venerdì 31 agosto 2012

I Jethro Tull secondo Augusto-3° appuntamento



Terzo atto della serie “L’angolo di Augusto”.



UNA COLLANA DI PERLE

Marzo 1973: i Jethro Tull tornano per la terza volta in Italia (il primo concerto in assoluto nel Bel Paese era stato quello del 1 febbraio 1971 al Teatro Smeraldo di Milano). Cinque date: il 15 a Vicenza, il 16 a Roma, il 18 e 19 a Bologna, il 20 a Milano. Prima della serata romana (foto iniziale), intervista a Ian di un ignoto giornalista. Le domande denotano un certo provincialismo (visto, tra l’altro, che il progressive rock nostrano era già da due anni abbastanza in auge, con gruppi come la PFM, il Banco di Mutuo Soccorso, i Delirium, gli Osanna ed altri ancora) ma la preziosa teca RAI ci restituisce un momento della storia dei JT che ci tocca da vicino e che molti di coloro che seguono Itullians certamente ricorderanno ...



LP (Luoghi e Personaggi)
Dun Ringill (dall’album Stormwatch, 1979): uno dei brani acustici più noti ed apprezzati della maturità artistica dei JT. Il titolo fa riferimento ad una fortificazione costiera dell’età del ferro nella penisola di Strathaird, sull’isola di Skye, nelle Ebridi scozzesi.


Sono, infatti, gli anni (1978-1994) in cui Ian e Shona (con i figli James e Gael) vivono per molta parte dell’anno proprio a Skye, dove hanno impiantato un allevamento di salmoni. Gli Anderson sono in quel periodo proprietari della Strathaird Estate, 15.000 acri che comprendono la Kilmarie House, dove la famiglia risiede. Ceduta poi al John Muir Trust, la tenuta è a poche centinaia di metri proprio dalle rovine di Dun Ringill.


IPSE SCRIPSIT-DIXIT
[...] to take the horns by the bull [...] da Saboteur  (album Under Wraps, 1984). Prendendo le corna per il toro Ian ritorna a certi nonsense linguistici, tra ironia e puro divertissement logico/semantico, che già avevano caratterizzato molta della sua scrittura precedente (basti pensare a Thick As A Brick, dove l’influenza dello humour surreale dei Monty Python era evidente). In questo invertire i termini di proverbi e modi di dire codificati, Anderson ha, senza saperlo, un grande predecessore in Italia: il sublime Totò di parli come badi e ogni limite ha una pazienza, e di…



giovedì 30 agosto 2012

I Jethro secondo Augusto-2° appuntamento

Per la serie "L'angolo di Augusto"... il 2° appuntamento.


UNA COLLANA DI PERLE

Aprile 1969: i Jethro registrano il loro secondo album, Stand Up e, in quegli stessi giorni, il singolo – ritmo di 5/4 introdotto dal basso, diventato poi uno dei brani più noti del gruppo – Living in the Past, che uscirà il mese seguente (sul retro, Driving Song). Le registrazioni hanno luogo presso la nuova sede dei Morgan Studios di 169-171 High Road, Willesden, nel nord-ovest di Londra. Nello stesso edificio, come si può vedere nel video, c’erano stati prima i Grosvenor Studios. Oggi il luogo appare come da foto. 




Impossibile stabilire se il giornalista francese fosse davvero personalmente presente o se il servizio era un originale inglese poi “ripassato” in salsa d’oltralpe. Anche se la sincronia suono/immagini non è perfetta, il video della registrazione originale di quel brano e Ian (a quei tempi un vero chain smoker,) che suona il flauto con la sigaretta tra le dita della mano sinistra è da JT videoteca.




LP (Luoghi e Personaggi)

[…] So where the hell was Biggles when you needed him last Saturday […] scrive Ian/Gerald in Thick as a Brick. Ma chi è Biggles ? Risposta: è il soprannome dell’avventuroso pilota James Bigglesworth, un personaggio nato dalla fantasia di James Earl Johns, pilota inglese durante la Grande Guerra e scrittore di narrativa per ragazzi. Il primo volume delle avventure di Biggles, dei circa 100 usciti fino al 1968, viene pubblicato nel 1932 e si intitola The Camels are Coming (“arrivano i Cammelli”). I Camels in questione non sono i cugini a due gobbe dei dromedari ma celebri biplani britannici usati nel 1917 sul fronte occidentale e da Biggles nelle sue prime avventure. Biggles è nato in India da genitori inglesi, e come tutti gli eroi è aitante, coraggioso e generoso, un vero gentleman. Ma per i giovani britannici degli anni ’60 e ’70 rappresenta ormai una tipologia di eroe troppo legata alla rigida e convenzionale società degli adulti.  


