Il venerdì sera è solitamente un
buon momento per dedicarsi alla musica dal vivo che più si ama, ma certe situazioni
vanno evidenziate, anche, per il loro valore simbolico, attimi che superano l’evento
contingente rispolverando storie, momenti di vita, immagini che riprendono
colore dopo aver patito il fisiologico sbiadimento temporale.
Il 12 maggio il Teatro La
Claque, nel cuore antico di Genova,
è diventato il luogo di ritrovo di musicisti di vecchia data, legati da
amicizia consolidata, e aventi in comune l’amore per la musica progressiva, ma
non solo quella: Finsterre e Ancient Veil.
I Finisterre nascono nel lontano 1993, e di quella formazione
presentano ancora parte degli elementi originali: il pluridecorato Fabio Zuffanti (basso e voce), Stefano Marelli (chitarra e voce) e Boris Valle (piano e tastiere). Dell’attuale
line up fanno parte il batterista Andrea
Orlando (entrato a metà anni ’90) e
il tastierista Agostino Macor
(annesso nel ’98).
Molte le apparizioni live in giro
per il mondo, ma la band - la cui storia ha avuto interruzioni e riprese nel
tempo - mancava da Genova dal 2004, e quindi l’episodio di due giorni fa appare
davvero carico di significati.
Gli Ancient Veil hanno un punto di origine antico, quell’anno 1985 in
cui prende corpo il progetto Eris Pluvia, fondato da Alessandro Serri (voce e chitarre) e Edmondo Romano (sax soprano, clarinetti e flauti), musicisti che a inizio anni ’90 creano
una nuova situazione musicale esordendo con l’album omonimo, “Ancient Veil”, a cui seguirà una pausa
lunghissima, venti anni, tempo durante il quale le strade musicali di Romano e
Serri si separeranno. E’ quindi nel 2017 che, a sorpresa, rifiorisce l’ensamble,
e nasce l’album “I’m changing”,
presentato ufficialmente a La Claque. A completamento della band il bassista Massimo Palermo e il batterista Marco Fuliano.
Se è vero che la “latitanza live genovese” dei Finisterre è lunghissima,
quella degli Ancient Veil è… totale, essendo stata la loro attività passata
esclusivamente “studio”.
La nota positiva iniziale è legata
all’affluenza, dato sempre incerto quando si tratta di eventi così particolari: locale è gremito ed è un piacere per tutti, non solo per gli artisti sul
palco.
Iniziano i Finisterre, l’unico progetto di cui fa parte Zuffanti che non
avevo mai avuto occasione di ascoltare dal vivo.
E’ l’occasione giusta per
ripercorrere un po’ di storia, come dimostrato dalla tracking list che dirà
molto ai fan della band:
Che dire… un tiro pazzesco! Non
credo ci sia stato il tempo per lunghe sessioni di prove e non esiste una folta
storia da palco ravvicinata, ma ciò che riescono a creare, probabile frutto di
un amalgama antico, investe l’audience, magari non preparata ad un “avvolgimento
sonoro” di tale portata.
Il viaggio a ritroso permette di
afferrare le varie sfaccettature e inclinazioni di genere di artisti di grande
qualità, con una sezione ritmica potentissima (Orlando e Zuffanti), un
tappeto tastieristico in perfetto amalgama (Valle e Macor), e i
percorsi solistici ed effettistici di Marelli,
che divide la parte vocale con Zuffanti.
Sono un po’ in difficoltà nel
delineare a parole i contorni della loro musica a vantaggio di chi ancora non
la conoscesse, ma, rimanendo nel campo della totale libertà regalata dalla
musica progressiva, l’immagine che mi viene naturale è l’aspettativa che prende
al termine di un brano, in attesa di quello successivo: “… e adesso cosa accadrà?”.
Momento toccante quello che
presento nel video a seguire, relativo al brano “Macinaacqua, Macinaluna”, dall'album di esordio, il cui “proprietario
originale”, in qualità di vocalist, era Davide
Laricchia, che lasciò subito il gruppo; ed è proprio Laricchia, presente
per la reunion, a riprendersi il posto da titolare dopo ventitré anni.
E’ questa la parte che mi pare
rappresentativa dell’ecletticità della proposta Finisterre: rock e poesia, istanze
sociali e atmosfere sonore originali e variabili.
E chiudere una performance super
convincente, rilasciando profumo di King Crimson e Genesis, stabilisce chiaramente
un luogo di partenza che, a distanza di lustri, resta ancora il fondamento di
un credo incancellabile.
Grande concerto, che scema nella speranza che i tanti
progetti di Zuffanti and friends possano lasciare spazio al proseguimento di
nuovi lavori targati Finisterre, con l'aggiunta di live che, da quanto visto, sanno
rappresentare un modello unico, fuggendo dalla copia dei tanti “fratelli maggiori”.
E arriva il momento di Ancient Viel, di cui conosco
perfettamente il nuovo album.
Primo live ed emozione palese: l’intento
è anche quello di produrre materiale per un futuro disco dal vivo, il che
presuppone settaggi tecnici in corsa, tra un episodio musicale e un altro.
Parto dalla fine, da un giudizio un pò critico di Edmondo Romano che mette in evidenza alcune imprecisioni legate
alla "ruggine da palco" di una band priva di storia live, e ad alcuni inconvenienti
tecnici. Il musicista, come ogni professionista, in qualsiasi campo lavorativo,
tende al suo modello di perfezione, che nel caso del concerto, però, non trova
quasi mai coincidenza con le aspettative del pubblico che, in quelle occasioni, non
va mai a caccia della perizia tecnica; esemplifico: uno degli eventi più
esaltanti a cui ho partecipato nel nuovo millennio è stato funestato da mille
guai atmosferici e dalla perdita quasi totale della voce del frontman!
In questo caso non ci sono catastrofi
da descrivere, ma piuttosto una performance che ha piano piano preso consistenza,
passando dal rodaggio alla scioltezza totale, e posso dire di aver trovato piena
soddisfazione personale - e il resto del pubblico ha manifestato lo stesso
palese sentimento - nell’ascoltare le atmosfere comprese tra il rock e il folk
di una band che potrebbe dare grosse soddisfazioni agli amanti del genere.
Vista l’occasione, così come
accaduto con i Finisterre, c’è spazio anche per le parole e per il racconto di
uno spicchio di storia, che trova evidenza quando l’ospite, Valeria Caucino,
presta la sua voce nel brano “Chime of the time“, presente
originariamente nel primo demotape degli Eris Pluvia risalente al 1990. O
quando, proponendo “Pushing togheter“, la bacchetta del driver passa nelle nani di Fabio Serri, all’epoca della creazione del brano... un bambino.
Una bella storia anche quella
che vede sul palco una miscela dei due gruppi, in occasione di “ In the
rising mist“, quando le chitarre di Zuffanti e Marelli si
uniscono a quelle di Alessandro Serri e di Marco Fuliano (che cambia ruolo nell’occasione),
e ai fiati e alle tastiere di Romano e Fabio Serri.
L’ultima parte di spettacolo ha previsto
quindi la presentazione di parte di “I’m
changing”, quello che spero sia un nuovo punto di partenza, perché apprezzo
particolarmente la mistura tra classico, rock e una sorta di folk anglosassone,
genere composto in cui gli Ancient Veil dimostrano di essere particolarmente ferrati. e convincenti.
La scaletta...
Mi sono divertito e ho realmente apprezzato
ciò che ho visto sul palco, e credo che il video seguente, che sintetizza un
paio di tracce del nuovo disco, permetta di farsi un’idea precisa di quanto
accaduto… un live riuscito, da tutti i punti di vista!