sabato 31 luglio 2010

"Atlantide"- Gio Gentile




Atlantide”, del chitarrista partenopeo Gio Gentile, è definito un concept album, ovvero un lavoro musicale che presenta un filo conduttore che unisce i differenti brani.
Alla base di ogni disco concettuale c’è un messaggio, una storia, la necessità di raccontare qualcosa in maniera articolata. Lavoro da sempre ambizioso.
Ma ancora più ambizioso è regalare il proprio pensiero e il proprio percorso utilizzando esclusivamente immagini musicali. “Atlantide” è infatti un disco strumentale, e non ci sono le liriche a condurci nel viaggio di Gio.
Credo che l’iter compositivo, in questi casi, sia davvero complicato.
Si prepara un disegno che contiene fatti oggettivi, lo si miscela alla propria storia personale, si soffre e si gioisce autoanalizzandosi e riportando a galla antichi ricordi e poi … è solo la musica che parla!
Gentile sceglie un topic super conosciuto, attraverso studi, leggende, film, libri, fumetti, cartoni animati: la storia di Atlantide, mitica isola d’argento, potenza navale, simbolo di benessere e prosperità, sprofondata e ingoiata dal mare nello spazio di un giorno e una notte.
Atlantide è utilizzata per realizzare il parallelo tra epoche diverse, che di fatto ripropongono problemi comuni.
Il mare rappresenta l’elemento naturale capace di dare e prendere in momenti diversi, da lui scelti, e l’uomo nulla può fare per contrastare quella forza incontenibile.
La distruzione di una terra, di una vita e l’annientamento delle storie personali è elemento con cui conviviamo, sapendo di non essere preparati, ma essendo coscienti che in un solo attimo la nostra vita può modificarsi radicalmente.
Gio Gentile è nato a Procida, e mi piace immaginare le mille riflessioni ispirate dal mare, pensieri che hanno accompagnato la sua vita sin da bambino, quando l’acqua davanti a casa poteva essere solo l’elemento con cui giocare, sino ai giorni nostri, quando la conosciuta forza delle onde ha probabilmente indotto a filosofeggiare sulla propria e altrui esistenza.
Tutto questo Gio Gentile lo ha suddiviso in dieci brani che per circa un’ora conducono l’ascoltatore in un viaggio musicale pregevole.
Un ’ascolto “concentrato”, preceduto dalla conoscenza dell’intento dell’autore, possono far entrare in sintonia con la vicenda di “Atlantide”, conducendo ad un proprio parallelismo con
l’attualità.
Se è vero che anche il silenzio parla, si può asserire che la musica sa scrivere, leggere e disegnare, e un passaggio di chitarra o una sottolineatura di tromba possono raccontarci l’Atlantide di Joe Gentile, e forse anche la nostra.
Disco ricco di collaborazioni, che vanno dal tastierista Joe Amoruso (Utopeace) a Luca Aquino(Mike Day 2), l’album è il frutto del lavoro di un grande team che ha permesso la realizzazione di un disco non comune.
Jazz, rock, fusion … facile sbizzarrissi sulle etichette da attaccare ad “Atlantide”.
Il mestiere di chitarrista viene fuori prepotentemente e le atmosfere rarefatte, quelle più soft e quelle più rockeggianti hanno tratti inconfondibili che riportano ad alcuni tra i più grandi strumentisti conosciuti… Santana, Satriani, Vai, Hendrix … e Gentile.
Lo stile di Gio è personale nonostante le ovvie contaminazioni, una sorta di metabolizzazione e rielaborazione di altrui “modi” che porta ad una risultante di prima qualità.
Un disco da ascoltare in contesti e situazioni differenti, con stati d’animo variegati, magari anche in pieno relax.
Un disco è musica, cultura, significato, divertimento, espressione, dolore. In un disco sono comprese fatiche enormi, studio, sudore e lacrime.
Se si provasse ad ascoltare “Atlantide”, almeno una volta, tenendo conto di tutto questo, l’arricchimento personale ne gioverebbe, e forse qualche pensiero arriverebbe dritto dritto a Gio Gentile, che di questo sarebbe enormemente gratificato.
A seguire propongo …… come sottofondo a qualche immagine di Gio Gentile.


L'INTERVISTA


Propongo spesso, ai musicisti che intervisto, una domanda “geografico musicale”, sollecitata dal libro “Rock Map” di Riccardo Storti, dove si sottolineano differenti” scuole musicali” a seconda della regione di provenienza. 
Potevi scrivere e realizzare ”Atlantide” se fossi nato in Friuli? Più banalmente … esiste un link diretto tra il luogo in cui si è nati o in cui si vive, e la musica che si crea

Sì, credo sì. Per quel che mi riguarda credo fortemente nell'alchimia che esiste tra un luogo “fisico” e la musica, può nascere direttamente dai propri sentimenti e dalle proprie emozioni, vivendo particolari stati d’animo in quel preciso luogo. Credo che la musica non nasce dalla tecnica fine a se stessa, ma dal cuore.

