Mi è stato chiesto di scrivere due
righe sul concerto dei Queen, ma siccome
sono un poco sadico voglio partire da molto lontano illudendo il lettore che
quanto segue sia una seria dissertazione. Ti sbagli caro lettore. Fai scorta di
pazienza e scoprirai che le prossime paginette sono fatte di roccia, suoni e
lacrime. E ciclismo.
Partiamo dunque: quando si hanno
tredici anni è molto facile che ogni preferenza musicale si trasformi in MITO.
A me è successo con molti gruppi e musicisti. Ascoltavo vorace qualsiasi cosa
convincendomi ad ogni scoperta di aver trovato una nuova e imperitura
ispirazione. Poi la mia volubilità musicale mi ha portato a far scendere dalla
mia nave molti musicisti in favore di altri. Ma due gruppi ancora oggi non sono
scesi: i Queen e gli AC/DC.
Sembra un connubio strano, ma ho
conosciuto molte persone infatuate come me di queste due formazioni, così
diverse ma in qualche modo complementari.
Ebbene, torniamo al MITO. Con il
passare degli anni e l'affinarsi delle capacità personali, molti miti cadono. A
dire il vero i miei sono pressoché stati tutti vittima di una caduta
irrimediabile, un'ecatombe mitologica. Sarà perché in vent’anni ho imparato
abbastanza bene a suonare la chitarra e ho potuto realizzare quello che una
volta consideravo impossibile. Suoni un pezzo “inarrivabile” e, nonostante il
piacere immenso di suonarlo, ridimensioni l'autore o l'esecutore e lo avvicini
al predellino della nave.
Questo pezzo? lo so fare anch'io. Per Brian May e Angus Young invece la cosa
cambia. Non lo so fare anch'io. Non c'è preparazione musicale che tenga, esiste
l'inimitabile.
Veniamo al dunque di questo “temino”
che l'amico Athos mi ha chiesto di scrivere: domenica scorsa i Queen - o almeno
quello che ne resta - hanno suonato a Milano e io, accompagnato dal mio fido
fratello, la sua bionda mogliettina e la mia vecchia amica, c'ero.
E qui mi tocca fare una digressione
sportiva. Capita che il sottoscritto, oltre che grande cultore di musica rock e
classica, ceda alla debolezza di essere un grande appassionato di ciclismo. Nel
ciclismo riverso tutta la mia urgenza di avere anche io un lato
nazional-popolare. I miei amici mi definivano con una nota di fastidio
“scimmiato di ciclismo”, cioè qualcosa in più di semplice appassionato. Non
digerivano molto che dai 21 anni in poi io non abbia mai superato le ventitrè
davanti a una birra. C'era da correre la mattina dopo.
Ebbene, lo stesso 28 settembre 2008, data del concerto dei Queen
a Milano, veniva corso il mondiale di ciclismo a Varese. Un tiro di
schioppo. Nel pomeriggio. Il concerto è di sera. Seppoffà.
Invece nunseppoffà.
Perchè qualche entità maligna ha
piazzato nella stessa giornata anche il derby della Madonnina. Madonna quante
macchine tra Varese e Milano! Record di lentezza: quattro ore stipati in una mini,
navigando in bonaccia tra una immensa marea di milanesi mentre l'amica Gianna,
ancora più scimmiata dei Queen del sottoscritto, aspettava al buio fuori dal
forum di Assago di tanto in tanto importunata da loschi figuri che le
chiedevano prestazioni non musicali.
Mentre l'immenso mare di milanesi
intorno alla nostra mini si faceva schiumoso. Sembrava luglio a Finale Ligure.
E le lancette avanzano inesorabilmente
verso le 21.00, data dell'inizio del concerto.
Alle 20.40 siamo ancora impantanati in
qualche località lombarda. Sai, quelle vittime di una toponomastica senza
scrupoli, che conia nomi come “abbiate grasso”. Abbiate pazienza. Abbiamo
fretta. Arrivate presto!
Poi un miracolo della fluidodinamica
(il traffico, si sa, è un fluido) fa sì che alle 21.00 ci presentiamo quasi
increduli davanti a Gianna, saldamente aggrappata a un vigile, con gli occhioni
impauriti e un misto di incazzatura per il ritardo e felicità per la
sopravvenuta salvezza…
Ciao, parcheggio, corsa a perdifiato,
scale (200?). RED SPECIAL!!! Mi catapulto giù da una scaletta mentre le mie
orecchie godono le note potenti di “Fat Bottomed Girl”. Un pezzo che mi
ha sempre drizzato i capelli in testa, e lo fa anche adesso che i capelli sono
un po' meno di una volta...