IPSE SCRIPSIT-DIXIT

[...] You paid the piper and called the tune[...] da Slow Marching Band (album The Broadsword and the Beast, 1982). L’espressione idiomatica “he who pays the piper calls the tune”, che sembra sia nata all’inizio del 1600, significa letteralmente “chi paga il pifferaio chiede la melodia”. Per estensione “chi paga decide”. Nel contesto della canzone, la frase è volutamente giocata tra un significato personale ed affettivo (chi ha dato all’altro di più ha il diritto di scegliere se continuare o no il rapporto) ed uno professionale (Ian è l’unico del gruppo non a stipendio, ed è lui, quindi, a pagare gli altri musicisti ed a pianificare l’attività e la direzione che i Jethro debbono seguire).


mercoledì 29 agosto 2012

Jethro Tull's Story


L'amico Augusto Andreoli mi ha inviato il primo di una serie di interessanti articoli legati al mondo "Jethro Tull"


UNA COLLANA DI PERLE

Nel dicembre 1968, i Rolling Stones registrano lo spettacolo Rock and Roll Circus. I primi ad esibirsi, annunciati da Mick Jagger con un “Ecco per voi stasera il primo numero dal vivo. Sono i fantastici Jethro Tull!” Ian è infagottato in un grigio cappotto oversize. Verremo poi a sapere che è lo stesso cappotto che gli ha consegnato il padre James dicendogli burberamente “You'd better take this. It's going to be a cold winter” (“Fai meglio a prender questo. Sarà un inverno freddo”) il giorno in cui il figlio gli annunciava la decisione di lasciare Blackpool e la famiglia per scendere a Londra in cerca di fortuna nel mondo della musica.  Il brano è l’ormai leggendario A Song for Jeffrey. Alla chitarra, Tony Iommi (in seguito chitarrista storico dei Black Sabbath), una veloce meteora nel panorama dei Tull, praticamente un temporaneo rimpiazzo di Mick Abrahams in attesa del prossimo – in quei giorni non ancora all’orizzonte – arrivo di Martin “Lancelot” Barre.  


LP (LUOGHI E PERSONAGGI)

Per il primo assaggio di questa rubrica, let’s go back in the year one! Il luogo è Dunfermline, città a 20 km a nord-ovest di Edimburgo. Situata tra il Firth (“fiordo” in gaelico) of Tay ed il Firth of Forth, ed attraversata dal pittoresco Pittencrieff Park, è l’antica capitale della Scozia, nota per aver dato i natali a diversi re scozzesi e ad Andrew Carnegie, imprenditore e filantropo. Famosa è la sua Abbazia, che ospita le spoglie di Robert the Bruce, re di Scozia ai tempi del celebre William Wallace (quello descritto nel film Braveheart, tanto per intenderci). Qui Ian Scott Anderson nasce il 10 agosto 1947, terzo figlio maschio di padre scozzese e madre inglese. Gli Anderson abiteranno in quel periodo in Headwell Road prima e in Aberdour Road poi. Nel 1950, la famiglia si trasferirà ad Edinburgo.




IPSE SCRIPSIT-DIXIT

Da un’intervista al Record Mirror nell’autunno del 1968:
I don't agree with people taking drugs or stimulants. They should be themselves without having to resort to those sort of things” (“Non mi trovo d’accordo con chi assume droghe e stimolanti. Dovrebbero essere se stessi senza la necessità di ricorrere a quel genere di cose”).
In una Londra trasgressiva e psichedelica, quando persino gli ecumenici e rassicuranti Beatles percorrono le vie che “portano all’oblio” e “aprono le porte della percezione”, queste parole fanno davvero impressione e danno già allora la misura di una forte individualità. Chi se lo sarebbe aspettato da uno che in quel periodo sembrava un incrocio tra uno strafumato hippie ed un clochard avvinazzato…?

martedì 28 agosto 2012

"Electric Stillness" nuova edizione (2012)

Per l’ 11 settembre   è prevista l'uscita ufficiale e commerciale di  ELECTRIC STILLNESS,  nella sua seconda edizione.
Ecco qualche spiegazione di Andrea De Nardi - titolare del progetto assieme a Matteo Ballarin - relativamente ai collaboratori musicali.