Un concept album, come è definito “Atlantide”, ha un unico filo conduttore e spesso la chiave di lettura è fornita dai testi. Molto ambizioso passare attraverso le immagini che fornisce la sola musica ( a memoria ricordo solo “Tubular Bells”). Diventa quindi interessate capire dalle parole di chi ha creato questo lavoro impegnativo, quale sia l’iter realizzativo, e le fonti di ispirazione.
Nel mio caso, il concetto di musica nasce da particolari sensazioni e da precise immagini che vivono dentro la mia anima. Atlantide è frutto del mio pensiero per il mare ed è difficile far entrare l’ascoltatore nel proprio mondo senza l’ausilio delle parole. Nel mio disco ho cercato di descrivere in breve il sunto del mio lavoro; con le immagini e una poesia ho cercato di allargare la visuale a chi ascolta la mia musica. Il fatto di aver scelto il Teatro dei Sanniti non è un caso, ma da una scelta appropriata al concetto “storico” di Atlantide. La semplice barchetta di carta presente nel booklet ha un preciso significato e il neonato in copertina creato dalla sapiente mano di Igor Verrilli unisce il mondo di Atlantide con il mio. Tutti questi elementi, in pratica, cercano di sopperire l’assenza dei testi.

Puoi aiutarmi a comprendere meglio?
Comporre musica strumentale è molto difficile, bisogna concentrare il tutto nelle sole note che si ascoltano. Atlantide nasce dal mare e più precisamente dal mio mare e cioè quello dell’isola di Procida dove sono nato. Le melodie partono da sensazioni che solo in quel posto riesco a vivere e dentro di me le note dei miei brani riprendono esattamente i profumi e i colori della mia terra. Così non ho bisogno di aggiungere parole, è tutto scritto nella musica.

Chi ti ha sostenuto nel tuo percorso, non tanto dal punto di vista strumentale, ma da quello concettuale.
Direi sicuramente mia moglie Francesca, ricorderò sempre il suo sguardo nell’ascoltare sia Makaria ( il mio primo lavoro discografico ) e Atlantide, lei mi corregge, mi sostiene e mi aiuta nel cammino della musica. Poi, sicuramente il mio caro amico Luca Fiore, filosofo napoletano e cui devo tanto. Ricordo con piacere anche mio nonno e mio padre che mi hanno fatto conoscere la “musica”, i loro insegnamenti sono sempre vivi dentro me.

Le riflessioni che accompagnano la fine di Atlantide, comparate alle vicende dei giorni nostri, sono caratteristiche di chi ha già vissuto molto, al di là dell’età anagrafica, un risultato di esperienza, sofferenza e gioia.
Beh non mi sembra di essere tanto vecchio, scherzi a parte, sicuramente il mio lavoro nasce da tante esperienze personali come ad esempio la nascita di mio figlio Michele o la perdita di una cara persona. Ovviamente oltre alle esperienze personali, penso alla stupidità di una guerra o peggio alla distruzione di un florido popolo. Atlantide è tutto questo.

Avresti potuto ideare un lavoro simile dieci anni fa?
Credo di no, a parte la tecnologia di registrazione adottata ma proprio a livello concettuale non avrei mai potuto realizzare Atlantide. Dieci anni fa i pensieri erano altri, la spensieratezza era maggiore e le sofferenze minori.

