sabato 21 settembre 2024

Il classico terzo album degli Aphrodite's Child, “666”, sarà pubblicato in un cofanetto di cinque dischi


Il nuovo cofanetto “666” contiene le versioni rimasterizzate dell'album originale del 1972 e del mix greco del 1974


666, il classico terzo album del gruppo greco di rock progressivo Aphrodite's Child, che ha visto la partecipazione di Vangelis e Demis Roussos, sarà ristampato in un set di quattro dischi nel mese di ottobre.

Il nuovo cofanetto, pubblicato da Universal Records l'8 novembre, contiene quattro CD e un Blu-ray, che presentano una rimasterizzazione dell'album originale del 1972, una rimasterizzazione del mix della versione greca del 1974, un upmix Atmos a 96 KHz / 24 bit, supervisionato dai Vangelis prima della sua morte nel 2022, e un upmix 5.1 e un mix stereo.

Il disco Blu-ray contiene anche contenuti video bonus di un episodio di 28 minuti dello show televisivo francese Discorama del giugno 1972, in cui Vangelis si esibisce nello studio televisivo e parla dell'album (con l'aggiunta di sottotitoli in inglese).

Questo set include anche un libro riccamente illustrato con un nuovo saggio e interviste originali con la band, oltre a molte fotografie inedite che Vangelis ha reperito dai suoi vari archivi in giro per l'Europa.

L'album sarà pubblicato anche in doppio vinile, con la rimasterizzazione originale dell'album del 1972.

“666” uscì nel 1972, ma il lavoro sull'album fu completato un anno prima, con l'uscita dell'album che ritardò a causa della traccia “” cui l'attrice greca Irene Papas fingeva un orgasmo. Quando l'album fu pubblicato, la band, che comprendeva anche Silver Koulouris (chitarra solista) e Lucas Sideras (batteria, voce), si era sciolta.

Ciononostante, “666”, un concept album sulle rivelazioni bibliche dell'Apocalisse di San Giovanni, rimane l'apice della realizzazione creativa nel mondo del rock progressivo e uno dei dischi più importanti mai pubblicati dalla leggendaria etichetta Vertigo Records, il fiore all'occhiello del cosiddetto periodo 'swirl' che si riferisce al famoso design dell'etichetta utilizzato tra il 1969 e il 1973.

Un po' di storia nel dettaglio…

Il disco è un concept album ispirato all'Apocalisse di Giovanni: il fronte copertina ne cita integralmente il passo 13,18 che menziona il Numero della Bestia, cioè appunto 666. Nei testi dei brani, scritti da Costas Ferris, frasi e personaggi mutuati dal testo neotestamentario si mescolano a temi d'attualità, come nel brano Altamont in cui citazioni tratte dall'Apocalisse alludono ai fatti dell'Altamont Free Concert, un festival svoltosi nel 1969 in California nel quale un membro degli Hells Angels addetti al servizio d'ordine uccise un diciottenne afroamericano durante l'esibizione dei Rolling Stones. Il testo del brano (Infinity) è recitato da Irene Papas e si ispira al passo I am the one who is, and who was, and who is to come («Io sono Colui che è, che era e che verrà» – Apocalisse 1,8) del quale l'attrice ripete incessantemente solo alcune parole, mescolandole in modo da divenire un chiaro riferimento sessuale (I was, I am, I am to come: «io ero, io sono, io sto per venire») e simulando in modo inequivocabile un orgasmo.

Le musiche dell'intero album sono composte dal solo Vangelis; gli altri componenti gli Aphrodite's Child partecipano solo come strumentisti e il frontman del gruppo, il bassista e cantante Demis Roussos, è voce solista in soli tre brani.

Dal punto di vista stilistico, il disco si distacca dalla forma canzone tipica del gruppo fino ad allora; i brani di ciascun lato sono tutti uniti fra loro e presentano vari frammenti parlati o passaggi strumentali, in stile rock progressivo. La quarta facciata in particolare è quasi interamente occupata dal brano All The Seats Were Occupied che consiste in una lunga improvvisazione al cui interno ricorrono frammenti di altri brani dell'album, aggiunti in dissolvenza mediante sovraincisione.


Aphrodite's Child: 666 

Disc One 666– The 1972 version remastered


1. The System

2. Babylon

3. Loud, Loud, Loud

4. The Four Horsemen

5. The Lamb

6. The Seventh Seal

7. Aegean Sea

8. Seven Bowls

9. The Wakening Beast

10. Lament

11. The Marching Beast

12. The Battle of the Locusts

13. Do It

14. Tribulation

15. The Beast

16. Ofis 


Disc Two 666– The 1972 version remastered

1. Seven Trumpets

2. Altamont

3. The Wedding of the Lamb

4. The Capture of the Beast

5. ∞

6. Hic et Nunc

7. All the Seats Were Occupied

8. Break 


Disc Three 666 – The 1974 Greek release mix remastered

1. The System

2. Babylon

3. Loud, Loud, Loud

4. The Four Horsemen

5. The Lamb

6. The Seventh Seal

7. Aegean Sea

8. Seven Bowls

9. The Wakening Beast

10. Lament

11. The Marching Beast

12. The Battle of the Locusts

13. Do It

14. Tribulation

15. The Beast

16. Ofis 


Disc Four 666 – The 1974 Greek release mix remastered

1. Seven Trumpets

2. Altamont

3. The Wedding of the Lamb

4. The Capture of the Beast

5. ∞

6. Hic et Nunc

7. All the Seats Were Occupied

8. Break

 

