La mia amica Yoshiko (vicina a tutti
gli amanti del prog), reincontrata pochi giorni fa al Festival di Veruno, mi ha
consigliato una band dei suoi luoghi - i giapponesi De
Lorians - che il 17 novembre
saranno di scena alla Raindogs House di Savona.
Ho cercato qualcosa su di loro e sulla
loro musica e ho provato a saperne di più attraverso qualche domanda mirata.
Non si sono dilungati nelle risposte, ma forse l’estrema sintesi è una forma
mentale che riguarda la cultura orientale.
Propongo quindi qualche nota relativa
al loro unico album omonimo, e lo scambio di battute tra di noi.
Nati dalla scena musicale di Tokyo,
sempre dinamica ed eclettica, e guidati da Takefumi Ishida, i De Lorians
sono una band di difficile catalogazione. Il loro nuovo album omonimo - uscito
in tutti i formati possibili -, “De Lorians”, è stato definito brillante, coinvolgente e cangiante, con utilizzo di strumentazione insolita per il genere, e suoni
tendenti alla psichedelia, con larga diffusione percussiva.
Ecco una sintesi della recensione del
disco proposta da Martin Boev… fidiamoci di lui:
L'album inizia con
"Daytona", una traccia guidata dalla chitarra a cui si uniscono
tastiere e sintetizzatori. La melodia è meravigliosa e cangiante durante tutto
il disco, con variazioni chitarristiche e trombe dinamiche che entrano e creano
un tono potente verso la fine. L'energica "A Ship of Mental Health" è
un bel momento dell'album, una composizione che ruota attorno alla chitarra,
con cambi di tempo e momenti elettrici strumentali. Il tono più lento di
"Roccotsu" è quasi lunatico e meditativo, con suoni di corno che
tendono al jazz e inventano atmosfere ipnotiche.
"Toumai" è un modo
eccellente per terminare questo album, con una melodia a ritmo più lento,
simile all'inizio del disco, mentre la chitarra elettrica e il sassofono
guidano le danze, diffondendo forza vitale, e il sottile drumming si aggiunge al
ritmo e al groove della traccia. Man mano che la musica prosegue la forza e il
ritmo aumentano, innalzando il livello percettivo delle sonorità messe in
campo.
Un progetto che merita attenzione,
capace di proporre intense vibrazioni di jazz-rock.
La chiacchierata…
La prima cosa che vi chiedo è di
raccontare al pubblico italiano la vostra storia, come sono nate le vostre
passioni e come avete sviluppato la vostra musica…
Siamo andati alla ricerca di una
musica ibrida, fatta di jazz, psichedelia e contaminazioni varie, ma non siamo
riusciti a trovarla in Giappone per cui… ci abbiamo provato noi!
Quali sono le band o gli artisti a cui
vi siete ispirati?
Amiamo vari tipi di musica, ma se
dovessimo scegliere diciamo… Soft Machine, Hatfield and the North, Area, Frank
Zappa, Jaga Jazzist e Pharoah Sanders.
Come definireste la vostra musica?
Musica patafisica e psichedelica.
Potete presentare la band, nomi e
relativi strumenti?
Takefumi Ishida - Saxophone,
Synthesizer, a volte suona Guitar & Pikaremin (una sorta di sintetizzatore
modulare; Soya Nogami - Chitarra, Voce; Genki Goto - Basso, Violoncello; Hyozo
Shiratori - Organo, Pianoforte, Sintetizzatore; Syzeuhl - Batteria, Percussioni;
Yuya Osabe - Vocal (ma non parteciperà a questo tour).
Qual è lo stato della musica nel
vostro paese, il Giappone?
Un disastro totale!
Vi trovate più a vostro agio dal vivo
o in studio?
Ognuno di noi la pensa diversamente al
riguardo.
Quanto incide la tecnologia sulla
vostra musica?
La tecnologia ci appare come un
giocattolo, ci diverte e a volte appare nella nostra musica.
Presto sarete in Italia: quante date
farete e cosa vi aspettate da questi concerti?
Ci esibiremo a Firenze, Roma, Faenza,
Torino e Savona.
Cosa vi sentite di dire al pubblico
italiano che, probabilmente, deve ancora scoprirvi?
Speriamo
che l’audience italiana sia ansiosa di conoscerci e noi ci impegniamo fin da
ora a proporre ottima musica.
Attendiamo
fiduciosi…