Fabio
Gremo-“Don’t Be Scared Of Trying”
Di Athos Enrile
Recensione già pubblicata su MAT2020
di febbraio (www.mat2020.com)
“Storie
d'amore e di vita, con un spirito
sereno, lungimirante e positivo, anche nelle avversità. Il titolo di questo nuovo lavoro vuole
esternare proprio questo messaggio, perché troppe volte ci si ferma per la paura di
provare... Non fatelo, non lasciate che la paura vi sconfigga, non abbiate paura
di provare!”. Fabio Gremo.
Voglio partire da questa sintesi di Fabio Gremo che, a seguire, sarà
corroborata da molti altri concetti che permetteranno di entrare nei dettagli
di questo secondo progetto solista, l’album “Don’t Be Scared Of Trying”.
Sono rimasto molto sorpreso, positivamente, da questo nuovo
lavoro che, nonostante il racconto dell’autore a proposito dell’unione ideale
con l’esordio strumentale, “La mia voce”,
mi è apparso come un nuovo volto dell’artista, a me fino ad oggi sconosciuto.
Il mio incontro con Gremo, molti anni fa, aveva a che fare
col rock progressivo del Tempio delle Clessidre, credo accompagnato da progetti
paralleli legati al metal (che non ho mai avuto occasione di tastare), ma in
ogni caso l’immagine era molto chiara: un bassista “rock”, capace di fornire un
brand ben preciso. Sbagliato! Ciò che pensavo fosse un ruolo unico, definito e
consolidato, era in realtà solo una faccia del dado.
Il dado rotola sul tavolo e ne esce qualcosa di totalmente
diverso, l’aspetto acustico, l’amore per la chitarra classica, il confronto
diretto col pubblico, lontano dalla protezione di una squadra.
Un bel disco“La mia
voce”, ma… ho pensato a una
divagazione, al tirare il fiato ritornando alle origini in attesa di riprendere
la posizione apparentemente più naturale.
Niente di tutto questo, il dado gira ancora e ne esce ancora
un altro Fabio Gremo.
“Don’t Be Scared Of Trying” mi appare come
contenitore sonoro bellissimo, di alta qualità ma, soprattutto, capace di
catturare l’ascolto in tempo rapidissimo.
Melodia mischiata a elementi acustici e rock, con un'ambientazione generale che a tratti riporta alle atmosfere hammilliane, e non è
un’esagerazione, e nemmeno un elemento tecnico… solo il sentimento a
pelle/orecchio che mi ha portato in quella precisa direzione.
La grande sorpresa arriva dal cantato, in inglese, di Gremo.
Non sapevo si cimentasse con il canto - cori a parte -, e trovare un colore
vocale così caratterizzante mi ha spiazzato. Nel corso dell’intervista viene
svelato qualche segreto ma, al di là dell’impegno didattico, sfuggire dalla
banalità delle “voce qualsiasi” non è cosa per tutti.
Questo elemento determinante accompagna la costruzione dei
brani, tutti creati attraverso la chitarra classica, seguendo l’istinto
melodico e la necessità di proporre musica meno settoriale, di ampio respiro,
adatta a un pubblico più trasversale. Non è un calcolo, probabilmente è questo
il vero Fabio Gremo in formato “solo in una stanza”, intriso della musica
costitutiva, quella assorbita negli anni della gioventù.
Nascono così brani estremamente intimistici (la conclusiva title
track e “By the fire”), sonorità
“d’altri tempi”con atmosfere aperte (“Over
the Rainbow” e “Odd Boy”), ballate
struggenti come “Ballad for the Good Ones”,
melodie di immediata acquisizione come “Friendship
Is Gold”, rock anni ’80 (“Dance of
Hope”), magie per bambini (“Lullabite”).
Ma in fondo mi è bastata la traccia d’apertura, “Breeze”, intreccio magico di arpeggio e
voce, per capire che al primo ascolto ne sarebbero seguiti molti altri.