Disc Five Blu-ray 666 - 96 kHz / 24-bit Atmos upmix, 5.1 upmix & original stereo mix

1. The System

2. Babylon

3. Loud, Loud, Loud

4. The Four Horsemen

5. The Lamb

6. The Seventh Seal

7. Aegean Sea

8. Seven Bowls

9. The Wakening Beast

10. Lament

11. The Marching Beast

12. The Battle of the Locusts

13. Do It

14. Tribulation

15. The Beast

16. Ofis

17. Seven Trumpets

18. Altamont

19. The Wedding of the Lamb

20. The Capture of the Beast

21. ∞

22. Hic et Nunc

23. All the Seats Were Occupie

24. Break

 

Bonus visual content:


Discorama featuring Vangelis (ORTF TV, France – 4th June 1972) 

666 2LP Edition [Black & Red coloured vinyl]

 

Disc One - Side A

1. The System

2. Babylon

3. Loud, Loud, Loud

4. The Four Horsemen

5. The Lamb

6. The Seventh Seal

 

Disc One - Side B

1. Aegean Sea

2. Seven Bowls

3. The Wakening Beast

4. Lament

5. The Marching Beast

6. The Battle of the Locusts

7. Do It

8. Tribulation

9. The Beast

10. Ofise

 

Disc Two - Side A

1. Seven Trumpets

2. Altamont

3. The Wedding of the Lamb

4. The Capture of the Beast

5. ∞

6. Hic et Nunc

 

Disc Two – Side B

1. All the Seats Were Occupied

2. Break





venerdì 20 settembre 2024

Serata Beat e Rock and Roll ai Giardini Serenella con sorprese e nobiltà musicale...

La serata musicale andata in scena ai Giardini Serenella di Savona, ieri, 19 settembre, è arrivata inaspettata, quasi piovuta dal cielo.

Non voglio far ricorso a figure retoriche che profumano di biblico, ma quando alcuni giorni fa ho capito che cosa sarebbe accaduto, e in che forma, mi sono chiesto che origine potesse avere questo gruppo, eterogeneo ed estemporaneo, formato da Gino e Giuseppe Terribile (batteria, basso e voci), Marco Bonino (chitarra), Slep (chitarra) e … Mike Shepstone, batterista e in alcuni casi voce dei mitici The Rokes, gruppo inglese che spopolò in Italia per almeno un lustro, nella seconda parte degli anni ’60.

Nella locandina pubblicitaria l’evento era segnalato come “Serata Beatles, Rokes e… con: The Rokes by Mike”.


I gemelli Terribile giocano in casa, e occorre segnalare come agli estremi della loro vita, caratterizzata musicalmente dalla prog band “Il Cerchio d’Oro”, esista una lunga militanza nei Cavern, tribute band dei Beatles, proposti con successo ovunque nel recente passato.

I due chitarristi sono portatori di un curriculum pesante, e per semplificare propongo la sintesi del comunicato ufficiale…

Slep: chitarrista in tour per tre anni con Francesco De Gregori, collaboratore di Dick Heckstall-Smith dei Colosseum e occasionalmente ospite degli Arti & Mestieri;

Marco Bonino: chitarrista e polistrumentista dei Nuovi Angeli, nonché collaboratore degli Stadio, di Ron, di Mal e di grandi nomi internazionali.

Entrambi legati da un antico progetto comune, quello di The Blaze, che da fine anni ‘80 fino al 2014 circa hanno suonato in trio musica dei Beatles e rock 'n roll.

Mica bruscolini!

Ma la ciliegina sulla torta è rappresentata da Mike dei Rokes, e devo dire che, nonostante siano tante le mie conoscenze in campo musicale, trovarmi vis a vis con Mike e chiacchierare con lui mi ha fatto un certo effetto, non potendo dimenticare l’enorme distanza esistente tra noi un tempo quando, da bambino, lo vedevo e ascoltavo con continuità e ammirazione dietro allo schermo della televisione che, in modo perentorio, mi ricordava il distacco siderale tra comuni mortali e protagonisti della musica di quei giorni.

Ora Mike vive in Inghilterra, parla sufficientemente bene l’italiano e… della parte ritmica gli è rimasto solo un tamburello, mentre dà il meglio di sé come vocalist.

Di sicuro ha un buon ricordo del nostro paese, ma questa è un’altra storia.

La sala predisposta per, cena prima e concerto dopo, è stracolma e, conoscendo molti dei presenti, sono certo di non sbagliare nell’affermare che la musica, almeno in questa occasione, ha fatto un miracolo, abbattendo anche il famoso fattore “CSD”, acronimo del concetto di “Culo Sul Divano”. E anche questa è un’altra storia!