La line up della nuova edizione di Electric Stillness (tecnicamente sottotitolata "2012 Reissue") è la stessa identica della prima edizione. Di fatto ciò che cambia (a livello musicale, quindi senza guardare grafiche, libretto, ecc…) rispetto alla prima versione è l'inserimento dell'ottavo brano, Fragments of the Jewel, per il quale abbiamo richiamato a registrare Edoardo Papes e Giovanni Scarabel, i due musicisti che avevano registrato anche tutto il resto del disco.
E' stata una scelta puramente tecnica, dato che il brano era già stato concepito e impostato con Edoardo e Giovanni tempo addietro (in una prima idea di utilizzarlo come "ouverture" ), ma poi non utilizzato.
Quindi per “Fragments” abbiamo richiamato Edo e Giovanni per dare un'ovvia coerenza a tutto l'album, che così non risulta "spezzettato" in due diverse line up.
Detto questo, rimane indiscutibilmente fedele l'attuale formazione della band, che include invece Manuel Smaniotto  e Carlo Scalet.
Con questa squadra i F.L. svolgono l'attuale attività dal vivo (concerti, showcase promozionali, eventi, ecc.) e l'attività di composizione dei nuovi brani per il futuro secondo disco. E' in questi frangenti che i Former Life includono Manuel e Carlo.
Papes e Scarabel sono quindi associati alla sola registrazione in studio di entrambi gli Electric Stillness.

NOTE UFFICIALI



ELECTRIC STILLNESS (2011)

1. Sundering Jewel
2. Hijacked
3. Belong To The Stars
4. MesmerEyes
5. London Rain
   I. Atlantis’ Descent
   II. The Soul Stalactites
   III. Final Judgement
6. A Milligram Of Joy
7. Electric Stillness


L’album d’esordio dei Former Life viene pubblicato nel settembre 2011. La prima versione del disco, a tiratura limitata, è interamente prodotta e distribuita dalla band. La copertina e le grafiche sono realizzate da Federico Bazzo, da un’idea della band. Il disco viene presentato in anteprima dal vivo l’8 ottobre ‘11, già con la nuova line-up che include Manuel Smaniotto e Carlo Scalet.
A proposito dell’album: Electric Stillness rappresenta un percorso circolare, dato che il brano d’apertura Sundering Jewel, con il suo misterioso preludio “nascente”, e quello di chiusura, con il suo turbinoso climax finale, sono collegati tra loro; hanno in comune gli stessi leitmotiv e melodie, ma anche il tema dell’abbandono di una indesiderata vita (o esperienza) passata ed il crescente desiderio di cambiamento e rinascita, simboleggiato da un gioiello meraviglioso che si spacca, si divide [sundering] in due metà. Una vita vissuta con questa dualità, per metà ancorata al passato e per metà votata al futuro, è di fatto un ossimoro, riassunto nell’espressione “quiete elettrica” [electric stillness], concetto ambiguo e sfuggente. Proprio a questo tema sono associate molte delle atmosfere dell’album, connotandolo in buona parte come un concept.



ELECTRIC STILLNESS – 2012 REISSUE  (Riedizione 2012)

1. Sundering Jewel
2. Hijacked
3. Belong To The Stars
4. MesmerEyes
5. London Rain
   I. Atlantis’ Descent
   II. The Soul Stalactites
   III. Final Judgement
6. A Milligram Of Joy
7. Electric Stillness
8. Fragments Of The Jewel (Bonus track)



Si tratta di una reissue ufficiale del primo album, finalizzata in giugno 2012 e poi distribuita da Self Distribuzioni a partire da settembre dello stesso anno. E’ da considerarsi la versione definitiva dell’album, sia sotto l’aspetto musicale che grafico.
A proposito dell’album: la band ha registrato, appositamente per questa riedizione, uno speciale brano dal titolo “Fragments Of The Jewel” (“Frammenti del Gioiello”) che funge da epilogo dell’opera. All’interno di esso, i principali temi dell’album vengono ripresi, rielaborati ed intrecciati a nuove parti, formando così una mini-suite conclusiva di grande effetto, in cui figura anche un contrabbasso acustico. Alcuni versi del poemetto “The brightest awakening”, già prefazione scritta di Electric Stillness, accompagnano la traccia. Le nuove grafiche dell’album (copertine e libretto) sono curate da Jacopo Rossitto e Andrea Digiorgio.



