Ieri sera ho assistito ad un
concerto milanese dei Jethro Tull, al Teatro
Arcimboldi, che per chi segue da tempo la band significa un po' il ritorno
sul luogo del delitto.
Era il 2 luglio del 2008 quando
Ian Anderson e soci furono protagonisti di una serata davvero oscura - ma non
per colpa loro - che descrissi di pancia in un post dai contributi di scarsa
qualità, ma testimonianti le varie fasi dell’evento, lontani dall’argomento
“musica”. Interessante magari comparare la scaletta di ieri con quella più
antica.
https://athosenrile.blogspot.com/2008/07/concerto-jethro-tull-teatro-degli.html
2008 significava anche quarant’anni di attività e successiva mega convention italiana, ad Alessandria, insomma, un momento comunque positivo per la band di allora, che oltre a Ian Anderson propone oggi altri due elementi presenti all'epoca, David Goodier al basso e John O'Hara alle tastiere.
Mi riesce sempre difficile
criticare un gruppo la cui musica rappresenta la parte più cospicua della
colonna sonora della mia vita, la band che ho visto più volte in assoluto, tra
concerti e convention, propositrice di sonorità che mi hanno accompagnato dai quattordici anni
sino ad oggi.
Ma, onestamente, senza il cadeau
natalizio dei miei figli non avrei avuto il “coraggio” di una nuova
partecipazione. Esagero?
Restando nel personale, rimasi
affascinato da adolescente da quel flauto che per la prima volta vedevo usare
un ambito rock, una vera novità che non poteva non colpire. A seguire ho realizzato
che una cosa che ancor più apprezzavo di Anderson era il suo modo di suonare la chitarra
acustica, unico all’interno del panorama folk rock; ma poi arriva l’estrema
sintesi, e ti accorgi che in realtà la cosa realmente caratterizzante è la voce, la timbrica particolare che si sposa a perfezione con il progetto di Ian, tanto da identificare sempre e comunque il leader con la band, anche in tempi non sospetti.
Quella voce non esiste più da
molto tempo, ed è ormai una discussione frequente, quella che utilizzano i
detrattori per dare suggerimenti vari, ovviamente non richiesti. Non sta a me dire da che parte sia la
ragione, ma posso fornire un commento personale a ciò a cui ho assistito ieri,
per la cronaca, il 15 febbraio 2023.
Scinderei la mia piccola analisi
in due parti, una sezione emozionale ed una più di dettaglio.
Erano sei anni, credo, che
mancavo ad una loro performance, l’ultima mi pare fosse a Bollate, ma di
quell’atmosfera non ho trovato nulla.
Concerto proposto col cronometro,
50+50 (15 di riposo), senza neanche la falsa attesa per un bis che, neanche a
dirlo, non si scosta mai da “Locomotive Breath”.
Pubblico eterogeno, con molti
giovani, ma molto ingessato, pronto a scaldarsi per qualche assolo di Ian sui
pezzi storici, ma non mi era mai successo di non captare alcun commento
all’uscita.
Il sold out autorizza a pensare
che il seguito sia inalterato, ma ciò che è andato in scena ieri sera è un
concetto di evento rock davvero poco emozionante.
Nessuna presenza di merchandise,
che di per sé non sarebbe un grande dato, ma il banchetto interno al teatro
avrebbe dato un minimo di continuità con il passato, e segnalo che l’unico
venditore esterno è riuscito ad attirare l’attenzione di molti appassionati e
seguaci.
Riassumo, l’atmosfera a cui ero
abituato è mancata totalmente, o almeno io non l’ho percepita, anche se non
penso che sia un elemento di riflessione per il buon Ian.
Altra cosa a cui non ero
abituato, almeno per quanto riguarda gli eventi tulliani, è l’impossibilità di
ottenere testimonianze del concerto (foto e video), imposizione di per sé
comprensibile e accettabile (non per chi come me ama l’opera di sharing), ma
mai appartenuta al boss, che, ci è stato spiegato in vari momenti, è stato
categorico, con un’unica concessione, quella del bis.
Gran bel palco, semplice ma
efficacie la scenografia, con un grande display alle spalle della band che
accompagna e commenta il susseguirsi dei brani, set che propongo a fine
articolo.
La prima immagine video che
emerge dallo schermo e dà lo start al concerto è quella di un mare in tempesta
da cui fuoriesce un flauto ed un braccio che lo sostiene: ho dei seri dubbi sul
decifrare il simbolismo cercato da Anderson, che appare ovvio e riconduce ad evento mitologico, ma con un po' di onestà
intellettuale, a fine performance si potrebbe dire che il flauto è l’unica cosa
“da palco” che gli rimane, immaginando che resti comunque un’importante capacità
creativa e di musicista in genere.
