Alcuni giorni fa ho
descritto le mie impressioni relative alla serata finale del "Premio
Janis Joplin", svoltasi a Savona, il 25 luglio:
Una delle protagoniste della serata
è Valeria Caputo, a cui ho chiesto una
succinta biografia.
Valeria Caputo, artista
tarantina, racconta il suo mondo attraverso il vibrare della voce e il semplice
ma efficace accompagnamento della sua chitarra acustica. Artista autodidatta,
usa i toni e le atmosfere dei suoi pezzi con disinvoltura facendo riecheggiare
quei colori tipici dei menestrelli e dei folk-singer americani degli anni 60/70
ma in una veste del tutto personale. Attiva nel campo della musica sin
dall’adolescenza, si è esibita nel corso degli anni con diverse band (es. The
San Francisco Experience) e come solista, provando in seguito il suo talento
compositivo scrivendo pezzi per altri artisti. I suoi ascolti non hanno potuto
non suggestionarla: i Beatles , i Doors , Janis Joplin , Jimi Hendrix , Bob
Dylan , Nick Drake , Tim Buckley, Joni Mitchell, mostri sacri della musica
internazionale, l'hanno guidata in un panorama musicale sempre più ampio e
ricercato. Nonostante tutto Valeria si è votata alla semplicità mirando a un
messaggio diretto e sincero che ne svela la personalità. Le liriche quasi tutte
in versione inglese parlano di percorsi di vita interiore, di amore, di pace. Artista poliedrica diplomatasi alla
scuola A.P.M. di Saluzzo come tecnico di musica interattiva multimediale, alla
Musical Theatre Accademy di Roma come performer, studentessa di canto jazz al
Conservatorio Paisiello di Taranto, oggi è iscritta al corso universitario di
"Tecniche di progettazione sonora per
sistemi multimediali" presso il Conservatorio di musica "G.B.
Martini" di Bologna. Oltre alla musica, coltiva la sua passione per la
pittura, fotografia e per la
storia dell’arte.
Ed ecco un esempio della sua pittura
Ritratto di Joni Mitchell fatto con colori a matita su tela cartonata
L'INTERVISTA
Nonostante tu sia molto giovane ho appreso del tuo iter musicale, dei
tuoi studi e del tuo spostamento da una terra ad altre, molto diverse tra loro.
Quanto incide il posto in cui si vive nella formazione personale, non
tanto come possibilità di studio, ma come contaminazione?
Personalmente credo che per certi versi “cosa” può aver
influito nella mia formazione sono state fondamentalmente gli incontri che ho
fatto nei svariati luoghi in cui ho vissuto. Ogni persona nel mio cammino ha
lasciato un’impronta, chi più chi meno… ho cercato di confrontarmi sempre, di
dare e avere degli scambi di idee, punti di vista, informazioni, nozioni. Hanno
tutte contribuito ad arricchirmi in cornici naturalistiche, tradizioni,
culture, caratteristiche endemiche diverse. Per altro posso dire che molto mi
hanno dato le persone che come me si trovavano lontane da casa propria, forse
perché alla ricerca, anche loro, di nuovi stimoli e di conoscenza.
Nel tuo difficile iniziale percorso, che ruolo ha avuto la tua famiglia
... aiuto fattivo o solo uno stato di “non opposizione” ai tuoi desideri?
La mia famiglia reputava abbastanza normale che una
bambina di dieci anni li avesse inondati, fin da piccolissima, di bellissimi
disegni a matita e a colori tanto da vedersi costretti a buttarne ogni anno una
pila. La mia prima cantilena l’ho inventata che ero nel seggiolone. La mia
prima canzone a quattordici anni con la chitarra. Da autodidatta, durante il
liceo, ho scritto la metà della mia attuale produzione che forse annovera circa
cinquanta brani (ho perso il conto…). La pittura, in particolare il disegno, è
stata la mia prima passione artistica; amavo molto anche la poesia. I miei,
come molti altri genitori, puntavano ad indirizzarmi verso un’occupazione
sicura, non di certo pensavano che le materie artistiche potessero darmi del
pane. Così è iniziata la mia vita, in cui ho cercato l’affermazione della mia
persona contro corrente cercando di lavorare e inserirmi nel campo musicale,
soprattutto associando la mia ricerca e la mia crescita a competenze tecniche
nel campo dell’audio. Nessuno mi ha mai distolto dalle mie passioni, anche se
in certi periodi una certa stanchezza e varie distrazioni/preoccupazioni mi
hanno lasciato in stand-by per un po’. In fin dei conti non posso dire che alla
fine i miei non abbiano capito le mie ragioni, sono creativi e fantasiosi anche
loro … è solo che nella mia famiglia certi tipi di inclinazioni erano davvero
fuori da ogni aspettativa. Solo da pochi anni sono venuta a conoscenza che i
miei bisnonni materni suonavano il mandolino e la chitarra e che un mio
pro-cugino è un affermatissimo maestro d’orchestra nostro contemporaneo.
