venerdì 26 agosto 2011

Araba Fenice-"Lune a Mezzanotte"


“Lune a Mezzanotte” è l’album di esordio di “Araba Fenice”, una giovane band romagnola.
Il mio “ incontro” casuale con questo gruppo parte da molto lontano, quando non avevo la minima idea di quale fosse il loro progetto musicale.
Fu un’amica, Debora, conosciuta attraverso il “mondo Jethro Tull”, che mi raccontò di un giornata di agosto di 3-4 anni fa, quando da una tenda di un campeggio della Valle d’Aosta in cui lei si trovava, sentì il suono di uno strumento conosciuto … anche il brano era noto, “Bourèe”. Lei rimase ammaliata da tanta bravura e approfondì l’amicizia, tenendomi sommariamente informato sull’evoluzione artistica della band. Quel flauto traverso apparteneva ad Ermes Maffi, uno dei musicisti dell'Araba Fenice.
Probabilmente “Lune a Mezzanotte” è figlio di quei momenti lontani, o almeno è quella la sua collocazione temporale, ed è ipotizzabile che gli effetti della ovvia maturazione artistica porteranno a nuove proposte, ma, nel frattempo, scopriamo un album che, come tutte le opere prime rappresenta già un sunto del lavoro di una parte di vita.
Dieci brani cantati in italiano, dieci storie di vita comune “trattate “ con l’estrema cura dei particolari.
Se dovessi dare qualche indicazione sul genere musicale presentato, potrei utilizzare la denominazione " folck-rock", con una forte predisposizione ad attingere al patrimonio culturale da cui Araba Fenice proviene.
È sufficiente dare una lettura alla strumentazione utilizzata per farsi un’idea corretta: accanto alla tradizione del rock, più elettrica, troviamo infatti la tendenza all’acustico, con mandolino, bouzouki, flauto traverso, banjo, cembalo e altro ancora, strumenti presi in prestito da differenti culture ed etnie.
E’ una musica che colpisce, che immediatamente riporta alla vita di provincia a cui non si vuole rinunciare nemmeno un minuto, lasciandosi contaminare da quel minimo di tecnologia cittadina che deve solo essere funzionale al progetto.
Le liriche raccontano temi sociali e problemi quotidiani, cantate col piglio dei cantastorie consumati, che sanno “dominare” le tranquille feste di paese, ma che al momento opportuno sanno sfoderare estrema grinta, in altri contesti.
A fine aprile Debora mi ha mandato il CD, con la certezza che avrei gradito.
Lo ascoltato tutto di un fiato e dopo due giorni le ho raccontato di come non riuscissi più a levarmi dalla testa “Il rifugio che sai”, che ho “trattenuto” in me, involontariamente, per un lungo momento. E questo vale forse più di mille commenti…
“… Lasciati guidar da una musica che si accende dentro… ti raggiungerà…. ti racconterà…”

E ora … sono davvero curioso di vedere ciò che Araba Fenice riesce a creare on stage!


Le pagine dell'Araba Fenice:




L’INTERVISTA

Ho sentito parlare di voi, per la prima volta, qualche anno fa, almeno quattro, quando un’amica comune, Debora, mi descrisse un incontro casuale avvenuto in Valle d’Aosta, in un campeggio. Che cosa vi è accaduto di significativo in questi quattro anni, dal punto di vista musicale?
Be, diciamo che le cose sono tante, molte bellissime, quasi indimenticabili! Ad esempio la vincita di un concorso per band emergenti che ci ha portato in Polonia a suonare davanti a migliaia di persone (ed eravamo ancora quasi senza un repertorio completo), le numerose partecipazioni ad altre bellissime manifestazioni, rassegne e contest, l’uscita di un disco tutto nostro (prodotto veramente con il sudore e del quale andiamo molto fieri), ma soprattutto i tanti live che facciamo durante l’anno e che ci hanno fatto conoscere il calore e l’affetto di molte persone che ci seguono, anche percorrendo parecchi chilometri per farlo! Forse per i “grandi gruppi” questo è normale, ma per noi è una cosa impagabile vedere e rivedere gente ogni sera che balla, canta e suda con noi! Di brutte esperienze fortunatamente ne abbiamo vissute poche, diciamo che abbiamo imparato sulla nostra pelle che nessuno ti da niente per niente e che diffidare di chi usa belle parole e ti promette belle cose non è poi cosi sbagliato!