NOTE DA "CLAMORE"

"Electric Stillness" nuova edizione (2012)
di Former Life 
CLA FL 0002-1
Distribuzione Self 
Nuova edizione per il cd d’esordio di Andrea De Nardi (pianoforte, tastiere e voce) e Matteo Ballarin (chitarre e voce), già noti nell’ambiente della musica progressiva grazie alla collaborazione con Aldo Tagliapietra, storico frontman e voce del gruppo Le Orme dal 1965 al 2009. Da oltre un anno i due giovani e promettenti musicisti veneti compongono la band dell’ex Orme e hanno partecipato in studio alle registrazioni del suo ultimo disco, Nella pietra e nel vento“ (uscito a febbraio 2012 in cd e vinile; distribuzione Self).
Electric Stillness”, finito di realizzare nell’autunno del 2011, autoprodotto e senza alcuna distribuzione, aveva cominciato a circolare con il passaparola tra gli appassionati del genere prog in Italia e all’estero, facendo parlare di sé. Ora, grazie alla collaborazione di un partner leader nella ditribuzione come Self, esce questa nuova edizione del cd in super jewel box con copertina e booklet rivisitati e soprattutto una bonus track che arrichisce la già preziosa tracklist.
La nuova edizione si potrà acquistare a partire dal 11 settembre in tutti i migliori negozi di dischi in Italia e all'estero e in digitale nei principali siti di download.

Nel cd suonano anche: Edoardo Papes, batteria; Giovanni Scarabel, basso

Spedizioni promo a partire da fine agosto 2012

Contatti
Promozione: Gloria Tagliapietra (Clamore) – cell 347 011 84 09)
Ufficio stampa: Clamore – tel 02 890 79 390 (Luana De Nardi – cell 338 893 24 61)




mercoledì 22 agosto 2012

Auguri Francesco ... Di Giacomo



Compie oggi 65 anni Francesco "Big" Di Giacomo, cantante e compositore del Banco Del Mutuo Soccorso.
Entrando nel sito ufficiale del gruppo, alla voce "biografia di Francesco Di Giacomo" si trovano poche righe che riporto senza aggiunte, per rispettare i desideri di Francesco.
"A conferma della sua proverbiale originalità, dice unicamente di sé...
Nacque... visse... e si... contraddisse!

Riporto il testo di uno dei miei brani preferiti, unitamente al video.
750.000 anni fa ... L'amore?

Già l'acqua inghiotte il sole
ti danza il seno mentre corri a valle
con il tuo branco ai pozzi
le labbra secche vieni a dissetare
Corpo steso dai larghi fianchi
nell'ombra sto, sto qui a vederti
possederti, si possederti... possederti...
Ed io tengo il respiro
se mi vedessi fuggiresti via
e pianto l'unghie in terra
l'argilla rossa mi nasconde il viso
ma vorrei per un momento stringerti a me
qui sul mio petto
ma non posso fuggiresti fuggiresti via da me
io non posso possederti possederti
io non posso fuggiresti
possederti io non posso...
Anche per una volta sola.
Se fossi mia davvero
di gocce d'acqua vestirei il tuo seno
poi sotto i piedi tuoi
veli di vento e foglie stenderei
Corpo chiaro dai larghi fianchi
ti porterei nei verdi campi e danzerei
sotto la luna danzerei con te.
Lo so la mente vuole
ma il labbro inerte non sa dire niente
si è fatto scuro il cielo
già ti allontani resta ancora a bere
mia davvero ah fosse vero
ma chi son io uno scimmione
senza ragione senza ragione senza ragione
uno scimmione fuggiresti fuggiresti
uno scimmione uno scimmione senza ragione
tu fuggiresti, tu fuggiresti...

