venerdì 28 aprile 2017

Paidarion Finlandia Project – “Two Worlds Encounter”




Paidarion Finlandia Project – “Two Worlds Encounter”
50minuti 11 tracce

Un po’ di storia e l’introduzione all’album…

I Paidarion nascono in Finlandia nel 2006. La loro musica attinge dal rock più tradizionale e attraverso trame melodiche abbraccia i temi progressive.
Nell’aprile del 2015 i Paidarion invitano in Finlandia cinque amici musicisti con l’intento di presentarli come ospiti nei loro concerti: i vocalist Jenny Darren e Kev Moore, inglesi, il chitarrista ungherese Bogàti-Bokor Akos e il tastierista finlandese Otso Pakarinen. La soddisfazione è tale che i titolari Jan-Olof Strandberg - bassista - e Kimmo Porsti - batteria -, decidono di trasportare in studio i brani realizzati dal vivo e dare vita ad un nuovo progetto finalizzato al nuovo disco: il Paidarion Finlandia Project. A questi si aggiunge il tastierista inglese Robert Webb.
Trattasi di artisti di lungo corso, molto attivi su diversi fronti, meno conosciuti in Italia, ed è questa l’occasione per scoprire qualcosa di nuovo.
Il risultato della collaborazione è un album uscito nel settembre del 2016 dal titolo “Two Worlds Encounter.

“Volevamo fare un album nello stesso modo in cui un grande scrittore scrive un grande libro, o un regista dirige un grande film, qualcosa che si può godere dall’inizio alla fine senza annoiarsi, qualcosa che tocchi il cuore della gente”.

Il progetto è costituito da musicisti che arrivano da luoghi diversi e appartengono a culture differenti, che si ritrovano per suonare e divertirsi, due mondi che si incontrano, come suggerisci il titolo, due mondi che si fondo grazie alla musica.


IL COMMENTO ALL’ALBUM

Mi sono avvicinato da poco al prog finlandese grazie a… un italiano, quel Marco Bernard conosciuto per i tanti progetti musicali e impegnato con i suoi The Samurai of Prog, band “studio” per effetto dell’utilizzo di una parte cospicua di artisti provenienti da paese lontani, una situazione non facilmente ripetibile sul palco.
I Paidarion hanno alcune cose fondamentali in comune con i TSOP, oltre al paese di provenienza: il batterista Kimmo Porsti (in questo caso, anche, produttore del disco), la mano magica di Ed Unitsky, creatore dell’artwork, e la tendenza a realizzare una squadra ridondante unendo elementi di diverse nazionalità.
In questo caso le logiche si rovesciano, e il disco nasce solo dopo aver testato la validità e l’empatia “on stage”, con l’ovvia conclusione della realizzazione di un album, Two Worlds Encounter, e la trasformazione occasionale da Paidarion a Paidarion Finlandia Project: e due mondi diversi si incontrano!
Il risultato è un lavoro eterogeneo, dove la melodia emerge, così come la “delicatezza delle trame che non sono mai alla ricerca né del virtuosismo estremo, né di ritmiche e giri armonici cervellotici.



La maggior parte dei brani è caratterizzata dalla vocalità educata della vocalist Jenny Darren (“Colin and wendy”, Billy would climb”, “Fragile Bridge”, “Yellow”,Ode to Billie Joe”, “Grand canyon of my dreams”), contrapposta al tono metallico di Kev Moore (“Horsemen to symphinity”,Why oh why” e “Hahmo”), e in questo ventaglio di colori si può pescare l’intimismo che attraversa  vari generi musicali, così come la canzone “leggera” tipica del pop americano.
Due i brani strumentali: “Jungle fever”, nel verbo del dialogo fusion tra il piano elettrico di Robert Webb e i sintetizzatori di Otso Pakarinen, e Cloudberry sky”, il solo di chitarra acustica di Bogàti-Bokor Akos, a dimostrazione delle diverse frequenze dell’album.
Un disco davvero gradevole, adatto ad ogni tipo di fruitore della musica di qualità, dai suoni… internazionali.
Tutto sommato la denominazione “progressiva” risulta essere congrua proprio pensando all’assoluta libertà e alle varianti in gioco, ma esiste un elemento importante che fa pendere l’ago della bilancia, l’incredibile art work di Ed Unitsky.
Come è ben noto al pubblico del prog, certi album hanno assunto importanza anche grazie a realizzazioni visual di spessore e fantasia, e devo dire che attualmente non conosco nessuno come Unitsky che si avvicina ad una certa filosofia grafica nata nei seventies: le sue copertine sono opere d’arte e la cura dei particolari fa sì che i lavori dove lui interviene sono, a mio giudizio, quelli che più riescono a risvegliare il profumo dell’antico vinile.


Ho chiesto proprio a Ed Unitsky qualche informazione sul suo lavoro con i Paidarion (Jan-Olof Strandberg  e Kimmo Porsti), che cosa lo avesse ispirato in questa occasione e che cosa rappresenti per lui questo tipo di collaborazione.

Collaboro con Kimmo Porsti da diversi anni - come ben sai fa anche parte del gruppo di rock progressive "The Samurai of Prog" con cui ho realizzato l’artwork di tre album -, e quindi sono stato molto contento quando mi ha chiesto di curare anche il nuovo progetto dei Paidarion.
Come solitamente accade nel mio lavoro, basato sulla collaborazione con i musicisti, ho ricevuto il titolo del nuovo album - "Two Worlds Encounter" - e il suo concetto guida generale, alcuni testi, la musica, e da tutto questo ho tratto l’ispirazione. Mi piace lavorare così perché è un metodo che mi consente la piena libertà creativa.
Non sempre l’idea base mi è chiara. Con l’album precedente, “Behind the Curtains”, avevo in testa un circo vittoriano: il nostro mondo reale, attuale, moderno, può esserne il suo riflesso in qualche modo. Abbiamo discusso di questo con Kimmo e ho capito che i musicisti, per la cover, preferivano qualcosa che non fosse grottesco e old fashion ma fantasioso.
"Due mondi diversi si incontrano ...", questo mi ha scritto Kimmo in occasione del nuovo disco, ed ecco che la nuova trama ha cominciato a svilupparsi nella mia testa. Non volevo esporre subito la mia idea e ho iniziato a giocare con la mente, immaginando gli oggetti e la loro diversa prospettiva. Amo i simboli e le tracce delle civiltà antiche (vedi, ad esempio, i volti di pietra e di ghiaccio nelle parti in cui si evidenzia il panorama roccioso), e mi piace inserire personaggi e entità nel paesaggio, arricchendo i colori e cercando di dare un’armonia spaziale alle immagini.
In realtà posso disegnare i luoghi nella mia mente, posto in cui queste situazioni sono molto chiare - come se le vivessi realmente -, e riesco quindi a realizzare una fotografia di quello che ho pensato ed elaborato. Così, quando comincio a lavorare su un pezzo, le idee si evolvono mentre le creo.
A questo punto invio il mio lavoro ben definito da utilizzare per la cover e resto in attesa della risposta dei musicisti, e sono molto felice quando dimostrano di amare il risultato quanto me.
Dopo che l'anteprima dell'opera riceve l’approvazione, si va oltre la copertina e si passa a tutti gli altri dettagli che poi completeranno il booklet.  
Sintetizzando… la piena implementazione di un concetto da racchiudere nella grafica di un un album musicale include, sia le mie idee, che il riflesso di tali idee nel “prodotto finito”, partendo dalla cover art sino al booklet, seguendo un disegno comune e la piena condivisione.

E ora non resta che il riassunto sonoro…