Sono passati sei anni
da quando commentai Il Nome del Vento,
album dei Delirium
che precede il nuovissimo L’era della Menzogna,
un'altra produzione Black Widow Records.
E’ un vuoto temporale
consistente quello a cui ho fatto accenno, ma credo che le riflessioni vadano
fatte pensando a quella “atmosfera che
gira intorno”, tanto per ricorrere alle parole di un glorioso membro del
passato, perché una band come quella di Ettore
Vigo e Martin Grice, citando i
più antichi del gruppo, potrebbe sfornare dischi a piacimento, i mezzi e le
idee non mancano; ma di questi tempi la sovrabbondanza discografica non paga e,
soprattutto, la fase creativa va finalizzata quando si vive in periodo di
serenità musicale.
E proprio la
tranquillità è l’ingrediente fondamentale che mancava e, senza voler dare
giudizio alcuno, ma basandomi solo sulla mia percezione dei fatti, l’ultimo
lustro è risultato abbastanza travagliato, con il conseguente calo di
motivazione, trasportato inevitabilmente sulla musica.
Ma accade che da momenti
di crisi possano nascere nuove opportunità, e che alcune modifiche alla
formazione conducano ad un nuovo entusiasmo, ad una nuova situazione, dove la fresca
linfa -e non è mero fatto anagrafico- riesce a incidere pesantemente e
positivamente sul team al lavoro, e l’intelligenza dei due veci permette di superare ogni tipo di possibile antagonismo,
tipico di ogni gruppo al lavoro.
Considerando membro
anziano anche Fabio Chighini, nei
Delirium da una generazione, la prima new entry è quella del drummer Alfredo Vandresi, come vedremo qualcosa
di più dello stereotipo di batterista, solitamente puro strumentista. L’ultimo
step, risalente ad un anno fa, è quello da triplo salto mortale, perché il giovane Michele Cusato ha talento da vendere e Alessandro Corvaglia è polistrumentista, vocalist e vero frontman, un ruolo da tempo scoperto.
Da sottolineare come l’aggiornamento
della formazione, da cinque a sei unità, abbia modificato di fatto la filosofia
di lavoro e la redistribuzione dei compiti all’interno del gruppo, ed è questo
un atto a mio giudizio sostanziale di cui tener conto per giudicare il
risultato finale.
Ettore Vigo ci
racconta di come la spinta sia arrivata proprio dalle proposte di Vandresi, condivise
e fatte evolvere da tutti i musicisti,
con una buona dose di libertà.
E così L’era della Menzogna ha preso forma, e
il prodotto ultimo è di quelli che rende orgogliosi, per contenuti e novità
sonore.
Abbiamo recentemente
visto in TV come i Delirium non siano mai stati dimenticati, ma chi ha nella
mente Jesahel -che naturalmente non
può essere trascurata- ha una visione totalmente distorta della “realtà
Delirium”, perché la loro più moderna identità prevede un forte profilo musicale
progressivo con un importante contenuto sociale, e se fossimo nei primi anni ’70
rappresenterebbe la perfetta sintesi tra atmosfere prog ed impegno
cantautorale, sezioni ben divise in quei giorni lontani.
Sempre Vigo evidenzia
come sia tipico del genere proposto la descrizione delle crisi morali ed etiche
della società, ma la differenza tra la diffusa origine delle prog band e l’attuale entità
Delirium è che le prime utilizzavano soprattutto metafore e simbologie precise
mentre la seconda adotta un linguaggio diretto, che arriva con una certa
facilità all’ascoltatore, assolvendo al meglio il ruolo che la musica può avere
in ambito sociale.
Mauro La Luce, paroliere storico del gruppo, interviene con la solita
perizia e sensibilità, firmando tutte le liriche tranne il lungo brano di
chiusura, Il Castello del Mago Merlino,
una creazione completa di Vandresi.
Oltre cinquanta minuti
di musica suddivisi su nove tracce -una strumentale, La Deriva- che sottolineano la nascita di un’alchimia, che produce
un’armonia musicale che il talento e l’esperienza, da soli, non possono
giustificare.
