martedì 1 settembre 2020

Michel Polnareff


Il ritornare con la mente ai miei inizi musicali mi conduce ad un artista francese che avevo ormai sepolto nella memoria... ingiustamente, dal momento che la prima canzone che ho imparato a strimpellare era "La bambolina che fa no, no, no".
Parlo ovviamente di Michel Polnareff, un monumento nazionale nella sua Francia.
Qualcuno descrive così quel periodo e quella canzone:

"E' una bambolina… che fa no, no, no, no, no, no”... era come una nenia continua in quell'estate del 1966. Dalle radio e dai mangiadischi infatti quel motivo continuava ad imperversare. Giorno e notte. Era infatti semplice da eseguire anche da apprendisti chitarristi: Mi, La e Re, andata e ritorno ripetuto più volte… niente di più.

Figlio di un musicista di origine russa e di una ballerina bretone, Michel Polnareff trascorre l'infanzia tra il repertorio classico di suo padre e gli standards americani di Gershwin e Porter prediletti da sua madre. A 20 anni ha già alle spalle un ingombrante passato di bambino-prodigio, pianista al Conservatorio di Parigi, e davanti a sé niente altro che un mediocre futuro da bancario. Senza pensarci due volte Michel decide di rompere con la routine e di rifiutare il posto di impiegato. Nel 1965 lo troviamo sugli scalini di Montmartre a guadagnarsi gli spiccioli suonando la chitarra per i passanti: l'insofferenza per le convenzioni lo spinge perfino a rifiutare un contratto con la Barclay, potente casa discografica francese in cerca di giovani talenti. A questo punto entra in scena Gérard Woog, suo ex compagno di scuola, che gli procura un'audizione con Lucien Morisse, patron della stazione radiofonica Europe 1 e scopritore di personaggi quali Marino MariniChristophe e Dalida, che tra l'altro, per pochissimi mesi (nel 1961), era stata anche sua moglie. Lucien diviene il suo manager e gli fa incidere il primo disco. "La poupée qui fait non", questo il titolo, è un brano volutamente semplice dal punto di vista musicale, quasi infantile. La sequenza di accordi è talmente facile che "La poupée” diventa il brano più strimpellato dell'anno da tutti gli aspiranti chitarristi d'Europa. Eppure, la canzone si distingue dai tanti successi dell'ondata ye-ye in voga nell'epoca, se non altro per il sound decisamente più internazionale: non a caso il giovane Michel, già fanatico delle novità tecnologiche degli studi di registrazione, chiede e ottiene di effettuare l'incisione a Londra, dove è possibile usufruire di tutte le trovate e gli effetti sonori che si ascoltano nei dischi prodotti oltremanica. Alla sessione partecipa anche uno sconosciuto Jimmy Page (di lì a poco entrerà negli Yardbirds), e il disco esce in Francia il 26 maggio 1966. Il successo è immediato in patria e si riverbera nel giro di pochissimi mesi anche in Olanda, Belgio, Svizzera, Germania, grazie alla promozione radiofonica da parte di Europe 1, che viene captata in tutta l'Europa centrale.

In Italia Polnareff verrà notato con il solito ritardo: solo con il suo secondo 45 giri, "Love me, please love me", il giovane cantautore francese verrà chiamato in Italia a promuovere la sua musica nelle trasmissioni televisive dell'epoca. A far conoscere la sua "poupée" penseranno comunque due gruppi italiani, i Rokketti e Quelli, che incideranno la cover italiana del brano, dandogli il titolo "Una bambolina che fa no, no, no".
Egli stesso provvederà a inciderne una versione in italiano, che uscirà su 45 giri con etichetta AZ (facciata B: La lezione del capellone) .

Ed ascoltiamo "La Bambolina..." in versione francese, e una recente "Love Me, Please Love Me".







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