Questo accadeva ad
inizio anni '70...
Il racconto del Festival
di Altare prende sempre più
forma…
Dopo una mia iniziativa,
portata avanti grazie alle informazioni preziose di Federico Perrone,
ero arrivato a descrivere l’evento nella seguente maniera:
Il tutto era stato
pubblicato su “Contrappunti”, il trimestrale genovese dedicato alla musica progressiva, all’interno
del contenitore CSPI (Centro Studi per il Progressive Italiano).
A distanza di mesi ho aggiunto
una nuova testimonianza, per effetto dell’intervento di un protagonista sul
palco, Massimo Bovio, che leggendo il mio blog mi ha
spontaneamente contattato per collaborare. I suoi ricordi sono nuovamente
finiti su “Contrappunti” ed oggi li pubblico qui, nella speranza che l’effetto
domino mi regali altre... soddisfazioni.
Scrivevo allora...
Ma sul web può accadere ciò che non ti aspetti, e dopo
la pubblicazione on line sono accaduti due fatti che mi hanno ricondotto a
quell’evento.
Innanzitutto l’incontro con Silvana Aliotta,
allora vocalist del Circus 2000, con cui abbiamo ricordato quei giorni di
“storia musicale”: una lunga intervista fatta anche di dettagli, importanti per
chi si occupa di musica.
E poi, pochi giorni fa ricevo una mail relativa a quel
festival, che ripropongo integralmente.
Mi chiamo Massimo
Bovio, sono di Torino e al tempo suonavo in un gruppo di free/prog
chiamato Vivaldi. Allora avevo diciotto anni. Il gruppo era composto da Giorgio
Stocovich alla chitarra e Angelo Cardella alla batteria.
Avevamo
un sacco di ambizioni e una grandissima faccia di bronzo. Quindi con la
sicurezza di essere i migliori, tipica di quell’età, andammo allo Studio Virus
di Torino e ci proponemmo come gruppo per quell’evento. L’organizzazione ci
accettò senza sentirci e così iniziò l’avventura. Chiedemmo ai Circus 2000
(eravamo buoni amici di Spooky, al secolo Marcello Quartarone) se era per loro
possibile portarci nel loro furgone i nostri amplificatori (Davoli Lied 200
watt doppia cassa per il basso e Lombardi 120 watt doppia cassa per la
chitarra). Accettarono e così iniziammo l’avventura. Noi tre partimmo in treno
dalla stazione di Porta Nuova. Avevamo una tenda a casetta “Moretti Rondine”
prestataci dai miei nonni. Arrivammo ad Altare e dopo una lunga passeggiata ci
ritrovammo nel campo destinato al concerto.
L’Organizzazione ci aveva informato che per dormire ci dovevamo arrangiare e per il cibo ci avrebbero pensato loro. Ci recammo quindi a cena, composta da coca cola in lattine (erano le prime che si vedevano in Italia) e panini a scelta tra formaggio, salame e prosciutto.
Gran casino quella prima notte. Ho ricordi vaghi e confusi.
L’Organizzazione ci aveva informato che per dormire ci dovevamo arrangiare e per il cibo ci avrebbero pensato loro. Ci recammo quindi a cena, composta da coca cola in lattine (erano le prime che si vedevano in Italia) e panini a scelta tra formaggio, salame e prosciutto.
Gran casino quella prima notte. Ho ricordi vaghi e confusi.
Il giorno dopo
iniziava il Festival. Cominciarono ad arrivare le prime band e arrivarono i primi
strumenti. Arrivarono i Circus 2000 con il loro Ford Transit che conteneva
anche i nostri amplificatori. Li montammo e ci preparammo a suonare con
strumenti imprestati, parte dal Circus 2000 e parte da musicisti del luogo.
Iniziammo la nostra
performance e dopo qualche minuto mi si sganciò la cinghia del basso, così, per
non interrompere il fluir delle not,e mi accovacciai e suonai lo strumento a mo
di sitar.
Suonammo quarantacinque minuti un unico brano. Giorgio Stocovich si produsse in un unico assolo. Terminata l’esibizione scendemmo dal palco. Il mio piede, rimasto per quasi un’ora sotto il peso del mio corpo, stava ancora sonnecchiando. Pensò bene di cedere sotto durante la breve camminata per scendere dal palco. Non ricordo se caddi veramente o feci un semplice inchino con ginocchio a terra (spero sia stato quest’ultimo perché certamente più dignitoso).