Perfetti incastri tra
parti vocali e ritmiche, sound potente che a tratti riporta ai primi Crimson,
parti solistiche, godibili -Cusato in primis-, mai fini a se stesse, e continuo
ricorso a melodie accattivanti sono ingredienti che accomunano un album concettuale
per temi affrontati e comune denominatore sonoro.
Artwork in perfetta
sintonia con i temi trattati e booklet completo ed esaustivo.
I Delirium hanno
cambiato pelle e L’era della Menzogna
rappresenta allo stesso tempo risultato e punto di partenza, idea che avevo già
fatto mia nel dicembre scorso, quando partecipando ad un loro concerto potei
ascoltare alcune anticipazioni dell’album, tra cui Il Nodo, che propongo a seguire, non nella forma “studio”, ma in
quella che riuscii a catturare proprio sei mesi fa, e che permette di dare
dimostrazione completa della qualità dell’album, testimoniando una forte
rinascita.
Al nome Delirium è stato aggiunto l’acronimo I.P.G. (International PROGressive
Group), ma alla luce di quanto visto e ascoltato un bel “Rebirth”, seppur già
utilizzato da altra band, avrebbe ugualmente dato l’immagine della realtà: la
band è rinata!
Grande album…
complimenti a tutti!
Lo scambio di
battute…
E’ appena uscito il vostro ultimo album, “L’era della
Menzogna”: mi spiegate il motivo del titolo e il suo contenuto, dal punto di
vista del messaggio?
Alessandro: Titolo e
album rappresentano una denuncia nei confronti di un'epoca basata sull'inganno
finalizzato all'arricchimento, al consolidamento del potere, al mantenimento di
privilegi, ma anche volto ad ottenere posizioni di prestigio da parte di persone
senza costrutto o dignità. Purtroppo sembra di fare del populismo di bassa
lega, ma i tempi sono particolarmente duri ed il “sonno della ragione” sembra
ormai diventato un letargo.
So che mi ripeto, ma da quanto ho potuto vedere con i miei
occhi esistono nuovi stimoli musicali che si traducono in palese entusiasmo: è
questo che vi ha portato verso un nuovo capitolo discografico?
Ettore: L’idea del
nuovo album è nata con l’ingresso del nuovo batterista Alfredo Vandresi,
musicista a tutto campo. Alfredo ci ha proposto alcuni brani di sua
composizione, da lì ognuno di noi ha tratto lo stimolo per realizzare i brani
restanti per completare “l’opera”. Nel frattempo il gruppo ha cambiato la
formazione, e a seguito della defezione di Roberto Solinas sono entrati a far
parte permanente del gruppo Alessandro Corvaglia (pluristrumentista e voce
solista, già Maschera Di Cera) e Michele Cusato (chitarra solista), lasciati
liberi di esprimere sé stessi su tutti i brani… e che interpretazione… io
aggiungo… vocale e chitarristica!
Quali sono gli
elementi di novità relativi al sound?
Alessandro: principalmente un insieme di suoni che non sono
un semplicistico richiamo allo stile progressive (la presenza del mellotron,
per fare un esempio, è ridottissima), ma anzi un incastro fra sonorità nuove, a
cavallo fra elettronica e acustica, e richiami al suono articolato di album
come “Il nome del vento”. Anche le
strutture dei brani oscillano fra forme di immediata fruibilità, ancorchè non
banale, e sviluppi più complessi e variopinti.
Una parola sull’artwork, che mi pare molto indovinato e che,
naturalmente, risalterà maggiormente sul vinile: come
nasce?
Ettore: L’immagine è
la diretta interpretazione del significato dei testi! Come ben sai, il Prog si
nutre anche delle esperienze umane ed esprime i valori profondi, denunciando le
“crisi” morali ed etiche della società.
Leggendo i crediti e le collaborazioni si scoprono nomi
conosciuti e legati alla vostra sfera: come ha funzionato la squadra al
completo?
Alessandro: in modo fantasticamente perfetto! Plauso
personale alla performance di Alice Vigo, inseritasi in modo naturalmente
convincente in un brano che disegna un'atmosfera lievemente differente dal suo
stile. Ma la continuità è sorprendente.