Perché sono passati sei anni dal tuo disco di esordio, “Makaria”, sino ad oggi?
Innanzitutto perche l’ispirazione a comporre nuova musica era al minimo, non avevo idee particolari in quanto mi godevo ancora il mio primo disco, poi una sera mia moglie mi regalò lo spunto di Atlantide e da li in poi è nata la musica in maniera spedita. Qualche anno l’ho perso anche per via delle registrazioni affidate al Phantom Studio visti i tanti impegni del fonico Pierluigi Iele e dei miei amici musicisti che hanno collaborato con me.
Non amo molto le etichette musicali, ma ho letto che la tua musica è definita” Rock- fusion”.
La musica è il risultato di diversi componenti come il periodo Napolitan Power, il vero rock degli anni 70/80, la musica di Steve Vai e Joe Satriani, la fusion di Frank Gambale la psichedelia dei Pink Floyd, e perche no, il latin rock di Santana. Se unisco questi generi e le loro connotazioni al mio mondo e al mio modo di essere nasce semplicemente la mia musica.
Ti piace questa collocazione o preferiresti coniarne una diversa, o non coniarne affatto?
Diciamo che definisco il mio genere “Fusion mediterranea” che è appunto la fusione di tutto ciò che ho descritto precedentemente
Tra i tanti chitarristi che avrai ammirato nella tua vita, ce n’è uno che ritieni il tuo vero maestro spirituale, oltre che esempio tecnico?
Sicuramente piu di uno, ma adoro Steve Vai per la sua genialità, Gilmour per il suo particolare sound, Frank Gambale per la tecnica e Santana per la sua magia, ma non tralascio assolutamente i guitar Hero italiani come Andrea Braido, Ricky Portera e il Pino Daniele dei primi anni
Non so se “Atlantide “ sia già stata proposta dal vivo. In ogni caso, come vivi il rapporto col pubblico che assiste alle tue performance?
Atlantide fu presentata in versione ridotta durante il mio spettacolo “Da Makaria ad Atlantide” nel 2007 durante la manifestazione “Quattro notti ..”. Conto di realizzare uno spettacolo intero entro la fine del 2010. Il mio rapporto con chi mi ascolta è un rapporto sicuramente di complicità, di certo sul palco sono un po timido, ma quando parte la musica mi trasformo cercando di far capire cosa voglio comunicare e cosa sto immaginando in quel momento.
Mi riallaccio a una domanda precedente. Ho letto del team che ti ha sostenuto nel progetto e degli “special guest”, Joe Amoruso e Luca Aquino. Che cosa si ricava da situazioni del genere, maggior sicurezza, soddisfazione, o è pura collaborazione tra persone che si stimano, magari amici?
Sicuramente soddisfazione ma soprattutto molta esperienza ricevuta, lavorare con le persone che a loro volta hanno lavorato con alcuni dei grandi della musica, è stato estremamente educativo oltre che divertente.
Nel momento in cui un nuovo lavoro è messo sul mercato, l’artista ha già in testa nuovi orizzonti.
Quali sono quelli di Gio Gentile

Al momento ho un orchestra che mi suona dentro con nuove idee e nuova musica, ma ancora non è definita in quanto le mie sensazioni sono rivolte ancora ad Atlantide. Sono sicuro che tra un po' di tempo, la musica e le nuove idee scorreranno a fiumi e io non dovrò fare altro che catturare l’essenziale in base ai miei stati d’animo e in base a ciò che vorrò comunicare.

venerdì 30 luglio 2010

Sarah Jane Morris a Savona

Foto di Stefano Barni (www.stefanobarni.com)

All’interno della rassegna “Just Like a Woman”, una serata è stata dedicata alla musica di Sarah Jane Morris, e io ero presente.
A distanza di poche ore dalla performance di Dionne Warwick, il Priamar di Savona ritorna ad essere il contesto ideale ( e affascinante) per un’esibizione di qualità.
Conoscevo poco l’inglese Morris e mi sono quindi lasciato guidare dall’istinto e dalla voglia di avvicinarmi a un’artista di valore universalmente riconosciuto.
Non mi sono pentito … anzi!
Due sono le cose che mi hanno colpito immediatamente, un pubblico quantitativamente parlando non adeguato all’evento, e un palco minimalista .
Sul primo aspetto, affrontato più volte, non mi soffermerò più di tanto, evidenziando solo che gli amanti della musica (perché nella mia città ce ne sono !) avranno magari fatto bene a scegliere proposte musicali alternative, ma se il ballottaggio era tra concerto e muscolata del sabato, beh, hanno perso un grande occasione di partecipare a un concerto unico.
Altro aspetto a cui accennavo, il palco.
La line up di Sarah prevedeva due chitarristi acustici (Kevin Armstrong e Tony Remy), in parte intercambiali nei ruoli (anche se Remy è apparso più votato alle parti soliste), un bassista acustico(Henry Thomas) e un batterista di cui non ricordo il nome, drummer molto soft, spesso dedito all'utilizzo delle spazzole sul rullante.
Nessuna amplificazione imponente quindi, e proposta, nelle previsioni, di tipo intimistico.
Lei entra candidamente vestita, con un ampio e allo stesso tempo delicato sorriso sulle labbra.
Anche gli occhi sorridenti si distinguono chiaramente, nonostante il buio, a testimonianza di uno stato d’animo particolare che in qualche modo emergerà tra un brano e l’altro.
La rossa Sarah proporrà nel corso della serata alcune cover, miscelate a suoi brani, alcuni compresi nell’ ultimo album del 2009, Where it hurts.
Si va da “The Blower’s Daughter", di Damien Rice, alla famosa “Dont’ leave me this way”, cantata in passato in coppia con Jimmy Sommerville, passando per la versione reggae di “ Piece of my Hearth”, con tanto di “Me and Mrs Jones”, proposta nel bis.
Una voce incredibile, capace di “modulare” varie tonalità dimostrando grande ecletticità, e un repertorio che spazia dal blues al reggae, dal soul al jazz, col contributo di grandi musicisti che ci hanno ricordato che non è la tipologia dello strumento utilizzato che determina il genere musicale, ma è l’anima del musicista che, se emerge, fa la differenza.
Ma l’immagine di Sarah Jane Morris che è arrivata all’audience, forte, intensa, è soprattutto quella di una donna serena, in uno stato di “good shape” interiore che solitamente spinge a dare spontaneamente il meglio di se, qualunque mestiere si faccia, in qualunque contesto ci si muova.
Dalle sue parole si apprende di una sua nuova vita, della fine di un antico legame affettivo durato venticinque anni, e di un nuovo “falling in love”.
Tutto traspare e tutto si trasferisce nella musica, fondendosi con la bellezza del luogo in cui spettatori e artisti si incontrano. E anche Sara resterà colpita da questo luogo magico, proclamandolo pubblicamente.
Un concerto di gran classe. Stop.
http://www.sarahjanemorris.co.uk/







