Ancora un concerto,
ancora i Jethro Tull.
Per i fan del gruppo
l’appuntamento è a prescindere.
Ci si interroga
speranzosi sulla situazione vocale di Ian Anderson, si è curiosi di
vedere se i nuovi si sono finalmente integrati decentemente, si pensa che sia
bene esserci, avendone la possibilità, perché potrebbe non esserci un altro
tour … e alla fine si è sempre presenti.
Questa volta la
location più vicina è Bergamo, due ore e mezza da casa.
Ho memoria di tutti i
concerti visti, sin dall’adolescenza, ma su alcuni c’è qualcosa in più da
raccontare, magari l’episodio sfortunato, o un piccolo incidente di percorso.
Spesso questi momenti
esulano dal fattore musicale e magari lo superano o riescono a “nobilitare” una
giornata da “normale performance”.
Ricorderò Bergamo
per il concerto più corto a cui abbia mai assistito, il tutto motivato da
situazioni climatiche novembrine, con bufere di vento, cartelli stradali per
aria, lampi, tuoni, pioggia… è mancata la neve!
E’ stata comunque una
serata di buona musica, ma le condizioni atmosferiche sono state determinanti e
hanno impedito, ad esempio, di ascoltare Ray Wilson il cui compito era quello
di aprire la serata.
Ma vediamo con ordine
un pò di cronaca.
La partenza da Savona
avviene con largo anticipo e alle 17, 30 siamo già sul posto.
Lo spazio dedicato
all’evento è adiacente allo stadio e il contesto sarebbe stato davvero
fantastico se il tempo fosse stato clemente.
Il green che accoglie
il palco e gli spettatori è di forte impatto scenico e ho a lungo immaginato,
in attesa di una decisione degli organizzatori, come sarebbe stato bello vedere
i numerosi presenti seduti a terra, come ai raduni di un tempo.
Unico sollievo il
porticato sul perimetro del cortile: poca acqua sulla testa ed esercizio di
socializzazione.
Si incontrano vecchi
conoscenti, si abbinano facce sconosciute a nomi noti, si trovano persone che
vivono nella stessa città, che seguono i Tull da sempre e che non sanno
dell’esistenza di un fanclub.
Il fanclub ha un
grosso pregio, dal mio punto di vista: da concerto a concerto, da convention a
convention, di anno in anno, si incrementano e si fortificano le conoscenze,
che passano dal superficiale al profondo, e alla fine il collante principale, i
Jethro, si affievolisce a favore della voglia di ritrovarsi, per parlare di
musica in generale, ma non solo.
Wazza Kanazza, arrivato appositamente da Roma per
il merchandaise, si sgola per vendere le magliette ufficiali del tour, mente i
chioschi iniziano la vendita di birre e panini.
Dalle 18.30 piove e
qualcuno azzarda che le saette che illuminano il cielo siano lanciate da Ian in
persona.
I più esperti di meteo
prevedono le nubi lontano dal palco per le 21, altri si aggrappano alle
iettatuture lanciate da chi non è potuto venire e provano a supplicare via
telefono un rallentamento delle attività, ma da lassù nessuno sente.
Il tempo passa,
qualcuno urla e un organizzatore interviene chiedendo pazienza… occorre suonare
ed ascoltare in sicurezza e nulla deve essere lasciato al caso.
Sono forse le 22.45
quando i dubbi si sciolgono e i Jethro iniziano: non piove più e i problemi
tecnici e di sicurezza sono stati risolti.
Non so esattamente in
quanti fossimo, le cifre che giravano erano le più disparate e partivano dai
2500 per arrivare a 4000; però il tappeto verde mi è sembrato tutto pieno.
Lo start è per Nothing
is Easy.
Ian appare in buona
forma e la sua voce è migliore rispetto ad altre occasioni del passato.
Sono mancate quelle
sue alzate in punta di piedi, che tanto mi fanno soffrire, quegli sforzi tesi
al favorire la fuoriuscite di note particolarmente alte.
Sul palco si muove
come un ragazzino e al flauto e alla chitarra è sempre LUI.
Martin Barre guadagna
spesso il centro del palco, quasi a condividere la leadership con Anderson.
Grande come sempre,
così come Doane Perry che si esibisce in un grande assolo in Dharma for
One.
Prima del pezzo tratto
da This Was, ascoltiamo A new Day Yesterday, Mother Goose,
Bourèe, King Henry's Madrigal (mai sentita dal vivo, una bella
sorpresa), Heavy Horses e Farm on the Freeway.
David Goodier mi è piaciuto e ho anche apprezzato
una diversa scioltezza di John O'Hara, meno ingessato del solito sul
palco e alle tastiere.
Momento topic This
as a Brick unito ad Aqualung e … il concerto è finito.
Ovviamente il solito
bis, Locomotive Breath.
Un’ora e un quarto di
musica quando si arriva alla mezzanotte e l’organizzazione prevede lo stop.
Concerto brevissimo quindi, ma gente soddisfatta: altra mostrina da mettere
sulla divisa!
Il rammarico è rivolto
al pensiero che con una serata più mite tutto si sarebbe svolto in modo più
piacevole e la musica sarebbe stata quantitativamente (e forse
qualitativamente) più importante.
I Jethro Tull ci sono
ancora e stando a quanto visto sul palco (tutto è riferito ovviamente a Ian)
potremmo goderli ancora per molto nelle performance dal vivo.
Ma viviamo alla
giornata e accontentiamoci della … pioggia di Bergamo… per il momento.
Prossimo appuntamento
27 agosto, dalle parti di Ravenna.
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