Robert
Fripp: "Perché non sono diventato un chitarrista blues? Probabilmente
perché non ero un chitarrista blues molto bravo"
Di
David Mead (Classic Rock)
ARTICOLO ORIGINALE
https://www.loudersound.com/features/robert-fripp-interview-50-years-king-crimson
Estratto tradotto dell’intervista di
Mead a Robert Fripp
Riuscire a parlare con Robert Fripp non è facile. Una delle figure più idiosincratiche del rock e uno dei principali architetti del genere progressivo attraverso i King Crimson, raramente rilascia interviste; in questo caso suggerisce un mix di ricordi di compagni di band passati e presenti.
Oggi è l'unico membro fondatore rimasto dei Crimson, che recentemente sono stati oggetto dell'avvincente docufilm “In The Court Of The Crimson King: King Crimson At 50”.
Ora, nuovamente
in pausa con i King Crimson, Fripp ha rivolto i propri interessi verso altri
progetti.
L'anno scorso ha ristampato il suo album solista del 1979 “Exposure”. Lui e la moglie Toyah Wilcox hanno continuato a deliziare e confondere con i loro siparietti del dopo pranzo domenicale, un tuffo surreale e senza precedenti per un uomo con una reputazione di “serio”, impenetrabile. Ma dove è iniziato il tutto?
Partiamo dalle origini…
Come è nato il tuo interesse per la musica - e la chitarra –- in primo luogo?
All'età di
undici anni io e mia sorella comprammo due dischi: “Rock With The Caveman” di
Tommy Steele e “Don't Be Cruel” di Elvis Presley. Non c'erano musicisti rock
inglesi, erano fondamentalmente tutti jazzisti. In America era completamente
diverso. Non c'era nulla di umiliante nel suonare musica rock e nell'uscire dal
blues: Scotty Moore, Chuck Berry, la pura potenza di Jerry Lee Lewis.
A tredici
anni arrivò il jazz tradizionale. Scendevo ai Winter Gardens di Bournemouth e
vedevo tutti i personaggi locali: Chris Barber, Acker Bilk, Monty Sunshine...
Seguirono i Beatles e gli strumentali rock inglesi del 1960. Quando avevo diciassette anni vidi gli Outlaws a uno spettacolo a Poole, con Ritchie Blackmore. Allora aveva diciotto anni. Era fenomenale. Possedeva la musica, aveva un modo di suonare sorprendente.
Sei stato influenzato dall'ascolto della musica classica?
Ho iniziato ad ascoltare il Bartók String Quartet e “La sagra della primavera” di Stravinsky. Il punto di svolta nella mia vita musicale, e suppongo personale, ha coinciso con la presa di coscienza che "la musica è una". Ho eliminato la divisione in categorie percependo la proposizione della musica come l’esternazione di un musicista che parla attraverso una varietà di dialetti.
Non c'è molta influenza blues nel tuo modo di suonare…
Perché non
sono diventato un chitarrista blues? Probabilmente perché non ero un
chitarrista blues molto bravo. Il fatto è che molti giovani musicisti, e alcuni
affermati, mi hanno detto: "Volevo solo essere come Clapton".
Non l'hanno detto, ma tu lo sapevi. Non era questo il mio obiettivo. Musicista stupendo,
ma... alla fine ho formulato la domanda in modo personale:
"Come suonerebbe Hendrix cimentandosi con i “Quartetti per archi” di Bartók?". Nel 1969 le maggiori influenze musicali nei King Crimson furono legate a Ian McDonald e Michael Giles.
In che modo McDonald e Giles ti hanno influenzato alle origini?
Nella
registrazione in studio di “In The Court Of The Crimson King” discutemmo
per accordarci e trovare un compromesso sul modo di procedere. Poi, quando se
ne andarono, fu per me straziante, perché sebbene Giles non fosse uno scrittore
i suoi contributi agli arrangiamenti e alla regia erano sbalorditivi.
Il mio ruolo principale per “In the Court in Crimson”, nel 1969, almeno per come la vedevo io, era quello di inventare parti di chitarra che supportassero la scrittura. Anche se si può affermare che McDonald e il paroliere Peter Sinfield sono stati gli scrittori principali, non si può davvero escludere nessuno dalla creazione del progetto. Eravamo cinque persone. Per me i King Crimson sono sempre stati una cooperativa, oggi così come nel 1969.
Tutto questo ha portato a qualche turbolenza all'interno della band, giusto?
Le mie
difficoltà personali con qualsiasi musicista dei Crimson, sin d’allora, sono
nate quando qualcuno ha pensato di essere più importante di altri all’interno
del gruppo o addirittura più della musica stessa. La musica viene prima di
tutto, e questo è per me il primo principio.
Principio
due: la band viene prima di tutto. Gli interessi della band vengono prima degli
interessi degli altri musicisti.
Terzo principio:
condividiamo i soldi.
Perché sembra
che ogni tanto nascano difficoltà personali? Fate riferimento a questi tre
principi e troverete la motivazione di certe azioni. Se la musica viene prima,
allora tutti siamo in prima fila. Abbiamo condiviso le royalties degli album,
abbiamo condiviso le royalties di ogni pubblicazione.
Il box set “Exposure” dello scorso anno include remix di Steven Wilson del tuo materiale solista. Come per i suoi remix dei K.C. troviamo una fedeltà assoluta rispetto agli originali…
L'obiettivo
di Steven era quello di riprodurre molto fedelmente l'originale ma utilizzando
la tecnologia moderna. Sono nate alcune strane discussioni. Ad esempio, con “Lizard”
c'erano una o due cose che non abbiamo inserito del tutto, e così via. La mia
opinione era basata sul fatto che se non eravamo stati perfetti la prima volta,
era questa un'opportunità per cercare di porre rimedio ad ogni errore. E poi
chi lo sa cosa sia giusto o sbagliato!
Io ero pronto
a rimodernare il mio lavoro, ma mi sono trovato davanti a Steven che diceva: "No,
questo è un classico. Quella scrivania (un'antica scrivania che si trova
nella stanza) è del 1830. È un classico nel suo genere. Se stessi progettando
una scrivania da usare con cose moderne - come avere un computer sul lato, per
esempio - non sarebbe ideata in quel modo. Tuttavia, per me questo è il
classico e non ho intenzione di ridisegnarlo”.
Questo è il
punto di vista di Steven.
Per
leggere l’intervista completa cliccare sul seguente link:
https://www.guitarworld.com/features/robert-fripp-exposures-king-crimson