lunedì 2 settembre 2013

Fungus- The face of evil


The face of evil è una creazione dei FUNGUS, band genovese giunta al terzo album, realizzato per la Blood Rock Records.
Nonostante la mia assidua frequentazione musicale del mondo prog e affine, non conoscevo i FUNGUS, peraltro attivi a pochi chilometri da casa mia.
Ma la casualità mi ha portato a Genova il 12 luglio, giorno in cui era di scena un progetto parallelo di Carlo Barreca, bassista dei ZeroTheHero  - e dei FUNGUS.
La mia curiosità mi ha spinto a saperne di più, e l’ascolto successivo di The face of evil ... ha colpito all’istante.
Oltre 50 minuti di musica che per comodità inserisco nel genere prog, un contenitore adatto ad ogni tipo di composizione di impegno.
Testi in lingua inglese e idee chiare, anche se le risposte a seguire, acquisite senza conoscenza diretta dei componenti, e quindi in parte da interpretare con un buon margine di errore da parte mia, lasciano intuire una certa purezza di ideali musicali, che è certo un pregio, ma che deve necessariamente trovare un compromesso con la necessità di condividere al massimo una musica a mio giudizio di qualità estrema: le possibilità di sharing sono orami elevatissime e occorre sfruttarle tutte.
Ma sono proprio le risposte della band che forniscono la chiave di lettura di una filosofia musicale a cui non sarei potuto arrivare in modo autonomo.
Il lavoro concettuale, introspettivo, con al centro l’uomo e le sue percezioni, è raccontato con buona sintesi, ma efficacemente, dagli attori stessi, gli unici in grado di evidenziare la loro verità.
Ho domandato un’autodefinizione della loro musica, concetto che ha richiesto qualche scambio di battute supplementare.
Estremamente difficile comprimere un mondo di ritmi - non tutti regolari - e di note in un contenitore fatto di parole, e l’ascolto attento di questo album porta a ritrovare schegge di passato - perché è da quello che più o meno inconsciamente si attinge -  e quindi a coniugare verbi già inventati da altri, e affibbiare etichette e generi che fanno parte dell’enciclopedia della “buona musica scritta”; ma le sonorità dei FUNGUS e del loro disco mi hanno portato a qualcosa di indefinibile, facendomi tornare in mente la follia rock che toccai con mano molti anni fa, quando per la prima volta ascoltai i Gong  e il loro Angel’s Egg. Nessuna similitudine nella proposta, ma stessa varietà e coraggio, tracce di sperimentazione e stilemi della tradizione del rock, bagnati dalla melodia e dalla voglia di stupire.
Anche l’art work è in linea con la psichedelia che a tratti emerge dal disco, ed è auspicabile un’uscita in vinile - The face of evil potrebbe diventare cover cult - come nella migliore tradizione di BWR, distributrice dell’album.
Per qualsiasi notizia oggettiva si consiglia una visita al sito ufficiale:
www.fungus-project.net


L'INTERVISTA

Partiamo dal Progetto “Fungus”: mi racconti in sintesi come nasce e come … prolifica?

zero: Fungus nacque per gioco nel lontano 2002. Del resto, in francese e in inglese, il verbo giocare e il verbo suonare coincidono: eravamo un gruppo di "improvvisazione totale", con una forte ispirazione seventies e psichedelica; le canzoni sono arrivate dopo, soprattutto con l'ingresso in formazione di Dorian.

Anche se non è mai una cosa piacevole, ritengo sia utile per i lettori: come definiresti a parole la vostra musica?

AJB: non abbiamo mai trovato un modo standardizzato, riconosciuto da tutti, per definire la nostra musica; non abbiamo la presunzione di essere i creatori di un nuovo genere, ma non vediamo, nelle consuete definizioni, una che calzi completamente.
Rock è troppo generico, Rock Prog non è esatto, Psych lo è solo in parte e fuorvierebbe i lettori.
Dorian: Interessante domanda, ma perché "definire"? E' un termine che inganna, e lo fa involontariamente, è ovvio, ma tenta di racchiudere qualcosa nel tangibile, anche se solo dal puro pensiero, anche se solo per un istante; chi meglio di chi compie l'azione sa cosa sta facendo! Giusto? Ebbene, per risponderti direi che, quando hai la fortuna di avere un dono, e questo dono è sentire una melodia, e questo dono è il sapersi lasciare attraversare da essa, e questo dono è anche la possibilità di una traccia... una scia... come una cometa... in un istante il tutto.