Una bella sorpresa, un disco a cui appare difficile dare una collocazione standard, un album che nasce da precise esigenze personali che
portano a una creazione compositiva notevole, che non faticherà a trovare
riscontro positivo per chiunque si approcciasse al lavoro scevro da
condizionamenti e paletti ideologico musicali precostituiti.
Leggiamo il pensiero di
Fabio Gremo… per saperne di più!
Il tuo secondo album,
“Don’t Be Scared Of Trying”, appare come un netto cambiamento di percorso
rispetto al tuo esordio acustico/strumentale, “La mia voce”: esiste un filo conduttore
più intimo, magari meno evidente per l’ascoltatore ma naturale per chi crea?
Nonostante le differenze macroscopiche in termini di genere e
destinazione, i due album hanno sicuramente dei punti in comune, primo fra
tutti il fatto di essere stati concepiti e costruiti sulla chitarra classica.
C'è poi il mio modo di condurre le melodie, il gusto per un certo tipo di
sonorità e aperture… in definitiva credo che la comune paternità sia piuttosto
riconoscibile. C'è però qualcosa di più sottile che li lega, a livello
sostanzialmente emotivo: sono due tappe del mio percorso artistico che hanno
rappresentato, ciascuna nel suo momento, il traguardo chimerico della fatidica
domanda: “Ci riuscirò mai?”. È come
se, quasi per rompere un già scalcinato equilibrio interiore, mi volessi
mettere alla prova con delle missioni impossibili, che mi gettino
inesorabilmente in uno stato di sconforto e fermento tali da costringermi alla
conclusione dell'opera. In entrambi i casi, soltanto a lavori ultimati e con in
mano il CD appena sfornato, mi sono realmente reso conto di esserci riuscito… e
dell'immane lavoro che c'è dietro.
Ti ho visto molte volte
su differenti palchi e in svariate situazione, ma non ero a conoscenza della
particolarità della tua voce: è qualcosa che tenevi nascosta o hai scoperto nel
tempo questo nuovo talento?
Circa due anni e mezzo fa ho iniziato a prendere lezioni di
canto, perché non avevo un gran controllo della mia voce e non riuscivo a fare
dei cori decenti in concerto. Con l'aiuto del mio maestro Gino Pecoraro ho
imparato tante cose e soprattutto ad avere fiducia nelle mie capacità: prima
avevo l'emissione sonora di uno zufolo di plastica, ora a volte quasi mi
spavento del volume che riesco a tirare fuori dalla bocca!
Mi parli della genesi
dell’album… cosa ti ha spinto verso questo nuovo percorso?
Dopo anni di discussioni e compromessi avevo una gran voglia
di tornare a lavorare su musica mia al 100%, per la quale potessi avere totale
libertà di espressione e controllo. Volevo però che fosse un disco di canzoni,
quindi è stato necessario imparare a cantare. In definitiva, quasi tre anni
dalla prima nota scritta alla luce in fondo al tunnel.
Di cosa parlano le
liriche?
I testi raccontano storie d'amore e di vita in modo diretto e
semplice, con uno spirito sereno, lungimirante e positivo anche in caso di
eventuali avversità. Onestamente sono un po’ saturo di arditezze cervellotiche,
oscurità ed esoterismi... Il messaggio fondamentale che voglio condividere è
racchiuso nel titolo: non abbiate paura di provare!
La scelta della lingua
inglese è dovuta alla realizzazione di un prodotto più internazionale o a
cos’altro?
La musica di questo disco è di un genere meno settoriale
rispetto a quanto ho realizzato finora, è intrisa di melodia, di dolcezza… voglio poter raggiungere il più
ampio pubblico possibile.
Chi sono i tuoi
compagni di viaggio e con quale criterio hai operato le tue scelte?
