Quello
che segue non può essere il commento al Festival Prog di Veruno, giacchè la mia presenza
alla sola prima giornata non mi
permette di essere esaustivo, ma le pillole di esibizione delle prime quattro
band potranno fornire l’idea di quanto accaduto.
Il
resoconto totale e completo verrà pubblicato prossimamente sul web magazine MAT2020 (WWW.MAT2020.COM).
Superfluo
sottolineare l’importanza raggiunta dalla manifestazione, ma tengo sempre ad
evidenziare l’atmosfera che si respira: non un ritrovo per nostalgici
(nonostante certi nomi altisonanti arrivino direttamente dai seventies…) ma un
luogo in cui la musica - in questo caso prog - e tutto ciò che la circonda prendono
vita, dove ci si incontra - magari trasformando in contatto reale una “amicizia”
virtuale -, dove si scambiano esperienze e opinioni, dove si tocca con mano il
musicista mai raggiunto.
E
se poi il meteo è favorevole - come è accaduto venerdì 7 settembre - Veruno diventa un luogo da sogno, e non è
esagerato, a fine evento, immaginare e pianificare il viaggio dell’anno a
venire.
Il
programma di quest’anno era come sempre allettante, con una netta prevalenza
per il sound straniero, che culminerà nella giornata di domenica con i Vanilla
Fudge.
Ad
aprire la kermesse i genovesi Panther & C., giunti al secondo album.
Conosco
bene la loro storia e ho avuto un paio di occasioni per vederli dal vivo, non
mi sorprende quindi il consenso che riescono a suscitare nell’audience.
Loro
sono… Mauro Serpe alla voce e
flauto, Alessandro La Corte alla
tastiere, Riccardo Mazzarini alla
chitarra, Giorgio Boleto al basso e Folco Fedele alla batteria.
E’
un prog molto vicino al mio ideale,
miscela di “antico” e melodia, e il gradimento dei presenti sarà totale,
manifestato in modo sincero anche nel post concerto.
Ecco
un elemento del loro puzzle…
Le
RanestRane
sono introdotte con enfasi da Octavia Brown,
uno dei pilastri organizzativi, e propongono il loro “Prog Contemporaneo”
testimoniato dagli 8 album rilasciati e dai loro tour internazionali, con
importanti collaborazioni in “area Marillon”.
Il
loro è un concerto che prevede la proiezione di pellicole e tende a realizzare
una performance multimediale molto coinvolgente.
La
formazione prevede Riccardo Romano
alle tastiere, Daniele Pomo batteria
e voce, Maurizio Meo al basso e Massimo Pomo alla chitarra.
Anche
per loro presento uno spezzone di esibizione…
Quando
arrivano gli ANGE
il buio cala sull’area concerto e il fascino aumenta, anche perché sta per
arrivare la storia, che attualmente si incarna in Christian Décamps alla voce e tastiere addizionali, Tristan Décamps canto e tastiere, Hassan Hajdinalla chitarra, Thierry Sidhoum al basso e Ben Cazzulini alla batteria.
Gli
ANGE sono un pilastro del prog, francese e internazionale -29 album, 6 dischi d’oro,
6 milioni di album venduti -, e la
figura dell’istrionico frontman Christian monopolizza il palco, e la
consapevolezza di essere al cospetto di una band così “grande” influenza
probabilmente i presenti.
A
tratti i brani scivolano su un rock un po’ più… semplice e lineare, ma la
capacità di incantare la massa in front
of fa sì che i dubbi vengano - almeno i miei - vengano superati, lasciando
spazio alla certezza di aver vissuto un’ora probabilmente irripetibile.
Eccoli…
A
chiudere la serata gli Amon Duul II, altra “roba” per personaggi storici.
Li
avevo persi da tempo e mi aspettavo musica “molla” - mea culpa - e ho trovato una buona dose di psichedelica,
particolarmente adatta alla situazione.
Non
è questo lo spazio per ricordare la storia e le dicotomie di idee che hanno portato
all’attuale formazione, ma sul palco era presente una buona dose di seme originario.
Si
presentano con il doppio batterista (Jan
Kahlert e Ulli “Flist” Linzen),
che a ben vedere non mi è parso giustificato (ma c’è chi, di questi tempi, è arrivato
a tre!), Dario al basso (non ci è
dato di conoscerne il cognome…), John Weinzierl
alla chitarra e synth, Chris Karrer
alle chitarre e violino e la mitica frontwoman Renate Kanupp-Krotenschwanz.
Anche
in questo caso si innesca la magia, si supera l’elemento musicale e ci si
accorge di far parte di un momento unico, mentre le trame cupe, ossessive, a
tratti laceranti, avvolgono e entrano nell’intimo.
Da
metabolizzare con calma, ma poi arrivano e non ti mollano più!
Un piccolo sunto video…
Al
momento non ho riscontri del proseguimento del festival, ma se tanto mi da
tanto...
Come
sempre un plauso enorme al deux ex machina della situazione, Alberto Temporelli, che, visto dall’esterno,
deve essere dotato, anche, di pazienza infinita… ma le passioni aiutano a
superare tutte le intemperie!