Restituii il basso al proprietario, lui ci chiese l’autografo. Veramente un momento storico e
Dopo di noi si sono esibirono altri gruppi.
Ricordo ad esempio i Dedalus con i fratelli Di Castri e Fiorenzo Bonansone.
Loro fecero un ottimo concerto. I brani si ispiravano principalmente a due
gruppi in voga in una certa elite musicale: I Nucleus e i Soft Machine con
qualche citazione della Mahavisnu Orchestra. Bravi musicisti e brave persone.
Un buon concerto. Devo dire che in quegli anni vedere i Dedalus all’opera era
cosa abbastanza comune. Comunque sempre ottime performance. Ricordo il Balletto
di Bronzo. Avevo un loro disco (forse Ys) e tra noi, speranzosi musicisti
dell’hinterland proletario torinese, riscuotevano un discreto apprezzamento.
Suonammo quarantacinque minuti un unico brano. Giorgio Stocovich si produsse in un unico assolo. Terminata l’esibizione scendemmo dal palco. Il mio piede, rimasto per quasi un’ora sotto il peso del mio corpo, stava ancora sonnecchiando. Pensò bene di cedere sotto durante la breve camminata per scendere dal palco. Non ricordo se caddi veramente o feci un semplice inchino con ginocchio a terra (spero sia stato quest’ultimo perché certamente più dignitoso).
Restituii il basso al proprietario, lui ci chiese l’autografo. Veramente un momento storico e
Dopo di noi si sono esibirono altri gruppi.
Verso sera fece il suo
ingresso, proprio davanti al palco, una Simca-Talbot dalla quale scese uno
stralunato Franco Battiato. Sotto braccio aveva un sintetizzatore, credo un Arp
Odissey. Da quella macchina scesero ancora un sacco di persone.
Quando salirono sul
palco ricordo che proprio Battiato mi chiese di poter usare i nostri
amplificatori. Inutile dire che la cosa ci inorgoglì immensamente e
naturalmente glieli prestammo volentieri. Il concerto fu straordinario da tutti
i punti di vista. Per chi conosce la discografia di Battiato si era ai tempi di
Pollution. Noi assistemmo al concerto da sopra il palco. La band suonava con intensità,
Franco cantava con trasporto, il palco vibrava a causa dei volumi e dei salti
dei musicisti. Io mi sentivo veramente un tutt’uno con l’universo creativo
creato dalla musica. Cercai con gli occhi il mio amico Giorgio Stocovich
(ancora oggi è il mio amico più grande), volevo condividere con lui il momento
anche solo con uno sguardo. Egli era dietro al suo amplificatore Lombardi 120
watt, comprato con sacrifici (soprattutto della sua famiglia). Era
spaventatissimo. Il suo sguardo e i suoi gesti mi dicevano che temeva che da un
momento all’altro l’amplificatore esalasse l’ultimo respiro a causa del volume
a cui Franco Battiato lo faceva suonare. Vidi balenare nei suoi occhi lo stesso
sguardo che suppongo avesse avuto Guglielmo Marconi quando inventò la radio!
Nel pannello posteriore della testata del Lombardi c’era il “gain” quindi in
qualche modo poteva intervenire non visto sui volumi di Battiato. Così Franco
Battiato davanti alzava il volume e Giorgio Stocovich da dietro lo abbassava.
Alla faccia dei fonici iperpignoli che ho incontrato su qualche palco in questi
anni.
Il concerto proseguì e ad un certo punto Battiato chiamò sul palco dei ragazzi che erano proprio in prima fila. Alcuni di questi salirono e lui li incitò ad usare gli strumenti presenti sul palco. Degenerazione totale. La mia mente associa quei momenti ad una performance vista un po’ di anni dopo con protagonista la Fura dels Baus (forse esagero ma ero un pivello e i ricordi si fondono con altri eventi). Ad un tratto qualcuno dei nuovi arrivati prese una lattina e con essa cominciò a percuotere il gong di Silvana Aliotta. Ricordo notevole disappunto negli occhi di Silvana verso quello sconosciuto.
Il concerto proseguì e ad un certo punto Battiato chiamò sul palco dei ragazzi che erano proprio in prima fila. Alcuni di questi salirono e lui li incitò ad usare gli strumenti presenti sul palco. Degenerazione totale. La mia mente associa quei momenti ad una performance vista un po’ di anni dopo con protagonista la Fura dels Baus (forse esagero ma ero un pivello e i ricordi si fondono con altri eventi). Ad un tratto qualcuno dei nuovi arrivati prese una lattina e con essa cominciò a percuotere il gong di Silvana Aliotta. Ricordo notevole disappunto negli occhi di Silvana verso quello sconosciuto.
