Sabato ho partecipato alla
presentazione ufficiale di un disco.
Non mi era mai capitato in ambito
“rock” e quindi mi sono avvicinato all’evento con molta curiosità.
Il disco in questione è “Il Nome
del Vento”, dei Delirium, di cui ho parlato da pochi giorni:
L’incontro si è svolto a Genova, da
Ricordi.
Descrivo l’ora trascorsa solo per dare
qualche informazione a chi, come me sino a pochi giorni fa, non abbia mai avuto
l’occasione di presenziare a un evento simile.
Al secondo piano del negozio di
dischi/libri/strumenti, è stata dedicata una zona al faccia a faccia tra il
gruppo e il pubblico.
Presenti i Delirium (tranne Pino Di
Santo), il paroliere Mauro La Luce e i rappresentanti della Black Widow,
Massimo Gasperini e Giuseppe Pintabona.
Il tutto condotto e moderato da
Riccardo Storti, coordinatore del CSPI (Centro Studi Progressive Italiano).
Non dimentico questa volta Anna
Ferrari, obliata per non conoscenza nella mia “descrizione del disco”.
Alle spalle dei musicisti infatti un
quadro colpisce, non solo quelli che come me lo hanno visto ridotto nella
copertina del CD.
Verso la fine dibattito, quando Anna
ha risposto a domande specifiche, ho realizzato l’iter creativo.
Una pittura realizzata di getto (“mai
bozzetti!", dice lei) sull’onda delle emozioni provocate dalla musica dei
Delirium.
Mi ha colpito molto, unitamente alla
dichiarazione d’amore per la contaminazione tra le arti, perché la sensibilità
di chi ha la capacità di creare, quasi ad occhi chiusi, lasciandosi trasportare
dalle emozioni, è davvero invidiabile, e sono certo che i musicisti presenti,
avrebbero potuto rovesciare la situazione, e creare musica guardando un quadro.
Arti differenti, talenti diversi, ma
risultati simili.
Mentre filmavo tutti i passaggi,
Storti ha dato lo start al gioco delle domande, partendo dai membri storici.
Ettore Vigo inizia e, appena può,
passa la palla a Martin Grice, istrione e a proprio agio, nonostante la lingua
non sua.
Emergono le difficoltà nella
realizzazione di un disco complesso, che ha avuto una gestazione di due anni.
Mentre Mimmo Di Martino si unisce ai
compagni, partono le note de “Il Nome del Vento”.
I Van Der Graaf compaiono quando
“Theme One” si diffonde nell’aria.
Viene chiamato in causa Gasperini, in
qualità di produttore, e successivamente Pintabona il quale annuncia che
venerdì, in occasione del concerto al Teatro della Gioventù, sarà disponibile
anche il vinile. (http://athosenrile.blogspot.com/search/label/Concerti)
Di Martino fugge dalle domande, per
effetto di un problema alla voce ed entrano in causa i due “giovani” Solinas e
Chighini.
Dai loro interventi appare chiara
l’eterogeneità del gruppo, col chitarrista che dichiara il proprio amore per il
rock più “duro” e il bassista che si dichiara amante del “funky”.
Ma è proprio sulle diversità che nasce
integrità di questo “gruppo di lavoro”.
Prima di passare ad altra musica,
questa volta dal vivo e unplugged, Riccardo Storti chiede, come da manuale,
domande dai presenti e come spesso accade non arrivano.
E poi Dolce Acqua e per finire Jesahel,
con Martin in piedi a guidare il coro.
Una volta sciolte le righe, mi ritrovo
vicino a Mauro La Luce e non posso fare a meno di scambiare due parole legate a
ciò che avevo scritto sui suoi testi.
Nella mia “recensione” avevo
volutamente lasciato il commento delle parole alla mia giovane figlia.
Avevo un duplice scopo.
Mi interessava il giudizio di un’anima
incontaminata e volevo muovere uno dei miei soliti passi atti al coinvolgimento
dei miei bambini, insomma, il mio tentativo di semina.
Ovviamente ero d’accordo su quanto
pubblicato, ma ho voluto sapere il pensiero del creatore di quelle parole, per
vedere se eravamo fuori strada.
Beh, se non è stato un atto di
cortesia, il suo, non ci siamo andati molto lontano.
E anche queste sono piccole
soddisfazioni.
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