La sesta corda è accordata in re.
Questo fa sì che le prime tre corde a vuoto della rossa speciale producono
senza alcuna collaborazione della mano sinistra (e che mano sinistra, tra
l'altro) un pienissimo accordo di re maggiore. Manca il fa diesis, e potrebbe
quindi anche essere minore, ma no, è il RE MAGGIORE, mi sono spiegato? Mi rendo
conto che ci siamo persi solo qualche minuto, quindi posso godermi il concerto
senza rimpianti.
Mi concentro sul suono. Nonostante l'assenza
di Freddie il suono è proprio quello dei Queen! Infatti gli ingredienti ci sono
tutti: tanto per cominciare la Red Special con i suoi pickup burns trisonic.
Poi un muro di nove Vox AC30, anche se sei di questi sono sicuramente lì per
mobilio. Ma tre bastano, no? Tra la Red e i Vox c'è l'irrinunciabile treble
booster, ovvero una scatoletta che prende il suono e gli regala tre decibel.
Questo suono poi entra felice nei vox con le manopole del volume tutte a
destra, cioè “a cannone”. Questo è il suono di Brian May, il suono dei Queen.
In tutti questi anni Brian è rimasto fedele alla ricetta sonora che ha
misteriosamente inventato quando gli anni Settanta erano ancora una promessa.
Volume della chitarra basso, un
flebile segnale che viene in due mandate spinto e maltrattato dal treble
booster e dal vox. E poi il tocco finale: la monetina da 1 pence per aggiungere
un pò di rugosità all'attacco del suono. Non provateci con i 2 centesimi di
euro che rimangono attaccati ai pick up, ascoltate un cretino...
Faccio mente locale su tutti questi
settaggi, in pratica faccio l'appello: Red? Presente. Booster? Presente. AC30?
Presenti. Monetina? Presente.
Freddie? Assente giustificato.
Però questo Paul Rodgers non è mica
male, eh? Eh Gianna?
OOOOH! (il volume è alto e non capisce
molto la domanda, poi fa cenno col capo ma mi sa che non ha capito). Allora mi
rispondo da solo: fa la sua porca figura. Poi ha un fegato così perchè
presentarsi sul palco come cantante dei Queen vuol dire accettare di essere
confrontato al Mito (toh, guarda chi si rivede) e uscirne malconcio. La critica
più lusinghiera che ho letto è stata: “Sono tornati i nuovi Queen, peccato
non ci sia il nuovo Freddie”.
Troppo facile. Costui, Mr Rodgers,
canta come si deve e non cede alla tentazione di scimmiottare l'illustre
defunto, cosa che gli avrebbe guadagnato un facile plauso come accadde a George
Michael. Costui, Paolo Ruggeri, ha una sua personalità musicale e la mette al
servizio dei reduci Brian May e Roger Taylor.
Mentre constato quanto sopra, il buon
Roger sta suonando... il basso!! Ovviamente con le bacchette. Tra una rullata e
l'altra sulla sesta corda si intuisce “Another One Bites the Dust”.
Io gli suggerisco con la telepatia di
fare la bachiana aria, ovviamente sulla quarta corda, ma c'è rumore anche
nell'iperuranio e Roger non mi sente. Comunque si è inventata questa trovata
che fa sì che l'odioso carosello dell'assolo di batteria (non ho mai digerito i
clichè, e ai concerti mi annoio quando arriva il momento dell'assolo di questo
o di quell'altro) diventi un momento divertente, quasi circense. Poi si mette a
pestare su una grancassa e ad accarezzare un charleston mentre un tizio con la
scritta “staff” sulla schiena gli porta altri pezzi di batteria. Come un nuovo
tom, o un rullante o un piatto arriva, lui ci pesta su in un casino crescente.
Alla fine si trova attorno una batteria alla Van Halen e noi lo vediamo
scomparire in un ludibrio di colpi poco consoni a un sessantenne. Ma guarda un
po' cosa si è inventato Sir Taylor.
Dopo questo intermezzo di mazzate (il
signor Taylor non è un batterista intimista...) è l'ora di vecchi cavalli di
battaglia e momenti di teatro collettivo. Mi riferisco in particolare a Radio
Ga-Ga. Tutti i presenti con le mani alzate ad accompagnare la canzone, imitando
il noto video del 1984, come se fossimo in 10000 a fare le comparse in
Metropolis. Non avete idea quante braccia! Sembravano le foreste di braccia
tese di battistiana memoria. E c'erano pure le mie, nonostante una mia
conclamata ritrosia ad uniformarmi alla massa.
