Steve Hackett ritorna al lavoro discografico e
l’audience italiana ha la possibilità di assorbirlo quasi in tempo reale, visto
il mini tour iniziato ad una settimana dal rilascio dell’album “The
Night Siren”.
Sono stato tra i fortunati presenti ad una delle sue
performance, momenti in cui al necessario repertorio Genesis si unito il volto
presente e futuro di Hackett.
Commentare un album significa realizzare una cartolina del
tutto personale, influenzata da mille fattori, e credo sia estremamente
difficile mantenere l’obiettività: un bel disco - o meno bello - rispetto a che
cosa?
Ho cercato l’isolamento dal mio DNA musicale - i Genesis
hanno intriso di gioia musicale la mia vita, dai seventies ad oggi - e al terzo
ascolto ho trovato in pieno la musica che… mi fa stare bene.
Undici brani, poco meno di un’ora di musica, con l’idea del
massimo coinvolgimento realizzativo, perché la costituzione del gruppo di
lavoro nutrito è parte del progetto, del significato di questo concept album.
Ho chiesto a tal proposito allo stesso Hackett che, come
sempre, ha gentilmente risposto: “In
questo particolare stato di difficoltà generale è bene coinvolgere il più
possibile musicisti, cantanti e artisti, e raccogliere le influenze che
arrivano da tutto il mondo. Questo album è focalizzato sull’unità dei popoli e la compassione umana, ed è un appello per la pace nel mondo in
questo momento di divisione, dove regna il nazionalismo e l'ignoranza”.
Il team di musicisti che ha partecipato a “The Night Siren” è composto da una
ventina di persone, tutta la sua band per i live - tranne il fido bassista Nick Beggs - a cui si aggiungono nomi
importanti - come il drummer Nick D’Virgilio, e alcuni affetti - il fratello
John che lo affianca anche a livello compositivo, e la moglie Jo, anch’essa
presente come vocalist e autrice in un brano.
Credo sia utile sottolineare come Steve Hackett sia unico nel
suo perseguire un cammino che non è fatto di nostalgia - quella che
obiettivamente colpisce chi si avvicina ai suoi concerti, sempre sold out -, ma
trova piena soddisfazione nella sperimentazione e nella ricerca di una via
personale, che non può rinnegare il nobile passato ma che prova al contrario ad
integrarlo.
E in questo senso la musica progressiva di cui Steve è
alfiere appare il contenitore ideale, un luogo dove esiste completa libertà
espressiva, dove il Rock si sposa alla World Music e si apre alla completa
contaminazione, che pesca nelle diverse etnie e nella tradizione.
“The Night Siren” è
un po’ questo, un viaggio tra mondi lontani rappresentati, anche, da
particolarissimi strumenti - oud, charango, sitar, tar, cajon,
flageolet, quena, duduk, uilleann pipes, didgeridoo - che amplificano il tragitto
realizzato tra differenti continenti, e provano ad unire un mondo oggi più che
mai imperfetto e bisognoso di valori universali e condivisi.
Steve Hackett prova a dare il suo contributo fattivo con la
musica, la sua personalissima musica, e sciorina tratti ritmici e sonori che
presentano ampi e differenti scenari, più volte mutevoli all’interno del brano
stesso.
Si apre con l’ipnotismo di “Behind
the smoke” -
video ufficiale a seguire - per proseguire con la wecoastiana “Martian sea”; “Fifty Miles from the North
Pole” è il brano più lungo e disegna scenari apocalittici
su cui interviene pesantemente la chitarra di Hackett; “El Nino”, scritta a quattro mani con il geniale
tastierista Roger King, è la perfetta colonna sonora per un film d’azione,
mentre “Other side of the wall” mette
in evidenza la delicatezza acustica del maestro Steve, che sciorina una perla
sufficientemente genesisiana per quanto riguarda il suo side più delicato; con
“Anything but love” lo start
decisamente spagnoleggiante volge verso un pop di qualità e di sicura presa
immediata; “Inca terra” - impreziosita dalla parte vocale affidata a Nad Sylvan -
riprende la necessità di perlustrare terre lontane e inesplorate, mentre
l’arrivo di “In another life” coincide con la sosta in atmosfere
facenti parte di zone ben conosciute all’autore, tipiche della tradizione
britannica; “In the skeleton gallery”, attribuita ai fratelli Hackett, si divide
tra la canzone facilmente fruibile e la fuga verso zone di rock, fusion e jazz;
“West to east” conclude il messaggio
lirico ed è una sorta di ballad che regala l’immagine della conclusione di un
viaggio a cui appare difficile attribuire un giudizio imparziale; la conclusiva
e onirica “The gift” è strumentale ed
è l’unica in cui Hackett non appare come autore - accreditati
Leslie-Miriam Bennet e Benedict Fenner, che ne sono anche interpreti.
Elegante e di sicura presa l’artwork, con
un’immagine di copertina che appare come elemento introduttivo al concetto
basico racchiuso nel disco.
Un lavoro globale a mio giudizio notevole, che
racchiude uno spirito antico che appare sempre vivido e che si sposa alla
perfezione con nuove istanze musicali.
Steve Hackett ha proposto pillole del nuovo
album nei suoi concerti italiani e, al di là della mia testimonianza relativa
al concerto torinese, è lo stesso Steve che mi racconta: “La reazione al nuovo album è stata grande e le persone hanno dato
dimostrazione di alto gradimento”.
Volto alto per “The
Night Siren”.
TRACKLIST
1.Behind the smoke
2.Martian sea
3.Fifty miles from the north pole
4.El Nino
5.Other side of the wall
6.Anything but love
7.Inca terra
8.In another life
9.In the skeleton gallery
10.West to east
11.The gift
PARTECIPANTI
Steve
Hackett – chitarra elettrica e acustica, oud, charango, sitar, armonica, voce
Kobi Farhi –
voce in "West to East"
Mira Award –
voce in "West to East"
Nick D’Virgilio – batteria in "Martian Sea"
Malik Mansurov – tar in
"Behind the Smoke"
Gunnlaugur Briem (accreditato
come "Gulli Briem") – batteria cajon,
percussioni
Roger King – tastiere, programmatori (except in
"The Gift")
Benedict Fenner – tastieres, programmatori in
"The Gift"
Leslie-Miriam Bennett – tastier in "The
Gift"
Nad Sylvan – voce in
"Inca Terra"
Jo Hackett – voce in "West to East"
Gary O'Toole – batteria in "Fifty Miles from the
North Pole", "El Niño", e "West to East"
Rob Townsend –sax baritono e soprano, flauto, flageolet, quena,
duduk, clarinetto basso
Amanda Lehmann – voce
Christine Townsend –
violino, viola
Dick Driver – basso doppio manico
Troy Donockley- uiellan
pipes in "In Another Life"
John Hackett –
flauto in "Martian Sea" e "West to East"
Ferenc Kovács – tromba in "Fifty Miles from the
North Pole"
Sara Kovács – didgeridoo in
"Fifty Miles from the North Pole"