Come è naturale che sia, il repertorio è in totale bilico tra Beatles e Rokes (a seguire propongo la set list), e scopriamo un Mike istrionico, con una voce gradevole e una gran capacità di creare empatia col pubblico. Dalla conduzione di Marco Bonino emerge anche un Mike Shepstone autore di canzoni importanti, e per colmare le lacune conoscitive mi sono accordato per una futura intervista che chiarirà la sua storia prima e dopo l’avventura italiana.

Il pubblico ha apprezzato in modo incondizionato, a volte cantando i famosi ritornelli, molto noti ai più.

Apprezzabilissimo il concerto anche dal punto di vista tecnico, se si pensa che non c’è stata preparazione alcuna (Mike era appena arrivato da Londra, dopo la cancellazione del volo prenotato) e si è arrivati al limite dell’improvvisazione… questo significa professionalità!

Ecco una piccola sintesi ripresa da posizione disagiata...


All’interno dell’evento una chicca, credo del tutto improvvisata.

Seduto tra i tavoli il noto cantante Michele (vive nella Val Bormida), il cui legame con i musicisti dell’epoca è ben saldo. Impossibile non chiamarlo in causa e lui non si fa pregare.

Immediato siparietto con Mike e poi due botte da tramortire, “Blue Suede Shoes” e “Be bop a Lula”, e si prende quindi il sentiero del Rock and roll, tra Elvis e Gene Vincent.

Sono rimasto davvero colpito dai suoi dieci minuti di performance: un animale da palcoscenico, Michele, frontman che sa come toccare le corde che smuovono l’audience; ma oltre il mestiere e il talento esiste una voce che colpisce per potenza, colore ed estensione. Pubblico in delirio e Michele sugli scudi. E anche qui lezione di professionalità.

Per lui la registrazione completa…


La serata va a scemare dopo la presentazione dei seguenti pezzi…


Ma c’è ancora spazio per il canonico bis, e arriva il momento di Dylan/The Byrds, con Mr. Tambourine Man.

Nient’altro da aggiungere, se non il rammarico che, difficilmente, rivedremo questa band al lavoro… le circostanze non giocano a favore!!!

Ma noi c’eravamo e non dimenticheremo!

A proposito, l’amica Paola Giordana, prima dell’evento mi ha confessato come il primo concerto della sua vita riguardasse proprio i Rokes… vai a spiegare ai giovani gli intrecci tra musica e ricordi, quando basta l’accenno ad una strofa/tormentone e il cuore inizia a battere all’impazzata!


Big Big Train condivide una nuova clip di "The Connection Plan"

 

L'uscita in vinile e Blu-ray di Big Big Train “A Flare On The Lens” è ora disponibile!


Il nuovo album live e Blu-ray dei Big Big Train, A Flare On The Lens, è uscito per InsideOutMusic, e la band ha condiviso una nuova clip live di The Connection Plan.

La nuova uscita dal vivo è stata registrata durante lo spettacolo della band alla Cadogan Hall di Londra nel corso del tour dello scorso anno, tra agosto e settembre, durante il quale la band si è esibita in 17 spettacoli in 21 giorni in nove paesi del Regno Unito e dell'Europa. L'album contiene l'intero spettacolo della band alla Cadogan Hall della seconda delle loro due serate, e include anche sette canzoni che sono state suonate solo la prima sera.

"Siamo lieti di presentare A Flare On The Lens, che cattura perfettamente i nostri due spettacoli dello scorso settembre alla Cadogan Hall", afferma Alberto Bravin. "È stata la fine di un tour piuttosto arduo e intenso. Ma ci siamo amalgamati sempre meglio, e c'era un'energia incredibile nella sala per entrambe le nostre esibizioni londinesi".  

"Prima dell'anno scorso, la più lunga serie consecutiva di spettacoli che i Big Big Train avessero mai fatto era di sei", aggiunge il batterista Nick D'Virgilio. "Intraprendendo i 17 spettacoli dello scorso agosto e settembre, abbiamo davvero legato più forte che mai, sia musicalmente che personalmente, e questo si riflette in questa uscita. E ora possiamo rifare tutto da capo dalla prossima settimana!"

Dopo essere apparsi di recente al festival Cropredy di quest'anno, i Big Big Train partono per un nuovo tour attraverso il Regno Unito e l'Europa, che si concluderà con un'altra data da headliner alla Cadogan Hall il 5 ottobre.