E’ sufficiente leggere la lista degli strumenti utilizzati per capire il vostro orientamento stilistico. Da dove nasce questa voglia comune di utilizzare atmosfere acustiche e folk per raccontare e raccontarsi?
La voglia nasce dal semplice desiderio di suonare e raccontare le nostre storie e le nostre idee anche in luoghi dove volumi e potenti strumenti elettrici non possono entrare, nonché dalla passione per il legno, materiale vivo e caldo come le atmosfere che cerchiamo di creare nei nostri concerti. L’aspetto positivo è che questo modo di suonare (e questo genere in particolare) appassiona molto persone di tutte le età! Il folk fa parte delle nostre radici e del nostro dna quindi diciamo che non è stata propriamente un’idea nostra, è il folk che ha scelto noi!

Scrivere canzoni significa anche inviare dei messaggi, denunciare, o semplicemente descrivere dei sentimenti. Ma la musica ha grande efficacia indipendentemente dalle parole ( pensiamo a quanto ci si legava a brani di cui non si capiva una parola, cosa ancora in atto nonostante la conoscenza delle lingue).Qual è il vostro punto di vista sul rapporto liriche/suoni/arrangiamenti?
Di sicuro non abbiamo la pretesa di lanciare messaggi tanto meno di insegnare qualcosa a qualcuno … ci piace parlare e raccontare di sentimenti, tematiche sociali, stati d’animo, storie di persone del passato, del presente e forse anche del futuro. Detto ciò pensiamo che i testi dei nostri pezzi e delle canzoni in genere siano davvero molto importanti. Fingendo di dover dare una percentuale potremmo dire 70% testo e 30% musica! Ovviamente se un bel testo è accompagnato da una bella melodia e un buon arrangiamento riesce a trasmettere il suo significato più facilmente e a più persone raggiungendo anche quelle che ascoltano musica in maniera più leggera.

Utilizzare strumenti “antichi” non significa rinunciare alla ricerca e all’innovazione. Dedicate del tempo a sperimentare percorsi per voi nuovi? Che cosa pensate della tecnologia applicata alla musica?
Innovazione non significa utilizzare suoni spaziali, voci e strumenti campionati, e soprattutto farlo per seguire l’andamento delle mode. Non siamo tanto amanti della musica posticcia, o perlomeno non estrema come quella che si sente oggi ovunque … amiamo il suono vero dello strumento accettando i suoi pregi e difetti. In ogni caso la tecnologia applicata per migliorare la qualità del suono e più in generale per aiutare a rendere accessibile a tutti la musica, ha fatto passi da gigante e questo è un ottimo aspetto! Diciamo che innovare significa riuscire a dire le cose per raggiungere il maggior numero di persone possibile senza cadere nella retorica e nelle banalità. Come disse un famoso cantante: ”l’impresa eccezionale è essere normale!”

Vivere di sola musica(di qualità) è di questi tempi pressoché impossibile. Che tipo di obiettivi vi ponete se pensate al vostro sviluppo e soddisfazione personale?
Il nostro obbiettivo principale è quello di fare più concerti possibili, produrre dischi di buona qualità e vivere facendo quello che ci piace! Non abbiamo grosse pretese, la cosa più fantastica sarebbe poter lasciare il nostro lavoro a chi ne ha bisogno, in cambio di un pari sostentamento derivante dalla nostra attività musicale! Ad oggi è una visione senza dubbio un po’ utopica, ma noi ci crediamo e andiamo avanti!