lunedì 20 agosto 2012

Tin Pan Alley hot jazz trio a Noli


MusicArTeam organizza a Noli il concerto post ferragosto del Tin Pan Alley hot jazz trio.
Solita fantastica cornice, Piazza Chiappella, e paese stracolmo di villeggianti, per un 17 agosto ad alta temperatura.
I TPA presentano una musica inusuale, che rivisita e rimoderna standard americani dei primi decenni del '900.
La voce - e strumenti etnici vari – de La Terribile, si unisce al violino e al mandolino di Tony Timone e all'ukulele di El Bastardo.
Ed è proprio con l'ukulele che inizia la serata, essendo previsto un workshop gratuito nel centro del paese, avente lo scopo di avvicinare i curiosi ad uno dei tanti sorprendenti strumenti che si è soliti idealizzare in un unico contesto preciso, ignorandone l'incredibile versatilità. Sfortunatamente di curiosi musicali ne esistono sempre di meno, e lo stage è risultato alla fine per pochi intimi: momento culturale sprecato!
Ecco uno stralcio della “lezione”:




Alle 21.30 inizia il concerto e per un paio d'ore i TPA stupiscono i presenti - davvero tanti - probabilmente impreparati al cospetto di... antiche novità.
Si passa dal traditional “Hawaii” al blues di Robert Johnson, da Mama Cass ai Beatles, dall'italiana “... pippo non lo sa” ad una coreografica concessione all'HULA, il tipico ballo hawaiano.
Ironia e gioco tra un brano e l'altro, e pubblico che dimostra di saper apprezzare.
La scena che sintetizza la serata e che rappresenta il valore aggiunto arriva verso la fine, quando un gruppo di bambini di età compresa tra i 2 e i 3 anni si siede a terra davanti al palco e lì rimane, imbambolato, per molti minuti, quasi ipnotizzato dalla musica magica che si alza dal palco e che li avvolge.
E chissà che i prossimi cadeaux natalizi non prevedano per loro qualche strumento musicale, come qualcuno proponeva dal palco prima del concerto... la cultura musicale passa anche attraverso semplici ed economici gesti!


martedì 14 agosto 2012

Il cantautore Beck...




Un nuovo articolo di Innocenzo Alfano

Il cantautore Beck crea il panico tra i critici rock

La notizia è recente: il cantautore statunitense Beck (da non confondere con il grande chitarrista, inglese, Jeff Beck) ha deciso di pubblicare un album in cui il supporto non sarà costituito dal classico compact disc bensì dalle partiture di una ventina di sue nuove canzoni. I “fan” in grado di leggere la musica e di suonare almeno uno strumento potranno così interpretarle a proprio piacimento e magari sperare di veder pubblicati i loro sforzi sul sito della casa editrice McSweeney’s, incaricata di promuoverne, attraverso internet, le versioni giudicate migliori. Il lavoro del musicista a stelle e strisce uscirà alla fine del 2012 e si intitolerà Song Reader.
L’idea è senz’altro originale, e forse anche interessante, ma avrà un effetto collaterale pessimo per la quasi totalità dei cosiddetti “critici specializzati”: metterà drammaticamente a nudo la loro mancanza di specializzazione in una materia come quella musicale – sia pure riferita al rock – di cui essi stessi si definiscono “specialisti” (e se sono altri a definirli tali, loro certo non protestano). Sarà curioso osservare la reazione dei suddetti “critici” davanti non a melodie diffuse da un altoparlante ma a pentagrammi riempiti di segni di cui ignorano il significato. Curioso ed imbarazzante, e probabilmente anche ridicolo (o divertente, fate voi).
Da Bertoncelli e Scaruffi in giù, problemi come la teoria, l’armonia e la storia della musica (per non parlare della pratica...) non sono purtroppo mai stati il forte per i commentatori rock, soprattutto per quelli italiani. Alla fine, perciò, credo che i sedicenti “critici specializzati” si terranno alla larga dal nuovo album di Beck, non avendo essi una grande confidenza con la grammatica musicale. Oppure, nel frattempo, visto che l’uscita delle partiture è prevista per dicembre, potrebbero approfittarne per imparare finalmente un po’ di musica e giustificare così quell’aggettivo, “specializzati”, fino ad oggi del tutto falso nonché responsabile di parecchi danni nei confronti della cultura musicale. Ne approfitteranno?