E’ appena uscito il vostro nuovo album, The Face of Evil: mi racconti dei contenuti, della concettualità, dello sforzo di abbinare il messaggio alla musica?

Dorian: l'ultimo figlio di Fungus fa parte di un cammino che la band ha voluto intraprendere, non per specialità, ma per interesse personale e curiosità, un mettersi alla prova che arriva quindi a noi sotto forma di terzo capitolo... e fortunatamente non di epilogo! E’ un disco che è riuscito a farci crescere come "entità gruppo", ed a nostro avviso il risultato è percepibile; molto più spazio alle keys rispetto a “Better than Jesus, molto più articolato rispetto a “Carefull!”, ed infatti in esso abbiamo avuto la possibilità di riversare parecchie sensazioni, talvolta anche in contrasto... è questo “The face of evil”, allungare il piede dentro se stessi per sentire come sia l'acqua.
Il primo lavoro voleva esser un avvertimento, il secondo una presa di coscienza, “The face of evil” è sapere che esistono giorni in e giorni off, dove magari stai male dentro... questo è l'uomo del nostro tempo, una creatura meravigliosa che si è fermata a guardare una vetrina, ma che si sta rendendo conto che ha un appuntamento con se stesso.

Siete tra i pochissimi gruppi ad utilizzare il Theremin, incredibilmente bello dal punto di vista scenico, ma anche utile per disegnare particolarità sonore: come vi siete avvicinati allo strumento?

AJB: Pomeriggio di primavera, da poco 30 anni, mi sono appena lasciato con la mia ex. Sto sul divano a cazzeggiare… zapping nervoso, non avendo voglia di far niente, tranne oziare. Poi su LA7 mi soffermo su uno speciale, un monografico di un telefilm giallo (L’ispettore Barnaby; Midsomer Murders). Nel monografico parlano anche della sigla, ed io: “ma cos’è ‘sto suono fantastico!”. Parlano dello strumento, del Theremin, fanno vedere delle esibizioni di Carolina Eyck, ed io cosa faccio? Una settimana dopo acquisto lo strumento e provo a farne uscire dei suoni. Sarà la crisi dei trent’anni o il fatto che sia appena uscito da una storia importante, ma dopo aver trovato un insegnante che mi spiega i rudimenti dello strumento passo l’estate a provarlo e a far impazzire i vicini. Quindi arrivano alcuni pezzi su cui provo ad inserirlo, sino a “Share Your Suicide Part III”. E’ il pezzo giusto in cui metterlo, spaziale, etereo e malinconico; gli dedico una parte semplice, un cromatismo a scendere, senza mai staccare troppo il volume e scopro che ci sta. E’ uno strumento complicato, ma affascinante, difficile da inserire stando sempre nel pitch giusto, ma dopo averlo recentemente provato dal vivo decido che è il momento di provare a dargli maggiore spazio.

Quanto è importante per voi la sperimentazione?

Dorian: se con sperimentazione vogliamo dire aprirci a tutto, perdendo se stessi dentro la musica, ti assicuro che anche il semplice guardare intorno a te diventa una sperimentazione. Tutti sperimentiamo, e lo facciamo ogni giorno; c’è chi ha la fortuna di renderlo più "sensibile" perchè ha la fortuna di avere un estro, ma in fondo un musicista che suona è come il vento che soffia o il fiora che sboccia... semplicemente se stesso.

E quanto lo è la fase live?

Dorian: il live è per chi muore dalla necessità di esprimersi, una delle poche forme di espressione; probabilmente potrà sembrare banale, ma nella storia l'artista oltre all'esprimersi non si è spinto a fare altro, talvolta per pigrizia, talvolta per vizio...di forma e non, talvolta perchè troppo preso dal liberarsi di questo inconcepibile fardello che cresce dentro, e talvolta perchè ci si innamora troppo della proiezione che ne deriva.

Ho avuto la possibilità di ascoltare The face of evil una sola volta, ma mi è bastato per captare una proposta originale e di grande impatto, eppure… non vi conoscevo, nonostante la vicinanza geografica e la mia intensa frequentazione musicale: a parte le mie “colpe”, c’è qualcosa da registrare nella pubblicizzazione della vostra arte?

