mercoledì 29 agosto 2012

Jethro Tull's Story


L'amico Augusto Andreoli mi ha inviato il primo di una serie di interessanti articoli legati al mondo "Jethro Tull"


UNA COLLANA DI PERLE

Nel dicembre 1968, i Rolling Stones registrano lo spettacolo Rock and Roll Circus. I primi ad esibirsi, annunciati da Mick Jagger con un “Ecco per voi stasera il primo numero dal vivo. Sono i fantastici Jethro Tull!” Ian è infagottato in un grigio cappotto oversize. Verremo poi a sapere che è lo stesso cappotto che gli ha consegnato il padre James dicendogli burberamente “You'd better take this. It's going to be a cold winter” (“Fai meglio a prender questo. Sarà un inverno freddo”) il giorno in cui il figlio gli annunciava la decisione di lasciare Blackpool e la famiglia per scendere a Londra in cerca di fortuna nel mondo della musica.  Il brano è l’ormai leggendario A Song for Jeffrey. Alla chitarra, Tony Iommi (in seguito chitarrista storico dei Black Sabbath), una veloce meteora nel panorama dei Tull, praticamente un temporaneo rimpiazzo di Mick Abrahams in attesa del prossimo – in quei giorni non ancora all’orizzonte – arrivo di Martin “Lancelot” Barre.  


LP (LUOGHI E PERSONAGGI)

Per il primo assaggio di questa rubrica, let’s go back in the year one! Il luogo è Dunfermline, città a 20 km a nord-ovest di Edimburgo. Situata tra il Firth (“fiordo” in gaelico) of Tay ed il Firth of Forth, ed attraversata dal pittoresco Pittencrieff Park, è l’antica capitale della Scozia, nota per aver dato i natali a diversi re scozzesi e ad Andrew Carnegie, imprenditore e filantropo. Famosa è la sua Abbazia, che ospita le spoglie di Robert the Bruce, re di Scozia ai tempi del celebre William Wallace (quello descritto nel film Braveheart, tanto per intenderci). Qui Ian Scott Anderson nasce il 10 agosto 1947, terzo figlio maschio di padre scozzese e madre inglese. Gli Anderson abiteranno in quel periodo in Headwell Road prima e in Aberdour Road poi. Nel 1950, la famiglia si trasferirà ad Edinburgo.




IPSE SCRIPSIT-DIXIT

Da un’intervista al Record Mirror nell’autunno del 1968:
I don't agree with people taking drugs or stimulants. They should be themselves without having to resort to those sort of things” (“Non mi trovo d’accordo con chi assume droghe e stimolanti. Dovrebbero essere se stessi senza la necessità di ricorrere a quel genere di cose”).
In una Londra trasgressiva e psichedelica, quando persino gli ecumenici e rassicuranti Beatles percorrono le vie che “portano all’oblio” e “aprono le porte della percezione”, queste parole fanno davvero impressione e danno già allora la misura di una forte individualità. Chi se lo sarebbe aspettato da uno che in quel periodo sembrava un incrocio tra uno strafumato hippie ed un clochard avvinazzato…?