martedì 22 marzo 2022

The Guildmaster-"Liber de Dictis"

Uno dei tanti spin-off dei The Samurai of Prog prende il nome di The Guildmaster, progetto che assume visibilità a fine 2020, quando esce l’album "The Knight & The Ghost"(https://athosenrile.blogspot.com/2020/10/the-guildmaster-knight-ghost.html).

È in uscita un nuovo disco il cui rilascio è previsto prima di Pasqua.

Chi segue con costanza le produzioni della multinazionale del prog, basata in Finlandia ma capace di avvolgere musicisti del globo intero, sa perfettamente che le sorprese sono sempre dietro l’angolo, sia per la diversificazione della proposta che per la quantità, e guardando dall’esterno sembrerebbe che nessun evento della terra sia in grado di arrestare la vena prolifica di questi musicisti, con una qualità musicale pazzesca.

Difficile stabilire di volta in volta i connotati della lineup, ma pare che il nocciolo duro dei The Guildmaster abbia preso una forma ben precisa basata sui seguenti musicisti:

Alessandro Di Benedetti, tastiere, voci, composizione

Marco Bernard: Shuker Basso

Rafael Pacha, chitarre, strumenti vari, composizione

Kimmo Pörsti: batteria, percussioni, composizione 

E se parliamo di ausilio concreto, l’elenco dei collaboratori prevede nell’occasione i seguenti musicisti:

Marco Grieco, Evangelia Kozoni, Paula Pörsti, Jose Manuel Medina, Tommaso Fichele, Patrizia Grieco, Beatrice Birani, Manoel Macía, Carlos Espejo, Daniel Fäldt, Sara Traficante e Rubén Álvarez. 

Nomi noti e new entry per il “mondo Samurai”, ma resta invariata l’energia, e i cambiamenti messi in atto di volta in volta portano solo a trasformazioni positive.

La particolare diramazione dei TSoP rappresentata dai The Guildmaster si indirizza speditamente verso il folk rock, e questo nuovo album, "Liber de Dictis", ne è la conferma.

L’incipit ci arriva direttamente dalla band:

"L'album si basa su un ipotetico libro di detti popolari provenienti da tutta Europa. I detti sono la radice della saggezza popolare e della conoscenza di sé e delle diverse culture umane, non c'è paese o gruppo etnico che non possegga queste utili dosi di conoscenza, umorismo e filosofia.

Spesso offrono conforto, a volte ci aiutano a definire gli altri e noi stessi, o riflettono situazioni che abbiamo vissuto e sperimenteremo in qualche modo.

In questo album volevamo realizzare un caleidoscopio musicale, prendendo alcuni detti e suoni della tradizione folcloristica d'Europa collocandoli nel nostro tempo. Ci sono voluti tempo e lavoro, ma siamo orgogliosi del risultato ottenuto.

Questo secondo disco di The Guildmaster, ha iniziato a prendere forma un paio di mesi dopo l'uscita del primo lavoro, "The Knight & The Ghost", e l'idea è nata dalle nostre conversazioni (alcune infinite) via e-mail.

Quasi un anno dopo, all'inizio dell'autunno, Alessandro di Benedetti, già presente come compositore nel nostro precedente lavoro, ha preso il “comando” delle tastiere e ha iniziato a trasformare magistralmente il demo iniziale, fornendo un contributo fondamentale attraverso le proprie idee e il proprio cuore, oltre che la sua idea di musica".

Proviamo quindi ad analizzare il risultato, step by step… una sorta di guida all’ascolto.

Apre il breve strumentale (2:52) “A lo hecho, pecho” (metti il petto per quello che hai fatto), e il pensiero di Rafael Pacha, che ne è autore, ci aiuta a comprenderne il significato intrinseco:

L'essere umano, per sopravvivere, deve affrontare le conseguenze delle scelte fatte, buone o cattive, trovando il giusto atteggiamento che gli permetta di affrontare le difficoltà con il giusto spirito. Onore e resilienza, tanto per utilizzare un termine molto in voga in questo periodo. 

