Commentare un album dei The
Who - ma direi la loro produzione in generale - può allontanarmi
dall’obiettività, una condizione complicata da raggiungere quando si tratta di
sonorità che mi accompagnano sin dalla tenera età (ascoltai “Substitute”
a soli otto anni!). La realtà è che il loro rock classico è quello che preferisco
tra i tanti, e credo che la genialità di Pete Townshend abbia pesantemente
inciso sugli ultimi 55 anni della storia della musica.
Mi era capitato anche con “Endless
Wire”, nel 2006, album di inediti arrivato dopo un lungo vuoto discografico,
criticato dai più. Io lo ascolto ancor oggi con discreta frequenza, perché
contiene le linee guida di quello che è, secondo me, il modello “WHO”.
Da circa un anno era noto come
la band inglese stesse lavorando ad un album di materiale originale, brani
scritti e pensati per le attuali possibilità vocali di Roger Daltrey.
Registrazioni fatte in studi separati, aiutati dalla tecnologia e spinte da
relazioni personali che, a dispetto di alcune gioiose esternazioni da parte dei
protagonisti, sono sempre state improntate ad una certa conflittualità, ed è di
questi giorni un’inedita e poco elegante asserzione di Pete rivolta anche ai
due pezzi mancanti, dichiarazioni che hanno visto una repentina retromarcia, ma
che lasciano qualche dubbio sui metodi comunicativi adottati, e/o sull’attuale
stato d’animo del chitarrista.
Prima Keith Moon e poi John John Entwistle hanno lasciato la
band - obtorto collo -, ma Pete e Roger hanno tenuto in vita nome e musica con una
moderata e controllata esposizione live e pochissime novità in studio.
Caratteracci o no, suonare tiene in vita, e siccome gli Who, arrivano ovunque e
abbattono pregiudizi e barriere temporali, la macchina va oliata e proposta,
almeno a sprazzi.
“Who” è l'omonimo dodicesimo album in studio, ed è
stato pubblicato il 6 dicembre 2019.
Rilevo la chiosa di Daltrey che esagera ma non convince: “Penso
che abbiamo fatto il nostro miglior album da “Quadrophenia” nel 1973, Pete è
tuttora un cantautore favoloso, ancora all’avanguardia”.
Io ci andrei cauto, ma questa autoreferenzialità d’autore
appare come un buon atto pubblicitario, soprattutto per i fan sparsi nel mondo,
che di questi tempi preferiscono prendere ciò che viene, piuttosto che
criticare.
Anche in questo caso ho trovato brani decisamente fatti per
me, capaci di sollecitare la memoria e di regalarmi le dinamiche che cerco in
determinati artisti, e credo che alla fine “Who” possa essere considerato
un buon album rock, godibile in molti episodi.
Townshend e Daltrey sono accompagnati nelle registrazioni dai
soliti compagni di viaggio (Simon Townshend alla chitarra e compositore, il
bassista Pino Palladino e Zak Starkey alla batteria) e da una lunga serie di
collaboratori che segnalo a fine articolo, per soddisfare la curiosità di chi ama
i dettagli.
Il progetto è carico di energia, per nulla votato
all’elemento nostalgico. La voce di Roger, spesso fonte di problemi negli
ultimi anni, regge ancora in studio, con gli ovvi accorgimenti del caso, anche
se è lontana la tipicità e la continuità a cui eravamo abituati, ma non ci si
può opporre alla natura e al passare del tempo! Gli anni sono tanti, per lui e
per il compagno di una vita, Pete Townshend, che dimostra la solita incisività
chitarristica e un acume compositivo non comune.
Tra le tracce segnalo
l’iniziale “All This Music Must Fade”, che a dispetto dell’incipit - “Non
mi interessa, so che odierai questa canzone" -, riporta ai fasti degli
Who dei primi seventies.
Pubblicata come
singolo il 3 ottobre 2019:
"Detour" ripercorre i primi giorni della
band, quando il nome era “The Detours”, un flashback che colpisce nel segno.