Dorian: direi che ci sia qualcosa da registrare nella pubblicizzazione dell'arte in generale... nella nostra cultura tanto ricca di esempi, perchè è questo che ricerca comunque l'interesse umano, un termine di paragone, perchè terminare è determinare e quindi crea rassicurazione in chi non volesse altro, ma altrettanto motiva chi, invece, avesse un'indole di stima o prevaricazione; sperimentiamo sempre come dicevo, se poi si è semplicemente innamorati dell'arte, è normale che tutti possano partecipare ad essa, perchè siamo esseri speciali solo quanto più riusciamo ad essere noi stessi, ma non per imposizione, sia essa agente, utente, o paziente... se sai di essere parte dell'unità quanto importante potrà essere il tuo agire se non fondamentale? Insomma è bello poter dire quello che sono come voglio finchè esiste qualcuno che vuole ascoltare, ma è una condizione instabile: a me potrebbe non bastare più o volere altro, a qualcuno potrei non piacere più, o piacere a molti, comunque sia, se lo farò per me o per gli altri, lo farò perchè sinceramente non potrei fare altro. L'arte crea se stessa per se stessa perchè è espressione di se stessa ed ama contemplarsi ed ammirarsi... ed attraverso i nostri sensi questo può avvenire... in una parola: Dio.

Ho provato a cercare tracce di passato nella vostra musica, non perché sia necessario rifarsi alle origini, ma è cosa utile quando si vuole descrivere una nuova musica ad altri. Ho trovato un bel mix di miei ricordi, tra vocalità alla Hammill, trame complesse alla Gentle Giant e spazi folk acustici alla Tull… tutti miei amori. Ma quali sono in realtà le vostre muse ispiratrici?

Dorian: Il filone 60/70 è palesemente stato digerito, è chiaro che ci siano riferimenti a Zappa, Doors, Floyd così come la scena di Canterbury... insomma, è chiaro, come dico spesso, la nostra indole è affine a quelle vibrazioni... se fossimo al bar aggiungerei che lo è in virtù del fatto che in quel periodo la musica rock è stata all'apice,  ma poi le major... la gente, si trasformerebbe tutto in mere chiacchere da bar. Personalmente chiederei a tutti come fai a non amare la terzina? Come fai a non concepire il ride?! O la bobina? O il vinile? Il sintetico ha raggiunto un livello di compattezza tale che non si percepisce più il suo peso... in un certo modo ammicchiamo ad un'indole palesemente celebrativa.

Da dove deriva la scelta di utilizzare la lingua inglese (che personalmente amo di più rispetto alle altre)? 

Realmente, non riusciamo a sentire testi diversi da quelli "anglofoni" sui nostri pezzi. Partiamo prevenuti e lo sappiamo. Ed è proprio una deriva... musicalmente, siamo abituati a sentire l’inglese come la migliore se non l'unica lingua che possa sorreggere il peso di un qualsiasi messaggio, nella musica e non solo; sapere che nel mondo si parla una sola lingua è un'idea affascinante... poi, sapere che non è la tua, ma quella di un altro, forse un pò dispiace, e questo dispiacersi è subito riequilibrato da mezzi che ti fanno stare meglio, anche se non bene; ma non ci pensi e cerchi di goderne, cogliendo l'attimo che si cela in essi.

Mi raccontate qualcosa del lavoro di produzione e distribuzione?

The Face of Evil” è stato prodotto grazie alla collaborazione tra i Fungus, Emanuele Cioncoloni, dello studio "El Fish", che già aveva seguito la chiusura del precedente lavoro, “Better than Jesus”, per le grafiche e l'audio, la BloodRock Records, che ne ha curato la prouzione e la Black Widow, in qualità di distributore.

Come pensate di pubblicizzare il vostro album?

Mettendo LSD nelle tubature!

Parliamo di futuro… come vorreste fosse il vostro, restando sul versante “cose realizzabili”?

Riuscire a sapere chi siamo ogni volta che ci guardiamo allo specchio… potrebbe bastare... almeno per domani!



Tracks Listing

1. The Face Of Evil
2. Gentle Season
3. The Great Deceit
4. Rain
5. The Key Of The Garden
6. Share Your Suicide part III
7. Angel With No Pain
8. Better Than Jesus
9. Requiem
10. The Sun
11. Bkk

Line-up / Musicians
Alejandro J. Blissett - Guitars
Carlo Barreca - Bass
Dorian Deminstrel - Voice, Acoustic Guitar
Claudio Ferreri - Keyboards
Caio - Drums