LATTEMIELE 2.0- “Paganini Experience”
Black Widow Records
Non so se sia condizionante avvicinarsi ad un nuovo progetto
musicale partendo dal live e risalendo verso il lavoro in studio… generalmente
accade il contrario, ammesso che il collegamento tra le due fasi possa ogni
volta avvenire. Resta il dato di fatto… il 18 luglio scorso, in occasione del
tradizionale Festival Prog realizzato dalla Black Widow al Porto Antico di
Genova, ho ascoltato per la prima volta
l’album “Paganini Experience”, dei
LATTEMIELE 2.0:
La continuità rispetto al passato è garantita da un paio di
membri storici, Massimo Gori in primis - bassista e vocalist da sempre
nel giro della band - e Luciano Poltini, tastierista presente nel lustro
che ha chiuso gli anni ’70. A loro si è aggiunta nuova linfa: Marco Biggi
alla batteria e la violinista Elena Aiello. Di loro e dei dettagli del
progetto ci racconta Gori nell’intervista realizzata subito
dopo il concerto a cui accennavo.
Sono passati oltre due mesi da quell'evento, e il silenzio parziale è dovuto
ad una precisa scelta commerciale, anche questa sviscerata nella chiacchierata a
seguire; in pratica si è attesa l’uscita parallela sul mercato giapponese, da
sempre molto vicino alla band, e quindi nell’occasione del concerto sono state
rilasciate copie in numero limitato (CD e Vinile), ma dal 27 settembre… nessuna
restrizione.
Come ho già avuto modo di raccontare sono rimasto davvero
sorpreso dalla resa da palco, dall’amalgama tra i componenti la band e dalla
novità di una proposta che, sulla carta, poteva profumare di forzatura.
L’idea originaria nasce dalla Black Widow, etichetta genovese
dedita a prog e metal, e viene naturale pensare che i cittadini locali siano particolarmente
orgogliosi di un certo Niccolò Paganini, vissuto 200 anni fa,
violinista, compositore, innovatore, ma circondato da un alone di oscurità, un
artista “maledetto e diabolico” - per usare termini che lo hanno caratterizzato
-, e in quanto tale avvicinato al concetto di rockstar ante litteram.
Avere in formazione una giovane e superba violinista e "trattare" l'argomento Paganini potrebbe
sembrare una facilitazione, ma l’esito di un album di questo genere prescinde
dalle skills dei singoli musicisti, date in qualche modo per scontate. Conta molto di
più ciò che si riesce a trasmettere, oltre gli aspetti di estetica musicale.
La mia sensazione, successiva ai ripetuti ascolti, conferma
quanto avevo captato in estate, e non posso che parlare in termini pienamente
gratificanti di questo lavoro discografico, nove episodi che si dipanano per una quarantina di minuti e
che pongono come base la classicità - elemento che appartiene da sempre alla band -
che si sviluppa tra le divagazioni emersoniane di Poltini e la versatilità della
Aiello, troppo giovane per certe frequentazioni musicali, verrebbe da pensare,
ma in realtà a completo agio tra fughe e contrappunti innestati su trame rock.
Apre l’album “Inno”, che propongo a fine articolo come
testimonianza live.
L’inno è rivolto alla musica e a tutto ciò che la circonda, e
l’omaggio a Keith Emerson contenuto nel brano è legato all’amore di Poltini per
il mitico tastierista che, proprio mentre “Inno” nasceva, veniva a
mancare.
Una spinta energica che trova immediata contrapposizione con
la melanconica “Via del colle”, luogo in cui Paganini passò l’infanzia,
in una casa che ormai non esiste più.
Pezzo
struggente e carico di significati trasportabili in ere e
situazioni temporalmente lontane, racconta lo status iniziale di un Paganini bambino (“Nato in Via del
Colle, nella Genova dei poveri, dove i panni si lavano in piazza dentro ai
trogoli, bambino io diverso restavo un po’ in disparte…”), emarginato a
causa della sua anomala genialità.
“L’Ora delle Tenebre” scatta come un coprifuoco, ed è
in quel momento che si opera la dicotomia tra il comportamento ortodosso e
quello definito deviato: l’oscurità protegge le diversità, quelle che in un
artista amplificano le frustrazioni.
Brano di oltre sei minuti dove le trame sinfoniche diventano
le basi per i giochi solistici di tastiere e violino. Coinvolgente.
“Cantabile 2019” vede la collaborazione con il gruppo
vocale dei Cluster, presente anche nell’uscita genovese e nel video a seguire.
Pura magia determinata dal rimbalzo tra violino e delicate e sapienti vocalità.
“Porto di Notte” riporta alla frequentazione notturna
dei vicoli genovesi adiacenti al porto, luogo in cui Paganini può ritrovare la
genuinità dei rapporti umani, dopo aver lasciato il volto ufficiale nei salotti
e nei “luoghi” convenzionali.
Gioco di successioni solistiche tra la chitarra elettrica,
il sintetizzatore e il violino.