Un quadretto bucolico da sogno, tra natura e modi gentili, su cui interviene un’elettrica melanconica molto hackettiana: il viaggio ha inizio!


Alessandro di Benedetti: grand piano, tastiere

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: Nyckelharpa (midi), zyther, flauti dolci, chitarra acustica ed elettrica

Kimmo Pörsti - batteria


Anche la seconda traccia è priva di liriche e vede lo stesso autore, R. Pacha. Il titolo è “A rey muerto, Rey puesto” (4:55).

Il concetto è quello da tutti conosciuto e si basa su di un detto che nella nostra lingua siamo soliti declinare come “morto un Papa se ne fa un altro”.

"Quando un re muore, ne mettiamo semplicemente un altro. Questo è un dato di fatto. Tutto il nostro ego e la devozione degli altri verso di noi cadono e scompaiono quando il grande equalizzatore, la morte, richiede il suo tributo. Ma dopo un breve, brevissimo, periodo di lutto, veniamo rapidamente sostituiti da un altro, perché nessuno è insostituibile".

Il pezzo presenta una decisa dicotomia, con una partenza quasi sacrale dettata dall’uso di strumentazione acustica, ma attorno al secondo minuto, dopo una marcetta da festa di paese, il basso di Bernard introduce il cambio di passo determinato da tastiere ad ampio respiro, una sorta di liberazione musicale e immaginifica che apre il cuore alla speranza. Emozionante.


Alessandro di Benedetti: grand piano, tastiere

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: Crumhorns (midi), Frame drum, flauti dolci, nyckelharpa (midi), viola da gamba, Virginal (midi), chitarra elettrica.

Kimmo Pörsti: batteria

 

Con “Agora” (6:24) - musica e testo di Marco Grieco - inizia il cantato, quello della bravissima Evangelia Kozoni, che a tratti mi ha ricordato la Grace Slick di “White Rabbit”.

Dice l’autore a proposito della sua creazione:

Quando ho scritto "Agorà" ho pensato a quanto sia scontato per i greci ballare tutti insieme, abbracciati o mano nella mano, con turisti, compaesani e perfetti sconosciuti, nelle piazze dei borghi, quella che oggi sono la versione moderna dell'antica Agorà. L'altro aspetto che mi ha ispirato è relativo a quanto oggigiorno anche queste moderne Agorà si siano mosse online, sui social network, sui nostri smartphone, nell'illusione che qualsiasi emozione condivisa in rete possa trovare automaticamente una soluzione, un conforto, un ascolto. Sfortunatamente non è quello che succede nella maggior parte dei casi. "Agorà" racconta di questo divario tra passato, presente e ciò che sarà nel futuro, che dipende solo da noi”.

Canzone dall’atmosfera magnetica, dove vengono utilizzati strumenti della tradizione popolare locale (il bouzouki, il violino, la fisarmonica, le percussioni, il clarinetto) che riescono a creare la “piazza” festosa evocata dall’autore. Una vera festa tradizionale su cui si inserisce il modus prog, fatto di contaminazione, un termine che può anche significare completa inclusione, quella che Grieco auspica per il mondo intero attraverso la sua “Agorà”.


Marco Grieco: tastiere, fisarmonica, applausi

Evangelia Kozoni: voce

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: toumbeleki, tamburo a cornice, salterio hackbrett, bouzouki, mandolino, chitarre elettriche e acustiche

Kimmo Pörsti: batteria

 


A seguire “Manos frías, Corazón caliente” (5:42), ovvero “Mani fredde, cuore caldo”, altro strumentale di Pacha che così ne delinea il significato:

"In materia d'amore, ciò che conta è il cuore, tuttavia, per me esiste un secondo significato, molto tipico del carattere mediterraneo. Le emozioni e la loro espressione ed esperienza sono importanti per la nostra cultura, ma quando si svolge un compito preciso alla ricerca di un obiettivo la razionalità deve prevalere.

