Ero un ragazzetto,
forse adolescente, a completo agio negli anni '70.
Anche allora le
pubblicità televisive dettavano legge, ma la serie “Carosello”, ad esempio, è
qualcosa che i nostri figli potranno seguire solo attraverso youtube, ed è un
vero peccato.
Tra i tanti “consigli” televisivi ce n’era uno che ci spingeva ad acquistare “La gomma del ponte”, la mitica “cincingomma” Brooklyn.
Ho ricordi sfuocati
relativi alla durata dello spot, ma non posso dimenticare la colonna sonora.
Variava nel tempo, ma
io ricordo bene Hendrix, i Led Zeppelin e i Cream… robbetta da niente!
Credo proprio di
essere arrivato a Clapton, Bruce e Baker attraverso questa pubblicità.
Il titolo del loro brano era “Traintime”, e ho bene in mente
l’armonica di Jack Bruce che simulava l’andamento di un treno.
Rammento anche di aver
successivamente litigato “violentemente” con un D.J. che sosteneva che i Cream
non avevano mai usato un’armonica a bocca.
Tutto questo lungo
preambolo per dire che giovedì scorso mi sono trovato davanti Jack Bruce,
accompagnato nell’occasione dall’ex Procol Harum Robin Trower alla
chitarra, e dall’ex Level 42 , Gary Husband.
È stata una settimana
musicale a cui non avrei mai potuto immaginare di partecipare.
Martedì Eric Burdon da
lontano, mercoledì Pamela Des Barres da vicino, giovedì Jack Bruce e company.
Sono sul lato sinistro
del palco e riprendo da vicino la seconda parte del concerto (la prima parte
ero seduto in platea).
Non so dove ho trovato
il coraggio per spingermi così tanto, ma Zibba, organizzatore dell’evento assieme
a Marco Traverso (ovvero i “signori “Raindogs), mi lascia gentilmente
“lavorare” senza protestare.
Il concerto finisce e
incomincia il rito della falsa fine e dell’attesa, prima del bis.
I tre musicisti sono
in un angolino del palco, al buio, a due metri da me che li osservo mentre
parlano tra di loro.
Immagino che chi
subisce il fascino dei musicisti che hanno fatto la storia del rock possa
capirmi.
Davanti a me persone
inarrivabili, artisti visti solo sulle copertine dei vinili, e ora a un passo
dalla mia videocamera.
Di fronte a me la mia
giovinezza lontanissima, anche se la sensibilità nei riguardi dei tanti aspetti
relativi al rock è probabilmente sintomo di freschezza interna.
Ritornano sul palco
per il canonico bis ed è un successo.
Il brano finisce,
Bruce si gira verso la mia direzione, pronto a “scappare”.
Sul suo volto è
sparito il pur debole sorriso, per lasciar posto ad uno sguardo tra il serio e
il funereo.
Provo a chiedergli un
autografo ma senza riscontro… tira dritto e sparisce.
Trower e Husband si
dimostreranno più cordiali.
Il mio concerto era iniziato
nel tardo pomeriggio, quando mi ero recato al Priamar per “rubare" il
soundcheck.
Avevo solo scontrato
la band in uscita a fine prove, constatando, da dietro, la piccola statura di
Jack Bruce.
Qualcuno mi aveva poi
raccontato di un Bruce abbastanza decadente nel fisico, forse eccessivamente
affaticato… 67 anni sono ormai la norma per i nostri rock heroes!
Il primo atto del
concerto prevede l’esibizione di Zibba e Alma Libre.
Pubblico è
numeroso, ma ancora una volta non è pienone.
Zibba e Marco Traverso
si presentano e forse... si trattengono .
Un mezz’ora di buona
musica, con un ospite di estremo valore, Rigo Righetti, già bassista di
Ligabue.
Ma probabilmente anche
loro hanno voglia di vedere all’opera il supergruppo.
Ho rivisto i Cream.
Il sound è quello e
Jack Bruce è un forte elemento condizionatore.
“Sunshine of your
love”, “White Room”… come non fare paragoni!?
Emozioni e ricordi si
mischiano allo sforzo di valutazione oggettiva.
Il pregio di questa
formazione è forse quello di essere costituita da tre grandi solisti, e il
limite è quello che l’amalgama non sempre è evidente: tre eccellenti musicisti
che forse sono poco “gruppo”.
Qualcuno il giorno
dopo mi ha fatto notare che Husband è davvero di una “leva” inferiore, che non
significa minor qualità, ma la differenza di età è riscontrabile anche sulla
tecnica.
Ma queste
insignificanti disquisizioni spariscono, svaniscono, come con Winter, Majall,
Clapton, quando rifletto su chi ho avuto l’opportunità di ascoltare e vedere.
E ogni volta che
assisto ad un concerto di ultrasessantenni penso sempre che potrebbe essere
l’ultima occasione per vedere miti che, da un momento all’altro, potrebbero
decidere di godersi un meritato riposo, lontani dalle scene.
E nei miei piccoli
vanti quotidiani risulta piacevole poter dire:”… io, ancora una volta, c’ero!”
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