“Charlotte” è il brano che ho pensato di proporre a
seguire come sintesi dell’album, due minuti e mezzo di musica strumentale, una
manciata di secondi che provocano brividi e benessere, per l’atmosfera che si
viene a creare e per la forte spinta verso una dimensione che trascende la
materia.
“Danza di Luce” si divide in due movimenti, il Primo
Movimento attribuito a Poltini e il Secondo Movimento - Divertimento a Gori.
Un ospite importante, Aldo De Scalzi, e un obiettivo
che estrapolo dal booklet: “Un percorso dal sacro al profano, dalla
maestosità di una cattedrale ad una immaginaria jam session tra Paganini e una
rock band. Contiene variazioni sul capriccio n. 24 di Paganini.”
È questo il momento di massima contaminazione tra rock
tradizione, dove una sezione ritmica divisa tra regolarità e fantasia permette
agli altri strumentisti divagazioni gustose e godibili.
Un po’ di spiccato seventies nella chiusura del brano.
“Angel” è stata scritta da Jimi Hendrix - che probabilmente
dedicò alla madre - arrangiato da Gori e Poltini, e sottolinea il desiderio di
accostare innovazione/trasgressione a genialità, e quindi l’anima maledetta e
illuminata del musicista genovese rinasce nel chitarrista di Seattle… rock star
di ere diverse ma sempre, entrambi, rock star!
A chiudere il disco “Cantabile 1835”, altro gioiellino
in bilico tra pianoforte e violino che potrebbe strappare qualche lacrima agli
esseri particolarmente sensibili - e virtuosi, aggiungerei.
A livello compositivo Massimo Gori e Luciano Poltini sono
onnipresenti, ma guardando oltre mi piace sottolineare il loro merito
aggregativo, perché trovare musicisti adatti a tale impegno non deve essere
stato semplicissimo.
Bellissimo il progetto fotografico, aspetto di cui Gori parla
nell’intervista e che io propongo in parte nel video “Charlotte”.
Un lavoro molto… genovese… e molto attuale, dove concetti e
storie del passato, analizzati e catalogati, ritornano prepotentemente verso il
vissuto attuale, con la conclusione che, alla fine, il progresso da solo non è in grado
di migliorare in modo significativo la capacità di relazione, incidendo forse
nella modalità operativa ma non certo nell’essenza.
Come sottolineo nelle prossime righe ho trovato il tutto “fresco”, nonostante gli ingredienti musicali siano pezzi di un puzzle che
rappresenta la storia, e quindi apparentemente una riproposizione di qualcosa
che già esiste, ma fortunatamente ci sono gli uomini e le donne che sono in
grado di fare la differenza, e “Paganini Experience”, partito forse nell'incertezza della sua riuscita, approda con successo ad un porto sicuro, quello di
Genova, certamente, ma in maniera più diffusa in quello dell’ottima musica, che
fugge da catalogazioni forzate e dà spazio a chi abbia voglia di quelle emozioni
che solo la qualità sonoro può regalare.
Ma leggiamo il pensiero di Massimo Gori, intervistato a fine
luglio…
La prima curiosità riguarda l’essenza del progetto: come è
nata l’idea di rinnovare e modificare i Latte Miele, arrivando alla definizione
di 2.0?
Dopo la pubblicazione di “Passio” la band si era
trovata in difficoltà organizzative, perché ognuno aveva impegni importanti al
di fuori del contesto ed era impossibile organizzare un’attività live. Da qui
si decise che quello sarebbe stato l’ultimo disco dei Latte e Miele. Io avevo
invece ancora molte idee che volevo realizzare nell’ambito prog. Da tempo avevo
ripreso i contatti con Luciano Poltini e il lavoro di scrittura che stavamo
facendo mi sembrava meritevole di essere ulteriormente sviluppato. È stato
allora che abbiamo deciso di dare vita ad un nuovo capitolo, il “2.0” che
tenesse conto della tradizione prog-sinfonica del gruppo, ma con alcuni elementi
di innovazione.
La sintesi del vostro primo impegno si traduce in un album
dedicato a un simbolo di Genova, Niccolò Paganini: che cosa contiene il disco
dal punto di vista del messaggio?
Paganini è stata una rock star ante litteram. Innovativo, anticonformista
e al di fuori degli schemi. Ci è sembrato che incarnasse alla perfezione l’idea
di chi, partendo da una base di classicità, riesce a non farsi inquadrare da
schemi precostituiti. In questo senso un esempio valido ancora oggi, in un
panorama generale dove il pensiero unico sembra prevalere sulla voglia di
sperimentare.
Mi parli della formazione, un misto tra storia e novità?
La formazione comprende, oltre al sottoscritto, Luciano
Poltini alle tastiere, un membro storico della formazione 1974 al 1980. Poi due
novità, delle quali una assoluta. Si tratta di Elena Aiello al violino, una
strumentista con una solidissima preparazione classica (fa parte dell'orchestra
sinfonica del Teatro Carlo Felice) ma con una spiccata sensibilità verso il
rock ed altri generi musicali. Alla batteria Marco Biggi, strumentista di
grande esperienza che ha anche suonato con i Garybaldi. Questa line up è
esattamente l'obiettivo che ci eravamo posti sin da subito. Un rinnovamento che
tenesse conto della storia dei Latte e Miele (con e senza la “e”). Un capitolo
2.0 ancora in buona parte da sviluppare.