Esiste poi una terza componente concettuale e cioè l’immagine della mente che regola e al contempo suona...”.

Anche in questo caso le atmosfere ariose si miscelano alla tradizione e diventano suggerimenti per affrontare rapidi cambiamenti di umore.

Pacha propone uno schema ritmico pazzesco, da qualcuno definito come un “labirinto”, una vera chicca impossibile da incasellare nell’ortodossia dei generi.


Alessandro di Benedetti: Grand piano, keyboards

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: tamburo a cornice Peñaparda, chitarra classica, flauto dolce, fischietti, fisarmonica (midi), tabla, chitarra elettrica e acustica.

Kimmo Pörsti: batteria


La voce di Paula Pörsti fa capolino nel quinto brano, “Suruista tehty Soitto” (6:03), la cui traduzione dovrebbe essere “La musica è fatta di dolori”. Musica di Kimmo Pörsti (Arr. R.Pacha) e lirica di Pirkko Pörsti.

È il batterista che ci aiuta meglio a comprendere il testo:

Sebbene non sia un normale detto, cattura qualcosa di tipico della malinconia finlandese. La musica può sembrare triste o combinarsi con il dolore in qualche altro modo. Trasferire le percezioni e le diverse esperienze di tristezza delle persone nelle atmosfere sonore è molto complicato”.

Ritmo contenuto e andamento consono al racconto delle emozioni, quasi un angolo intimistico dove la voce di Paula si integra alla perfezione con le sonorità tra il sinfonico e il folklore. E l’associazione sonora che mi guida negli ascolti mi riporta al folk rock di fine anni ’60, quello dei Mellow Candle.

Delicato e carico di spleen.


Paula Pörsti: voce

Alessandro di Benedetti: grand piano, keyboards

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: chitarre acustiche ed elettriche

Kimmo Pörsti - batteria

 

A metà album troviamo “Agua pasada no mueve molino” (7:01), cioè “L'acqua passata non muove i mulini”, uno strumentale di Jose Manuel Medina che racconta:

È questo un detto molto comune nella zona della Spagna. Si riferisce al fatto che qualsiasi evento passato non dovrebbe distrarre il nostro sguardo verso il futuro. O in altre parole, le cose che sono già accadute non ci aiuteranno a risolvere quelle del presente e del futuro. Parte dalla tristezza causata dalla nostalgia e si evolve verso la speranza di trovare gli obiettivi per cui lottare. Sul sentiero presente e futuro troveremo delle sfide, ma saremo finalmente in grado di superarle se sapremo perseverare".

L’alternanza situazionale modifica la tensione da ascolto, ed è facile passare dalla danza leggiadra ad una dinamica da film, da rapida fuga ad arresto immediato, da marcetta militare a prog avanzato, un disegno emozionale che credo sia complicato da spiegare a parole.


Jose Manuel Medina - tastiere

Alessandro di Benedetti: tastiere

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: chitarra classica, flauti dolci, salterio, viola da gamba, chitarra acustica ed elettrica

Kimmo Pörsti: batteria, percussioni, chitarra elettrica.

 


E arriviamo a “La Música amansa a las fieras” (5:15) - “La musica calma la bestia”, di R. Pacha, che mette inevidenza il terzo vocalist del progetto, Alessandro di Benedetti.

"Il mito narra che Orfeo (musicista) sposò la ninfa Euridice, ma quando tornò da uno dei suoi viaggi scoprì che era morta, inseguita da un uomo che le fece calpestare un serpente che poi la uccise.

Orfeo scese all'Inferno per salvarla e per farlo dovette addormentare il Cerbero - il cane a tre teste - usando la sua musica.

I miti, così profondamente radicati nel Mediterraneo, erano necessari per creare le nostre culture e, quindi, chi noi siamo. La musica calma lo spirito". (R.Pacha)

Una bella sorpresa la voce cupa di Alessandro di Benedetti in un brano che, nella seconda parte, lascia spazio ad una lunga serie di arpeggi acustici, quelli utili a distrarre “la bestia” e a ricongiungere gli affetti.


