Ricordiamolo per una delle sue “azioni” più
conosciute, attraverso la penna di Gianni Lucini (Rock & Martello).
Il 24 agosto 1969 a Los Angeles e a New York
viene proiettato per la prima volta il film "Alice's Restaurant", ispirato
all'omonimo e autobiografico talking-blues di Arlo
Guthrie,
il figlio del grande folksinger Woody. Diretto da Arthur Penn la pellicola, in
cui Arlo interpreta il protagonista, cioè se stesso, è destinata a restare una
preziosa testimonianza di un'epoca e un esempio di come un lungometraggio possa
assumere i modi e i ritmi di una canzone senza necessariamente diventare
lezioso o, peggio, banale. La mano felice del regista oscilla tra la narrazione
e il documentario senza mai farsi trascinare oltre i limiti del racconto. Non è
un caso che la generazione ribelle degli anni Sessanta si ritrovi più in questo
film che nel pessimistico "Easy rider". La storia è quella di Arlo,
un giovane cantante rock diciottenne che, pur di evitare l'arruolamento in un
esercito impegnato nella guerra del Vietnam, decide di riprendere a studiare.
La scuola cui si iscrive, il Rocky Mountain College, però, non può sopportare a
lungo i suoi atteggiamenti anticonformistici e in breve tempo lo espelle. Si
unisce allora a due amici appena conosciuti, Ray e Alice, che gestiscono un
piccolo ristorante che serve a sostenere un gruppo di ragazzi che vivono in
comunità in una chiesa sconsacrata. Dopo varie peripezie Arlo riesce a ottenere
l’esonero e decide di restare nella comunità, ma scopre che, uno dopo l'altro,
i giovani se ne sono andati lasciando soli Ray e Alice. Nel film si alternano
momenti ironici a episodi di satira aperta (uno fra tutti è il colloquio di
Arlo con lo psichiatra militare) a momenti altamente drammatici, ma non ci sono
segnali di disillusione. Anche la fine dell'esperienza comunitaria è vista più
come un elemento che nasce dalla dissoluzione dell'America giovanile che come
un dato di fatto. Le musiche e le voci di Joni Mitchell, Pete Seeger, Garry
Sherman e dello stesso Arlo Guthrie sottolineano una speranza: quella che la
parte più libera dei giovani statunitensi possa contribuire a cambiare lo stato
delle cose esistenti. In questo senso le battaglie per i diritti civili e
contro la guerra vengono viste come l'altra faccia del "sogno
americano", quasi a sancire la legittimità della speranza una generazione
che sta scoprendo l'impegno politico dopo aver percorso un pezzo della strada
tracciata da Kerouac e Ginsberg. Se ne accorgono i giovani che la sera del 24
agosto affollano le sale dove il film viene proiettato in prima visione e ne
decretano l'imprevisto successo.