Steve Hackett arriva a Torino il 29 marzo, Teatro Colosseo, e il sold out è scontato.
La musica dei Genesis continua ad entusiasmare gli uomini antichi e i loro figli,
magari anche i nipoti, e una sommaria indagine visual anagrafica del pubblico
presente conforta il mio pensiero.
Per chi volesse godere di quelle
atmosfere magiche in modo diretto le brave tribute band non mancano, ensemble
capaci di riportare indietro di mezzo secolo le lancette dell’orologio con
proposte fedelissime rispetto alle origini, ma per il marchio di fabbrica esiste
ormai una sola possibilità, quella di ascoltare e vedere Hackett con la sua consolidata
band.
Un concerto del genere non lo si
può giudicare spaccandolo in due, ovvero analizzando la musica targata Genesis -
cospicua parte di serata, quella per cui era lì la massa -, e la discografia
solista del chitarrista, trame meno conosciute, alcune appena rilasciate,
atmosfere a cui occorre prendere le misure.
Mi ritengo fortunato nell’aver
provato veri brividi all’arrivo del cantato “Play me my song” (The Musical
Box) - anche se la voce di Nad Sylvan è lontana dalla timbrica di Gabriel -, e
credo che certi dettagli, da soli, diano significato alla presenza in una sera di mezza settimana, magari a 150 chilometri da casa.
La band si propone con Roger King alla tastiere, Gary O’Toole alle percussioni e voce, Rob Townsend ai fiati e percussioni, Nick Beggs al basso e il già citato Nad Sylvan alla voce, che entrerà in
gioco in ritardo rispetto al resto della band.
Hackett giustifica il nome del
tour - Steve Hackett Genesis Revisited with Classic Hackett 2017 -miscelando
le carte, come è visibile dalla scaletta a seguire, trovata in rete:
Setlist
Every
Day
El
Nino
The Steppes
In The Skeleton Gallery
Behind The Smoke
Serpentine Song
Rise Again
Shadow Of The Hierophant
Eleventh Earl Of Mar
One For The Vine
Horizons
Blood On The Rooftops
... In The Quiet Earth
Afterglow
Dance On A Volcano
Inside And Out
Firth Of Fifth
The Musical Box
Il bis
Slogans
Los Endos
Se è vero che il side Genesis è quello che più mi ha entusiasmato,
è altrettanto vero che ho trovato interessanti gli atti del solo Steve, con la
ricerca di una strada nuova, distaccata dal brand con cui Hackett è marchiato a
fuoco; la qualità di chi lo circonda incide notevolmente, con una sezione
ritmica potente ed elegante - impazzisco per l’impugnatura di O’Toole, poco
usata dai batteristi rock -, con diverse concessioni allo spettacolo, soprattutto
di Beggs. Molto incisivo il gioco musicale di Townsend che riesce a
caratterizzare parti precise del set, mentre concede poco alla platea un musicista
fantastico come King, uno che preferisce la concentrazione alla dinamicità da
palco. Sylvan ha una voce particolarmente adatta al genere e non tenta di scimmiottare
i suoi predecessori: i suoi duetti col drummer mi sono apparsi riusciti.
Steve è sempre Steve, molto più spigliato di un tempo, più
propenso al contatto col pubblico e al dialogo con sfumature in italiano. La
sua abilità di chitarrista e la sua verve creativa sembrano ancora evolvere, e
va sottolineato che la sua azione non è solo rivolta ad una mera riproposizione del
passato, ma tende verso nuovi percorsi e obiettivi, passando per i live
infiniti e per nuovi album, nel tempo in cui i grandi del passato hanno pressoché
cancellato la presenza discografica, almeno dal punto di vista degli inediti.
Ho provato a registrare parte di ciò che ho visto, anche se la
notevole distanza ha condizionato la registrazione, ma il ricordo resta…
E quando arriva l’immancabile Firth Of Fifth mi
ritorna in mente un giorno preciso della mia adolescenza, ancora a Torino, serata
in cui i Genesis proposero Selling
England By The Poud: un momento da lacrime… di felicità!