“I concerti a Powis Gardens segnarono l’inizio della nostra popolarità”,
dice il bassista dei Pink Floyd, Roger
Waters.
“Fu un periodo esaltante. La testa di Sid Barret funzionava ancora ed eravamo tutti pieni di entusiasmo.
Era molto prima che diventassimo professionisti e cominciassimo a incidere.”
Nel gergo del tempo
tutto era molto “fuori”.
Le follie
psichedeliche britanniche erano certo influenzate dalla West Coast americana,
ma quei primi concerti in una modesta chiesa di Notting Hill confermarono che
non si trattava di imitazione.
“Le nostre luci usavano molto meno l’intermittenza ed erano più legate
alle immagini. Questo anche se alla chiesa di All Saints se ne occupava un
americano” dice Peter Jenner, uno dei due primi manager dei Pink Floyd. “I
nostri spettacoli erano più cupi e allucinati, pieni di grandi ombre
espressioniste. Molto Nosferatu”.
Verso l’autunno del
1966 i media britannici cominciarono a interessarsi alla psichedelica,
considerata la nuova moda destinata a sostituire beat, mod e minigonne .
“Noi non sapevamo cosa fosse la psichedelica” ammette il batterista
dei Pink Floyd, Nick Mason.
“C’erano le droghe, certo, ma era una filosofia raffazzonata, fatta con
le idee in voga all’epoca”. In
sostanza cercavamo di allargare i confini”.
Autodefinitisi “un
laboratorio suono/luce “ e con il celebre mantra del guru dell’LSD Timothy
Leary -“Accenditi, sintonizzati, vai
fuori”- citato sui manifesti dei loro concerti, i Pink Floyd
rappresentavano al meglio lo spirito onnivoro del periodo. Recensendo una delle
performance a Powis Gardens, la rivista alternativa International Times
sentenziò soddisfatta che “il loro lavoro è in gran parte basato
sull’improvvisazione”.
“Dovevamo far capire
che le nostre non erano canzoni pop, erano cose più importanti, erano cultura,
cultura rivoluzionaria”, dice Jenner.
L’impresa riuscì.
Durante la breve esperienza di concerti a sostegno della London Free School, il
progetto di educazione comunitaria condotto da John “Hoppy” Hopkins, il
quartetto venne intervistato dal Times e i loro concerti a Notting Hill
attirarono l’attenzione di un eterogeneo insieme di studenti, intellettuali e
anticonformisti.
Molti arrivarono con
l’esplicita intenzione di fornire ai propri viaggi in acido un adeguato
sottofondo di suoni e luci.
“Non fu una scelta consapevole quella di suonare musica da trip”,
insiste Nick Mason. “Semplicemente
reagivamo a uno stimolo visuale che non era troppo adatto a ritornelli e incisi.”
Fu così che nacque la
versione britannica della psichedelica.
(dalle note di Mark
Paytress)
Immagini di repertorio relative al '66...
Immagini di repertorio relative al '66...
Ad esserci...Mi è capitato a Londra di vedere delle foto di quell'evento. Un evento unico
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