A distanza di otto mesi dal cadeau natalizio, ho terminato la lettura di "Life", l'autobiografia di Keith Richards scritta in collaborazione col giornalista James Fox, antico conoscente del mondo Rolling Stones.
Non parlo di una new in assoluto, essendo un book uscito a novembre 2010, edito in italia da Feltrinelli e tradotto magnificamente da Martino Gozzi, Andrea Marti e Marina Petrillo.
Dichiarare il tempo lungo di lettura potrebbe essere fuorviante ed evidenziare scarso gradimento. In realtà le oltre 500 pagine sono scorrevoli e piene di spunti interessanti per chi, come me, è un appassionato di musica e curioso di saperene di più su tutti quei musicisti che oggi sono un pò meno inaccessibili di un tempo, anche se Richards fa parte degli inarrivabili, e allora carpirne attimi di vita per opera della sua stessa "voce" è sicuramente una buona occasione per andare a fondo e divertirsi a sentenziare.
I Rolling Stones hanno accompagnato parte della mia adolescenza, con quei fantastici 45 giri che ad ascoltarli oggi sembra non abbiano perso neanche un briciolo di forza. Parlo di " Jumpin Jack Flash, Satisfaction, Paint it Black, Dandelion, Honky Tonky Woman, Let's spend the Night Togheter, Lady Jane...", e potrei continuare a lungo. A ripensarci sembra impossibile che ogni brano fosse così efficace! Ma da un certo punto in poi non mi hanno più interessato, diciamo dal 1975..
Anche il tipo di vita pubblicizzato, nonostante la carenza di mezzi di informazione - quei comportamenti ben sottolineati in "Life"- era qualcosa che mi infastidiva e toccava profondamente i miei bisogni - fatto forse anomalo quando si è molto giovani - che erano quelli di non barattare la salute con alcun tipo di successo personale.
Ma cosa contiene questo libro corposo, pesante e pieno di significati? Intanto un percorso di vita, dalla genesi ai giorni nostri, e il racconto permette di conoscere dettagli che... fanno la differenza. A volte tali particolari, specialmente nella seconda parte della storia, diventano noiosi e apparentemente superflui, come se fossero messi sul piatto per modellare l'immagine che, pagina dopo pagina, ha assunto contorni scuri che necessitano di sfumature controbilancianti. Ma la picture globale che ne deriva è quella di un brav'uomo, buono nel cuore, maniaco e a volte pericoloso, ma di pasta ... facilmente trattabile.
Le cose che più mi hanno colpito sono tre: la dissolutezza di quel mondo rock, l'annullamento di ogni coordinata spaziale e il rapporto con Mick Jagger.
Parlare di vite dissolute non ha a che fare con il moralismo. La vita di Richards e Anita Pallenberg - la prima moglie - è stata condotta in modo tale che entrambi dovvrebbero essere oggetto di studio... come mai sono ancora vivi? E' questa una domanda che accompagna il lettore dalla prima all'ultima pagina. E chi penserebbe mai di dare al proprio figlio un educazione come quella ricevuta dal primogenito Marlon?
Nel mondo delle persone importanti pare che gli spazi non esistano. Se per il comune mortale può a volte essere problematico spostarsi col metrò all'interno della propria città, per uomini come Keith Richards sembra che la globalizzazione favorita da internet sia sempre esistita, se è vero con un con solo clic ci si spostava - già a fine anni '60 - da un continente all'altro, e cercare e trovare una persona conosciuta in una metropoli, o darsi appuntamento in capo al mondo, era fatto estremamente semplice. E i suoi racconti descrivono un mondo che si stenta a credere reale, ma che coinvolge il lettore quasi si fosse al cospetto di un noire.
Il rapporto con Mick Jagger è un altra linea guida. Rapporto di odio e amore, conflitto permanente - almeno da un certo punto in poi - viene descritto da Richards per esaltare -attraverso il contrasto - la propria immagine, ma con uno smisurato amore che sembra sia determinante per affermare che loro due, in simbiosi, hanno scritto la storia del rock.
C'è anche molta musica, molto rispetto per gli artisti del passato e per quell'entourage che è fatto di persone determinanti per ogni artista di successo, ma spesso senza volto.
E poi Brian Jones, John Lennon, mamma Doris e papà Bert, Gram Parsons, Marianne Faithfull, l'attuale moglie Patti Hansen.
A pagina 230 un'utile sottolineatura, un vero motivo per cui si possa considerare Keith Richards un chitarrista innovatore, vale a dire l'utilizzo di certe accordature aperte e la rinuncia alla sesta corda, il MI greve.
Ecco le mie considerazioni di qualche tempo fa, quando a metà lettura sentivo l'esigenza di raccontare la "tecnica Richards":
http://athosenrile.blogspot.it/2012/06/laccordatura-di-keith-richards.html
Ed ora aspetto di leggere la biografia di Jagger... e chissà che non sia speculare!
http://www.youtube.com/watch?v=fHtUCOXo4Pk
http://www.youtube.com/watch?v=tQ5HaWfnTEI
http://www.youtube.com/watch?v=Up71s5g7fhk
http://www.youtube.com/watch?v=sTYdWbEB97U
http://www.youtube.com/watch?v=yNcoN5H5t3I