Ian compirà 76 anni ad agosto, un’età che per molti potrebbe essere proibitiva, considerando che un tour non è una gita di piacere, eppure dimostra forza, dinamismo, capacità di tenere il palco e di condurre i suoi soldatini, alcuni dei quali divenuti ormai dipendenti di lungo corso, con l’aggiunta del giovane e talentuoso chitarrista Joe Parrish, che però su "We use to know" ha utilizzato tracce di assolo di "Hotel California" degli Eagles, proprio il pezzo che da sempre si dice sia stato "rubato" ai J.T., nel '77, dal gruppo americano, ma è stato forse questo un atto voluto e provocatorio!
Insomma, un gruppo formato da ottimi strumentisti condotti dal genio di
Anderson.
E’ dunque un dato di fatto che …
la voce non c’è più, inutile proseguire su questo tema, ma ciò indurrebbe a
pensare ad una scaletta ad hoc, che possa limitare le difficoltà oggettive.
I pezzi proposti sono abbastanza
vari e coprono uno spazio temporale che dal ’69 arriva ai giorni nostri, attraverso album come “Stand Up” sino al recente “The Zealot Gene”, passando per “Aqualung”, “Living in
the Past”, “Benefit”, “Dot Com”, “The Christmas Album”, “The Broadsword and the
Beast”, “Heavy Horses”, “Stormwatch”, ma… non ho
compreso l’utilizzare nella set list la magnifica “With You There To Help Me”,
che non ricordo di aver mai visto proposta dal vivo, e quindi non certo nei pensieri
primari di Ian; sto citando un brano che lo ha messo in estrema difficoltà,
tanto che ero in imbarazzo per lui. Forse questo scorcio audio rubato potrà
aiutare nella comprensione…
Dopo dieci canzoni si va negli "spogliatoi", con addosso gli applausi e l’entusiasmo per per una bella versione
di “Bourèe”.
La ripresa inizia con il volto di
Anderson sul mega display che a poco a poco evolve, mettendo in evidenza il suo binocolo
stile “Stormwatch”, che ricorda ancora: NO FOTO, NO VIDEO.
Ci aspettano altri 50 minuti,
cronometro al polso, e i Jethro Tull mischiano il repertorio più antico a
quello recente, con una versione davvero inusuale di “Aqualung”, completamente
rivisitata, e con quella ci si avvicina alla fine, con un fil rouge che unisce
nuovo e antico, ovvero la certezza che quella musica ha ancora un grande valore
ma che occorrerebbe trovare una nuova formula per aumentare la convivenza tra
pubblico e musica di Anderson.
Il tutto esaurito a cui ho assistito
significa partecipare sulla fiducia, ma personalmente ho provato vero
dispiacere nel vedere la musica dei J.T. minata nel cuore dal canto del cigno
di un genio della musica, che potrebbe tranquillamente prolungare la sua
carriera adottando qualche accorgimento, ammesso che il suo concetto di
business lo preveda. Il calore dimostrato dall’audience al cospetto dei brani
strumentali potrebbe suggerire una proposizione priva di cantato, magari con un
ensemble di archi al seguito, qualcosa che non faccia soffrire Ian e il suo
pubblico.
Il bis dicevo, e questo non
rappresenterà mai una sorpresa!
Riappare il binocolo di Anderson che questa volta dà luce verde e permette qualche scatto.
Propongo l’audio di “Locomotive Breath”, così, tanto per dare un’idea!
Una buona band fatta da ottimi
esecutori, un bravo driver che ha permesso ai più antichi, anche in questa
occasione, di ripercorrere storie di vita che si rinfrescano con l’alternarsi
di brani indelebili.
Però, che fortuna aver visto i
Jethro Tull in tempi più antichi!
I saluti finali...
Setlist
Nothing Is Easy
Cross-Eyed Mary
With You There to Help Me
Sweet Dream
We Used to Know
Wicked Windows
Holly Herald
Clasp
Mine Is the Mountain
Bourrée in E minor
Heavy Horses
The Zealot Gene
Warm Sporran
Mrs Tibbets
Dark Ages
Aqualung
Bis
Locomotive Breath
Formazione
Ian Anderson - voce,
flauto, chitarra acustica (1967–2011; 2017-oggi)
Joe Parrish -
chitarra elettrica (2020-oggi)
David Goodier - basso
(2007–2011; 2017-oggi)
John O'Hara -
tastiere (2007-2011; 2017-oggi)
Scott Hammond – batteria (2011; 2017–oggi