Le influenze che subiscono i musicisti (e meri appassionati di musica) sono di solito molto variegate. Esiste all’interno del gruppo un nome su cui tutti siete d’accordo?
Come tutti i gruppi abbiamo gusti e modi di ascoltare musica diversi, ma sono parecchie le influenze che ci accomunano. Si va dai cantautori italiani alla scena prog rock anni 70, passando per folk ed hard rock... un nome su tutti? BANDABARDO’!

Quanto è importante per voi il vincolo dell’amicizia nella realizzazione del vostro progetto? Un gruppo di lavoro può funzionare solo con la professionalità ed il talento?
Quando si crea un progetto bisogna scegliere le persone giuste se si vuole cercare di avere vita lunga. Un gruppo come il nostro richiede molti sacrifici e se lo facessimo solamente per popolarità o denaro, ci saremmo con ogni probabilità già sciolti. Bisogna riconoscere che siamo molto fortunati per questo aspetto. Stiamo bene insieme e quando siamo sul palco succede qualcosa che è difficile da spiegare… è come se ciascuno si affidasse all’altro completamente, proprio come in un rapporto di coppia! Ma l’amore è un’altra cosa, questo è affiatamento, e non si impara con la tecnica, ma vivendo e suonando con passione sera dopo sera condividendo successi e fischi. Quando nasce questa alchimia nel 99% dei casi c’è anche dietro un vero rapporto di amicizia, fondamentale nella vita di ognuno di noi, e nella vita della band!

Esistono teorie che legano scuole di pensiero e generi musicali a particolari parti della nostra penisola (scuola genovese, milanese, torinese ecc…), ognuna con caratteristiche ben delineate. Pensate che la vostra terra di origine abbia influenzato il vostro modo di comporre e suonare? Esiste un “filone” geografico in cui vi sentite inseriti?
Siamo molto legati alla nostra terra anche se non tanto per la musica, ma per le tradizioni e tutta la storia che porta con se e che ci regala. Noi cerchiamo, a nostro modo, di raccontare la nostra terra perché la amiamo. Non crediamo di appartenere ad una scuola di pensiero, ma forse è un aspetto più facilmente giudicabile dall’esterno, non dovremmo essere noi a dirlo.

Che tipo di rapporto riuscite a creare col pubblico quando siete su un palco? Vi gratifica l’interazione?
Il rapporto con il pubblico e’ fondamentale, e’ la base di tutti i nostri concerti. Purtroppo è capitato di non riuscire a interagire con chi avevamo davanti, a coinvolgerli, nonostante i nostri tentativi. Forse semplicemente i presenti non gradivano il nostro genere o magari ne preferivano altri. Per noi emergenti purtroppo non sempre il pubblico presente ha consapevolmente scelto di venirci ad ascoltare … fortunatamente invece molto più spesso c’è grande partecipazione da parte del pubblico: canti, cori e tutto quello che di più bello ci si può aspettare! Questa è la cosa più bella e quello che ci spinge ad andare avanti e fare sempre meglio! Non finiremo mai di ringraziare ogni singola persona che ci segua, da quello che salta sbraita e canta a squarcia gola a quello che canta sotto voce stando bene attento a non farsi vedere!

Cosa ci può essere dietro a “Lune a Mezzanotte?
Tanti chilometri, lunghe strade interminabili, per non parlare del “monta-smonta” di ogni concerto … grandi soddisfazioni e qualche delusione, ma soprattutto tanto impegno, ma anche tante risate!




Note:

"Lune a Mezzanotte” è disponibile anche su “Itunes

http://itunes.apple.com/us/artist/araba-fenice/id456556261?ign-mpt=uo%3D4


… ma è disponibile anche in tutti gli altri digital music store mondiali oltre che su www.loserscompany.net



Sul sito ufficiale dell'etichetta www.loserscompany.net si possono trovare tutti i contatti, le informazioni e i contenuti extra relativi a “Araba Fenice”.