E poi ancora assoli. Allora, io a
questo punto avrei tranquillamente dovuto sbuffare, ma l'assolo è di un certo
signor “Maggio”. Lui ha la fissazione dell'eco. E' una fissazione molto
precisa, quasi ossessiva: pretende che gli echi siano due e che ciascuno di
essi passi per un distinto amplificatore AC30, per evitare che le voci si
“sporchino” l'un l'altra. E' un ossessivo raffinato il signor Maggio. Ecco
perchè solo tre dei nove sono microfonati! Già! Beh, a farla breve questo
vecchietto coperto di tinti riccioli si “spara” sei buoni minuti di ricerca
musicale sul palco, come ha sempre fatto dal 1971 ad oggi (fatta salva una
recente interruzione di sedici anni). E io glielo perdono volentieri.
Mi spiace però dover notare che il mio
mito ha il mal di schiena... Le sue corsette su e giù, avanti e indietro sono
più timide di una volta, ma è comprensibile anche se un poco malinconico.
D'altra parte la prima volta che mi sono innamorato del suo suono ero figlio,
adesso sono padre... Madonna quanti pensieri mi frullano in testa, mi devo
concentrare di più sul concerto perchè sennò passa in un attimo. E infatti
siamo già a “Love of my Life” suonata su una scintillante dodici corde,
ovviamente senza monetina. Ammetto che qualche brivido alla schiena non sono
riuscito a rimandarlo nelle braghe... mamma mia! Oh mamma mia! Oh mamma mia let
me go!!!! Altro cavallo di battaglia, anzi... il cavallo di battaglia, il pezzo
che era troppo lungo per passare in radio. Geniali questi delle radio! Sono
curioso di sapere come diavolo se la caveranno senza Freddie. Semplice: lo
fanno cantare lo stesso con immagini di repertorio, passandosi il testimone qua
e là con Paul Rodgers. E qui vien e la nota dolente: sullo schermo appaiono
immagini di Freddie e di John Deacon (il fido bassista ndr). Ma come!!! Lui non
ci ha anticipato nei verdi pascoli!? Lui è vivo e vegeto e fuma probabilmente
la sua bella pipa in un tipico salotto inglese indossando variopinti calzoncini
balneari!!! Solo ha reputato l'intera operazione “return of the champions” poco
decorosa. Però è vivo! Devo ammettere che la cosa un pò mi disturba, o meglio:
mi fa alzare un poco la sopracciglia destra. Ma che faccio, non li perdono? Al
ritorno prorompente della Red decido di perdonarli e di metterci sopra una
bella pietra...
I pezzi si susseguono, la mia voce
diventa sempre più roca e... sigh.. siamo alla fine. É la prima volta in vita
mia che ho la precisa percezione che il bis che sto ascoltando sia un addio,
non un arrivederci. E quando Brian esce dal palco brandendo in aria la vecchia
amica rossa speciale deglutisco malinconico.
Tornato a casa masticato da una
giornata troppo piena di emozioni - dimenticavo di dire che a Varese si è
laureato campione del mondo un italiano, tra l'altro - noto con curiosità che
la mia amata moglie Silvia è magra, ha una testata di riccioli scuri e i
lineamenti aguzzi. Ci conosciamo da anni ma solo ora realizzo: mi sa che mi
sono inconsciamente sposato Brian May!
Bella sorpresa questa di Alessandro! Lo conosco solo "di riflesso" perchè me ne ha parlato Athos e anche mio figlio Simone. Ho i Queen nel mio cuore e nelle mie compilation da viaggio (si usa dire nel mio Ipod, ma io non ce l'ho) e qualche spora di prog che gira nelle vene e che mi pare sia passata,attraverso il DNA, anche ad altre persone che conosco. Ma veniamo al commento: Alessandro mi ha colpito perchè è l'ideale connubbio fra le vecchie generazioni di audiofili/musicicisti/musicomani e quelle nuove. Mi sono piaciuti i suoi commenti preparati e precisi (che condivido al 100%),la sua conoscenza tecnica sulle strumentazioni e amplificazioni e uno humour delizioso. In buona sostanza un giovane appassionato che non mi fa sentire vecchio! Grazie Alessandro e grazie Athos per avercelo fatto conoscere!
RispondiEliminaCiao Franco P.