Bryan Adams, una trentina di anni fa, non era certo una priorità musicale della mia vita, e se conosco molte
delle sue canzoni è solo per un caso, un fatto che risale al 1992, quando mi
ritrovai in un luogo sperduto dell’estremo Oriente e dovetti… “accontentarmi”
di ciò che passava il convento, acquistando ciò che era disponibile e “commestibile”
nell’unico negozio di dischi esistente.
Sarà l’effetto memoria o più semplicemente il fatto che Adams è un gran musicista, ma molte delle sue song non mi hanno più abbandonato e sono arrivate, anche, alle orecchie di una bambina di 1° media che mi chiedeva di portarla ad un concerto genovese del musicista canadese: eravamo nel 2005 e io negai la felicità a mia figlia con la scusa della scuola da affrontare il giorno dopo. Dal 2005 ad oggi quella ex bambina non ha mai smesso di ricordami quanto fossi stato troppo rigido in quella occasione e, approfittando del concerto del 9 novembre al Forum di Assago, senza dirmi nulla ha comprato un paio di biglietti, solo io e lei, perché era rimasto in sospeso un fatto più importante della musica stessa, e occorreva porre rimedio a quella occasione mancata.
Previste un paio di date italiane per il “So Happy It Hurts Tour”, con una scaletta nutrita spalmata su due ore e mezza di musica.
Credo che uno spettacolo simile debba essere immaginato senza
divisioni ideologiche legate al genere musicale.
Rock, romantico e duro, ma sempre rock è, con un sound pazzesco realizzato da professionisti che sanno come infiammare l’audience.
L’emozione sale alle 21 in punto, quando si scaldano i motori e il commento di una voce dietro le quinte accompagna il volo di un’auto gonfiabile che si muove tra le prime file del parterre.
L'Unipol Forum è stracolmo di anime che si faranno sentire per tutta la durata del concerto.
Si parte con l’acceleratore schiacciato e l’emozione e il coinvolgimento
sono subito palpabili.
Non entro nei dettagli dei singoli brani, elencati nella scaletta a seguire, ma tutto il repertorio più conosciuto viene proposto senza sosta.
Questa la setlist…
Kick Ass
Can’t Stop This Thing We Started
Somebody
18 til I Die
Please Forgive Me
One Night Love Affair
Shine a Light
Take Me Back
Kids Wanna Rock
Heaven (in versione upbeat)
Go Down Rockin’
It’s Only Love (con dei frammenti di
“The Best” e “What’s Love Got to Do with It”, dedicati a Tina Turner
You Belong to Me (con dei frammenti
di “Blue Suede Shoes)
Cloud Number Nine
Rock and Roll Hell (cove dei Kiss)
The Only Thing That Looks Good on Me
Is You
Here I Am (versione acustica)
When the Night Comes (versione
acustica, cover di Joe Cocker)
When You’re Gone (acustica)
Always Have, Always Will
(Everything I Do) I Do It for You
Back to You
So Happy It Hurts
Run to You
Summer of ’69
Have You Ever Really Loved a Woman?
Cuts Like a Knife
Straight From the Heart (acustica)
Hey Baby (acustica, con frammenti di
“Shine a Light”)
All for Love (acustica, cover della
canzone cantata in duetto con Rod Stewart
Adams sottolinea la figura di Tina Turner e omaggia Joe
Cocker, passando dai brani più melodici ai pezzi dalla elevata dinamicità.
La cosa che più mi ha colpito è l’empatia che l’artista riesce a creare con il suo pubblico, e quando si arriva allo status per cui è il pubblico a cantare in sostituzione dell’artista, beh, questa è roba per pochi!
Sul palco quattro musicisti:
Oltre a Bryan Adams (chitarra, basso, voce), troviamo
alla chitarra e voce Keith Scott - con lui del 1981 -, Pat Steward
alla batteria e Gary Breit alle tastiere.
La parte più spettacolare riguarda i duetti tra Adams e
Scott, ma è la coesione della band che permette la produzione di un sound di enorme
potenza.
Che dire ancora, un concerto per il cuore, un concerto per la memoria, un concerto per gli affetti… un gran concerto rock!