giovedì 29 luglio 2010

"Apres Midi-Ormeggiando"- Tony Pagliuca


Chissà come si muove un recensore di “mestiere” ?!
Esisteranno sicuramente delle linee guida da cui scostarsi, poco o tanto, a seconda della voglia di lasciarsi andare?!
L’ascolto di un lavoro musicale equivale per me a un viaggio con la mente, con spazi temporali enormi che si dilatano e si rimpiccioliscono in un secondo. Riaffiorano mille ricordi, immagini e aneddoti, e spesso i suoni diventano un veicolo per superare ogni tipo di confine.
Non posso non parlare di “Apres Midi - Ormeggiando di Tony Pagliuca, senza spendere qualche parola su ciò che hanno rappresentato per me le ORME, a inizio anni settanta.
Ricordo perfettamente il momento in cui entrai in contatto con “Collage”, con la sua particolare copertina, e con quella musica così differente da quella delle “vecchie ORME”. Non voglio fare graduatorie di merito, peraltro opinabili, tra i gruppi dell’epoca, ma da sempre considero “Collage” il primo atto del prog italiano.
Non è cosa da poco… è storia musicale, la nostra storia musicale!
Pochi giorni fa ho letto su “contrAPPUNTI”, il trimestrale del CSPI, un’intervista in cui Aldo Tagliapietra affermava che la vera anima prog del gruppo era quella di Pagliuca, ovvero di quel tastierista, veneto d’adozione, che nel 1979, con “Florian”, provocò il cambio di rotta, verso strutture classiche e acustiche inusuali, per il gruppo e per il suo seguito.
Ma la vita ci cambia in ogni rappresentazione del quotidiano, così come cambia il contesto, e ci ritroviamo costantemente tesi verso nuovi progetti. Sarà brutto quel momento ( e prima poi arriva, inesorabile) in cui verrà a mancare la voglia di progettare!
Mi ritrovo ora in mano questo “Apres-Midi….” dopo svariati ascolti, il primo dei quali in estremo relax, completamente isolato, col le cuffiette, davanti alle onde del mare.
La sensazione è quella di un ritorno alle radici, all’essenza, al punto di partenza, e forse ancora oltre.
Un album (bello chiamarlo così!) con un unico protagonista, il pianoforte di Tony Pagliuca.
Ma i tasti non si muovono da soli e il pianoforte non ha idee, ma va “alimentato”.
Ho provato a immaginare lo sforzo enorme che portò, molti lustri fa, all’elaborazione di “Collage”, rendendolo un prodotto progressivo, pieno di innovazioni, di mix tra classico e rock, di assimilazione di messaggi d’oltremanica… avanguardia pura.
Ora, parte di quei brani (un terzo dell’album) sono riproposti nella veste più essenziale, in una composizione musicale complessa, che richiede una buona dose di attenzione d’ascolto.
Sono dodici i brani, tutti realizzati in studio, con l’eccezione di “Aliante”, derivante da una fortunata performance dal vivo.
Lavoro enorme, durato tre anni, con la supervisione di Giampiero Reverberi.
Spesso chiedo ai musicisti che incontro, quale sia l’importanza dei testi in ciò che realizzano, e ricevo sempre versioni contrastanti. Quasi tutti i brani di “Apres Midi…” erano in origine provvisti di liriche e ora hanno subito una sorta di trasformazione, che però non le rende copie, ma piccoli gioielli originali che brillano di luce propria, e le immagini che ne derivano lasciano senza respiro, forse non tutti, ma di sicuro chi possiede sensibilità e virtuosismo d’animo.
Non mi è chiaro se esista un filo conduttore esplicito (ovviamente esiste per l’autore che possiede il link tra tutti i brani) ma mi piace soffermarmi sul titolo e immaginarne un possibile significato.
Apres Midi” è un termine francese che indica il pomeriggio … la seconda parte attiva della giornata.
Forse la proposta di Pagliuca, frutto di grandi sacrifici, è la sua seconda “faccia” artistica, quella che gli si addice in questa parte di vita, e che proseguirà, magari in attesa di una terza fase che potrebbe essere “la nuit”, ancora tutta da scoprire.
E “ormeggiando”, riflettendo, aspettando i frutti del presente, si può pensare al futuro, a quel progettare a cui accennavo prima.
Bellissima la copertina( Canzoniere notturno) del compianto Walter Mac Mazzieri, colui che mise la firma su “Uomo di Pezza”: lacrime sulla maschera di luna, umana, oscura, che naviga romanticamente in gondola, osservata nel suo incedere dalla forza della natura che imbriglia la luna stessa … quella vera.
Anche io sono rimasto “imbrigliato “ nell’ascolto dei brani.
In alcuni momenti l’emozione è risultata talmente forte da commuovermi, essendo io incline a lasciarmi guidare dai miei sentimenti più forti, o deboli, a seconda dei punti di vista.
Forse tutto ciò condiziona il mio giudizio, perché, anche questa volta, non sono stato capace di far prevalere gli elementi oggettivi, dal momento che Tony Pagliuca mi ha “tirato fuori” parte della mia vita.
Non credo possa essere considerato un disco per tutti, perché è un CD su cui non si arriva per caso, ma lo si deve ricercare e volere con forza, e non tutti sono disposti a soffrire, gioire, riflettere e ricordare, ascoltando immagini in musica.
Mi piace sottolineare il titolo dell’ultimo brano, “Collage”, cioè quello con cui, per me, tutto iniziò e che ora ha il compito di cesellare questo sogno musicale.
Promuoverò in tutti i modi possibili, questo incredibile “Apres Midi- Ormeggiando”, e ringrazio a nome di tutti gli amanti della buona musica Tony Pagliuca, per il regalo inaspettato.


