Quando ho letto che i Nine Below Zero si sarebbero esibiti a Savona, istintivamente sono andato alla ricerca di ciò che avevo registrato un paio di anni fa, nel corso della downtown blues che si svolse nelle piazze di Varazze. A volte il contorno è importante quanto la musica.
Sono rimasto sorpreso nel sapere che il concerto di sabato
5 marzo si sarebbe tenuto al Centro
del Biliardo, luogo che peraltro bazzico per
diversi motivi, quasi sempre di ordine culinario, ma mai avrei pensato a un
simile evento.
Bel palco e discreto spazio ma, senza nulla togliere alle
strutture di casa nostra, non potevo dimenticare di aver visto i NBZ, nel 1980,
allo stadio di Sanremo, come gruppo “spalla” dei Dire Straits. E di strada da allora ne hanno fatta parecchia.
Che dire… dimostrazione di professionismo ( perché il loro
entusiasmo non è mancato) e un altro elogio a Marco Traverso, che dopo anni di Raindogs, mega concerti come quelli di Jack Bruce e Johnny Winter, e dopo le varie Downtovn a sfondo blues, continua nel suo impegno musicale di
assoluta rilevanza.
La
risposta del pubblico, come spesso avviene dalle nostre parti, non é stata
granché, se si pensa al valore e alla fama dei musicisti on stage.
Due soli
concerti italiani, Torino la sera prima e appunto Savona, avrebbero dovuto
spingere verso il tutto esaurito. Sono queste occasioni uniche, in cui i
musicisti del territorio possono osservare da vicino e “rubare” qualche
segreto, e gli uomini più “antichi” possono ritrovare le loro radici, magari
provando a far incontrare i loro figli con la buona musica.
Oppure è
solo questione di partecipare ad un buon concerto. Punto.
Ma
ancora una volta devo registrare la mia personale delusione, una delle tante
che riempiono questo blog quando parlo della mia città.
Attorno
alle 22 aprono “Les Trois Tetons”, gruppo
di una certa fama a Savona, con all’attivo un paio di album costituiti da brani
originali e qualche tournèe estera.
E’
ovviamente una serata a tema essendo il R&B, il cibo per i presenti, ma c’è un
altro tratto di continuità tra i due gruppi.
Mentre
“Les Trois Tetons si stanno esibendo arrivano i Nine Below Zero e, nonostante
la necessita di un attimo di tranquillità pre-concerto, si fermano alcuni
minuti ad osservare/ascoltare, dimostrando interesse non di circostanza. Quando
il chitarrista e cantante Dennis
Greaves si blocca davanti al palco, mi chiedo se ha ricordo
di quanto avvenuto a Varazze, nell’occasione già citata, quando Zac, frontman
de “L3T”, in occasione del bis veniva spinto sul palco e si esibiva in un brano
degli Stones, accompagnato dal resto del gruppo che sembrava
gradire ( vedere link precedente).
La musica di Zac e soci è di prima qualità. La loro
performance è all’altezza della situazione e anche per loro sfodero il mio
solito concetto logoro, che riporta al fatto scontato che, nascere al posto
giusto al momento giusto, determina i differenti percorsi della vita.
E così mi viene naturale realizzare un’immagine dove “L3T”
suonano, in qualche fumoso locale londinese di metà anni ’60, accanto a
colleghi che di lì a poco entreranno nella mitologia… ascoltiamoli:
I tempi richiesti dallo spettacolo fanno si che
la prima parte debba terminare entro un certo orario, e quando viene comunicato
che è il momento dell’ultimo brano, parte “Midnight Rambler” e si fa fatica a rimanere composti.
Tocca proprio a Zac fare da trait d’union e
presentare l’attrazione principale.
I NBZ sono: Dennis Greaves (chitarra, voce), Mark
Feltham (armonica, voce), Gerry
McAvoy (basso) e Brendan O'Neill (batteria).
Impossibile chiarire ciò che certa musica può
trasmettere in alcune situazioni, momenti in cui è poco importante il
gradimento per una delle tante categorie in cui ci piace “incasellare” gli
artisti, perché sono attimi che trascendono ogni regola, e non dipendono da
gusti personali, ma dall’alchimia che per qualche motivo si viene a creare,
mischiando audience e artisti che perseguiranno un obiettivo comune.
Supportato dalla possente sezione ritmica
Greaves da il meglio di sé, in bilico tra voce ritmica e svisate. Il suo ruolo
di leader sul palco viene condiviso con Felthman, che canta e suona divinamente
l’armonica. Sono sempre attento alle dinamiche da palco e al modo, spesso
naturale, che viene utilizzato per comunicare. Quello dell’armonicista è di
assoluta apertura e l’allargamento continuo delle braccia è qualcosa che il
pubblico capta e, magari inconsciamente, assimila. Dettagli… enormi.
Il gruppo ripercorre un po’ di storia e si
diverte sul palco, mentre “l’agitazione positiva” aumenta.
Angelo Lucardi,
un mio coetaneo che di cose da raccontare ne avrebbe a bizzeffe, scatta da ogni
posizione (sue le foto di questo articolo), mentre i telefonini cercano la
sequenza giusta da immortalare.
E’ un susseguirsi di riff R&B e sano
rock blues che incita al movimento, sino a quando “il mescolarsi dei ruoli”
diventa anche fisico. Nel corso del bis, infatti, sul palco resta il solo
O’Neill, mentre il resto della band si unisce al pubblico per incitare il
batterista.
Ottima l’acustica e un plauso al solito Alessandro Mazzitelli, il re del service, il solito musicista aggiunto.
Lo spettacolo finisce dopo la mezzanotte e con
estrema compostezza il pubblico scema.
C’è ancora il tempo per acquistare il solido
CD/DVD e farlo firmare dai protagonisti.
Una bella, inaspettata serata di musica. Un vero peccato perdere certe
occasioni!