A proposito di Elena Aiello, esiste una connessione tra il
suo ruolo specifico e l’album? Mi spiego meglio, un lavoro dedicato a Paganini
può nascere solo se nella band esiste chi ha grandi competenze relative al
violino o è stata una scelta casuale?
Si è trattato di una fortunata coincidenza. Elena ha ben due
diplomi di conservatorio, in violino e in pianoforte, ed è stata allieva di
Luciano Poltini fin dall’età di nove anni. Quando cominciammo a progettare la
line up della nuova band, io feci il nome di Marco Biggi alla batteria, e
Luciano mi parlò molto bene di questa ex allieva. Una volta strutturato
l’organico del gruppo, Gasperini della Black Widow mi propose l’idea di un
disco su Paganini.
Mi è piaciuto moltissimo l’artwork: me ne parli?
Mi aveva colpito un fumetto che era uscito in allegato al
quotidiano di Genova, il Secolo XIX, e mentre lo sfogliavo mi è venuta l’idea
di “raccontare” i brani attraverso dei disegni e delle brevi didascalie. Ho
contattato gli autori del fumetto ed abbiamo iniziato ad elaborare il tutto.
Il disco è uscito in numero limitato nell’occasione del Prog
Festival di Genova, il 18 luglio, ma solo ora è disponibile al grande pubblico:
mi spieghi le motivazioni e la pianificazione che avete messo a punto con la
Black Widow Records?
Far uscire un disco Prog in piena estate sarebbe stato
sbagliato. Oltre a questo, i giapponesi, che sono grandi amanti del prog ma non
dimenticano mai le logiche del mercato, hanno chiesto che il disco uscisse
contemporaneamente in Italia e in Giappone. Per questo abbiamo dovuto stabilire
la fine di settembre come release date.
Proprio in occasione del Prog Festival avete presentato il
vostro volto, e il pubblico ha particolarmente gradito… forse non si aspettava
un progetto così fresco: non è stata una sorpresa anche per voi la verifica
della vostra “consistenza” sul palco?
A costo di sembrare presuntuoso, non avevo dubbi sull’impatto
live di questa formazione. Già nelle molte ore di prove che abbiamo fatto, il
sound si era definito in modo preciso ed inequivocabile, come un giusto mix tra
tecnica ed emozioni. Mi fa piacere che tu usi l’aggettivo “fresco” per
definirlo, anche perché si tratta proprio di una ventata di novità. Avevo solo
qualche timore che ora posso confessarti. Anche nel prog, purtroppo, esistono
gli “integralisti”, e temevo che qualcuno non avrebbe accettato un progetto
che, oltretutto, include una “quota rosa” di così grande spessore. Le donne nel
prog sono ancora poco rappresentate, e la nostra è stata anche un po’ una
sfida. Per fortuna le cose sono andate come hai visto.
I brani storici sono generalmente accettati senza troppe
varianti, eppure, nel corso del concerto, sono rimasto colpito da una
divagazione sul tema davvero notevole, la proposizione di “Hoedown” (https://www.youtube.com/watch?v=ZIk7X25oNIM) con l’hammond di Emerson in parte
sostituito dal violino di Elena, apparentemente un azzardo, ma il risultato è
stato sorprendente: come vi è venuta questa pensata, tenendo conto anche della
giovane età della vostra violinista, che certa musica potrebbe anche non averla
mai ascoltata?
Elena mi ha raccontato che a casa ascolta di tutto, da Mozart
ai Motorhead. E poi è impossibile (ma è una battuta) avere a che fare con
Luciano per tanti anni e non essere “contagiati “dalla sua passione per
Emerson. Musicalmente siamo tutti “onnivori”, e da questo deriva un’apertura
mentale che ci consente di rinnovare anche percorsi già sperimentati.
Una domanda che ti ho già fatto sul palco e provo a
riproporre: Latte Miele 2.0 è un’idea da portare avanti nel tempo o risponde ad
esigenze contingenti e quindi non esiste un programma a lunga scadenza?
Luciano ed io stiamo già discutendo del prossimo album. Sicuramente
questo è un progetto che vogliamo portare avanti con altri lavori.
Avete pianificato altri concerti o presentazioni?
L’11 ottobre, al 29 R
di Via Del Campo, a Genova, ci sarà la presentazione ufficiale dell’opera. Ringraziamo
la titolare Laura Monferdini per la sua gentilezza ed ospitalità e aspettiamo
un po’ di amici e fan alle ore 17,00.
E da qui si parte…
Line-up:
Massimo
Gori: Bass, Vocals
Luciano
Poltini: Keyboards
Elena
Aiello: Violin
Marco Biggi
(Paolo Siani, Garybaldi): Drums
Brani:
Inno
Via del Colle
L’Ora delle Tenebre
Cantabile 2019
Porto di Notte
Charlotte
Danza di Luce
Angel
Cantabile 1835
Versione live