Apres Midi- Ormeggiando

1. Gioco di bimba
2. Aliante
3. Venerdì
4. Verità nascoste
5. Aspettando l’alba
6. Immagini
7. La fabbricante d’angeli
8. Era inverno
9. Se io lavoro
10. Cemento armato
11. Sguardo verso il cielo
12. Collage




martedì 27 luglio 2010

Ariele Cartocci-Jabberwock


Ariele Cartocci non è al momento una star anche se, data la giovanissima età, lo potrebbe diventare, ammesso che questo sia uno dei suoi obiettivi. Ma non voglio parlare di sogni, ambizioni, megalomanie o sfere di cristallo. Mi preme invece parlare di musica e cogliere l’apparente contraddizione esistente tra l’età di Ariele e la musica che ama e propone. L’aria che si respira in famiglia è spesso condizionante, ma sottolineo che non è automatico che i nostri figli si appassionino a stili e modelli che erano in auge 35/40 anni fa.

Seguendo questa mia riflessione ho voluto saperne di più su i Jabberwock, il gruppo in cui suona Ariele, a cui ho poi posto alcuni quesiti, cercando di scoprire che legame possa esistere tra un figlio del nuovo millenio e la musica prog.

Biografia del gruppo fornita da Ariele

I Jabberwock nascono nell'Ottobre del 2009 (circa) dalle ceneri di mille altre band con svariati componenti e appellativi alle spalle. Diciamo che il vero e proprio "nucleo" del gruppo si incontra nel lontano marzo 2007, quando ad una festa, discorrendo dei propri gusti musicali, il sedicente chitarrista Ariele e l'aspirante bassista Luca decidono di metter su una Rock Band ispirandosi al Sound dei cosiddetti "Dinosauri del Rock" dei gloriosi anni '70 ... e qui iniziano i Guai con la "G" maiuscola! Dopo aver provato "musicisti" di tutti i tipi, e messo su un miliardo di cover, la band, provvisoriamente sotto il nome di Skylark (citazione dall'album "Larks' Toungues In Aspic" dei King Crimson) trova una line-up stabile agli inizi del 2008, grazie ad un'avvenente vocalist donna e un irruento quanto tecnico batterista; quindi i quattro scapestrati si esibiscono, nel giugno di quell'anno, al Bounty Club di Roma, riscuotendo un discreto successo e consenso tra il pubblico (...e grazie al c***o, il "pubblico" era composto da tutti parenti ed amici!). Ma, purtroppo, la band di li a poco si scioglierà a causa di divergenze personali e i due eterni amici/musicisti Luca e Ariele si vedranno costretti a dividersi per cercare ognuno la propria strada musicale. Luca troverà di lì a poco un gruppo di Punk Rock Melodico con cui inciderà qualche demo, ed Ariele creerà un suo progetto di Progressive Rock con dei ragazzi dell'Est. Questi due gruppi metteranno su insieme un live ad inizio estate 2009, tornando al Bounty Club e stupendo e sconvolgendo ancora una volta le folle (...e grazie al c***o, anche qui erano tutti parenti ed amici!). Ma anche stavolta il Dio del Rock gioca un brutto tiro ad i nostri due amici/musicisti, facendo precipitare queste due band... ma Luca e Ariele non si perdono d'animo! Decidono, dopo un anno di lontananza, di tornare insieme e di metter su, stavolta seriamente, un gruppo con i CONTROC0GL10N1! Grazie all'aiuto dell'eccentrico vocalist del progetto Progressive di Ariele, Alessandro "Merlino" Gregori, della "Tigre" delle tastiere Francesco De Renzi, del "Bill Bruford del 21esimo Secolo" Massimiliano Delfino, i due danno finalmente vita ai Jabberwock!