 


Big Big Train UK and European Tour 2024

Sep 17: UK Swindon Wyvern Theatre

Sep 18: UK Newport The Riverfront

Sep 19: UK Whitley Bay Playhouse Theatre

Sep 21: UK Edinburgh Queens Hall, Edinburgh

Sep 22: UK Newark Palace Theatre,

Sep 24: UK Milton Keynes Stables Theatre SOLD OUT

Sep 25: UK ManchesterThe Stoller Hall SOLD OUT

Sep 27: GER Weinheim Stadthalle

Sep 28: NED Zoetermeer Boerderij

Sep 29: NED Zoetermeer Boerderij

Oct 1: NOR Oslo Cosmopolite

Oct 2: DEN Copenhagen Viften

Oct 5: UK London Cadogan Hall




mercoledì 18 settembre 2024

Gli Arena annunciano le date del tour del 30° anniversario per aprile e maggio 2025 (nell'articolo evidenziata una data italiana)


I prog rocker britannici Arena celebrano il loro 30° anniversario con un lungo tour in giro per il Regno Unito e l'Europa


I prog rocker britannici Arena hanno annunciato le date del tour per celebrare il 30° anniversario della band in tutta Europa e nel Regno Unito per aprile e maggio 2025.

Il tour prende il via al Winter's End Festival di Chepstow il 31 aprile e prosegue fino al popolare De Boerderij di Zoetermeer in Olanda il 31 maggio, toccando la Scozia, l'Inghilterra e l'Europa.

"Siamo lieti di annunciare il nostro tour europeo per il 2025, che celebra il nostro 30° anniversario, aggiungeremo altri link per i biglietti non appena li avremo e non vediamo l'ora di vedervi on the road tra 25", ha annunciato la band, ora capitanata dall'ex cantante dei Threshold e degli Headspace Damian Wilson, e composta anche da Clive Nolan, Mick Pointer, John Mitchell e Kylan Amois, che si esibiranno anche in Italia, al Club Il Giardino di Lugagnano, a Verona.

 

TOUR

Apr 27: UK Chepstow Drill Hall (Winter's End Festival)

Apr 29: UK Kinross The Green Hotel

Apr 30: UK TBC

May 1: UK Bilston The Robin

May 2: UK Norwich The Waterfront Studio

May 3: UK Fletching Trading Boundaries

May 6: SPA Madrid La Sala Nazca

May 7: SPA Barcelona Razzamatazz

May 9: GER Essen Zeche Carl

May 10: GER Aschaffenburg Colo-saal

May 11: GER Bensheim Musik Thetaer Rex

May 13: BEL Brusselss Zik Zak

May 14: FRA Paris Petit Bain

May 15: SWI Prateeln Z7

May 16: GER Munich Backstage

May 17: ITA Verona Lugagnano Club Il Giardino

May 19: HUN Budapest Analog Music Hall

May 20: POL Piekary Śląskie OK Andaluzja

May 21: POL Warsaw Terminal Kultury

May 22: POL Poznan 2Progi

May 23: DEN Copenhagen Kulturhuset Viften

May 24: SWE Gothenberg Musikens Hus

May 25: NOR Olso Cosmopolite

May 27: GER Hamburg Logo

May 28: NED Hengelo Metropool

May 29: NED Weert Debosuil

May 30: NED Uden De Pul

May 31: NED Zotermeer De Boerdrij




martedì 17 settembre 2024

Vangelis e Jon Anderson nel 1977-Interviste di Hervé Picard


Nel settembre del 1977 su Best magazine veniva pubblicata una doppia intervista realizzata da Hervé Picard, focalizzata su un duo che nel tempo avrebbe dato vita ad una lunga collaborazione: Vangelis e Jon Anderson.

Rileggendole a distanza di 47 anni si palesa un mondo che non esiste più, ovviamente, ma sono interessanti le osservazioni che entrambi fanno su un paio di argomenti: il primo riguarda la grande differenza tra lavorare in una band rispetto alla dimensione solista, topic su cui il greco aveva le idee chiarissime; il secondo fa riferimento alla capacità di creare musica - magari attraverso il sintetizzatore che in quel momento sembra va la panacea per tutti i cali di tensione musicale - anche senza possedere grande tecnica e conoscenza dello strumento, mentre appare più rilevante l’avere qualcosa da dire e dirlo in modo sincero.

Era quello il momento in cui usciva il primo album solista di Jon Anderson, “Olias of Sunhillow”, registrato proprio negli studi di Vangelis.

 

Passiamo alle due interviste separate, partendo da Vangelis

Fin dai tempi di Aphrodite's Child, hai sempre mantenuto costantemente le distanze dalle band. Eppure, nel ’74 è stato annunciato che avresti potuto entrare negli Yes, cosa che non si è realizzata. Perché? Era un rifiuto di entrare a far parte di una band?

Avevo accettato di fare un provino con gli Yes quando Wakeman li aveva lasciati, a causa di una vecchia amicizia tra me e Jon Anderson. Non ho mai creduto che questa fosse la strada da percorrere a causa delle mie concezioni riguardo al “formato band”. Le nostre indicazioni musicali non erano le stesse. E non avremmo fatto progressi. Mi sento troppo claustrofobico in una band, perché ti ritrovi davanti un ostacolo, con meno flessibilità interna e palesi rigidità. La direzione di una band è fissa, sempre uguale. Per quanto mi riguarda, non posso fare sempre la stessa cosa. Ho lasciato andare tutto, la hit parade e tutto il resto proprio per non essere obbligato a ripetermi. Detto questo, sono sempre molto amichevole con gli Yes e a volte lavoriamo insieme.

