SETTANTA REVISITED
Guida sballata e
verbosa per l’anziano rincattivito di questi anni millennovecentoduemili
di Carlo Crescitelli
Il numero “Settanta”, se riferito al periodo storico
corrispondente, ha per me un richiamo assoluto: è il periodo della mia
adolescenza - terminata a metà dei seventies -, dei miei ricordi migliori,
delle mie memorie peggiori, in ogni caso è lo spazio temporale in cui mi sono
formato, quello che ha permesso di gettare le basi di una vita fatta di fasi
alterne, come succede a tutti.
Proprio in questi giorni ho ascoltato la chiosa di Franco
Mussida che, intervistando Bernardo Lanzetti, affermava che la musica che ti
accompagna nella vita è quella che ti ha toccato nell’adolescenza, perché collegata
a fatti speciali che non si dimenticano più, e che ritorneranno a galla - per gioire
o soffrire - ogni volta che quelle note riappariranno.
Il libro di Carlo Crescitelli, “SETTANTA REVISITED”, non poteva non stimolare la mia curiosità… è
bastato il titolo, a cui si è aggiunta la coltellata finale, l’immagine di
copertina, del 1976, che rappresenta una festa del proletariato giovanile al
Parco Lambro: e il momento magico stava per finire!
Sono casualmente a Milano, è il 1976, ho 20 anni. Il tram su
cui mi sto muovendo si ferma all’improvviso, gentilmente ci fanno scendere
mentre le serrande dei negozi si chiudono. Improvvisamente la via si riempie di
giovani tutti uguali, con l’eskimo carico di pietre e in mano mazze e ammennicoli
similari. Nella posizione opposta un esercito fatto di uomini sovrapponibili,
per colore e attrezzatura. Lo scontro stava per arrivare, ma era cosa normale
per chi viveva da quelle parti, a metà anni ’70!
Chiedo scusa in anticipo all’autore per il parallelismo tra
la mia vita e la sua, ma la tentazione è troppo forte, anche se cercherò di
limitare i danni e proporre un commento il meno personale possibile.
Crescitelli evidenzia come quell’epoca fosse fatta di "…
anni colorati: salvo ovviamente che in tv, per il resto i colori erano dappertutto, e
senza bisogno neppure di arrivare al Parco Lambro. Forti, vividi e intensi come
mai più li ho rivisti: nei vestiti e nei sorrisi di noi giovani, nei sogni
d’Oriente che popolavano le nostre fantasie, nell’energia e nella rabbia che
tutti, giovani e anziani, buttavano fuori. Con buona pace di Internet, io la
sensazione di vivere in un grigio mondo b/n ce l’ho adesso, mica ce l’avevo
allora".
Personalmente il bianco è nero mi è rimasto appiccicato
addosso, e quel terribile bicolore che caratterizzava le puntate di Maigret, la
domenica sera, rappresenta perfettamente la mia sofferenza, il mio disagio del
momento, e tutto questo non passa più, lo puoi solo raccontare a facce comprensive
- se va bene -, che non possono capire, perché le esperienze non si riescono
mai a trasformarsi in didattica efficace.
Lungi da me rifugiarmi nel “stavamo meglio quando stavamo peggio”, ma Crescitelli, regalandoci
una sintesi della sua vita - e quindi un primo bilancio -, ci racconta un
momento storico irripetibile, talmente lontano per modo di vivere da quello
attuale da risultare impossibile da comprendere per chi - fortunato o
sfortunato, non lo so - abbia visto la luce nel nuovo millennio, e il dubbio
nasce spontaneo: è stato un privilegio vivere i ’70 da giovanissimo?
Dal 1968 al 1980.
Dalla politica marcata sino alla morte di Lennon, il simbolo di un progetto e
di un era nata con gli hippies e terminata con gli yuppies; dallo sbarco sulla
luna ai successi di Travolta; dal duplex casalingo al profumo di computer; il
tutto attraverso una colonna sonora che cambia ogni battito di ciglia, con i
fasti di Genesis e King Crimson sino al concerto per Demetrio, il giorno dopo
la sua morte.
Sono certo che gli
argomenti di cui parlare, in un ipotetico dialogo con Crescitelli, sarebbero infiniti,
ma in attesa del possibile incontro mi accontento del suo pensiero, e del suo
modo di scrivere, non proprio usuale.
