Quarantasei anni fa Woody
Guthrie ci lasciava. Per ricordarlo utilizzo un articolo di Gianni Lucini,
estratto dal suo blog Rock e Martello (http://www.rockemartello.com/)
Il
3 ottobre 1967 dopo un calvario durato tredici anni di ricoveri,
guarigioni e speranze muore al Queen Hospital di New York, consumato dal
morbo di Hutchinson, il folksinger Woody Guthrie. Considerato universalmente il padre della moderna canzone
di protesta statunitense ha da pochi mesi compiuto cinquantacinque anni.
Registrato all’anagrafe con il nome di Woodrow Wilson Guthrie, nasce, infatti,
il 12 luglio 1912 nella cittadina di Okemah in Oklahoma e a dieci anni già si
guadagna da vivere come manovale. Impara poi a strimpellare la chitarra e a
comporre brevi filastrocche per il divertimento dei suoi concittadini. Quando
la crisi si fa più pesante parte per cercare fortuna insieme a migliaia di
altri disperati e negli anni della Grande Depressione vagabonda per l'America
con gli "hobos", i disoccupati costretti a spostarsi da un lato
all'altro degli Stati Uniti alla ricerca di lavori precari. Le esperienze
vissute in quel periodo e le storie delle persone che incontra diventano una delle
principali fonti d’ispirazione delle sue ballate. La sua vicenda personale
di artista “on the road” si intreccia però anche con le grandi lotte operaie,
con i movimenti dei disoccupati e con i tentativi della sinistra americana
degli anni Trenta e Quaranta di organizzare e offrire prospettive credibili
alle grandi masse di quell’immenso paese. Woody non è al di sopra delle parti
e, prima da solo, poi con gli Almanac Singers, garantisce presenza, sostegno e
solidarietà alle azioni di lotta. Denuncia l’imbarbarimento fascista e
partecipa attivamente alle iniziative per raccogliere fondi da destinare alla
Repubblica Spagnola alle prese con quelli che lui considera i maggiori pericoli
dell’epoca: il fascismo e il nazismo. Per non lasciare dubbi sul suo modo di
pensare incide sul legno della cassa armonica della sua chitarra la frase “this
machine kills fascists” (Questa macchina uccide i fascisti). Quando una
stazione radio di Los Angeles, la WKVD, gli affida la conduzione di un
programma di musica popolare, le sue canzoni lasciano la polvere delle piazze e
dei bordi delle strade per diventare un patrimonio del folk americano di questo
secolo. Dopo la seconda guerra mondiale, deluso dalla litigiosità interna della
sinistra statunitense e perseguitato dalla caccia alle streghe contro i
comunisti indetta dal senatore McCarthy, cerca di sopravvivere come può, ma
inizia a dover fare i conti con un nemico invisibile che si muove nel suo
stesso corpo: la paralisi progressiva, provocata dalla malattia che l’ha
colpito. Nel 1954 entra per la prima volta in ospedale e fino alla morte non
avrà più una vita normale. Non per questo rinuncerà a lavorare nei giorni in
cui la malattia allenterà la presa. Quando il suo cuore cessa di battere lascia
in eredità al mondo un patrimonio musicale di enormi proporzioni. La sua
produzione musicale, infatti, ha spaziato su molti fronti: dalle canzoni per
bambini a quelle di lotta, alle ballate, alle canzoni di protesta. Si calcola
che siano più di un migliaio i brani da lui composti e destinati a influenzare
le generazioni successive di folksinger nordamericani. Sulla sua esperienza ha
scritto nel 1943 un libro autobiografico, “Bound for glory”, da cui nel 1976 è
stato tratto l’omonimo film, uscito in Italia con il titolo “Questa terra è la
mia terra”, diretto da Hal Ashby, sceneggiato da Robert Getchell e con David
Carradine nella parte di Woody. Quando muore, il vecchio compagno di tante
avventure Pete Seeger e suo figlio Arlo chiamano a raccolta amici e discepoli
per celebrarlo degnamente. L’idea è quella di organizzare due grandi concerti
in sua memoria sulle due coste degli Stati Uniti. Il primo si svolge alla
Carnegie Hall di New York il 20 gennaio 1968 e vede la partecipazione di Bob Dylan
con la Band, Judy Collins, Tom Paxton, Richie Havens, oltre naturalmente ad
Arlo Guthrie e Pete Seeger. Più difficile appare la realizzazione del secondo
che, dopo molte trattative e difficoltà, compreso il forfait di Bob Dylan,
deciso a sganciarsi dall’eredità di un autore troppo politicizzato come Woody,
si svolge molto più tardi dopo all'Hollywood Bowl di Los Angeles. In scena, a
rendere omaggio al folksinger scomparso ci sono, tra gli altri, Joan Baez, Arlo
Guthrie, Pete Seeger, Richie Havens e Country Joe McDonald. Gli incassi di
entrambi i concerti e tutti i diritti relativi vengono destinati alla
neocostituita Fondazione Woody Guthrie che ha tra gli scopi principali quello
di realizzare una biblioteca a Okemah, il paese natale del folksinger, e di
finanziare la ricerca sul morbo che l’ha ucciso.