D: C'è un'evidente affinità tra la tua musica e "Olias Of Sunhillow" di Jon Anderson…

Quando è uscito il disco, le persone della RCA con cui sono sotto contratto mi hanno detto che non era molto bello aver suonato nel disco, senza aver loro dato preavviso. Ma la cosa più divertente è che… non ci ho suonato, e loro erano convinti di aver riconosciuto il mio tocco. Io stesso sono rimasto molto sorpreso nel trovare il mio nome sulla lista dei ringraziamenti. Forse ho influenzato Jon, non lo so. Ed è chiaro che l’album è molto vicino alla mia musica. Ma forse è solo una coincidenza.

Perché hai scelto di lavorare da solo? Per accontentare chi deve lavorare con te? Perché credi che le band non si possano adattare al tuo pensiero corrente?

Non è stato per lo spirito di dittatura che lavoro da solo. Mi piace molto creare in solitaria, ma ammetto che ho anche spesso desiderato confrontarmi con altri. Come dicevo, non sono fatto per le band, è vero, ma non ho motivo di credere che dovrebbero essere estinte! I gruppi hanno tutti origine nella musica leggera, accanto all'intrattenimento di varietà. Si inizia come amici, giovani, pieni di energia, e le case discografiche catturano e commercializzano questa innocenza. Era la strada degli anni Sessanta e oltre, la band era perfetta, perché l'industria ha questo bisogno di prodotti finiti. Ma se uno vuole lasciare l'intrattenimento, fare musica più profonda, non lo si può fare con una band. Non si può creare liberamente quando ci sono tante teste. Una band può avere un'esistenza limitata, se vuole fare musica vera, un incontro di compositore e interpreti. Più vai avanti, più lo capisci. La band è una soluzione per dilettanti, ci si aiuta l’un l’altro per esistere. È vantaggioso comune far circolare idee, ma va detto che questo privilegio è raro se abbinato al profitto e al fatto che una band si accontenta di una singola idea. Naturalmente ci sono dilettanti che hanno successo, perché, anche se non sono nessuno musicalmente, sono commercialmente convenienti in quanto le case discografiche li possono facilmente manipolare, giovani che non riescono a sentirsi molto sicuri delle loro capacità e che si accontentano di vedersi in TV e far colpo sulle ragazze piuttosto che lavorare sodo. Una band ha anche un secondo svantaggio, il problema dell'ego. C'è l'inevitabile gelosia quando arriva il successo. Inoltre, non puoi avere tutte le persone sempre desiderose di lavorare sulla stessa cosa allo stesso tempo, è impossibile. È come un matrimonio che cade a pezzi, e tutto peggiora quando la band aumenta come numero di persone.

Sei consapevole di appartenere a una nuova ondata di creatori, quelli che amano lavorare con uno stile diverso, autarchico, come Schulze, Anderson, Oldfield...?

Questo è corretto a prima vista, credo. Molti musicisti stanno prendendo in considerazione come me le infinite possibilità della musica sul sintetizzatore, e stiamo solo iniziando a scoprirlo: è uno strumento molto difficile, come un piccolo giocattolo. Ma il sintetizzatore è più flessibile del pianoforte. Normalmente, quando affidi a un altro pianista una tua composizione, non riesce completamente uguale all'originale. Ecco perché coloro che stanno veramente scoprendo il sintetizzatore lavorano da soli. Per la mia idea di musica, trovo sia l'unico modo per essere in grado di fare davvero un buon lavoro. Ma non mi piace suonare sempre da solo. In futuro potrò anche scrivere qualcosa per un'orchestra senza farne parte, ma in questo momento non vedo nessuno, tranne me, che si preoccupi sufficientemente di fare le cose in un certo modo. Un esecutore è meno preoccupato per la musica rispetto al compositore. Con il sintetizzatore, il compositore può bypassare l'esecutore, quindi è normale che ci siano sempre più compositori che creano la loro musica da soli.

Tutto questo non porta ad una nuova idea di virtuosismo? 

La definizione di strumentista è destinata a cambiare in modo significativo. Jon Anderson non è uno strumentista nel vecchio senso del termine eppure ha fatto, con molto sforzo, un disco meraviglioso. Ora il virtuoso non è più quello che è veloce su un pianoforte. Il synth-player è uno specchio dell'anima e il virtuoso è colui che sa come creare per far riflettere il suo vero io. Ecco perché i bambini e i ragazzi sono affascinati dal sintetizzatore, perché è più diretto, più naturale, più organico. Se hai qualcosa da dire, e non sei un musicista nel vero senso della parola, il sintetizzatore non ti aiuta ad esprimerti al meglio. Ma la sensazione sensuale può sostituire totalmente la tecnica, ed è per questo che uno come Jon è riuscito a fare il suo disco tutto da solo con strumenti per i quali non aveva la tecnica: aveva però qualcosa di reale da dire.