Dalle tue parole si capisce un interesse musicale ampio, che va dal rock
al country, sino alla musica elettronica e chissà quante cose non sono riuscito
ad afferrare!
Qual è il denominatore comune tra tanti interessi apparentemente
differenti?
Il filo conduttore è la musica stessa che nelle sue
variegate espressioni mi rapisce e incuriosisce sempre tantissimo. E’ un po’
come chiedere a un appassionato di linguistica come mai conosce e parla in
tante lingue diverse. Beh a parte ciò che ti ho già detto, è difficile
aggiungere altro. Posso solo dire che quel che mi colpisce e mi emoziona
diventa oggetto delle mie ricerche e per fortuna anche i miei studi mi hanno
guidato dandomi le tecniche ed i metodi per affrontare con competenza il mio
percorso (che una volta rielaborato diventa “discorso”).
Ho ascoltato la tua canzone “ The Next Train (Sometimes it’s better than
fly)” scritta alla stazione in attesa di una partenza.
Che cosa scatta della mente di un musicista quando decide di venire allo
scoperto con lavori propri, oltrepassando le cover con cui tutti iniziano?
Non c’è da abbattere una sorta di pudore che funziona da freno
inibitore?
Il mio è stato uno strano percorso … ho iniziato senza
cover … sapevo suonare solo i pezzi miei … mentre ora mi cimento sempre di più
nello studio di cover; il mio obbiettivo è quello carpire i segreti dei brani
che amo di più per poi reinterpretarli con padronanza. Crescendo sono diventata
sempre più critica nei miei confronti e ora provo molta più inibizione di dieci
anni fa, ma forse questo è dovuto al fatto che oggi ho poche occasioni per
suonare dal vivo e ho perso un po’ la mano … o forse è paura di non essere
capita e apprezzata … o forse sto solo cercandomi tra una canzone e l’altra.
In particolare il pezzo che hai citato parla in modo
romantico di viaggi, treni, passeggeri… qualcosa di comune un po’ a tutti noi …
quindi perché non condividerlo… in fondo il viaggio è l’emblema della vita
stessa! L’unico pudore se così può chiamarsi è dato dalla barriera creata
dall’uso della lingua inglese che per quanto musicale con l’Italia ha ancora
poca confidenza.
La tua emozione, sabato, era palese. Cosa significa per te il contatto
con il pubblico? Ti condiziona pensare di avere qualcuno che giudica la tua
arte, senza conoscere niente di te, ma basandosi solo sul feeling di pochi
minuti?
Come ti dicevo non so bene neppure io; credo si tratti di
un momento di transizione in cui è inevitabile questo passaggio. Di certo
prendo tutto come un’esperienza costruttiva. Durante le performance dal vivo
vorrei esprimere tutto attraverso mia voce, ma volte l’emozione è
ingestibile!!! Il feeling con le persone lo ritroverò quando imparerò ad
ascoltare e a gestire meglio questa nuova carica emotiva che mi pervade
attualmente. Sono in evoluzione e non posso ignorarlo… anche nel trasmettere
agli altri… devo individuare il messaggio prima d comunicarlo… in ogni caso mi
sento molto positiva e carica per il futuro!
Ho particolarmente apprezzato l’utilizzo del dulcimer, ma al contempo ho
pensato a un’enorme difficoltà legata al binomio strumento/canzone, sapendo che
Joni Mitchell è anche famosa per i suoi accordi complicati. Ti attirano le
sfide o hai solo voluto proporre un brano che ami?
