Marco
Bernard - “The Boy Who Wouldn't Grow Up”
(63 minuti)
I miei
commenti ai vari album che mi vengono proposti non hanno uno schema fisso, sono
molti i fattori che mi condizionano nelle scelte, ma non ho mai dubbi quando
devo scrivere di tutto quanto gira intorno al mondo di The Samurai of Prog.
In questo
caso il detentore dell’intero lavoro è Marco Bernard,
bassista e cofondatore della band, che si mette in proprio e realizza il suo
primo album solista, ispirato - o forse dedicato - a Peter Pan.
Oddio, quando
si parla di Bernard e soci l’affermazione “mettersi in proprio” non è proprio
la più indicata, perché non sarebbe nello “spirito Samurai” isolarsi e far
prevalere l’autarchismo musicale.
E ritorno al
mio concetto iniziale, quando scrivo di un “loro” disco - solista, in gruppo o
in qualsiasi forma possibile - uso il metodo dell’esposizione capillare,
giacché mi piace mettere in risalto tutti i partecipanti di quella che io
definisco la multinazionale del prog.
Ma lo spunto
nasce sempre in un punto preciso, e questa volta è Bernard che fa scoccare la
scintilla e la alimenta attraverso i collaboratori di fiducia, sparsi ovunque
per il mondo.
Qualche
notizia generica, riassuntiva dell’album.
“The Boy
Who Wouldn't Grow Up” è un concept album di rock progressive che prende per mano
gli ascoltatori e li accompagna attraverso un viaggio musicale atto
a scrutare la mente di Peter Pan, l'eterno ragazzo, quello che non cresce mai.
L'album
esplora i temi della giovinezza, della speranza e della lotta necessaria per
aggrapparsi all'innocenza, in un mondo che richiede maturità.
Oltre a
trarre ispirazione dalla classica storia di Peter Pan, incorpora l'esperienza
dell’autore, della sua crescita e delle difficoltà trovate nell’affrontare le
sfide dell'età adulta.
Le influenze
vanno dal prog rock del 1970 alla musica sperimentale più moderna, avendo come
ulteriore obiettivo quello del trasporto degli ascoltatori in un viaggio sonoro
attraverso il tempo, dal passato al presente, e infine in un luogo in cui le
giovani speranze e i sogni non devono mai essere lasciati indietro.
Come già sottolineato il gruppo che accompagna Bernard è corposo ed eterogeneo, fatto di compositori e musicisti di grande spessore provenienti da tutto il mondo, che in questa occasione si uniscono e ci regalano una storia significativa, che prova a fondere prog e letteratura classica lasciando sul tavolo elementi di riflessione, legati alla crescita e ai problemi che nascono al passaggio tra infanzia e adolescenza, e poi oltre…
Nell’analisi a seguire ho inserito, in corsivo, il pensiero dell’autore.
Si inizia con lo strumentale “Ouverture”, di Octavio Stampalìa:
Marco Bernard: basso Shuker
Octavio Stampalìa: tastiere
Brody Green: batteria
Steve Hagler: chitarra elettrica
Marc Papeghin: corno francese e
tromba
Steve Unruh: flauto e violino
Una musica priva di lirica affida lo suscitare delle emozioni ai soli aspetti sonori, lasciando spazio alla reinterpretazione personale, e questo meraviglioso inizio spinge verso il lato onirico, che permette di raggiungere la piena libertà.
Chiudi gli occhi. Lascia che la tua mente sia libera, lascia che i tuoi pensieri volino senza peso nello spazio vuoto tra memoria e immaginazione. Non aprirli... anche quando tutto il tempo sembra cristallizzarsi in un unico, impossibile, istante. Tieniti forte! È qui che inizia il viaggio verso l'Isola che non c'è.
Un’apertura emozionante, che vede tra i partecipanti tanti nomi conosciuti, e tra questi Steve Unruh, uno dei tre Samurai.
A seguire “Never Never Land”, musica e liriche di Alessandro Di Benedetti:
Marco Bernard: basso Shuker
Alessandro Di Benedetti: tastiere
Ruben Alvarez: chitarra elettrica ed
acustica
Kimmo Pörsti: batteria
Sara Traficante: flauto
John Wilkinson: voce
Neverland è forse solo un miraggio, un desiderio che si è trasformato in sogno. Eppure, è un luogo (o forse sarebbe più appropriato considerarlo un non-luogo) che ognuno di noi ha, più vicino di quanto possiamo immaginare. In effetti, faceva parte del nostro essere quando eravamo solo bambini. Abbiamo imparato a dimenticarcene crescendo. Tieni gli occhi chiusi, e forse sarai in grado di dimenticare di dimenticare, e Neverland accoglierà la tua nuova innocenza.
Entra in gruppo Kimmo Pörsti - altra
costola dei TSoP - e il ritmo diventa elemento trainante della traccia, mentre
la voce di Wilkinson riesce a caratterizzare il percorso.