 

Epilogo 

Anche Vangelis stesso ha qualcosa di reale da dire, e quando lo si ascolta parlare, vivace, ancora molto greco, si riconosce il respiro fresco che emana dai suoi meravigliosi album. Vangelis è forse, tra tutti i creatori solitari, quello che ricorda di più i compositori sinfonici: ha un tocco da "mostro sacro", la potenza del lavoro ancora inaudito (i due album usciti all'anno sono una piccola parte della sua produzione complessiva, che l'industria evidentemente non può distribuire), un entusiasmo formidabile che porta la sua musica a scuotere il cuore. E ci si chiede davvero come un talento di queste dimensioni abbia potuto passare inosservato, fino ad ora. Forse il suo desiderio di non fare mai la stessa cosa due volte non è stato compreso dal pubblico? Forse la sua musica appare troppo esclusiva? Forse Vangelis é troppo puro per quest'epoca caratterizzata dalla mentalità ristretta che si nutre spesso di surrogati? Lui, indifferente, continua come una meteora sulla sua splendida rotta, imperturbabile, e non è troppo tardi per cominciare a seguire la sua rotta. 

 

Intervista a Jon Anderson

di Hervé Picard


Jon, raccontami come è nato il tuo album solista…

È stato un esperimento molto interessante e per me molto arricchente in quanto mi ha costretto ad imparare, a non accontentarmi di quello che ero stato, a cercare di andare oltre me stesso. Il fatto di essere interamente responsabile di ciò che facevo, avere il controllo totale, era più allettante del lasciare la responsabilità ad altri. Niente e nessuno rivendicava la proprietà delle idee, nemmeno io, erano tutte nate dentro di me. È stato un esperimento fantastico, che esalta enormemente la personalità. All'inizio avevo solo scarsa conoscenza delle tastiere o delle percussioni, ma non cercavo di suonare qualcosa di così definito che avrebbe richiesto una grande tecnica, mi lasciavo andare e le mie idee erano contenute dai limiti delle mie possibilità, mentre spingevo sempre più oltre questi limiti. "Olias of Sunhillow" è di gran lunga ciò che mi ha dato di più, parlando a livello individuale e personale. Non che debba essere un punto di partenza per il mio futuro. Penso che questo esperimento continuerà, senza dubbio. Facendo questo album ho avuto la sensazione di essere sulla strada giusta. Questo non vuol dire che non credo più nelle band, no. C'è musica che va fatta collettivamente e altra individualmente. Quando faccio musica per gli Yes, è normale che siano gli Yes a suonarla, nasce per questo. Ma quando la musica è davvero personale, l'ideale è essere in grado di fare tutto da soli. Potrei fare "Olias" con i musicisti, e il nuovo disco sarebbe senza dubbio migliore, tecnicamente più riuscito, e potrei ancora rifarlo e ancora con altri e sarebbe sempre diverso, ma l'idea di "Olias" che viene solo da me è più vicina alla mia idea e al mio sentire. Non pretendo di essere un maestro delle tastiere o delle percussioni, ma trovo che ciò che ho tirato fuori mi attragga e suoni bene. Ciò che conta non è l'abilità tecnica, ma l'accuratezza di ciò che si fa nel momento in cui viene fatto, per quanto modesto possa essere. C'è effettivamente in questo momento un movimento ampio di solisti, ma credo che esista solo in virtù dell'esistenza del sintetizzatore. Senza questo, nulla sarebbe possibile. In questo non si dovrebbe vedere un preoccupante aumento dell'importanza dell'ego personale, o una nuova concezione del ruolo del compositore. C'è solo un nuovo modo per riuscire ad esprimere la musica che le persone hanno in testa, niente di più: che si ricorra ai musicisti o a un sintetizzatore per l’esecuzione non fa davvero differenza, se il risultato si adatta bene a ciò che era richiesto.


Epilogo

La modestia di Anderson è grande, ma "Olias" mette le cose nella giusta prospettiva. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ma l’album deve essere giudicato con parole diverse da quelle che si usano normalmente per una band. Mentre gli Yes stanno arrancando un po', Anderson ha trovato una strada nuova, e sulla base di tutte le evidenze il confronto favorisce il lavoro solista. L'album degli Yes, dal suono medio, odora di compromesso tra ego diversi, mentre quello di Anderson non conosce limiti, l'ego liberato continua audacemente per la sua strada. Prima o poi, possiamo credere che Anderson lascerà gli Yes, perché si è ritrovato in una dimensione individuale che qualsiasi vocazione collettiva non farebbe che indebolire. I tempi stanno cambiando e spingendo tutti noi a muoverci con loro. "Olias of Sunhillow", quel piccolo miracolo della musica, ha fatalmente dato il via alla scomparsa della band.

 






 

The Kinks, i Nomadi... era il 1967

Il brano che propongo a seguire, “Death Of A Clown” (1967), è performato dal suo autore, Dave Davies, cantante, compositore e chitarrista inglese dei The Kinks, in cui suonava anche il fratello maggiore Ray Davies.



I Kinks si formarono a Londra nel 1963 e sono considerati tra i gruppi più influenti della British invasion.

Il loro scioglimento ufficiale risale al 1996.

