Fotografia di
Enrico Rolandi
15 febbraio 2013 dedicato al Prog, a Genova, mentre impazzava il Festival di
Sanremo.
Il Teatro Verdi di Sestri Ponente ha infatti
ospitato in un colpo solo tre band dalle caratteristiche diverse, dalle
esperienze più o meno importanti, ma con in comune l’amore per un genere
musicale che significa innanzitutto impegno e passione.
La serata era
costruita attorno ad un evento principale, la prima live dell’album de
La Maschera di
Cera, “Le Porte del Domani”.
Il disco, nonostante
sia un “neonato”, sta raccogliendo consensi molto ampi, e per la presentazione
ufficiale live Black Widow Records e
AMS Records/BTF, organizzatori dell’evento, scelgono il contorno di giovani band dalle
grandi potenzialità.
Pubblico numericamente
non adeguato all’evento, ma per non aprire la solita e spesso sterile polemica,
legata alle attitudini e abitudini dei fruitori della musica - o presunti tali -
sorvolerò, evitando ogni tipo di commento. Certo è che la performance di
qualsiasi artista ha un’intensità direttamente proporzionale al calore provocato
dall’audience, riscaldamento naturale che nell’occasione ha avuto lenta
progressione - fatto fisiologico - e di questo hanno forse patito i Flower
Flash e gli Psyco Praxis, gruppi che hanno comunque dimostrato grande professionalità.
Iniziano i Flower Flash
di Albenga, dopo una breve presentazione del tastierista Alberto Sgarlato. Non è molto il tempo a disposizione, per ovvi
motivi di condivisione dello spazio disponibile, e nella mezz’ora stabilita
presentano brani tratti dall’album "Duck in the box".
Due le novità, almeno per il
sottoscritto: la presenza del cantante Daniel Elvstrom, che non avevo ancora sentito dal
vivo, ed un rifacimento prog del tutto anomalo, peraltro affascinante, la
riproposizione di “Una ragione di più”,
brano siglato dal duo Vanoni-Reitano, una delle più belle canzoni mai scritte,
ma sicuramente non ideologicamente accostabili, in linea di principio, al tema
della serata. E invece l’arrangiamento e il nuovo ritmo imposto hanno cambiato
la faccia - ma non la bellezza che è connaturata al brano - di un must senza
tempo. Coraggio e soddisfazione per questi giovani savonesi:
A seguire una band
assolutamente nuova, gli Psycho Praxis di Brescia, recente scoperta della
BWR che ritaglia per loro la prima uscita ligure.
Andrea Calzoni, il cantante e flautista, racconta dal palco gli inizi
musicali della band e l’avvicinamento al prog, avvenuto come spesso accade per
merito di “encomiabili” genitori capaci di trasferire, anche, alternativi
messaggi musicali.
Il genere è realmente
vintage, un rock abbastanza “forte e preciso”, che ricorda a tratti il mondo
dei Jethro Tull, non solo per l’utilizzo del flauto traverso, ma anche per
l’aspetto visual, che riporta immediatamente al primo Anderson, ma è tipico per
chi ama quel mondo appropriarsi istintivamente di alcune movenze del mitico
Ian.
Poco più di mezz’ora
di spettacolo non consente un giudizio completo, ma ciò che questi ragazzi
hanno messo in mostra lascia ben sperare, perché il talento e le idee chiare
non mancano, e i risultati non tarderanno ad arrivare:
E arriva il clou, cala
momentaneamente il sipario mentre avviene l’ultimo cambio palco.
Martin Grice, antico Delirium,
ospite della Maschera di Cera sia su
disco che sul palco, racconta le sue impressioni e parla di futuro, mentre al
di là della tenda Zuffanti e soci si preparano.
Pillole dal repertorio
passato in attesa della lunga suite che racconta una possibilità evolutiva
della storia iniziata quarant’anni fa da LE
ORME, quella dei due mondi, Felona e Sorona.
Formazione consolidata
(presentata nel video a seguire) con due ospiti, il Martin Grice già citato, al
flauto e sax, e Laura
Marsano alle chitarre.
Il mio giudizio sull’album
- quindi su ciò che è aspetto “studio” - è fruibile al seguente link:
Ciò che invece va in
scena nelle rappresentazioni live è qualcos’altro … è l’incontro tra pubblico e
artista, spesso condizionato da molteplici fattori, in un gioco del dare e avere
che niente ha a che vedere con il potenziale tasso tecnico e comunicativo.
Credo che un minimo di
delusione e frustrazione (da partecipazione) ci sia stata, e la conseguenza
poteva essere una sorta di demotivazione da palco, con l’aggiunta di una
discreta responsabilità nei confronti delle due band “giovani”, che sicuramente
guardano alla MDC come ad un punto un
po’ lontano, ma modello sul cui percorso occorrerebbe fare opera di benchmarking.
Bene, tutto
questo possibile damage non c’è stato, e il mestiere degli attori in campo è
venuta fuori in toto.
Fabio Zuffanti, Alessandro
Corvaglia e Maurizio Di Tollo sono
un trio collaudato da differenti collaborazioni e l’affiatamento è risultato evidente.
Molto apprezzato il “tocco” di Agostino Macor, tessitore instancabile di trame complicate che lui ha
reso apparentemente semplici; un vero piacere vedere i duetti di flauto tra Andrea Monetti ed uno degli
ospiti… il mito - come uomo e artista - Martin.
Impossibile non
stabilire con lui un rapporto empatico, a pelle, e gli incontri con Grice,
anche per chi non è particolarmente interessato alla musica, sono sempre fonte
di estremo piacere.
Un piacere è
stato anche il vederlo muoversi liberamente per il palco con sax e flauto, e ho
immaginato Fabio Zuffanti felice di
questa collaborazione, in equilibrio tra live e studio.
Una bella
sorpresa anche Laura Marsano, inattiva da molto tempo per i
soliti problemi familiari che generalmente toccano molto le donne, e molto poco
gli uomini. A fine concerto la incontro e fa un po’ di autocritica, ripensando alla
normale ruggine da smaltire, ma a me è piaciuta e ho trovato enorme materiale
tecnico e umano.
Un plauso anche
al grande lavoro dei tecnici - Alessandro Mazzitelli e Rox Villa -
“gestori” di una situazione non certo semplice.
Presto sarà
realizzato il DVD dell’evento e sarà quello il momento giusto per rimediare alla
mancata partecipazione alla serata, e penso che la rivisitazione, a distanza di
tempo, potrà trasmettere nuovo piacere anche a chi era presente.