Un suono “hammond” molto marcato ci riporta ai fasti prog - e non solo - dei seventies mentre il rock si fonde ad atmosfere sognanti. Non manca il virtuosismo chitarristico di Alvarez, che appare come spina dorsale dell’episodio.
E arriviamo a “The Lost Boys”, con il totale intervento autorale di Mimmo Ferri:
Marco Bernard: Shuker basso Shuker
Mimmo Ferri: tastiere e chitarra
addizionale
Beatrice Birardi: xylofono, bongos,
tamburino e doumbek
Marc Papeghin: corno francese e
tromba
Gennaro Piepoli: chitarra elettrica e
acustica
Kimmo Pörsti: batteria
Steve Unruh: voce
Marco Vincini: voce
Hai ancora gli occhi chiusi? Bene, allora, mi chiedo come puoi leggere questo testo! Ah, certo... gli occhi che tieni chiusi sono quelli della ragione. Gli occhi che leggono queste parole sono quelli della fantasia. Le vostre orecchie, ascoltando tutta questa musica, sono le orecchie dell'immaginazione! Qui, finché manterrai la ragione ben silenziata e ti lasci guidare dall'immaginazione, rimarrai un bambino, e potrai ben dire che sei con i "ragazzi perduti".
Davvero difficile descrivere il
contenuto musicale di questa perla che condensa cinquant’anni di stili e
visioni, tra rock, classica, prog e ricerca della melodia, caratteristica
dell’album probabilmente un DNA legato alle presenze italiane.
Rimbalzo vocale tra Unruh e Vincini,
con il ricordo acceso di un mondo progressive che, per chi lo segue, resta
un’ancora di salvataggio.
Yes, Gentle Giant, ELP… quanti
ricorda ascoltando “The Lost Boys”!
“The Home Under the Ground” è un’altra creazione italiana, più precisamente di Andrea Pavoni, che firma testo e musica:
Marco Bernard: basso Shuker
Andrea Pavoni: tastiere
Cam Blockland: voce (Peter)
Carmine Capasso: chitarra elettrica
Adam
Diderrich: violino
Audrey
Lee Harper: voce (Wendy)
Marc Papeghin: corno francese
Daniele Pomo: batteria e percussioni
Steve Unruh: voce (The Lost Boys)
Tenere gli occhi chiusi è come essere al buio ascoltando le mille voci della nostra infanzia. Ricordate tutta la spensieratezza? Guardare! (sempre tenendo gli occhi chiusi, per favore!) Non vedete anche quell'albero, proprio nel mezzo di questa stanza sotterranea? Ti ricordi quanto sembrava lungo un giorno e come il numero di giorni sembrava non avere fine? Tutto sembrava possibile. Tutto. Anche volando. Tutti noi, da bambini, sapevamo volare. Ed ora? Non aprire gli occhi! Tenere la luce spenta. Concentrarsi. Nell'oscurità, non ti senti come se stessi volando?
Una suite? Un mini-musical? Dieci minuti di intrecci vocali (tre singer, ognuno recitante una parte) per un racconto di una bellezza rara, la miscela tra rock e opera che rinfresca le idee su quali siano gli stilemi - almeno alcuni - del prog, quello basato sulla più completa libertà espressiva possibile. E poi, senza entrare in profondità e soffermandosi sugli aspetti estetici, il pezzo dovrebbe colpire in modo trasversale, dimenticando la voglia di incasellare la musica.
E arriviamo a “The Pirate Ship (Hook or Me)”, musica e liriche di Marco Grieco:
Marco
Bernard: basso Shuker “JJ Burnel”
Marco Grieco: tastiere e cori
Matthew Parmenter: voce
Hans Jörg Schmitz: batteria
Marcel Singor: chitarra elettrica
Sara Traficante: flauto
Diavolo! C'è un gancio che prova ogni trucco per afferrare le palpebre e farti aprire gli occhi! L'uomo che ha quel gancio, invece di una mano, è sul ponte di una nave pirata. Se ti coglie, ti farà fare un tuffo nel mare della concretezza! Forse è stato il primo ad affrontare tutti gli incubi che hanno preso forma, più reali della realtà, trasformandosi in un coccodrillo e mangiandosi la mano! Sarai in grado di rimanere giovane per sempre? Sarai in grado di tenere gli occhi chiusi mentre Capitan Uncino ti insegue per ricordarti quanto può essere terribile la vita?
Un'altra traccia impegnativa - e lunga
- una sorta di dialogo condito da numerosi cambi di scena e da un ritornello
che pone un quesito realistico e “preoccupante”:
Do
you really hope to stay young forever?
Musicalmente parlando emozionante,
carica di virtuosismo strumentale, con l’idea di essere al cospetto di una
creazione completa, a sé stante.
“The Return Home” è un altro strumentale “inventato” da Oliviero Lacagnina.