Nel 2018, dopo anni di voci smentite su una possibile loro reunion - difficile a causa dei cattivi rapporti tra i due fratelli Davies e la complicata relazione tra il batterista Mick Avory e Dave - Ray e Dave Davies annunciarono di essere al lavoro per ricostituire la band. Tuttavia, alcuni commenti fatti da entrambi i fratelli Davies nel 2020 e 2021 hanno indicato che negli anni trascorsi dall'annuncio iniziale sono stati fatti pochi progressi circa un'effettiva possibilità di reincontro per incidere un nuovo album in studio.

Il brano diventò famoso in Italia grazie ai Nomadi, con un titolo accattivante per i tempi, “Un figlio dei fiori non pensa al domani”, firmato nel testo italiano da Guccini, che però fece semplicemente da prestanome per il vero autore (forse il frontman della band Daolio) che non era iscritto alla Siae.




Grazie a Beat-Club per il suggerimento...



lunedì 16 settembre 2024

The James Gang e il loro brano simbolo, "Walk Away"


The James Gang è stato un gruppo rock formatosi a Cleveland, Ohio nel 1966. Anche se la band non trovò un grande successo commerciale, tranne che nella loro zona natale, la fama a cui è arrivato successivamente il chitarrista Joe Walsh ha reso il gruppo più importante.

La notorietà di Walsh arrivò quando si unì agli Eagles, nel 1976, partecipando al loro album di maggior successo, "Hotel California", con un passaggio solistico nella title track  che è entrato nella storia della musica.

Collaborò con gli Eagles fino al loro scioglimento, avvenuto nel marzo del 2016, in seguito alla morte di uno dei fondatori, Glenn Frey.

Tornando alla James Gang, nell'aprile del 1971, pubblicò il terzo album, "Thirds", inclusa la canzone "Walk Away", che ascoltiamo a fine articolo.

Al "terzo" album mancava una jam con Little Richard, intitolata "But I Try", che è stata pubblicata solo… 41 anni dopo!

Walk Away...






Un anno fa ci lasciava John Marshall, leggenda dei Soft Machine


Il 16 settembre del 2023, all'età di 82 anni, ci lasciava John Stanley Marshall. 

Batterista inglese, membro fondatore del gruppo jazz rock Nucleus, era nato il 28 agosto 1941. Dal 1972 al 1978 fu il batterista dei Soft Machine, sostituendo Phil Howard.

Marshall era nato a Isleworth, nel Middlesex, e nel corso della sua vita ha suonato con varie band e musicisti jazz e rock.

Dal 1999, ha lavorato con ex co-musicisti dei Soft Machine in diversi progetti legati alla Soft Machine, come SoftWare, SoftWorks e Soft Machine Legacy. Era stato in tour come membro della band, che opera di nuovo sotto il nome di Soft Machine, dal 2015 al 2023.

Mi è capitato di vedere una sua performance da pochi metri, direttamente sul palco, molti anni fa, e di quell’articolo (lettura intera cliccando a questo link: https://athosenrile.blogspot.com/2011/03/ge-prog-festival-2011-1-serata.html) estrapolo la parte relativa alla loro performance.

E poi una chicca video, seppur di pessima qualità, ripresa da pochi passi.

 


Genova: estratto dal commento del 3 aprile 2011 intitolato

“Soft Machine Legacy/Tempio delle Clessidre al Ge-Prog Festival 2011”

 

E viene la volta dei Soft Machine Legacy, una vera eredità del gruppo originario.

Il progetto, nato nel 2004 dopo il re-incontro di Hoog Hopper, Elton Dean, John Marshall e John Etheridge, cambia attori durante il percorso, per la prematura scomparsa di Dean e Hopper, ma con l’entrata di Roy Babbington si ricompongono i 3/5 del gruppo originale, tra il 1975 e il 1978. La ciliegina sulla torta è il fiatista Theo Travis.

Un tuffo tra vecchi ricordi mi porterà a commentare, con un “nuovo amico”, alla fine della performance, che l’unica volta in cui vidi i Soft Machine eravamo nei primi anni ’70, stessa città, Genova, ma era il Teatro Alcione il luogo dell’esibizione.

Li ritrovo dunque dopo una vita e mi viene spontaneo condividere qualche pensiero ad alta voce con una giovane donna, sempre dalla mia postazione privilegiata a lato del palco; osservo tutti quei ragazzi indaffarati, avanti e indietro, tra i cavi elettrici e i piatti della batteria, quasi “insensibili” alla storia della musica che li sta sfiorando (ma ovviamente per loro è un lavoro). Di certo non potrebbero mai capire cosa può provare un uomo “antico” come me, un tempo incantato dalle icone di Marshall e soci, sulle copertine dei vinili, e ora a due passi da loro, con la possibilità di sentirli chiacchierare prima dell’esibizione, o in attesa della chiamata per il bis, con le mani glissanti sulle tastiere non amplificate!

È questo il lato più romantico di tutta la faccenda, probabilmente comune a molti dei presenti.

 

Non suonano tantissimo i SML, forse un’ora e un quarto, ma … questa è la musica.