L'INTERVISTA

Con un’azione più o meno volontaria, noi “padri rockettari” abbiamo la tendenza a cercare di influenzare i nostri figli, e quando vedo dei ventenni ai concerti dei miei “dinosauri”, penso subito allo “zampino di papà”. Quanto hanno inciso Glauco e Liliana sulla nascita della tua passione per la musica? Penso che se i miei avessero ascoltato Claudio Baglioni o Massimo Ranieri, anziché i Genesis o i Deep Purple ora mi commuoverei sulle note di Vasco Rossi, o peggio ancora di Gigi d’Alessio e riterrei il progressive una cosiddette “palla”…oppure sarei diventato “amusicale”, il che, vista l’alternativa, non sarebbe stato poi un dramma…

Un giovane che propone la musica di quarant’anni fa mi fa venire in mente due cose, o è stato “amorevolmente” plagiato o ha capito tutto, troppo in fretta, sul significato di “buona musica”. La verità starà nel mezzo, come sempre, ma … mi regali una tua riflessione sulla definizione di “ musica di qualità? Mah, guarda…Di solito non parlo mai di musica di serie A, o di musica di serie B, per due motivi: Il primo è perchè ormai sono abituato ad ascoltare la musica con l’orecchio di uno che “suona” (si può dire?) e quindi ogni mio giudizio passa attraverso le mie conoscenze, i miei punti di riferimento, i miei gusti....il secondo è perché cresco e studio in un ambiente di musicisti che non tutti la pensano come me: Alcuni di loro sono molto più vicini alla musica americana, altri non apprezzano il folk (una coltellata per me)…Ma tutti questi, una volta che gli metti in mano uno strumento, o un microfono, ti “sverniciano” completamente. Allora mi chiedo: chi c***o sono io per dire che la mia musica è più valida della tua? Tutto questo in assoluto; poi se mi chiedi dov’è che c’è il limite fra musica (quella che tu chiami di qualità) e la non-musica, allora ti rispondo che, al di là dell’originalità o della banalità, ogni cosa che è frutto di un impegno, di informazione e di studio può essere considerata musica. Non si può pretendere di insultare questo tipo di arte: se tu fai l’ingegnere o il principe (esempio a caso…) e per soldi, o divertimento, o chissà che, ti viene in mente da un mattino all’altro di scrivere una canzone, senza aver mai sentito parlare di note, accordi e strumenti, non hai il diritto di prenderti gioco di chi lo fa seriamente e con devozione!

Ho visto un filmato in cui ti esibisci alla chitarra suonando “To be over”, degli YES. Qual è il gruppo prog del passato che più ti ha colpito … quello che inevitabilmente, prima o poi chiamiamo “il gruppo della vita”, anche se nel tuo caso e obiettivamente troppo presto per esporsi? Premetto che se potessi tornare indietro nel tempo, una volta sola, non saprei se scegliere di vedere Peter Gabriel che si mascherava da fiore, Gary Green e gli Shulman intonare Knots, o vedere Jon Anderson cantare ancora negli Yes, quando la loro età superava di poco la mia…Tutto sommato, se mi è concesso espormi, confesso che al primo posto metterei a pari merito i Jethro Tull e i King Crimson. La marcia in più che hanno avuto sugli altri è stata, secondo me, una produzione vastissima e sempre di altissimo livello. Purtroppo non posso dire la stessa cosa per i Genesis, per gli Yes e compagnia…

Non ho mai intervistato un musicista giovane come te e quindi ti “utilizzo” come simbolo di una categoria, quella dei “malati di musica” nati a fine secolo scorso. Che giudizio dai dei “Talent Show”? Talent sciò? Ottimo sistema per far fare successo alle televisioni e mettere la tua carriera musicale in un cesso turco…

Nella mia superficialità giovanile non ho mai pensato di tradurre una lirica inglese (non ne ero capace, ma nemmeno mi interessava). Che importanza danno ai testi i Jabberwock? Io personalmente penso di viaggiare sulla tua stessa onda di allora…Grazie a Dio non sono tutti come me: Alessandro, Luca …penso che loro siano più interessati ai testi.