Ho voluto lavorare con musicisti di valore ed affidabilità,
che fossero in primis dei cari amici. La scelta è stata semplice: Marco Fabbri
ha suonato la batteria, Giulio Canepa le chitarre elettriche, Sandro Amadei e
Giuseppe Spano’ pianoforte e sintetizzatori... beh, il resto è scritto nel
booklet del CD…
Mi dici qualcosa
dell’artwork?
Le parti grafiche sono tratte da opere di Stefano Torrielli,
un artista che realizza composizioni materiche utilizzando elementi di varia
origine: rami, resine, rottami, strumenti musicali… il risultato è
straordinario! Ci siamo trovati in affinità su diverse tematiche e la collaborazione
è nata spontaneamente.
A chi ti sei appoggiato
per tutti gli aspetti tecnici e distributivi?
Ho effettuato le registrazioni ed il mixaggio con Andrea
Torretta allo studio Maia di Genova, ho poi attivato la distribuzione digitale
su tutte le maggiori piattaforme e sto definendo la distribuzione fisica con
Black Widow.
Le melodie e la
delicatezza espressiva che proponi nel disco sono un po’ in contrasto con
l’immagine dark del Fabio Gremo più conosciuto: sono aspetti che hanno sempre
convissuto in te o fa parte della tua maturazione?
C'è chi dice che nel Tempio delle Clessidre i miei brani
rappresentino il “sunny side”... Non mi sono mai sentito troppo vicino alla
scena dark propriamente detta, anche se ne apprezzo la musica, né voglio
apparire tetro o artificiosamente misterioso. Piuttosto ho un'anima rock e un
po’ metallara (retaggio degli ascolti ai tempi del liceo), che esce spesso e
volentieri, ma non è assolutamente cupa. La melodia è sempre stata un elemento
importante nella mia musica, sintesi di una ricerca che vuole coniugare
scorrevolezza e imprevedibilità, con un pizzico di stravaganza… in questo album
le ho semplicemente donato una veste più dolce e morbida.
Come stanno funzionando
i tuoi altri progetti, Tempio delle Clessidre in primis?
Attualmente con IANVA stiamo cautamente pianificando una
nuova uscita discografica, con il Tempio invece ancora non si sa bene come
muoversi. Nel frattempo ho messo in piedi un nuovo progetto di cui sentirete
parlare presto.
“Don’t Be Scared Of Trying” verrà proposto dal
vivo con la formazione che ti ha supportato nella realizzazione del disco? E’
previsto qualche incontro di presentazione/pubblicizzazione?
Sì, sto progettando la presentazione dell'album dal vivo e la
soluzione più naturale è coinvolgere gli stessi musicisti che hanno registrato
il disco. L'unica difficoltà è che nell'album oltre a cantare suono chitarra
classica e basso, quindi dal vivo ci dovremo dividere le parti, ma in qualche
modo si farà.
Don't Be
Scared of Trying-Brani:
1.Breeze
2.Over the Rainbow
3.By the Fire
4.Dance of Hope
5.Ballad for the Good Ones
6.Friendship Is Gold
7.Hypersailor-roccheggiante
8.Lullabite
9.Odd Boy
10.Don't Be Scared of Trying
Musicisti:
Fabio Gremo: voce principale e controvoci, chitarra classica, bassi
e strumenti virtuali.
Sandro Amadei: pianoforte, coro
Giulio Canepa: chitarre elettriche ed acustiche, coro
Steve Collins: coro
Marco Fabbri: batteria e percussioni, coro
Antonio Fantinuoli: violoncello
Emanuele Fresia: sax contralto
-Giuseppe Spanò: pianoforte, tastiere aggiuntive, coro
Sandro Amadei: pianoforte, coro
Giulio Canepa: chitarre elettriche ed acustiche, coro
Steve Collins: coro
Marco Fabbri: batteria e percussioni, coro
Antonio Fantinuoli: violoncello
Emanuele Fresia: sax contralto
-Giuseppe Spanò: pianoforte, tastiere aggiuntive, coro