(14-08-2012)




giovedì 9 agosto 2012

Keith Richards - "Life"



A distanza di otto mesi dal cadeau natalizio, ho terminato la lettura di "Life", l'autobiografia di Keith Richards scritta in collaborazione col giornalista James Fox, antico conoscente del mondo Rolling Stones.
Non parlo di una new in assoluto, essendo un book uscito a novembre 2010, edito in italia da Feltrinelli e tradotto magnificamente da Martino Gozzi, Andrea Marti e Marina Petrillo.
Dichiarare il tempo lungo di lettura potrebbe essere fuorviante ed evidenziare scarso gradimento. In realtà le oltre 500 pagine sono scorrevoli e piene di spunti interessanti per chi, come me, è un appassionato di musica e curioso di saperene di più su tutti quei musicisti che oggi sono un pò meno inaccessibili di un tempo, anche se Richards fa parte degli inarrivabili, e allora carpirne attimi di vita per opera della sua stessa "voce" è sicuramente una buona occasione per andare a fondo e divertirsi a sentenziare.
I Rolling Stones hanno accompagnato parte della mia adolescenza, con quei fantastici 45 giri che ad ascoltarli oggi sembra non abbiano perso neanche un briciolo di forza. Parlo di " Jumpin Jack Flash, Satisfaction, Paint it Black, Dandelion, Honky Tonky Woman, Let's spend the Night Togheter, Lady Jane...", e potrei continuare a lungo. A ripensarci sembra impossibile che ogni brano fosse così efficace! Ma da un certo punto in poi non mi hanno più interessato, diciamo dal 1975..
Anche il tipo di vita pubblicizzato, nonostante la carenza di mezzi di informazione - quei comportamenti ben sottolineati in "Life"- era qualcosa che mi infastidiva e toccava profondamente i miei bisogni - fatto forse anomalo quando si è molto giovani -  che erano  quelli di non barattare la salute con alcun tipo di successo personale.
Ma cosa contiene questo libro corposo, pesante e pieno di significati? Intanto un percorso di vita, dalla genesi ai giorni nostri, e il racconto permette di conoscere dettagli che... fanno la differenza. A volte tali particolari, specialmente nella seconda parte della storia, diventano noiosi e apparentemente superflui, come se fossero messi sul piatto per modellare l'immagine che, pagina dopo pagina, ha assunto contorni scuri che necessitano di sfumature controbilancianti. Ma la picture globale che ne deriva è quella di un brav'uomo, buono nel cuore, maniaco e a volte pericoloso, ma di pasta ... facilmente trattabile. 
Le cose che più mi hanno colpito sono tre: la dissolutezza di quel mondo rock, l'annullamento di ogni coordinata spaziale e il rapporto con Mick Jagger.
Parlare di vite dissolute non ha a che fare con il moralismo. La vita di Richards e  Anita Pallenberg - la prima moglie - è stata condotta in modo tale che entrambi dovvrebbero essere oggetto di studio... come mai sono ancora vivi? E' questa una domanda che accompagna il lettore dalla prima all'ultima pagina. E chi penserebbe mai di dare al proprio figlio un educazione come quella ricevuta dal primogenito Marlon?
Nel mondo delle persone importanti pare che gli spazi non esistano. Se per il comune mortale può a volte essere problematico spostarsi col metrò all'interno della propria città, per uomini come Keith Richards sembra che la globalizzazione favorita da internet sia sempre esistita, se è vero con un con solo clic ci si spostava - già a fine anni '60 - da un continente all'altro, e cercare e trovare una persona conosciuta in una metropoli,  o darsi appuntamento in capo al mondo, era fatto estremamente semplice. E i suoi racconti descrivono un mondo che si stenta a credere reale, ma che coinvolge il lettore quasi si fosse al cospetto di un noire.
Il rapporto con Mick Jagger è un altra linea guida. Rapporto di odio e amore, conflitto permanente - almeno da un certo punto in poi - viene descritto da Richards per esaltare -attraverso il contrasto - la propria immagine, ma con uno smisurato amore che sembra sia determinante per affermare che loro due, in simbiosi, hanno scritto la storia del rock.
C'è anche molta musica, molto rispetto per gli artisti del passato e per quell'entourage che è fatto di persone determinanti  per ogni artista di successo, ma spesso senza volto.
E poi Brian Jones, John Lennon, mamma Doris e papà Bert, Gram Parsons, Marianne Faithfull, l'attuale moglie Patti Hansen.
A pagina 230 un'utile sottolineatura, un vero motivo per cui si possa considerare Keith Richards un chitarrista innovatore, vale a dire l'utilizzo di certe accordature aperte e la rinuncia alla sesta corda, il MI greve.
Ecco le mie considerazioni di qualche tempo fa, quando a metà lettura sentivo l'esigenza di raccontare la "tecnica Richards":

http://athosenrile.blogspot.it/2012/06/laccordatura-di-keith-richards.html

Ed ora aspetto di leggere la biografia di Jagger... e chissà che non sia speculare!