Il suo diario di bordo
prende colore attraverso la tipologia espressiva, con l’apparente autocensura dei
termini più forti attraverso la sostituzione di alcune consonanti (e così “vita di merda” diventa “vita di xerxa”), modus che potrebbe
apparire come il non voler rinunciare al comune parlare fornendo un abito più
elegante agli accenti vivaci, ma che in realtà diventa una sottolineatura
comunicativa che amplifica i significati proposti, diventando un enorme valore
aggiunto che cambia un normale percorso di vita in un sentiero temporale carico
di didascalie.
Ovvi gli accenti
politici - ma si potrebbe scrivere di storie e storia ignorandone il contesto?!
- così come il ricorso alle immagini sonore: musica e sociale, rock e condizioni
di vita, bellezza e deturpazione, con la certezza che il “bispensiero” di
Orwell fosse un concetto adatto alla letteratura, ma poco concreto in quei
giorni, e in ogni caso da tener lontano dai giovani dell’epoca, carichi di
principi e sicuri che forse il mondo si poteva cambiare, e se era andata male
con i fiori/amore/pace, qualche azione di forza poteva trovare giustificazione
nel fine.
Il libro di Carlo
Crescitelli è piacevole, scorrevole, amaro, provocatorio, didattico.
Il libro di Carlo
Crescitelli è pieno di immagini che parlano da sole.
Il libro di Carlo
Crescitelli è adatto a tutti, anche se ho la quasi certezza che i più giovani ne distorceranno il significato intrinseco.
Il libro di Carlo Crescitelli,
in estrema sintesi, mi ha fatto stare male, ma è un dolore controllato, come
quello che mi autoprovoco quando metto sul piatto “Who’s Next”: il tempo è passato inesorabilmente e avere tanti
ricordi cristallini è una magra consolazione.
Un grazie enorme all’autore,
nonostante lo spleen in cui mi ha fatto sprofondare!
Ecco una pillola di quanto poteva accadere, nel 1976, nel
corso di una festa del proletariato giovanile al Parco Lambro…
Per conoscere meglio Carlo
Crescitelli-Biografia tratta dal comunicato stampa
Accademicamente connotato da una laurea in Scienze Politiche
e da un Dottorato di Ricerca in Filosofia e Teoria Giuridica e Sociale, Carlo
Crescitelli ha tuttavia sempre frequentato gli ambiti professionali
dell'impresa privata, occupandosi a lungo, tra gli Ottanta e Novanta, di
sviluppo risorse umane e di comunicazione aziendale.
Ha successivamente condotto, a cavallo dei Duemila, una
attività commerciale di promozione e divulgazione di arte etnica, ed è ad oggi
attivamente impegnato nell’azione per la salvaguardia del patrimonio
tradizionale della provincia in cui vive, l’Irpinia.
Da un punto di vista più strettamente culturale, i suoi
attuali interessi sono al momento orientati sia all’analisi storica e
antropologica, che alla scrittura per il cinema.
Alimentato nel tempo da tutte queste differenti esperienze,
il rapporto di Carlo Crescitelli con la scrittura è stato nei decenni costante;
meno lo è stato quello con le pubblicazioni. Al suo esordio autoriale del 1990
con il saggio storico-politico La rivoluzione khomeinista iraniana (Nuovo
Meridionalismo Edizioni), e in parallelo con il manuale di galateo manageriale
per neolaureati Egregio Dottore (Firenze Libri), pubblicato con lo pseudonimo
di Massimiliano Conte, è succeduta infatti una lunga, ventennale pausa,
terminata soltanto tra il 2010 e il 2011 con la sequenza di quattro uscite per
IlMioLibro che comprende i due fortunati diari di viaggio L’antiviaggiatore e
Come farai a fuggire da te stesso… se lui continua a correrti dietro?!?, il thriller
di fantapolitica The Shadoor, il demenziale vademecum Delinquenti: terapia e
prevenzione, pubblicato ancora sotto le spoglie dell’alter ego Massimiliano
Conte.
Perfezionato in un ulteriore quinquennio di riflessione e di
pubblica pausa, Settanta Revisited esce nella primavera del 2018 e rappresenta
la sua nuova riconciliazione con il mondo dell’editoria, determinatasi con
l’avvio del rapporto con Il Terebinto Edizioni.