico e critica avete avuto in questa occasione?
Inutile girarci attorno. Il pubblico che acquista CD negli ultimi 20 anni è diminuito. Esiste ancora ma se anni fa vendevi 100 oggi vendi 60-70, se va bene. Il riscontro della critica è stato molto buono. Non tutti i paesi allo stesso modo. Puoi ottenere entusiastiche recensioni in Giappone e in Germania e magari meno benevole in Belgio o Olanda...è sempre molto strano e poco prevedibile. Cantare in italiano è sempre una lama a doppio taglio. Lo era negli anni Settanta e lo è anche oggi.

Non è bello incasellare la musica ma... come definireste la vostra proposta a chi ancora non la conosce?
Non ho mai avuto paura delle etichette e non mi da fastidio essere definito prog. E' la musica che facciamo, che amiamo. Alcuni definiscono il rock sinfonico di oggi regressive anziché progressive. Ognuno è libero di pensarla come vuole.
Dal canto nostro cerchiamo di non riproporre semplicemente un genere in voga 40 anni fa. Inseriamo elementi diversi che completano un puzzle oppure lo rinnovano e lo fanno progredire. Parlando dei nostri brani, “Teodora” è senz'altro una suite molto classica dal punto di vista compositivo. “Alchemico fiammingo” e “Lo specchio di Mogano” sono invece più sorprendenti, pur sempre incasellate in strutture già codificate. Troviamo tracce di musica melodica anni ‘80 come pure accenni di jazz o riferimenti etnici. Cerchiamo insomma di essere originali all'interno di una forma d'arte ben codificata.

Le vostre liriche appaiono di spessore e non un "atto forzato" (come a volte accade): come nascono i vostri testi? E' un lavoro di squadra o esiste precisa suddivisione dei compiti?
I testi finali sono opera di Mario Moi. Non è facile interagire in questo processo creativo. Puoi dare qualche idea di massima, spunti, come ha fatto Marcella per “Incanti”, ma poi la realizzazione definitiva spetta a Mario. Mario è molto attento a far combaciare la metrica delle parole col tempo del brano. Inoltre compone le melodie vocali e tutto ciò che riguarda il violino e la tromba. Le strutture e la musica di base è opera principalmente mia e di Marcella. Poi c'è il lavoro di arrangiamento con tutta la band coinvolta.

Come sono i live degli Ubi Maior?
Sono live atmosferici. Cerchiamo di rendere l'idea del brano e del testo che si sta cantando in quel momento. Stiamo lavorando a certe idee e vedremo se potranno essere realizzate in futuro. Ovviamente non è facile fare numerosi concerti. Nel 2016 abbiamo partecipato sia al grande Festival di Veruno che al Progressivamente di Roma. Nel 2017 abbiamo suonato al FIM di Erba.  Non abbondano le occasioni e i gruppi sono davvero tanti. Stiamo tentando di andare all'estero e quest'anno saremo ad aprile in Germania per il festival di Reichnbach ArtoRock Festival.
Cerchiamo di ottenere il massimo mantenendo la nostra dignità: non puoi andare a suonare totalmente gratis o senza una minima prospettiva di rientro, anche perché si abituano i gestori a pagare sempre meno, e questo rovina la scena musicale abbassando spesso anche il livello qualitativo… credo che sia bello poter calcare alcuni palchi per meriti propri e non pagando, poi oggi ci si può accontentare anche di una via di mezzo.

"Incanti…" è un disco del 2015: cosa bolle in pentola?
Bollono in pentola un pò di brani. Un paio sono già pronti e li presenteremo nelle nostre prossime esibizioni, uno l'abbiamo già suonato a Veruno. Stiamo lavorando per il nostro quarto album e sarà tendenzialmente diverso dal precedente. L'obiettivo è un ritorno a una struttura più contenuta dei brani, lasciando sempre più respiro agli strumenti e alle atmosfere. E’ questo Il traguardo per il 2019.

Come ha inciso il recente cambio di line up sulla vostra musica?
La decisione di Walter di lasciarci ci ha rallentano un pò nella prova dei brani nuovi, ma rientreremo presto nei ranghi. Il nuovo elemento Gianmaria Giardino è competente e molto giovane e ci porterà senz'altro nuova linfa ed energia. Lo vedremo nei prossimi mesi.

Che giudizio vi sentite di dare dell'attuale stato della musica in Italia?
A livello undergroud è un rigoglio di band, come sempre. In superficie però siamo sempre alle solite. Il RAP e le cover band la fan da padroni nei festival, nei locali. La gente affolla i loro concerti perché vogliono ascoltare quello che già conoscono, o forse perché questa super produzione (resa facile anche dall'utilizzo dei pc) - anche per riagganciarci alla prima domanda - è una produzione forse troppo desiderosa di fare e di arrivare, formazioni che durano il tempo di un cd e poi non esistono più, persone coinvolte in troppi progetti: forse così non si stanno creando masterpiece (sarebbe bello poter parlare di questo argomento senza pensare a nomi in particolari ma a tutta la scena italiana). C'è poca voglia di ricerca. Ci sono alcuni locali coraggiosi che propongono musica originale e band che compongono la propria musica. Esiste anche uno zoccolo duro di persone che affolla i festival organizzati in Italia.  Dovrebbero essercene sempre di più. Cerchiamo di ottenere il meglio da quello che viene offerto.

Quali sono le prossime occasioni per vedere gli Ubi Maior in concerto?
Se siete in Germania ci vedremo il 7 aprile per l'Art Rock festival di Reichenbach insieme a tanti altri artisti: tre giornate di sano progressive rock. Abbiamo poi in programma un concerto in area milanese a marzo, e per inizio giugno al Progs and Frogs festival a Cascina Caremma. Vi consigliamo comunque di tenere d'occhio la pagina facebook degli Ubi Maior oppure il nostro sito  www.ubimaiorweb.com


Formazione:
Mario Moi - vocals, violin, trumpet
Gabriele Dario Manzini - keyboards
Gianmaria Giardino - bass
Alessandro Di Caprio - drums
Marcella Zaubermaus Arganese: electric and acoustic guitar