"I Don't Want to Get Wise" è un pezzo
orecchiabile che riporta al passato, tra orgoglio e rammarico. Pubblicata su
Spotify e iTunes nel novembre 2019.
"Hero Ground zero" vede Daltrey in piedi su
di una montagna del Lake District mentre osserva il futuro che si sta delineando
davanti, anche se i versi criptici di Townshend rendono poco chiaro ciò che
viene predetto. Ascolto gradevole e semplice.
Le osservazioni sull'invecchiamento - a cui ci ha abituato
Townshend sin dai tempi di “My Generation” - sono a tratti toccanti
("Devo accettare il fatto che potrei finalmente morire", canta
Townshend in "I'll Be Back") e banali ("La vita è
incredibile ma è stata una strada accidentata").
"Non credo di essermi mai sentito così sul margine",
annuncia Daltrey in “Rockin' in Rage”.
“Ball and Chain”, pubblicato come primo singolo il 13
settembre 2019, è una ri-registrazione di una canzone solista di Pete Townshend
intitolata "Guantanamo", che era stata pubblicata nella sua
compilation del 2015, “Truancy: The Very Best of Pete Townshend”.
L’artwork è dell'artista pop Peter Blake, già collaboratore
con la band per "Face Dances nel 1981, famoso soprattutto per
la copertina di “Sgt. Pepper's…”; si tratta di un mosaico di 25
quadrati: 22 mostrano diverse immagini colorate posizionate intorno a tre
quadrati che formano la parola "WHO" al centro della copertina
dell'album. Le 22 piazze raffigurano alcune delle influenze e dei simboli della
band, della loro carriera e cultura.
L’album è supportato dal “Move On! Tour”,
che si prolungherà sino a metà 2020, tra Inghilterra e America.
Giudizio complessivo positivo,
al netto di una forza fisica calante, of course, a cui si contrappongono però idee
che mantengono un buon livello, e l’ascolto privo di pregiudizi potrà dare
buone soddisfazioni.
Gli Who sono trasversali, in
alcuni casi fanno parte del tessuto culturale di un territorio, e non solo in
patria. Un motivo ci sarà se questi vecchietti terribili - che a 20 anni o poco
più cantavano “Voglio morire prima di invecchiare” - riescono ancora a
deliziarci e a farci sognare!
Track
listing
Tutte le
canzoni sono state scritte dal solo Pete Townshend eccetto quelle segnalate in
modo diverso.
1. "All
This Music Must Fade" 3:20
2. "Ball
and Chain" 4:29
3. "I
Don't Wanna Get Wise" 3:54
4. "Detour" 3:46
5. "Beads
on One String" (Pete Townshend and Josh Hunsaker) 3:40
6. "Hero
Ground Zero" 4:52
7. "Street
Song" 4:47
8. "I'll
Be Back" 5:01
9. "Break
the News" (Simon Townshend) 4:30
10. "Rockin'
in Rage" 4:04
11. "She
Rocked My World" 3:22
Deluxe edition bonus tracks
No. Title Length
12. "This
Gun Will Misfire" 3:36
13. "Got
Nothing to Prove" 3:38
14. "Danny
and My Ponies" 4:02
15. "Sand"
(Demo, solo per il Giappone)
The Who
Pete
Townshend: chitarra, cori, voce solista (tracks 8, 12–14), armonica,
percussioni, sintetizzatore, violino, violoncellocello, hurdy-gurdy, effetto
orchestrali (6)
Roger
Daltrey: voce solista (eccetto 8, 12–14)
Altri
musicisti
Carla Azar –
batteria (3, 10)
Matt
Chamberlain – batteria (6)
Gordon
Giltrap – chitarra acustica (11)
Pino
Palladino – basso (1, 2, 4-8, 11)
Gus Seyffert
– basso (3, 9, 10)
Zak Starkey – batteria (1, 2, 4, 7)
Benmont Tench – tastiera (1, 3, 10)
Joey Waronker – batteria (5, 8, 11)