Marco Bernard: basso Shuker
Oliviero Lacagnina: tastiere
Marek
Arnold: sax
Adam Diderrich: violino
Rafael Pacha: chitarra classica
Marc Papeghin: corno francese e
tromba
Charles Plogman: chitarra elettrica
Riccardo Spilli: batteria
Sara Traficante: flauto
Ogni viaggio ha un inizio e una fine,
una partenza e un ritorno. Quando viaggiamo - soprattutto sulle ali
dell'immaginazione - non sono i luoghi che cambiano, ma piuttosto noi, che li
percepiamo in modo diverso. E così, quando torniamo a casa, la troviamo diversa.
Gli oggetti fisici non sono realmente cambiati in nostra assenza, e le persone
hanno continuato ad abitare la nostra casa, proprio come prima. Eppure, ci
sembrano diversi. Tutto sembra diverso. Forse perché il viaggio ci ha cambiato?
No, non cedere alla tentazione di aprire gli occhi... non ancora. Hai un ultimo
piccolo grande passo da fare, ora che sei tornato a casa.
E vai a spiegare al nuovo che avanza
che esiste musica di questo spessore!
Lacagnina miscela le competenze classiche
e la sua vena - da sempre - prog, e il risultato è un estratto del concetto di “bellezza
musicale”, che si ottiene solo quando le idee brillanti vengono utilizzate da
protagonisti eccelsi.
Difficile da spiegare a parole, qui
ci vorrebbe un ascolto!
L’album si chiude con “Lunar Boy”, musica e testo di Marco Grieco (ispirata da “Asylum”, di Giorgio Mastrosanti)
Marco
Bernard: basso Shuker
Marco Grieco: tastiere, chitarra
elettrica e cori
Giorgio
Mastrosanti: chitatta Telecaster
Kimmo Pörsti: batteria e percussioni
Juhani Nisula: chitarra elettrica
Bo-Anders
Sandström: voce
Steve Unruh: violin elettrico
Ora, prima di aprire gli occhi,
pensa: ti diranno che sei un "ragazzo lunare"; sopra le righe, con la
testa tra le nuvole - o con le nuvole nella testa. Ti diranno che credi ancora
nelle fiabe e insegui ancora i sogni. Diranno che sembri non essere mai cresciuto!
Sei pronto a sopportare tutto questo? Sei pronto ad accettare il cambiamento
che questo viaggio, queste parole, questa musica, hanno causato in te? Sei
pronto ad essere orgoglioso di trascorrere una vita impegnata a realizzare i
tuoi sogni? Sei pronto? Buono. Poi, quando questa musica sarà finita, solo
allora, aprirai gli occhi. E vola, ragazzo lunare. La vita ti aspetta.
Un inizio da ballad, da motivetto orecchiabile, usato come introduzione per dare il via ad un nuovo turbinio di emozioni; un’altra lunga traccia che contiene tutto ciò che si può chiedere alla qualità sonora, tra melodia e difficoltà di esecuzione, tra atmosfere sinfoniche e rock.
Sono molto soddisfatto di questo
nuovo album, come capita sempre quando ascolto il filone Bernard and friends,
ma a differenza di altre volte - in cui era necessario un tempo di
metabolizzazione, i soliti due/tre ascolti - in questo caso è bastato un primo
passaggio per catturare - o meglio farmi catturare - il disco nel suo insieme.
Non manca nulla, tutto adatto e
centrato per il pubblico appassionato del genere, con una buona propensione all’uso
didattico, visto il messaggio che Bernard propone.
Ma la bellezza non ha coordinate
precise, e penso che “The Boy Who Wouldn't Grow Up” possa essere “utilizzato”
da un pubblico trasversale, a patto che sia dotato di curiosità e apertura
mentale.
Musicisti stratosferici, modus operandi aiutato dalla tecnologia, risultato fantastico.
Grafica unica!
TRACKLIST:
01 Overture
03
The Lost Boys
04
The Home Under the Ground
05
The Pirate Ship (Hook or Me)
06
The Return Home
07
Lunar Boy
Registrato
nel 2022
Prodotto da Marco Bernard e Kimmo
Pörsti
Mixato e masterizzato da Kimmo Pörsti
Musicisti ospiti e compositori:
Marco Grieco
Octavio Stampalìa
Alessandro Di Benedetti
Mimmo Ferri
Andrea Pavoni
Oliviero Lacagnina
Brody Green
Steve
Hagler
Marc
Papeghin
Steve
Unruh
Ruben Alvarez
Sara Traficante
John Wilkinson
Beatrice Birardi
Gennaro Piepoli
Marco Vincini
Cam
Blockland
Carmine
Capasso
Adam
Diderrich
Audrey Lee Harper
Daniele Pomo
Matthew Parmenter
Hans
Jörg Schmitz
Marcel
Singor
Marek
Arnold
Rafael
Pacha
Charles
Plogman
Riccardo Spilli
Giorgio Mastrosanti
Juhani Nisula
Bo-Anders
Sandström
Artwork:
Ed Unitsky
Video: Ted Ollikkala