Nonostante io possegga molti strumenti, ho capito che il mio “ampio possesso” non è servito a far nascere alcuna passione nei miei figli, e non si è sviluppata alcuna relazione simbiotica, come di solito accade con le forti attrazioni. Qual è il rapporto con la tua chitarra? Il mio rapporto con la chitarra????...non so, dovrei chiederglielo …Mah …la suono …è lo strumento che mi affascina di più per le sue potenzialità espressive …è uno strumento molto fisico: sembra che il suono prodotto esca dal tuo corpo e non da qualcosa di esterno …forse anche i fiati potrebbero farmi quest’effetto…

Ammesso che tu sia incline a seguire i consigli dei più esperti( non tutti lo sono), preferisci i suggerimenti di papà o di Jerry Cutillo (spero di non provocare liti in casa!)? Solitamente ascolto ogni consiglio che mi viene dato da chiunque se ne intenda … mio padre, Jerry, mio zio (chitarrista anche lui) …un miscuglio di tutto. Ah, poi non ci dimentichiamo di Giacomo Anselmi, il mio insegnante e uno dei numeri uno della chitarra italiana.

Ho letto nella biografia del gruppo del solito “miscuglio di attori”, con scioglimenti, ripensamenti e reunion. Quanto è importante l’amicizia quando si decide di mettere su una band e ci si prefigge un obiettivo musicale? Nella mia esperienza di gruppo ho avuto: 2 bassisti, 2 cantanti, 1 tastierista (anche se arrivato recentemente) e 4 batteristi. Posso dirti che ho capito che l’amicizia è importante, ma è importante anche che venga fuori da sola: non si può pretendere che nasca forzatamente. Quello che dico è che non ci si può mettere a tavolino, quando si incontrano altre persone per formare un gruppo, e dire: “Dobbiamo essere un gruppo di amici, perché, se siamo amici, tutto funziona meglio!” (grazie al…)

Sono convinto che la più grossa fortuna per un essere umano è far coincidere il lavoro con la propria passione, caso non comune. Come disegneresti il tuo futuro, se possedessi una matita magica? La musica sarà il tuo primo hobby o la tua vita? Se come primo hobby è già da dare per certo, si spera che fra qualche anno si possa dire altrettanto dell’altra cosa…

Svelami un segreto di papà, Paul McCartney è quello vero o è un sostituto? Quello geneticamente modificato J


lunedì 26 luglio 2010

Ray Gelato a Savona




I giovedì sera di questo caldo luglio hanno regalato intense e variegate serate di musica agli indigeni savonesi.
Le piazze e piazzette della downtown si riempiono di artisti e la vita serale si movimenta, grazie agli appassionati del genere e a famiglie che sperano, e si illudono, di trovare fazzoletti di aria fresca, fuggendo da case che, se “condizionate”, sono il vero rimedio alla calura.
Ma nessuno porta nelle nostre case i concerti e quindi … non c’è alternativa. E meno male.
Savona, come credo tutte le città, si trasforma quando è viva e vissuta. Spuntano luoghi di raccolta in ogni angolo dell’isola pedonale e si fanno incontri che spesso sono piacevoli, tra dehor improvvisati e negozio aperti. La musica è l’essenza dell’aggregazione e da questo punto di vista chi ha il compito di organizzare ha fatto centro.
Ieri sera, 22 luglio, quarta e ultima serata di “Metti una sera a Savona nel Centro Storico”, sono arrivato con un po’ di ritardo in Piazza Sisto IV, dove era di scena Ray Gelato e i suoi Giants.
Ecco il link ad una sua piccola biografia:
Ricordo numerose apparizioni di Ray alla televisione italiana negli anni passati.
Nonostante la sua proposta musicale non coincida esattamente con i miei gusti personali, è impossibile non apprezzarne lo swing, le abilità tecniche, il modo di “tenere il palco” e la capacità di rivisitare vecchi brani, molti dei quali legati anche alla tradizione italiana. Tutto ciò vale per Ray ma anche per la sua band, composta da grandi musicisti.
C’è qualcos’altro che mi “tocca” nel profondo ed è la sua “americanità”, che è un po’ una mia malattia.
Mentre mi avvicinavo al palco per cercare di inquadrarlo da vicino, ho avuto la sensazione di entrare nella Little Italy newyorkese, nei suoi bar, nelle sue strade piene di tombini fumanti, nei suoi piatti pieni di uova strapazzate. Questa è l’immagine che usciva dalla mia TV quando ero bambino, ed è stato piacevole scoprire da adulto che era tutto reale, che non era una fiction.
Eppure Ray Gelato non è americano, ma un inglese nato a Londra nel 1961, figlio di un italo americano militare in GB.
Appassionato di Jazz e Swing, Ray ama miscelare le sonorità italiane, soprattutto della tradizione partenopea, reminiscenze della cultura italo americana degli anni 40-50 riproposte in uno slang che è qualcosa che sembra ci appartenga da sempre.
In Italia Gelato è a completo suo agio e non è un caso che proprio nel nostro paese abbia registrato il suo primo disco live.
Ho ascoltato parte del concerto in una zona defilata della piazza, ma questo non mi ha impedito di captare il feeling e le vibrazioni, trasmesse al pubblico.
Everybody Loves Somebody”, “Just a Gigolo”, “I Ain't Got Nobody”, “ O Marie”, “Tu Vuo' Fa l'Americano”, sono alcuni dei brani presentati.
Ray Gelato è un maestro anche al sax, così come immensi sono i Giants.
Il pubblico ha dimostrato completo gradimento, e non solo quello più … nostalgico.
Alla fine si fa a gara per fare una fotografia con lui. Mi avvicino e colgo la smorfia tipica di Robert De Niro in decine dei suoi film … per una sera Savona profuma di Brooklyn!

