La Fiera Internazionale delle Musica, da un paio di anni realizzata al
LARIO FIERE di Erba, regala una chicca agli appassionati di musica rock, una
presenza che, a differenza di quanto accade a molti altri artisti coevi, non si
può certo definire inflazionata. L’artista in questione è il mitico Arthur Brown,
musicista unico nel panorama mondiale musicale, per storia, tipologia di
proposta e capacità di diventare l’archetipo di un certo genere che, da quanto
visto il 26 maggio, riesce ancora a colpire.
Lo avevo perso di vista e non ho
mai approfondito la sua storia, prima con i The Crazy World e successivamente
con Kingdome Come, con un ritorno alle origini, quei Crazy World che sono tutt’oggi
la sua band, seppur estremamente ringiovanita.
Di sicuro non ho mai dimenticato
il suo “tormentone” e cavallo di battaglia, “Fire”, coverizzato negli
anni ’70 anche in Italia.
E’ il 1967 l’anno in cui l’inglese
Brown, assieme a colleghi illustri come Vincent Crane e Carl Palmer forma i
Crazy World, e tutti i successivi passaggi saranno caratterizzati da un elemento comune,
una decisa tendenza alla trasgressione e una propensione alla provocazione, elementi che gli hanno
sempre procurato guai con la legge, soprattutto in tempi in cui la censura e il
falso moralismo imperversavano.
E’ considerato che l’inventore del
“trucco cadaverico” in bianco e nero (corpse
paint), fonte di ispirazione per artisti come Alice Cooper e i Kiss.
Dalle nostre parti si erano un po’
perse le tracce, ma il suo nome è qualcosa che aleggia nell’aria ogni volta che
ci si rifà alla storia del rock.
Ed proprio Arthur Brown il primo
musicista che incontro appena arrivato al FIM: si allontana per la cena con il
codazzo dei curiosi, altissimo, magrissimo, allampanato, super colorato, un
personaggio che non ha perso il fascino nonostante i suoi 75 anni.
Mi raccontano della sua disponibilità
e gentilezza, del suo assecondare un nugolo di scolaretti “toccati” da tale
presenza, insomma, un bell’esempio di umiltà, fatto non certo scontato in
questi casi.
Nasce la curiosità di vederlo sul
palco, e lui arriva puntuale alle 23, a chiudere la prima serata del Lario Prog, sezione organizzata dalla Black Widow:
il suo set supererà l’ora, non moltissimo ma è ciò che passa il convento, nel
rispetto delle regole che tengono conto delle performance dei gruppi
precedenti.
Come accennato la sua band è molto
giovane e coloratissima: basso, batteria, tastiere, chitarra e una danzatrice.
Lui, Arthur, è il vocalist, il leader, il capo attore, il comico e istrione,
quello che, of course, conduce il gioco.
Due sono le cose che mi hanno
colpito… l’energia innaturale che lo porta a saltellare come un giovincello, e
la sua voce, che pare intatta rispetto ai fasti del passato, pulita, con
capacità di estensione e di colore formidabile.
Non conoscevo il repertorio e
quindi ho potuto godere di un sound inaspettato, dove l’impatto sonoro non può
prescindere dagli aspetti scenici (memorabile la scenetta creata col tastierista,
in parte inserita nel video a seguire), una sorta di rock con venature blues
che ha entusiasmato i presenti.
A pochi metri da me la storia, l’uomo
dalle mille esperienze, musicista unico nel suo genere.
E quando arriva il momento che
tutti aspettano - la proposizione di “Fire”
-, si sblocca ogni tipo di freno e i presenti si accalcano davanti al palco,
partecipando attivamente alla riuscita del brano.
Il medley a seguire è un sunto di
quanto accaduto, sufficiente per farsi un’opinione dell’attuale Arthur Brown.
Non so se ci saranno altre
occasioni per vederlo in Italia, ma se così fosse consiglio di non perdere i
suoi concerti, concentrato di musica e spettacolo.