Difficile collocarli appieno nell’area prog, ieri come oggi, perché il jazz che ci regalano non lascia spazio ad interpretazione alcuna. E suonare jazz, anche se miscelato e arricchito, può significare dedicarsi solo ad una élite di persone. Leggere l'autobiografia del mitico Bill Bruford per saperne di più.

Resto incantato da tutti. I fraseggi di Etheridge sembrano improvvisazioni, ma non lo sono. Il basso di Babbington è qualcosa che necessita di spartito, ed anche il suono è estremamente preciso. Marshall sembrerebbe il più dimesso, ma da un incredibile saggio di bravura nel corso di un assolo, e poi… che tempi riesce a tenere! Theo Travis sembra capitato per caso sul palco, per il suo modo educato e delicato di muoversi, ma credo sia unico, con complicati passaggi al sax alternati a momenti di estrema dolcezza, all’insegna del flauto traverso.

Tutto bene, al di là delle mie personali aspettative.

In tutta onestà credo che un evento simile avrebbe meritato un tutto esaurito, ma… rileggiamoci il libro di Bruford.





domenica 15 settembre 2024

Ricordando Richard Wright



Il 15 settembre del 2008 ci lasciava, a 65 anni, Richard Wright, uno dei padri dei Pink Floyd, tastierista e compositore dopo l'uscita dal gruppo di Syd Barrett.
Lo voglio ricordare con un articolo trovato in rete in quei giorni…

"Si è spento ieri Richard Wright, co-fondatore e tastierista dei sempre e per sempre leggendari Pink Floyd, «dopo una breve lotta contro il cancro», così la famiglia, tramite un portavoce, ne ha dato l'annuncio, senza fornire ulteriori particolari, ma chiedendo il rispetto della privacy. Richard William "Rick" Wright (questo il nome completo), era nato a Londra 65 anni fa, unico nella formazione originale della band britannica a non essere originario della provincia.
Da adolescente frequenta brevemente il London College of Music, formandosi alla musica jazz. Ma l'esperienza dura poco e presto si iscrive ad Architettura dove incontra due dei suoi futuri compagni, Roger Waters, autore di tutti gli anni migliori della band, e Nick Mason.
Nel 1963 nascono i Pink Floyd.
Con Waters, Wright e Mason c'è anche Syd Barrett (morto il 7 luglio del 2006, a 60 anni, dopo anni passati a inseguire i fantasmi della propria mente), che in seguito viene sostituito dal raffinato David Gilmour.
Ed è proprio dopo l'uscita di Barrett dal gruppo che Wright ne diviene il compositore melodico, dando l'impronta decisiva ad alcuni fra i brani più famosi come "A Saucerful of Secrets", "Echoes", e "Shine on You Crazy Diamond".
Suoi anche alcuni fra i pezzi di maggior successo commerciale: le due canzoni dell'album "Dark Side of the Moon", del 1973: "The Great Gig in the Sky" e "Us and Them", e "Keep Talking", tratta da "The Division Bell "del 1994.
Impossibile, poi, non ricordare "Sysyphus", dell'album "Ummagumma", del1969, e "Summer '68 ", dell'album " Atom Heart Mother", del 1970.
Durante la registrazione di "The Wall", del 1979 scoppia la bufera: Roger Waters chiede a Wright di andarsene.
La causa è lo scarso rendimento, causato, lo accusa, da un eccessivo uso di cocaina.
Wright smentisce, ma se ne va anche se continua a suonare nei concerti del 1980 e 1981 che promuovono l'album, ma solo come musicista.
L'album successivo, "The Final Cut" (1983), dedicato alla memoria del padre di Waters, morto ad Anzio durante la guerra e ultimo disco della formazione originaria, è l'unico a cui Wright non contribuisce come autore.
Ormai è definitivamente allontanato da gruppo.
Nel 1984 forma un gruppo con Dave Harris, gli Zee.
Ma il primo album, "Identity", è un completo insuccesso.
Nel 1987 viene chiamato da Gilmour per dare una mano durante le session conclusive di "A Momentary Lapse of Reason" e poi formalmente "reintegrato" a pieno titolo come membro del gruppo con l'album "Delicate Sound of Thunder "(1988).
Nell'album successivo, "The Division Bell" (1994), scrive cinque canzoni e canta "Wearing the Inside Out.

Incoraggiato dal decisivo contributo fornito a The Division Bell, nel 1996 Wright pubblica il suo secondo album da solista, "Broken China", in cui tra gli ospiti appaiono talenti come Sinead O'Connor, Pino Palladino e Tim Renwick.


Nel frattempo gli screzi e le battaglie legali per il possesso del nome sembrano aver irrimediabilmente allontanato Waters dagli altri musicisti e sembra quindi un piccolo miracolo vederli di nuovo tutti e quattro, nel luglio del 2005, sul palco del Live 8, in Hyde Park.
L'anno seguente Wright ritorna nello studio di registrazione con Gilmour, per collaborare con lui ancora una volta, al terzo album da solista di quest'ultimo, "On an Island", suonando in due brani.
Erano proprio loro i propiziatori di una possibile, futura reunion dello storico gruppo al completo.
Ma ora ogni sogno è svanito per sempre".