http://www.youtube.com/watch?v=fHtUCOXo4Pk
http://www.youtube.com/watch?v=tQ5HaWfnTEI
http://www.youtube.com/watch?v=Up71s5g7fhk
http://www.youtube.com/watch?v=sTYdWbEB97U
http://www.youtube.com/watch?v=yNcoN5H5t3I

martedì 7 agosto 2012

Filippo Cosentino - "Lanes"


Album d'esordio per Filippo Cosentino, che propone le sue “Lanes”, le sue corsie, su cui scorrono le esperienze pregresse, gli stili assimilati, le influenze e le contaminazioni che modellano la formazione di ogni artista.
Nove tracce - cinque inediti più quattro riletture di standard jazz - per raccontare una visione personalissima di un mondo musicale fatto di libertà espressiva, melodia, tecnica ed una certa semplicità che colpisce già dal primo ascolto.
Non c'è rischio di “narcisismo musicale”, non c'è esigenza di dimostrare le proprie skills, non c'è il bisogno di anteporre il virtuosismo al mix generale, e il risultato finale è un disco omogeneo, dove alle trame jazz si uniscono i semi del rock e del blues e dove emerge il “mestiere” di Cosentino, chitarrista di valore e … molto di più.
Nel corso dell'intervista a seguire emerge molto della sua filosofia musicale e della sua storia, ed anche un suo certo modo di vedere il mondo fatto di principi e di pulizia morale.
Una bella sorpresa... da ascoltare. 




L’INTERVISTA

Come nasce la tua passione musicale… quale la scintilla che ha illuminato la tua strada?

Ho iniziato a suonare da bambino. Ovviamente la musica è diventata prima una passione e solo successivamente una professione. Non posso dirti che c’è stata una scintilla che ha illuminato la mia strada, perché per poter vivere di musica devi lavorare ogni giorno affinché questo si realizzi: vedo il mio lavoro come un altrO…

Esistono riferimenti musicali del passato che ritieni da sempre tue linee guida?

Sono più riferimenti al modo di comportarti nella vita che ho trasferito nella musica: primo ricordarsi sempre degli altri senza mai tradirne la fiducia e la stima; essere quindi persone oneste e sincere; piuttosto di fare un grande passo in carriera a danno di un altro, non lo faccio. Ecco... credo che queste siano le linee guida del mio stare al mondo, con e senza musica. Devo dirti che non ne vedo molti altri che la pensano così... forse è il segno dei tempi che ci porta ad essere egoisti e pensare prima a “me stesso”.

Le tue “Lines” sono cariche di differenti stili musicali. Esiste però un modo di esprimerti che ami particolarmente e che si eleva rispetto ad altri?

Lanes, non Lines. E' concettualmente differente: lanes significa corsie e, per rispondere alla tua domanda, sono strade – parallele o meno – che nella mia vita musicale ho percorso e continuerò a percorrere. Quindi no, non esiste uno stile o un modo che prediligo... finisce che se non contamino la mia musica poi mi annoio.

Uno dei maggiori esercizi, da sempre, è quello di stilare classifiche di merito tra i vari strumentisti, e si possono spesso notare scale di valori poco comprensibili. Quando, secondo te, possiamo dire che un chitarrista è bravo? Quando è tecnico? Quando ha gusto? Quando sa innovare?

E' una domanda attuale perché trovo che il nostro mondo si sia dato un ordine di idee totalmente inutile e utile a compiacere il proprio ego ( d'altra parte il mito di Narciso non l'hanno mica inventato in Oriente ). Se ci pensi, dai soldi alle classifiche sono tutte scale di valori che in realtà non aggiungono niente alla tua persona.
Non so dirti quando un chitarrista è bravo, tecnico, con gusto e innovatore quindi... le trovo cose sterili e un po' troppo fini a se stesse. Secondo me bisognerebbe tornare a sentire la musica per quello che ci dà, al cuore dico e non alla testa. Applaudite ciò che veramente vi piace. Torniamo a pensare con la nostra testa.

Mi racconti qualcosa a proposito dell’album? Quali le maggiori soddisfazioni realizzative?

L'album, che è il mio primo, è stato registrato nel giro di un anno. E' semplicemente la mia versione di che cos'è la musica secondo me: melodia, orecchiabilità, immediatezza.