Alessandro di Benedetti: pianoforte a coda, tastiere, voce solista e cori.

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: Virginal (midi), flauti dolci, chitarra acustica, mrindgam, viola da gamba, chitarra classica, chitarra portoghese di Coimbra.

Kimmo Pörsti: batteria

 

Nea Polis” (6:11) - una nuova Napoli - introduce Tommaso Fichele, vocalist che ci fa incontrare la tradizione napoletana. La musica e il testo sono di Marco Grieco con la trascrizione in lingua napoletana di Enzo Carro.

Racconta Grieco:

Un antico detto napoletano dice che… il sole uscì a mezzanotte e grazie a un imprevedibile colpo di fortuna, una situazione che sembrava disperata è stata risolta. Da qui nasce "Nea Polis". Ho immaginato di essere svegliato nel cuore della notte dalle grida della gente per strada, come se ci fosse una luce che entra in casa e illumina la notte. Così anch'io vado in strada e vedo che la gente è felice, che i ricchi aiutano i poveri, che tutti si aiutano a vicenda... e alla fine scopro che la luce che ha svegliato tutti non è stata un miracolo, ma semplicemente la luce del sole che sorge ogni mattina a Napoli, rendendola una città piena di speranza ogni giorno. Una "Nea Polis", appunto, come era una speranza per gli antichi greci che la fondarono”.

Grieco si inventa la tammurriata progressiva - strada che percorre da sempre Vairetti con i suoi Osanna - e realizza la convivenza tra una strumentazione tipica del luogo - ma giudicata erroneamente esclusiva nel pensiero comune - e quella che caratterizza il rock. In tutto si instaura una linea melodica che, se estrapolata, potrebbe trovar spazio persino nelle rotazioni radiofoniche. Musica italiana e melodia sono da sempre un tutt’uno.


Marco Grieco: tastiere

Tommaso Fichele: voce

Patrizia Grieco: tamburello napoletano

Beatrice Birani: tamburo a cornice, darbouka e castagnette

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: chitarre acustiche ed elettriche, mandolini, flauti dolci

Kimmo Pörsti: batteria

 


Il nono episodio si intitola “La primavera, la sangre altera” (4:23) - La primavera altera il sangue - altro strumentale di Pacha.

"La rinascita del mondo in primavera influenza tutta la vita. La dea Pasqua benedice con la sua fertilità, e tutto diventa procreazione.

Gli esseri umani si riuniscono per le feste di campagna, le risate e la musica crescono, anche se a volte cade un acquazzone, e le coppie cercano riparo”. (R.Pacha)

Non c’è bisogno di una particolare concentrazione per cogliere lo spirito enucleato da Pacha. Danze in mezzo alla natura, prati in fiore e una voglia di vivere, di rinascita, di serenità che mai come in questo periodo storico suggeriscono che la bella vita risiede nella semplicità e nella gentilezza espressiva. Meraviglioso!


Manoel Macía: chitarra barocca.

Alessandro di Benedetti: grand piano, keyboards

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: Virginal (midi), flauti dolci, Pipe in D(midi), tabla, chitarra acustica ed elettrica

Kimmo Pörsti: batteria e percussioni

Arriviamo quindi a “El perro del hortelano” (4:46) - Il cane del giardiniere - di R. Pacha, e la voce in questo caso è di Carlos Espejo.

"Si dice che il cane del giardiniere non mangia né lascia mangiare. Applicabile a persone che, a causa della loro frustrazione, non lasciano che gli altri si divertano, proprio come non si divertono loro.” (Pacha)

L’ispirazione dell’autore si rifà ad una danza rinascimentale spagnola del 500, in seguito diffusa in tutta Europa, denominata "Chacona".

Incredibile la capacità di integrare sonorità così specifiche - e caratteristiche di tempi lontanissimi - con archi prog settantiani, situazione quasi spiazzante quando esiste rigidità di pensiero e di ascolto.