Forse nelle mie azioni sono un po’ avventata. Il dulcimer
lo possiedo da solo un mese ma ho voluto cimentarmi lo stesso in un brano
difficile come “California” di Joni Mitchell perché sono dell’idea che a volte
rischiare può servire ad imparare delle lezioni… nel bene e nel male. Solo
vivendo si impara a vivere così per suonare a volte è necessario
"provarsi" nelle imprese più ardue, Non ho paura delle brutte figure
perché sbagliare è umano. Voglio ridimensionarmi per riscoprire il gusto della
sorpresa, dell’imprevisto e della scoperta… così come nella vita. Cercare di
sdrammatizzare l’errore in questo mondo di perfezionisti per ritrovare la mia
naturalezza… sono certa che suonerò sempre meglio, perché avrò superato i miei
limiti. Questo me lo ha insegnato proprio Joni Mitchell che dal vivo sapeva
anche sbagliare, cambiare idea ogni istante, ascoltare la sua voglia di “dire”
e non seguire una scaletta decisa a tavolino come un automa.
Sono personalmente convinto che ci sia sempre da imparare, a qualsiasi
età e in qualsiasi mestiere. C’è una caratteristica tecnica o comportamentale
che ti ha colpito delle altre due finaliste del " Premio Janis
Joplin"?
Beh Carmen Cangiano è tecnicamente ineccepibile, molto
sicura di se padrona del suo strumento. Questo ovviamente non può che
stimolarmi a fare meglio … il confronto per me è fondamentale! Tara Degli
Innocenti è stata molto energica e grintosa con la sua bella voce, e mi ha
ricordato che a volte il pubblico va aggredito!!! Un po’ come faceva Janis… non
ti lasciava molte possibilità… te ne innamoravi immediatamente. Ricordo la
prima volta che ho ascoltato Janis… avevo quindici anni… la sua voce lacerante
mi ha colpito così tanto da decidermi a formare un gruppo rock tutto mio!!! Beh
Tara e The Rose ovviamente mi hanno conquistata anche perché molto più vicini
alla mia idea di band!!!
Nessuno può impedirci di sognare, almeno ogni tanto. Hai mai pensato
cosa sarebbe stato di una Valeria Caputo ventenne, in California, a inizio anni
settanta?
Ehe heh!!! Non nego di aver avuto questo pensiero qualche
volta… beh la riposta a questo non posso averla… ma se ci poniamo all’ascolto… bene…
è probabile che si stia “soffiando nel vento”.
Che ricordo ti rimarrà della tua esperienza appena conclusa?
Bella esperienza, mi ha dato carica e grinta, voglia di
crescere e migliorare ancora. E’ stato un piacere conoscere tutti i
partecipanti del concorso in particolare la brava Chiara Ragnini e la sua band
durante le selezioni di Asti. Ringrazio anche Ezio Guaitamacchi per i suoi
preziosi consigli.
Come immagini il tuo futuro di musicista? Hai progetti chiari per il
prossimo decennio?
Credo che oggi come oggi chiunque abbia una idea precisa
di come sarà il proprio futuro di qui a dieci anni sia solo un illuso. E’ già
tanto “essere” al giorno d’oggi… anche se… controtendenza, controcorrente,
anacronisticamente. L’autenticità è cosa molto preziosa e va protetta e
alimentata con tante idee e tanti fatti!!! Per il futuro prevedo di continuare
a collaborare per e con l’associazione culturale no profit di promozione
musicale Vintage Factory Lab con la quale abbiamo tanti bei propositi e piani
in cantiere. Tra i miei progetti c’è n’è uno live con la violoncellista Cecilia
Biondini. Proponiamo un repertorio di miei pezzi e qualche cover riarrangiati
da noi, per voce, chitarra e violoncello; il neo-progetto si chiama” Cello
Songs”. Tra i miei obiettivi, il più vicino è quello di incidere finalmente il
mio album (sono in cerca di un’etichetta!!!), laurearmi in Musica Elettronica
al Conservatorio di Bologna(manca poco!!!) avere tanta e tanta salute per
vivere bene ed il resto verrà da sé. E’ importante dire che a partire da me
tutti dovremmo avere più cura di questo nostro mondo che ci ospita, che in
questo momento aihmè sta soffrendo ed ha bisogno del nostro aiuto e soprattutto
di essere rispettato.
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