Apro una parentesi.
Uno di quei pazzi saltati sul palco è ora un mio caro amico ed ha un negozio di
chitarre (forse l’ultimo rimasto a Torino), sua moglie canta. Indovinate un po’
chi è l’insegnante della moglie? Silvana Aliotta. Un giorno ricordai con
Silvana quell’aneddoto del gong e delle lattine dicendole appunto che l’amico
comune era uno dei “terroristi della birra”. Ecco di nuovo quello sguardo.
Torniamo ad Altare. La
serata la concluse Alan Sorrenti. Era l’Alan Sorrenti vero, originale, quello
di Aria, Come un vecchio incensiere all'alba di un villaggio deserto. Il fratello di un altro mito che è
Jenny Sorrenti (allora nei Sain Just). Il festival doveva chiuderlo lui.
Capello lungo, seduto dietro una chitarra acustica, inizia a diffondere le sue
note flautate nella notte dell’entroterra savonese. È stata un’esperienza
onirica. Ma come tutti i sogni qualcosa li interrompe per riportare il tutto
alla realtà. Prime gocce di una pioggerellina estiva che inizia a spaventare
gli organizzatori, gli spettatori (non noi che eravamo sotto la tenda Moretti
Rondine), gli artisti e i proprietari degli strumenti. Alan Sorrenti continuava
a cantare. I primi teli di nylon arrivarono a coprire gli amplificatori (anche
i nostri). Alan era sempre lì. Chitarra in mano che accompagnava il fluire
delle note. Disse una frase: “...non preoccupatevi, io pur di stare con voi sto
sotto la pioggia fino a domattina...”. A quel punto si ruppe una corda della
chitarra, salutò velocemente tutti e nel giro di un paio di minuti sparì.
E venne l’ultimo giorno, anzi il primo giorno del “dopo Festival”. Ci alzammo, ci stiracchiammo, andammo dietro una pianta (ce n’erano poche quindi la strada era abbastanza lunga e il “dietro la pianta” abbastanza affollato. Andammo al banchetto dell’organizzazione che ci diede il nostra colazione (pane e formaggio con lattina di coca). Finalmente il nostro sguardo andò al palco ormai completamente vuoto, tranne che per un Lombardi 120 watt due casse più testata e un Davoli Lied 200 watt, due casse più testata. E i Circus 2000 che ci avevano portato gli amplificatori da Torino? Se n’erano appena andati. Non conoscevamo nessuno. L’organizzazione finalmente aveva capito che eravamo tre ragazzini imbranati con la fregola di fare musica e non dei professionisti scafati. Il quel momento arrivò verso di noi un ragazzo con una folta barba e il capello lungo. Era in controluce e la sensazione di essere di fronte ad una visione mistica non fu così peregrina. Era Fiorenzo Bonansone dei Dedalus che si offrì di riportare la strumentazione a Pinerolo dove avremmo potuto andarla a riprendere più comodamente.
Questo è quanto ricordo del Festival di Altare.
E venne l’ultimo giorno, anzi il primo giorno del “dopo Festival”. Ci alzammo, ci stiracchiammo, andammo dietro una pianta (ce n’erano poche quindi la strada era abbastanza lunga e il “dietro la pianta” abbastanza affollato. Andammo al banchetto dell’organizzazione che ci diede il nostra colazione (pane e formaggio con lattina di coca). Finalmente il nostro sguardo andò al palco ormai completamente vuoto, tranne che per un Lombardi 120 watt due casse più testata e un Davoli Lied 200 watt, due casse più testata. E i Circus 2000 che ci avevano portato gli amplificatori da Torino? Se n’erano appena andati. Non conoscevamo nessuno. L’organizzazione finalmente aveva capito che eravamo tre ragazzini imbranati con la fregola di fare musica e non dei professionisti scafati. Il quel momento arrivò verso di noi un ragazzo con una folta barba e il capello lungo. Era in controluce e la sensazione di essere di fronte ad una visione mistica non fu così peregrina. Era Fiorenzo Bonansone dei Dedalus che si offrì di riportare la strumentazione a Pinerolo dove avremmo potuto andarla a riprendere più comodamente.
Questo è quanto ricordo del Festival di Altare.
Ora suono in un gruppo
di Rock Blues chiamato BB.Brothers. Ti allego un link. (io sono il ciccione che
suona il basso)…