Carlos Espejo, voce, applausi & "Jaleo"

Alessandro di Benedetti: grand piano, tastiere

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: Venezuelan Cuatro, chitarra classica, flauti dolci, viola da gamba, Bodhran, Hackbrett psaltery, tabla, claps, cajon, chitarra acustica ed elettrica

Kimmo Pörsti: batteria

 

Young me, Old you” è il pezzo più esteso - 11:20 - di cui non serve traduzione. Musica e testi di Alessandro di Benedetti. La voce in questo caso è di Daniel Fäldt.

“In Italia c'è un detto che accosta un cavallo giovane ad un vecchio cavaliere. Significa che i giovani hanno bisogno dell'esperienza che solo un anziano saggio può dare loro.

Ripensando alla mia vita ho trovato il mio vecchio cavaliere in mio nonno, che mi ha parlato della guerra mentre camminavo sulla spiaggia, un mattino.

Il che mi ha spiegato perché mia madre è scappata in un'altra stanza quando abbiamo fatto brindisi e fatto scoppiare i tappi di champagne. Per lei quel rumore esplosivo significava il suono delle bombe, che sentiva da bambina nelle notti dei bombardamenti, dalle grotte del lago dove si rifugiavano.

Mio nonno mi ha insegnato a suonare a orecchio il pianoforte, anche se non ho mai voluto studiarlo. Questa canzone è dedicata a lui e a mia madre, sperando che ogni giovane di oggi abbia la fortuna di incontrare un vecchio cavaliere che possa aiutarlo ad affrontare la vita". (A. di Benedetti)

Struggente, cangiante, fuori da ogni standard di giudizio, capace di unire tra loro forti sentimenti, e se alla musica l’ascoltatore aggiunge le proprie esperienze personali la miscela che ne deriva porterà ad una malinconia persistente, assimilabile all’esperienza raccontata dall’autore.


Daniel Fäldt: voce

Rubén Alvarez: assolo di chitarra elettrica

Sara Traficante: Flauto

Alessandro di Benedetti: pianoforte a coda, tastiere, cori.

Marco Bernard: basso Shuker

Rafael Pacha: chitarre acustiche ed elettriche

Kimmo Pörsti - batteria

 

La conclusione dell’album è affidata a “Suruista tehty Soitto II” (3:06), musica di Kimmo Pörsti (Arr. R.Pacha). Non mi è chiara la traduzione dal finlandese ma nel titolo compare certamente il concetto di “dolore”, un sentimento forte affidato totalmente alla chitarra classica di Rafael Pacha.

Mi rendo conto che il commento ai lavori Bernard, Pörsti & friends mi inducono al testo prolisso, ma la cura e la dedizione con cui ci viene donata la loro musica determina una reazione uguale e contraria, ed entrare nei particolari, o almeno provarci, diventa imperativo.

Anche in questo caso ci troviamo al cospetto di musica sontuosa, che oltrepassa la necessità di creare facili etichette, con musicisti stratosferici che riescono a fornire il concetto reale di aggregazione… di qualità!

L’artwork, manco a dirlo, è del geniaccio Ed Unitsky.

La musica che arriva dal polo esteso finlandese, anche quando parte dall’elemento fantastico - dalla parabola, dal racconto della tradizione antica -, trova sempre contatto con la realtà. Ma per chi non sentisse la necessità di approfondire i testi, preferendo lasciar parlare la musica, basterà uno start, una stanza tranquilla, una mente libera, per iniziare un viaggio immaginifico su cui poter tornare a piacimento, ogni volta che si vorrà/potrà.

So per certo che molta altra musica targata “Samurai” sta per arrivare… rimanete sintonizzati!



Registrato nel 2021 - 2022

Prodotto da Marco Bernard, Kimmo Pörsti e Rafael Pacha

Mixato e masterizzato da Kimmo Pörsti

Opera di Ed Unitsky: www.facebook.com/Ed.Unitsky.fanpage

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