Nel mio
quotidiano esercizio di scrittura inciampo spesso nei ricordi del mio passato musicale.
Essere
adolescente ad inizio anni ’70 ha significato vivere situazioni live
irrepetibili, anche se l’età anagrafica, se da un lato mi ha aiutato
nell’alimentare le mie passioni, dall’altro ha rappresentato un limite, perché
a sedici anni non si può girare il mondo a piacimento!
Ma non mi
lamento, e ogni volta ricordo a me stesso e a molti altri - sicuramente stanchi
di sentirmelo dire - che tutto iniziò quel 30
maggio del 1972, quando vidi il mio primo concerto, al Teatro Alcione di Genova.
Di scena i Van der Graaf Generator, preceduti dai Latte e Miele.
Sono appena
entrato in possesso del registrazione di quel giorno, grazie a Claudio Milano che mi ha inviato la
parte relativa ai VDGG.
In quei
giorni a nessuno veniva in mente di andare ad un concerto con una macchina
fotografica o un registratore, e le videocamere non esistevano ancora.
Ma qualcuno,
utilizzando forse un “Geloso” a bobine, ha fatto quel passo in più che ci
consente oggi di avere documenti di estremo valore, almeno affettivo, visto che
la qualità audio è spesso pessima.
Propongo
oggi un documento audio interessante, che testimonia i minuti che precedono l’inizio
del concerto, quando un promoter, dal palco - ma io non lo ricordo - illustra ciò che sarebbe
accaduto nei mesi a seguire ed elenca una serie di band che dopo essere state
evocate suscitano applausi spontanei, come avviene oggi negli stadi quando i
giocatori vengono presentati ad uno ad uno.
Ma la
curiosità di sapere chi fosse quel manager è tanta e allora chiedo ai miei
conoscenti, “musicisti antichi”, se quella voce ricorda loro qualcuno.
Insomma… ma chi è quel
promoter?
Nota dolorosa.
Pochi giorni
fa mi sono recato allo Studio Maia,
dove era in corso la registrazione di un brano il cui ricavato sarà destinato
agli alluvionati genovesi del novembre scorso.
Il nome del
progetto è “Ora Che”.
Sono stato
molte volte in quel locale, e sempre di sera, ma mai avevo realizzato di essere
“attaccato” all’ex Teatro Alcione. Mi sono affacciato, dall’alto della mia
posizione privilegiata, e al posto del Teatro ho trovato un immenso scavo,
probabilmente destinato a contenere un palazzo. Ancora intatto il corridoio che
portava alla biglietteria, quel cunicolo che riempivamo in attesa del concerto
pomeridiano, con i capelli sulle spalle, un cafetano ed una tunica indiana addosso, e l’illusione di essere veri
hippies, come quelli visti nel film “Woodstock”.
E mentre
scrivo mi chiedo come l’osservazione di uno spazio vuoto possa stimolare un
film che, seppur lungo quarant’anni,
scorre davanti agli occhi - e al cuore-
in pochi minuti, lasciando un segno indelebile…