Quanto ami la performance live e che tipo di interazione riesci a stabilire col pubblico?

Col pubblico mi trovo bene perché noto che i complimenti che fanno sono rivolti alla musica e ai brani originali che ho suonato e non alla tecnica con la quale sono stati suonati. Significa che il mio brano “gli è arrivato”. Direi quindi che il concerto mi piace, il disco serve a questo: andare a suonare dal vivo!

Perché, secondo te, è così difficile vivere di sola musica, indipendentemente dal talento personale?

In Italia intendi? Perché siamo un Paese dove il contraddittorio è il re di tutte le situazioni. E' comunque un discorso troppo complesso da affrontare in una unica domanda e credo che ognuno di noi avrebbe qualcosa da dire e ridire.

Che cosa pensi delle nuove tecnologie, in genere, applicate al tuo lavoro?

Che sono utilissime: il mio lavoro è circondato di tecnologia sin da quando lavoro in studio e poi dal vivo.

Ho letto alcune dichiarazioni di altri che ti giudicano un ottimo “chitarrista, arrangiatore e compositore”. In quale ruolo ti trovi più a tuo agio?

Sono tre competenze che applico normalmente nel mio lavoro: scrivo colonne sonore per il cinema, faccio l'arrangiatore e chitarrista per altre situazioni ( dischi, orchestrazioni, etc ) quindi non saprei dirti. Chiaro è che suonare la chitarra è la prima cosa che ho fatto.

Prova ad esprimere un desiderio, Cosa vorresti ti accadesse, musicalmente parlando, nei prossimo tre anni?

Vivo il mio lavoro e tutto ciò che mi capita con estrema razionalità e quindi il o i miei sogni me li tengo nel cassetto e ti rispondo che vorrei continuare a lavorare
intensamente come sto facendo. 



INFORMAZIONI

SITO DI RIFERIMENTO: http://www.filippocosentino.com

TITOLO: LANES
ETICHETTA: GREEN PRODUCTION
EDIZIONI: SFEM EDIZIONI MUSICALI
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BIOGRAFIA DAL SITO UFFICIALE
Filippo Cosentino è uno dei chitarristi più ricercati dell’attuale panorama musicale. Ha collezionato numerose collaborazioni sia in tournée sia in ambito discografico con affermati artisti italiani e internazionali: nel pop, Emile Rivera, Alan Bonner, Luca Mercurio, Pest e Personaggi Scomodi, Hi Life Connection, Daniele Bruno, Mariano Pappalardo ed Alessandro Angeletti (Green Production) con i quali collabora in qualità di sessionman e arrangiatore; nel blues con James Thompson, Marco Pandolfi, Nick Becattini, Giorgio Cavalli; nel jazz: Javier Girotto, Tom Kirkpatrick, Barend Middelhoff, Don Stapleson, Craig Silbergshlag, Giuseppe Bima, Teo Ciavarella, Renzo Coniglio, Federica Gennai, Pietro Lomuscio, Alessandro Maiorino, Alessandro Minetto, Simone Pirisi, Irene Robbins, Riccardo Ruggeri, Gianni Serino, Marco Soria, Giuseppe Tortorelli, Wann Washington, The Michele Borlini Jazz Band per citarne alcuni. Ha anche collaborazioni nel mondo del teatro (con Andrea Giordana) e in quello del cinema: nel 2010 ha composto la colonna sonora del cortometraggio Elogio alla solitudine (RaiCinema) del regista Emanuele Caruso. Il corto è stato selezionato per il 63° Festival del Cinema di Cannes e per il Trento Film Festival. Chitarrista apprezzato per la sue versatilità, è stato spesso invitato ad importanti festival italiani ed internazionali: Alba Music Festival, Suoni dalle Colline di Langhe e Roero, Moncalieri Jazz, Acoustic Guitar International Meeting, finalista alla 13° edizione del Premio Internazionale Massimo Urbani. Vincitore nel 2003 del concorso nazionale “Buona musica a tutti!” della rivista Chitarre. È Direttore Artistico del Premio Targa Milleunanota, del festival Cantautori d’Italia  ed è endorser Furch Guitars. A fine 2011 è stato pubblicato il suo disco solista dal titolo "Lanes" con ospiti Fabrizio BossoDavide Beatino, bassista di Samuele Bersani.