domenica 25 luglio 2010

Focus, VIII Strada & Fariselli: inizia il Summer Rock!

Un evento straordinario per la VII Edizione del festival triestino: per la prima volta in Italia la leggendaria rock band olandese.
In apertura il grande prog italiano con Patrizio Fariselli degli Area

Focus, VIII Strada & Fariselli: inizia il Summer Rock!
L'Associazione Musica Libera,
in collaborazione con il Comune di Trieste - Assessorato al turismo ed Assessorato allo sport,
la Regione Friuli Venezia Giulia,
la Fondazione CRTrieste,
è orgogliosa di presentare:
FOCUS
VIII STRADA & PATRIZIO FARISELLI
Venerdì 30 luglio:
Piazza Unità d'Italia
Trieste
h. 21.00
Ingresso libero


Venerdì 30 luglio 2010 per la VII Edizione del Trieste Summer Rock, l'associazione Musica Libera supera se stessa: per la prima volta in Italia laleggendaria rock band dei Focus. Sempre guidato dall'instancabile Thijs Van Leer, il gruppo olandese più famoso al mondo esordisce nel 1970, ma con il secondo album Moving Waves del 1972 diventa celebre a livello internazionale. Grazie alla hit Hocus Pocus, trasmessa dalle radio di tutto il mondo, i Focus diventano famosi e si affermano con il loro stile che fonde rock e musica classica, con due assi del calibro di Van Leer, flautista e tastierista, e il magistrale chitarrista Jan Akkerman.

Dagli anni '90 la band ha continuato ad esibirsi e l'ultimo album in studio
Focus 9/New Skin risale al 2006. Nonostante la lunga e gloriosa carriera i Focus non hanno mai suonato in Italia: lo faranno a Trieste per la prima volta, con un'attesissima formazione che vede accanto al leader Van Leer, lo storico batteristaPierre Van Der Linden, insieme al chitarrista Niels Van Der Steenhoven e al bassista Bobby Jacobs.

L'
apertura dello straordiario concerto sarà a cura delle più interessanti progressive band europee: gli VIII Strada. Si tratta di una
formazione heavy-progressive lombarda assai apprezzata dalla critica grazie all'album La leggenda della grande porta del 2009. Dal vivo il gruppo ospiterà anche un grande della musica italiana: Patrizio Fariselli, storico tastierista dei riformati Area, spesso presente con la band in travolgenti concerti.

Come per le precedenti sei edizioni, che hanno visto leggende come Alan Parsons, Gong, Van Der Graaf Generator, PFM, Glenn Hughes, Banco Del Mutuo Soccorso, Animals, New Trolls, Osanna e tanti altri, anche quest'anno i concerti si terranno gratis nella favolosa Piazza Unità d'Italia a Trieste. Anche la nuova edizione è inserita come sempre nel cartellone di Serestate e gode della direzione artistica di Davide Casali, coordinatore dell'Ass. Musica Libera.

Prossimi due appuntamenti con il Summer Rock:

sabato 31 luglio:
Opening band live music
Zappa Evening
with The Grandmothers Re-invented

domenica 1 agosto:
Cichla Temensis
Steve Hackett Electric Band


Mediapartners:
Dusk - Genesis Magazine
MovimentiProg
Music Club
Pianeta Rock
Saltinaria
Informazioni:

Associazione Musica Libera:
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